I'm glad you came.
“And
I hope that you'll know...
everything's fine in the morning
the
rain'll be gone in the morning
but I'll still be here in the
morning”
[Lullaby for a stormy night]
Pioveva, a
Berlino.
Se le gocce
d'acqua erano le lacrime di Dio allora quel giorno nel vento si
celava il demonio.
Freddo e
maligno entrava otto la logora giacchetta verde facendolo gelare, gli
frustava il viso nonostante la ruvida sciarpa che lo copriva, si
insinuava dentro di lui facendolo rabbrividire ovunque mentre i suoi
pensieri turbinavano sempre più confusi e penosi.
Uh, poco tempo
prima com'era forte!
Tutti
sembravano doversi inchinare da un momento all'altro di fronte alle
potenze dell' Asse, David crocifisso come il Cristo in cui non
credeva, Inghilterra affogato dalle bombe che piovevano su Londra,
Francia ridotto a un fantasma /stupida e vacua marionetta in un gioco
per lui troppo grande/, l'America attonita di fronte alla gloria dei
Kamikaze, i mille volti di Cina impalati da suo fratello.*
Poi tutto il
suo mondo, il suo grandioso mondo, si era frantumato e le schegge del
vetro continuavano a colpirlo e tagliarlo attraverso gli occhi dei
vincitori.
Li sentiva su
di se sempre, anche in quel momento.
Gli occhi
azzurri di Alfred, come un cielo sereno, che gli strappavano via la
maschera.
-Sei un
mostro-, gridavano, -io, solo io, sono l'eroe. Tu sei il cattivo e io
ti ho sconfitto.-
Lui abbassava
lo sguardo, contrito ma ancora intimamente non convinto.
Era lui il
cattivo?
Eppure dentro
di se aveva fatto tutto quello per il bene del suo popolo!
“Deutschland,
Deutschland über alles,
über alles in der Welt!”*
Non
era forse seguendo il suo inno che era arrivato a tutto quello?
Quegli occhi
cielo parevano incapaci di mentire ed erano i primi a tormentarlo.
Seguivano poi
gli occhi beffardi e ancora acquosi di Arthur e quelli blu e
orgogliosi di Francis che, nonostante si sorreggessero l'un l'altro
come due cenciosi e macilenti derelitti, lo sfidavano e si prendevano
gioco di lui, mentre la soddisfazione rilassava lentamente i volti
emaciati e tirati dalla guerra.
-Riprovaci,
riprovaci!
Dopo questa
non potrai mai fare di peggio e noi siamo sopravvissuti!-
Yao
poco distante rideva, superiore dall'alto dei suoi millenni.
-Cosa
credevi, piccoletto, di poter distruggere la grande Cina, aru?-
Ringhiava
istintivamente, come un animale in gabbia, al solo pensare a quei
tre.
Maledetti,
maledetti, maledetti, mille volte maledetti!
Stringeva i
pugni fino a far sbiancare le nocche delle mani e farsi sanguinare i
palmi.
Poi però un
terrore senza nome lo avvolgeva.
Gli occhi
ametista di Ivan lo spogliavano ad ogni angolo della strada, lo
catturavano, atterrivano, assottigliavano ancor di più la
fragile
linea che lo divideva dalla pazzia.
Solo suo
fratello aveva il potere di salvarlo, quando ormai il suo
più grande
desiderio era la morte: occhi vermigli, densi e sicuri che lo
fissavano intensamente e gli placavano il cuore.
Poi arrivava
Kiku, dagli impassibili occhi d'ossidiana, Giappone imbattibile,
Giappone schiantato dalla Bomba.
E per ultimo
veniva lui.
Il codardo.
L'artista.
Quando quasi
aveva pensato di aver ritrovato se stesso quegli occhi nocciola lo
facevano cadere di nuovo giù.
Traditore!
Lo aveva
abbandonato proprio durante la caduta, quasi a dargli un ultima
leggera spinta nel baratro.
Una parte di
lui, quel flebile Ludwig che ancora sopravviveva alla ragione, si
scuoteva, invocava la luce, si aggrappava a quella visione, la
adorava come qualcosa di sacro.
Poi tornava
Germania - Deutschland, Deutschland über alles!- e
calpestava, dilaniava, uccideva mille volte l'unica sua vera
salvezza.
-Veeeee,
Doitsu!-
Giappone
l'aveva sempre chiamato Deutschland-san,
era dell'opinione che per chiamare qualcuno con il massimo rispetto
si doveva usare il nome nella propria lingua originale.
Feliciano
invece aveva preso subito a chiamarlo così.
Suonava
meglio, diceva, era più corto e meno rigido.
E
poi rideva e lo prendeva per mano, gli diceva di baciarlo, che gli
voleva un bene grande come il mondo e sarebbero sempre stati
insieme...
Bugiardo!
Lo
aveva abbandonato, lasciato di nuovo solo nel freddo delle sue terre.
Da
quel momento non gli era importato un più di tanto del resto.
Il
sole si era spento e lui continuava a brancolare nel buio.
Un
leggero e nervoso scuoterlo gli fece mettere a fuoco una figura
davanti a lui e solo allora si accorse con disinteresse che al
richiamo della voce si era fermato come imbambolato.
-Doitsu,
ti ho cercato dappertutto, non ti trovavo e ho temuto di non poterti
più vedere... l'ultima volta che ci siamo visti...
è uno dei tipici
momenti in cui devi scegliere se la vittoria fa la felicità
più
della pace, mi capisci, no?-
Feliciano
teneva gli occhi socchiusi e dalle lunghe ciglia gocciolava copiosa
l'acqua su tutto il volto tanto che era difficile capire se alle
lacrime del cielo si mischiavano le sue.
Stretto
e rattrappito nella vecchia giubba blu si faceva caldo come poteva
strusciando le mani coperte con logori guanti tra loro e intanto lo
guardava con amorevole pazienza.
Sembrava
che lo capisse e compatisse, in qualche modo, e questo lo fece
infuriare ed emozionare a un tempo.
Prima
che l'altro avesse il tempo di ritrarsi lo prese per le spalle e
sbatté al muro vicino.
-Io
non capisco nulla, non capisco più nulla! Tu mi hai lasciato
ed è
caduto tutto, potevamo essere i padroni di tutto, di tutto...- La
voce che gli si era alzata, roca e stridula, si spense in un sussurro
mentre abbassandosi poggiava la testa sulle spalle fragili
dell'altro.
Feliciano
lo abbracciò lentamente, mentre il corpo del tedesco ogni
tanto si
scuoteva per i singhiozzi. Nessuno in quella remota e spenta strada
gli era testimone, ma se qualcuno fosse passato si sarebbe senz'altro
fermato, o stupito o commosso, ad ammirare lo strano spettacolo di un
gigante che piange piano tra le braccia di uno scricciolo.
Quando
gli occhi di Ludwig si alzarono di nuovo verso il cielo era come un
uomo nuovo.
Sempre
debole, certo, sempre prostrato da una colpa troppo grande da portare
da solo -ma che aveva imparato ad accettare cullato dal leggero
calore che producono due corpi incontrandosi, sempre perdente, sempre
diviso da suo fratello, ma ancora vivo e senza alcun rancore.
Aveva
tentato, si era fatto prendere dal potere, fortunatamente qualcuno
aveva pensato al suo bene quando lui non ne era in grado.
-è uno dei tipici momenti in cui devi scegliere se la vittoria fa la felicità più della pace, mi capisci, no?-
Aveva
smesso di piovere -di piangere- e faceva un po'
più caldo,
ora.
Perlomeno
dentro si sentiva più caldo, cominciava a capire mentre la
mano
sottile dell'italiano lo guidava verso il centro, verso la sua gente,
immobile e morta come lui.
Cominciava
a capire quello che voleva intendere il suo ex-alleato con quelle
parole, e, mentre lui salutava vivacemente i bambini e gli regalava
cioccolata -ne aveva ancora un po' da parte di quella che gli aveva
portato America- lui iniziava tiepidamente a stringere le mani, ad
incoraggiare chi trovava per la strada aiutandolo come poteva.
Non
avrebbe più commesso errori del genere, lo promise
risolutamente a
se stesso mentre provava a ricordare un singolo momento di
felicità
autentica come quella da quando “Baffetto”
-così lo chiamava
Gilbert, con un po' di disprezzo- aveva preso il potere.
-Bentornato,
Doitsu, bentornato!- i vivaci occhi di Italia scintillavano e
continuavano a voltarsi verso di lui annuendo vigorosamente, come se
potesse leggergli nel pensiero e approvasse ciò che vedeva
-tutti
insieme creeremo un mondo meraviglioso, butta alle spalle il passato,
non pensarci più!-
Non
gli riusciva facile come l'italiano abbandonare quello che era stato
ma comunque si sarebbe impegnato.
Quel
sogno che aveva sempre schernito e che solo allora aveva iniziato a
capire forse si sarebbe realizzato, con l'aiuto di tutti, per ora la
prima cosa importante da fare era dare una nuova speranza al suo
popolo, ricostruire un futuro a chi come lui era stato risucchiato
dalla guerra.
Poi, quando gli altri sarebbero andati a vedere avrebbero trovato una Germania nuova, tanta concordia e felicità e lui li avrebbe presi per mano come aveva fatto con lui Feliciano e sorridendo gli avrebbe detto: -Sono felice che tu sia venuto! Benvenuto nel mio mondo.
* I soldati giapponesi facevano macabra collezione delle teste dei cinesi uccisi.
*Germania,
Germania, al di sopra di tutto
al di sopra di tutto nel mondo!
Hola!
Penso che questa sia l'ultima storia che pubblicherò prima dell'inizio della scuola e poi per un po' non mi farò più sentire quindi... Be', mi mancherete tantissimo ragazze, soprattutto te cara Inghilterra/Mocky e te cara America/Cali... Ci tengo davvero tantissimo a vedervi ai comics e spero quando vi vedrò di aver risolto i problemi con me stessa e poter sorridere davvero come Lud dicendovi questa sono io, non sono un gran che ma comunque benvenute nel mio mondo...
Ooooook, non so cosa ho scritto e non lo voglio sapere...
Tornando con i piedi per terra vi informo che come al solito che ogni commento, anche negativo, è ben accetto e che finchè la mia mano destra avrà vita e i miei neuroni non si fonderanno anche se non mi vedete io sarò sempre, irrimediabilmente, a scrivere di Hetalia:)
TheBookFrog(Eh sì, rana di biblioteca, avete letto bene xD)