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Autore: thinias    08/09/2012    10 recensioni
Dean spostò lentamente il peso da un piede all’altro, senza fiatare, senza emettere nessun rumore, perfino il suo respiro era controllato, in sincrono con i rumori dell’ambiente che li circondava.
Lo scrosciare dell’acqua sovrastava tutto il resto, ma i sensi di Dean erano tesi, pronti a scattare.
I suoi occhi non si erano mai staccati da Castiel, neanche per un attimo, in attesa che si muovesse, che decidesse di proseguire, che tornasse presente a sé stesso almeno il tempo necessario per continuare a muoversi.
Genere: Angst, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Dean Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Ottava stagione
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Titolo one shot:  Instinct
Autore: Thinias
Pairings: nessuno

Rating: R
Personaggi: Dean Winchester, Castiel
Warning: angst, introspettivo
Conteggio parole: 1.823
Timeline: inizio ottava stagione
Spoiler:
8 stagione
Disclaimer: I personaggi di Supernatural non mi appartengono. Scrivo senza alcuno scopo di lucro e non intendo violare alcun copyright.
Note:
Dean e Castiel in Purgatorio, posso solo immaginare cosa abbiano passato nell’anno che hanno passato in purgatorio e come entrambi siano stati segnati da quell’esperienza. Le immagini del promo di presentazione della nuova stagione, ci ha regalato alcune immagini del purgatorio e le due cose che mi hanno impressionato sono stati la violenza di Dean e l’espressione indifesa di Castiel. Ho provato ad immaginare cosa posso essere successo loro in quei momenti.
Trama: L’istinto è l’unica cosa che ha permesso loro di sopravvivere, ma per poterlo fare Dean ha sacrificato una parte fondamentale di sé stesso e della sua natura. Sarà in grado di ritrovarsi, di ritrovare la sua essenza, o la sua umanità è irrimediabilmente perduta? Sono sopravvissuti, ma a che prezzo?
 
 
 
Rimase a guardarlo. Era di nuovo in riva al fiume, accucciato a terra, le braccia ad abbracciarsi le ginocchia.
Perfino da quella distanza, Dean poteva vedere il tremito del suo corpo e lo sguardo sperduto che fissava l’acqua senza vederla davvero.
I vestiti di Cass, così come i suoi, erano ricoperti di sporcizia, il trench aveva ormai un colore indefinito, coperto di striature scure e macchie di terra.
La sua tenuta da ospedale, che una volta era stata candida, ora era di un grigio uniforme, lisa e rovinata dai mesi in cui era stata sottoposta alle intemperie e all’aggressione di quell’ambiente ostile.
Castiel, era distrutto come i vestiti che indossava. Spezzato da quello che il Purgatorio gli aveva fatto.
 
Dean spostò lentamente il peso da un piede all’altro, senza fiatare, senza emettere nessun rumore, perfino il suo respiro era controllato, in sincrono con i rumori dell’ambiente che li circondava.
Lo scrosciare dell’acqua sovrastava tutto il resto, ma i sensi di Dean erano tesi, pronti a scattare.
I suoi occhi non si erano mai staccati da Castiel, neanche per un attimo, in attesa che si muovesse, che decidesse di proseguire, che tornasse presente a sé stesso almeno il tempo necessario per continuare a muoversi.
Era così fragile in quei momenti, così indifeso.
Ebbe il pensiero fugace, di un angelo caduto che non era mai esistito davvero, in un futuro che non si era avverato. Anche allora aveva la barba lunga e vedendo il volto di Castiel in quel momento, sporco e coperto da quell’ombra scura così fuori posto sul suo viso, pensò per la milionesima volta che agli angeli non cresce la barba, gli angeli non hanno bisogno di bere e di mangiare, gli angeli non hanno i vestiti laceri e infangati.
Un muscolo del volto di Dean ebbe una contrazione involontaria, mentre stringeva i denti e irrigidiva la mascella. Chiuse gli occhi solo per un momento.
Aveva assistito impotente alla sua caduta. Nel momento in cui avevano messo piede in Purgatorio, Castiel aveva cominciato a perdere i suoi poteri, come un’emorragia inarrestabile, la sua essenza di angelo era stata risucchiata via, una goccia alla volta, lasciandolo indifeso fisicamente ed emotivamente. Impreparato di fronte a quella perdita.
 
Se fosse stato ancora quello di un tempo, Dean avrebbe avuto pietà per lui e provato pena per il suo dolore; avrebbe sofferto per lui e con lui, ma ora era differente.
Tutto era diverso.
Dean era diverso, lo sentiva, lo sapeva nel profondo del suo essere. Non aveva il tempo di fermarsi e provare dolore, non aveva il tempo di dispiacersi per Castiel o disperarsi perché non sapeva cosa fosse successo a Sam. Dovevano sopravvivere, l’unica cosa davvero importante, era cercare di sopravvivere e continuare a scappare.
Per farlo, aveva dovuto escludere i propri sentimenti, aveva dovuto indurire il suo cuore e il suo fisico. Nulla poteva più essere come era stato in passato, come era stato prima di finire in quel luogo dimenticato da Dio.
Si chiese distrattamente, se sarebbe più stato quello di una volta.
 
Un breve fruscio lo strappò a quei pensieri e fece scattare i suoi nervi, i muscoli si tesero e lui si irrigidì impercettibilmente.
Da quando erano arrivati in riva a quel fiume e Castiel vi si era avvicinato, Dean non si era mosso.
Immobile come una statua di sale, non aveva fatto che osservare, ascoltare, percepire i più piccoli cambiamenti dell’ambiente circostante, alla ricerca di una variazione nei suoni o nelle ombre che lo circondavano, una nota stonata che lo avrebbe fatto scattare.
 
Cass era al sicuro in quel momento, ma nello stato in cui si trovava, era indifeso, come un bimbo lasciato da solo in mezzo ad una piazza circondata da mostri.
Anche se da molto tempo non era più l’angelo che conosceva, Dean credeva che fosse pur sempre, l'ultima cosa rimasta che ancora lo teneva ancorato alla sua sanità mentale, al suo bisogno costante e doloroso di tornare nel suo mondo e di ricongiungersi con suo fratello. Un bisogno che, seppure seppellito dentro di sé, nei recessi del suo cuore, era ancora presente.
Cass era l’unica cosa che gli era rimasta della vita che aveva vissuto prima del Purgatorio, che gli ricordava di essere ancora un essere umano e non uno dei mostri che popolavano quel luogo.
Doveva proteggerlo, doveva tenerlo al sicuro, così come aveva fatto con Sammy, da sempre, per tutta la sua vita, come se salvandolo, potesse salvare anche quel poco che restava della sua umanità.
 
Il fruscio si ripeté e lui strinse la mano intorno all’impugnatura della sua arma.
Piegò leggermente la testa, come se stesse ascoltando un rumore che solo lui poteva sentire, la mascella si contrasse, i muscoli della schiena si tesero, si piegò leggermente sulle ginocchia, in attesa.
L’istinto prese il sopravvento, come succedeva ormai da tempo. Guardò di nuovo Castiel e si ripeté che per il momento era al sicuro, non era lui la preda questa volta, poteva sentirlo.
Bene.
Lo sguardo si indurì ulteriormente, gli occhi si socchiusero in due fessure che fissavano una zona d’ombra tra gli alberi di fianco a lui.
Piegò di nuovo la testa, il fruscio si era ripetuto, più vicino questa volta.
Cominciò a spostarsi. Passi leggeri che mettevano ulteriore distanza tra lui e Castiel, portando l’attenzione del predatore su di sé.
 
Un movimento e lui voltò la testa in quella direzione ‘si sposta in fretta dannazione’.
Non fece in tempo ad alzare la sua arma, una figura umanoide saltò fuori dalla vegetazione.
Lo travolse come un treno in corsa, colpendolo, con tutto il suo peso, all’altezza dello stomaco e strappandogli il fiato dai polmoni insieme ad un gemito di dolore.
Dean non riuscì a contrastare lo sbilanciamento e si ritrovò a cadere all’indietro.
In quella frazione di secondo il suo cervello registrò il peso e la forza dell’aggressore, il fatto che non avesse armi, sentì l’odore del sangue e il ringhio sordo che indicava quanto la creatura fosse affamata.
La sua schiena impattò con il terreno, un’esplosione di dolore gli invase il cervello quando la spalla picchiò con forza sulla nuda terra. L’arma gli sfuggì di mano, ma di nuovo l’istinto prese il sopravvento e riuscì ad infilare un braccio tra lui e la belva che lo aveva assalito e a tenere quelle fauci lontane dal suo corpo.
Il volto di quella cosa era deformato dalla furia e dalla fame, si dimenava per raggiungerlo, il ragazzo lo tenne lontano il più possibile, mentre a tentoni cercava la sua arma.
‘Cazzo questo è più forte dell’ultimo.’
Il dolore si fece più forte mentre veniva schiacciato dal peso di quell’essere, a malapena in grado di respirare e di contrastare il suo attacco.
L’impatto aveva fatto danni, aveva un braccio in fiamme ed era stanco, Dean era stanco di essere considerato il piatto principale di mostri come quello.
Strinse i denti e ringhiò quando riuscì a mettere le dita sull’impugnatura dell’arma, bastò un secondo, il dolore si trasformò in furia e lui si lasciò travolgere da quella rabbia sorda, trasformandola in violenza.
 
Neanche un minuto dopo si rialzò da terra, il suo cuore che ancora pompava furioso il sangue nelle vene, il respiro affannoso e il petto che si alzava ed abbassava in un ritmo sincopato.
Face un passo indietro, la bocca piegata in un sorriso freddo, ‘non abbastanza forte, non abbastanza veloce. Non questa volta’  
Spuntò il sangue che aveva in bocca, si pulì il dorso della mano e la vide sporca di rosso.
Altro sangue.
Chiuse gli occhi cercando di calmare il suo respiro.
Era dappertutto, sulla pelle, tra i capelli, sui vestiti, strati su strati di sangue rappreso, di lotte, di aggressioni, di morti.
Fece una smorfia.
Avrebbe voluto avere addosso qualcosa che non puzzasse, che non gli ricordasse continuamente l’odore del sangue.
‘Almeno è mio solo in minima parte. Per questa volta’.
Mosse il braccio e una fitta di dolore lo attraversò, facendogli stringere i denti in una smorfia di sofferenza.
Fece un respiro profondo, restando immobile fino a che la fitta non passò, poi diede le spalle al massacro che aveva appena compiuto e tornò da Castiel.
 
Era ancora chino sulla riva, aveva immerso le mani nell’acqua e stava cercando di pulirle dalla sporcizia. Non fece una piega quando lo sentì avvicinarsi, ma alzò gli occhi su di lui quando gli fu accanto.
‘Un bambino sperduto’, Dean non poté fare a meno di pensarlo, lo vide nello sguardo dell’angelo, fino a che questo non lo mise a fuoco e non si accorse del sangue fresco, allora sembrò tornare il vecchio Castiel.
Si alzò in piedi di scatto, “stai bene?” la voce lasciava trasparire tutta la sua preoccupazione.
“Sto benissimo” il tono del cacciatore era inespressivo.
“Cos’è successo?” Castiel allungo una mano verso di lui, ma Dean si ritrasse.
“Sto bene non preoccuparti”, fece una smorfia.
“No non stai bene, guardati!” Castiel indicò un punto vicino ai suoi piedi e Dean vide sé stesso riflesso in una pozza d’acqua ferma.
 
Il ragazzo rimase imbambolato per un momento, non riconoscendo l’immagine che quello specchio improvvisato gli restituì.
Quello che lo guardava riflesso nell’acqua, era un essere a malapena umano, coperto di sangue, gli occhi erano spiritati, feroci, il volto scavato. Se non avesse saputo di essere lui, non sarebbe stato in grado di riconoscere sé stesso.
Si lasciò scivolare su un ginocchio e affondò le mani nell’acqua fredda, spezzando quell’immagine, incapace di sopportarne la vista un secondo di più.
Cominciò a ripulirsi cercando di ignorare il dolore alla spalla. L’importante era tirare via il sangue.
L’unica cosa a cui riusciva a pensare era che doveva togliere tutto quel maledetto sangue.
 
Passarono diversi minuti e solo quando si fu ripulito come meglio poteva, si alzò di nuovo in piedi.
Castiel era di fianco a lui, non aveva mai smesso di osservarlo, ma almeno ora non aveva più quell’espressione spaventata sul volto, “meglio?” la voce dell’angelo era ancora un po’ incerta.
 “Si” disse secco, stava meglio ora che il sangue non c’era più, sembrava che Cass avesse ripescato un po’ della sua umanità, dal pozzo scuro in cui Dean l’aveva fatta sprofondare durante quell’attacco.
“Dean…” l’angelo cercò di nuovo di toccarlo.
Il cacciatore si tirò indietro sfuggendo quel contatto, “andiamo?” disse brusco.
Non voleva essere toccato, Castiel non doveva farlo.
Irrazionalmente pensava di non essere degno di essere toccato dall’angelo, perché Dio… quello che era diventato… era qualcosa che non gli piaceva, che non riconosceva più, che era a malapena umano.
Ma loro dovevano sopravvivere, continuava a ripeterselo, lui doveva tenerli entrambi in vita, era necessario.
L’angelo abbassò lo sguardo per un momento, “Si” disse piano.
Dean lo guardò e per un secondo la sua determinazione sembrò scemare, poi indurì la mascella e irrigidì la schiena, non poteva cedere, non in quel momento, non potevano permetterselo.
Girò sui tacchi e cominciò a muoversi, sicuro che Castiel lo stesse seguendo, i sensi di nuovo allerta, l’istinto di nuovo al primo posto. Dovevano continuare a muoversi, dovevano sopravvivere.
 
N.d.A.
 
Eccoci, la stagione sta per iniziare e mi basta un promo per partire per la tangente, farmi travolgere dalla immagini e lasciare che la mia mente faccia voli pindarici, immaginando quello che può o non può essere accaduto a Dean e Cass e Sam. Inutile dire, che per l’ennesima volta il mio cuore è con Dean (che noia vero?) e con quello che ha vissuto in un anno di Purgatorio, cosa è diventato e quali segni quell’esperienza può aver lasciato sulla sua anima. Le poche immagini di Cass mi hanno spiazzato e come il Dean di questa fanfic, l’ho trovato indifeso e sperduto, come un bimbo che si è perso e che non sa cosa fare. L’immaginazione fa brutti scherzi e la mia testolina, si è fatta tutto questo viaggio mentale con solo un minuto di promo. Portate pazienza, come sempre da qualche parte le emozioni devono uscire e questo mi sembra ancora il modo migliore ;)
Grazie a tutti per averla letta, spero vi sia piaciuta.
Alla prossima!
Ciauuuu Simo
   
 
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