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Autore: Lie_Potter    25/03/2007    1 recensioni
Un racconto fatto di acqua... Acqua interna a noi.
Genere: Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Onde

Il rombo delle onde le era nelle orecchie.

Non riusciva a mandarlo via.

Eppure erano approdati sulla terra ferma da settimane. Quel suono non si decideva ad abbandonarla. Le ritornava dentro e la perseguitava. Non era possibile scacciarlo. Era annidato lì e sembrava che più lei cercasse di rimandarlo lontano, più questo si nascondeva nella sua mente per tornare a palesarsi quando lei non lo pensava.

Era come se le onde si stessero infrangendo nel suo cranio. E lei questo non lo poteva sopportare. Il viaggio per mare era stato terribile, non le era mai capitato di odiare qualcosa con così tanta veemenza. E non era stata colpa della compagnia, che non era certo delle migliori, né della vista, in realtà quegli orizzonti vuoti la rilassavano, il divertimento non era certo mancato. E allora cosa poteva insinuarle un così grande astio? Quel continuo risuonare delle onde. Quel rumore che sembrava potesse rapirla da un momento all’altro, farla sprofondare negli abissi più irraggiungibili dell’oceano o forse del suo cuore.

Per questo l’arrivo alla meta le aveva tolto un peso dal cuore. Si era sentita incredibilmente alleggerita. Non aveva messo in conto che quell’incubo potesse seguitare a starle alle calcagna come un cagnolino fedele.

La nuova patria da abitare, le nuove occasioni da cogliere al volo e nuovi sogni da perseguire le avevano fatto sperare in una nuova vita, una rinascita, una nuova storia da scrivere. Ma quel rumore insistente la teneva attaccata al passato e lei invece voleva lasciarselo alle spalle, lontano, là in quella casetta sul promontorio, esattamente nel momento in cui chiudeva la porta si era ripromessa di non pensare più a ciò che era stato, ma solo a ciò che le si prospettava davanti.

E come poteva sperare di non ricordarlo se le onde che teneva chiuse con quel lucchetto riuscivano ad evadere?

Le sentiva premere per uscire, le ricacciava continuamente indietro. Doveva trovare al più presto un posto dove stare e un lavoro. Doveva darsi da fare. Le onde che la seguivano forse non l’avrebbero raggiunta se cominciava immediatamente a girare. Per questo si ritrovò a leggere i giornali abbandonati nei parchi alla ricerca di annunci che le potessero dare un aiuto o un’idea. Ogni tanto le onde tacevano per qualche giorno e allora lei si illudeva di averle domate, di averle seminate.

Ma tornavano a farsi sentire più insistenti appena queste illusioni le si affacciavano alle soglie della mente.

Aveva trovato un lavoro, aveva trovato un letto da occupare e una stanza per lei. Aveva trovato delle persone con cui condividere la sua vita, degli amici. Stava facendo carriera, aveva chiuso definitivamente la porticina della casa sul promontorio.

Il mare si era calmato.

Ma il passato non si può abbandonare così facilmente.

E le onde tornarono, feroci, spazzarono via quella vita non sua, quell’illusione nella quale si era cacciata repentinamente appena ne aveva avuto l’opportunità.

Ora le onde erano nel suo petto.

La chiamavano aritmia.

Gli sforzi del lavoro, la stanza umida che le era stata data dagli amici. Quelle onde l’avevano spinta lì, e diventavano sempre più potenti e discontinue, le maree non erano regolari.

Un giorno quel mare si placò, ritornò liscio come l’olio...

  
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