Glee And The Seven Deadly Sins.
Lussuria.
Buio,
vuoto, piacere, appagamento, un abbandono lascivo al
piacere dei sensi.
Schegge di vetro scendono dal cielo, il suo cuore sanguina. Una lacrima
solitaria solca le sue gote imporporate di rosso, scendendo sino al
labbro
inferiore e mescolandosi alle loro salive. La bacia, la tocca, la
stuzzica, la
lecca, i loro denti cozzano. Smette di giocare con la sua vittima,
guardandola
accasciarsi sul pavimento, inerme, e si lecca le labbra per poter
gustare
ancora una volta il sapore di quelle di lei.
E’ più forte di lui, tutto scaturisce dalle vene,
gli arti, i nervi, l’intero
organismo; il tatto che invade il campo di tutti gli altri sensi, li
esalta, li
ammorbidisce.
E’ inutile, Amore e Noah Puckerman non sono fatti per stare
insieme.
Invidia.
Oramai
il suo arido cuore è stato prosciugato fino
all’ultima goccia di sangue e tutto ciò che ne
rimane è odio, Invidia. Continua
a sprofondare in questo ceco baratro infinito e tutto ciò
che vede è Nero. Nero
grafite, nero come l’oblio, nero come la sua anima corrosa
dalla gelosia, nero
come l’invidia che lo sta divorando. Sa di essere inferiore
ed è per questo che
si fa sopraffare da un’amarezza indicibile. Il suo cuore
è ridotto in fardelli,
il serpente di fuoco l’ha attanagliato, impossessandosi di
lui, e l’invidia,
ragno malizioso, ha tessuto la sua tela, per potersi approfittare della
prossima vittima.
L’invidia è una brutta bestia, Kurt
Hummel.
Gola.
Sotto
il corpo liquefatto della vittima si spande una larga
pozza, scura e opaca, di sangue fresco. V’immerge una mano.
Il liquido è denso
e caldo, ed emana un profumo pungente e al contempo inebriante. Porta
la mano
sporca del vermiglio fluido vitale del suo ragazzo alle labbra,
delineandone i
contorni e leccando il sangue copioso che gocciola dal bordo del labbro
inferiore sino al mento, deturpando la sua delicata e bruna pelle color
cioccolato.
Il preludio della sua fine, il fremito adrenalinico dello scocco degli
ultimi
attimi è stata senza dubbio la cosa più difficile
da sopportare, ma ne è valsa
la pena, per poter gustare quel sangue così prelibato. Ma
lei vuole di più,
sempre di più. Un’eccitazione suadente e soave, un
dissapore amaro per la già
trascorsa e conclusa azione, un spasimo letale in preparazione della
successiva, nuova, spezia vitale.
Non è mai abbastanza, vero Mercedes
Jones?
Ira.
Occhi
di vetro, profondi e fiammeggianti. Sguardo
impenetrabile, labbra impalpabili, dita affusolate e gelide come la
Luna, armi
di morte. Il suo corpo emana paura mortale, disperazione, brama
insaziabile. Ha
una risata argentina, armonica, aspra e tagliente come se il suono non
uscisse
da tenere labbra umane. Lei serba ancora un antico rancore per lui,
l’assassino
della sua ragazza.
I suoi pensieri vanno al limite di ogni immaginazione, la poca
razionalità
rimasta in lei è completamente annebbiata dal desiderio di
vendetta.
Qualcosa di velenoso e letale alberga nella sua mente, un’ira
indomabile, un odio
implacabile, un sentimento corrosivo.
Guai a chi osa sfidare Santana
Lopez.
Accidia.
Torpore
malinconico, abbandono all’ inerzia. E’ sempre la
solita solfa, che monotonia.
Sguardo vacuo, spento, gelido come la più fredda delle
notti, immobile e smorto
come quello di un burattino.
Noia. Tedio. Uggia.
I tuoi amici ti chiamano, vogliono compagnia, vogliono giocare e
parlare con
te. Ma tu stai bene nella tua solitudine, sei libero da ogni vincolo e
ogni
coercizione.
Noia. Apatia. Noia.
La tua anima brucia, lentamente, le tue ossa si riducono in cenere e il
tuo
sangue viene prosciugato dall’imperituro, inesorabile e lento
scorrere del
tempo.
Attento, non è facile liberarsi dal morso della pigrizia, Finn Hudson.
Superbia.
Cammina
a passo spedito, il capo rivolto verso l’alto e sul viso
dipinto il suo solito ghignetto di superiorità. E’
più fragile e insicura di
quanto si possa credere, per questo indossa la maschera della superbia,
per non
sentirsi più mediocre di quanto già sia. La sua
voce è musicale, velata di
snobismo, tagliente come una lama conficcata con prepotenza nelle
carni.
Le persone sono solo delle pedine per lei, che può manovrare
secondo il suo
sadico e perverso piacere. Un gioco dove lei detta le regole, e lei
vince,
sempre.
Nessuno può scalfirla, perché lei è la
più potente.
La vita è dura anche per le regine, Quinn
Fabray.
Avarizia.
La
sua non è avarizia materiale, lei ha ucciso
l’Amore e l’ha divorato, per far si
che non l’abbandoni mai più.
Gli ha legato mani e piedi, stringendo i nodi delle corde quasi fino a
lacerarne la pelle. Un odore acre e ferroso di sangue fresco rosso vivo
si è
profuso nell’aria e le sue mani esangui si sono sporcate di
quel colore
scarlatto.
Brandelli d’anima.
Lei è anche avida di successo. Lotta con tutte le sue forze
pur di arrivare a
raggiungere ciò che vuole ed è pronta a
calpestare chiunque le sia d’intralcio.
Il
troppo stroppia, Rachel Berry.
***
~Angolino
autrice:
Non
che ci sia molto da dire, questo è il mio primo tentativo
con le Drabble…Fallito!
xD Imploro pietà!
E’ stato davvero difficile affibbiare un vizio ad ogni
personaggio,
specialmente per quanto riguarda Avarizia e Superbia. Ad esempio Finn/Accidia non ci sta proprio, ma non sapevo in
che altro modo collegarlo.
Basta così, mi dileguo..Adios, chicos. ♥
*Fugge oltre i confini del mare*.