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Autore: Toti1424    09/09/2012    0 recensioni
Mi sedetti a terra di fronte al mio pasto, i primi mesi non potevamo nemmeno permetterci di fare tre pasti al giorno, non possedevamo nemmeno un tetto sotto cui dormire, un posto in cui tornare, vagavamo per le strade della borgata senza numero, del quartiere più povero di tutta l’isola, il posto più scarno di tutti, tanto che non si meritava nemmeno un numero.
Genere: Azione, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
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La borgata senza numero                     
 

 

 

 
Un raggio di sole entrato da un buco delle parete del nostro rifugio mi colpì in piena faccia catapultandomi fuori dal mondo dei sogni. Accoccolato a me, con il visino affondato nella mia camicia da notte Matt dormiva ancora beato. Presi ad accarezzargli i riccioli biondi dolcemente per farlo svegliare, lui di tutta risposta si strinse ancora più a me.
<< Non voglio andare a scuola>
> bisbigliò con voce assonnata facendomi nascere un sorriso sul volto.
Gli stampai un bacio in fronte << Piccolo lo sai che è la nostra unica possibilità di uscire di qui andare a scuola.>> mi alzai dal letto lasciandolo ancora sotto le coperte << forza inizia a vestirti che preparo la colazione.>> sempre se così si poteva chiamare poiché consisteva in un pezzo di pane e di una tazza di acqua calda.
Era passato appena un anno dal nostro arrivo sull’isola e mi sembrava ormai un’eternità, il ricordo del piccolo Matt terrorizzato nella stiva della nave da carico che ci ha portato qui era ormai un ricordo lontano.
Dopo aver messo a bollire l’acqua mi levai il pigiama infilandomi la divisa scolastica, uno dei quattro capi d’abbigliamento presenti nella nostra cassettiera. Mi misi quindi il vestito bianco con il mio nome stampato con caratteri scuri sopra il seno destro, le ghette ed il giacchetto nero. Presi il pettine che Matt aveva trovato cercando nella spazzatura al quale mancavano cinque denti ed iniziai a spazzolarmi i lunghi capelli per poi raccoglierli in una coda da cavallo e legali con un brandello di stoffa di una divisa rotta trovata sul ciglio della strada.
Il piccolo era già vestito con la sua versione con i pantaloni della divisa mentre stava affondando i denti nel pezzo di pane raffermo che ero riuscita a procurarmi coi pochi spiccioli che guadagno.
Mi sedetti a terra di fronte al mio pasto, i primi mesi non potevamo nemmeno permetterci di fare tre pasti al giorno, non possedevamo nemmeno un tetto sotto cui dormire, un posto in cui tornare, vagavamo per le strade della borgata senza numero, del quartiere più povero di tutta l’isola, il posto più scarno di tutti, tanto che non si meritava nemmeno un numero.
Di fatti l’isola è stata divisa in settori, la prima borgata è quella dove vivono gli studenti più facoltosi e così scendendo fino alla centesima borgata e poi a noi, la gente del vecchio porto, le persone che vivono nella borgata senza numero, ammassati a vivere in dei conteiners impilati l’uno sopra all’altro come immondizia.
C’è solo un modo per poter salire di numero, per trasferirsi in un quartiere con un numero più basso, superare il Test. Il Test è un esame a cui partecipano tutti i ragazzi di tutti i quartiere, un test uguale per tutti. Se riesci ad ottenere un voto equivalente alla media di un altro quartiere hai la possibilità di ottenere una borsa di studio e di poter trasferirti in quel determinato settore. È però praticamente impossibile ottenere un voto superiore alla media della tua borgata poiché il livello di istruzione varia di scuola in scuola. Infatti i ragazzi del uno vanno a scuola otto ore al giorno ed il sabato e la domenica rimangono a casa avendo la possibilità di studiare, mentre noi andiamo a scuola solo una mattinata a settimana, mentre gli altri giorni lavoriamo per guadagnarci quel poco che ci serve per sopravvivere. L’unico lato positivo di questa cosa è che chi ottiene un risultato minore della media della sua borgata non viene trasferito in un settore meno agiato. E anche se fosse, più in basso di così Matt ed io non potremmo andare.
Uscimmo dal nostro rifugio camminando fino alla fermata dell’autobus che ci avrebbe portato a scuola, sul ciglio della strada erano già presenti una cinquantina di ragazzi, ragazze e bambini dell’elementari. Strinsi la mano di Matt per paura di perderlo tra la folla, mentre lui iniziava a sbracciarsi per salutare i suoi compagni di classe << Stai calmo, avrai tutto il tempo di stare col loro a scuola.>>
Lui ubbidiente si calmò e mi si avvicinò << Credi che riusciremo a sederci sul pullman oggi?>>
<< No.>>
Nel bus misi Matt contro la parete proteggendolo con il mio corpo dai colpi della gente che cercava di farsi spazio che cadeva non riuscendo ad aggrappare a qualcosa.
Appena arrivata a scuola ero un dolore unico, accompagnai Matt nella sua classe augurandogli buona scuola per poi tornare in cortile a sedermi su di una panchina. Anche oggi niente pranzo, non c’era abbastanza da mangiare per due.
<< Buongiorno bellezza, passato bene il fine settimana?>> al mio fianco apparve Konnor, sorridente come sempre.
<< Ho lavorato, tu?>> domandai sapendo già la risposta.
<< Idem.>> sorrise mostrando una dentatura bianchissima in risalto grazie alla sua carnagione scura << Matt?>>
<< L’ho già accompagnato in classe.>> risposi torturandomi una ciocca di capelli.
<< Che sorella diligente.>> disse in tono ironico, ma sapevo benissimo che ammirava molto ciò che avevo fatto in passato e quello che rappresento per quel bambino. Quindi non feci caso al sarcasmo presente nella sua voce e rimasi in silenzio. Lui iniziò ad osservarmi per poi prendermi la mano che stavo usando per giocherellare con i capelli << sei dimagrita ancora?>> lo avevo conosciuto nella mensa della scuola del primo quartiere quando avevo iniziato a lavorare come cameriera e dove lui lavora come cuoco. Mi ha conosciuta quando ero al limite e riuscivo a tenermi in piedi a malapena, sei mesi dopo il mio arrivo sull’isola, quando davo tutto il cibo che riuscivo a trovare a Matt che era malato ed è stato li che lui ha iniziato a diventare mio amico, con i suoi piccoli gesti premurosi, quando rubava il cibo della mensa rischiando l’arresto per cercare di sfamarmi.
<< Possibile. >
> negli ultimi tempi avevo iniziato a mettere da parte un po’ di soldi, di modo da poter comprare dei libri per Matt, per cercare di istruirlo e fargli prendere un voto migliore nel Test e farlo andare in un’altra borgata. Così tagliavo un po’ sul mio mangiare.
<< Se hai bisogno di aiuto devi solo chiederlo.>>
<< Konnor sei gentile, ma anche tu devi riuscire a sopravvivere, io sto bene così.>> il suono della campanella interruppe il nostro discorso separandoci per corree ognuno nella rispettiva aula, infatti lui era di un anno più grande di me.
Finite le lezioni riaccompagnai Matt a casa, lasciandolo alle cure di Emily la mia vicina di casa, la pagavo una moneta a settimana per tenerlo con lei. Emily era nata paralizzata e sorda da un orecchio e si guadagnava da vivere badando ai bambini più piccoli della borgata, ovviamente riceveva denaro solo da chi possedeva un fratello che guadagnasse qualcosa per pagarla, poiché non tutti i piccoli avevano qualcuno che badasse a loro. Capitava spesso, purtroppo che alcuni non possedessero nemmeno casa e che nei mesi freddi venissero trovati morti di freddo nei vicoli.
Dopo aver pagato Emily per la settimana presi il treno diretto per la borgata numero 1, al quartiere numero 89 salì come tutti i giorni Konnor che prese posto al mio fianco raccontandomi la mattinata a scuola.
<< Konnor…>> interruppi il suo discorso facendogli capire che non lo stavo ascoltando << tu ti ricordi qualcosa del tuo passato, qualcosa che è successo prima del viaggio in nave fin qui?>>
Si fece pensoso << No.>>
<< Nemmeno io.>
> e credo che nessuno, per un qualche motivo sconosciuto se lo ricordi << perché siamo stati portati sull’isola?>>
<< Non lo so.>>
 
  
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