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Autore: Leannel    08/06/2004    0 recensioni
Il lungo, immenso viaggio, di un'elfa alla ricerca della felicità
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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-Parte quarta-

-Parte quarta-

Capitolo XI _ Insieme_

 

 

Leannel era rimasta sola. Aveva portato le ginocchia al petto e piangeva. Piangeva. Ma non di tristezza. Ora ne era certa. L’amore non era solo uno stato d’animo. L’amore era un modo di essere. Ti vincolava fin nel profondo dell’anima. Questo amore che aveva già saputo essere vitale e distruttivo allo stesso tempo. E ora sarebbe arrivato lì.

 

Legolas e Gimli giunsero il quarto giorno di viaggio. A cose normali non avrebbe pensato di riuscire ad arrivare in così poco tempo in un luogo così lontano. Ma forse non era stata una forza normale a farlo giungere a Minas Tirith. Ma ora che era lì, davanti al palazzo di sire Aragorn tutta la sua forza pareva essersi esaurita. Gimli scese da cavallo subito prima di lui

“Avanti ragazzo mio, tira fuori la tua grinta” disse. Legolas  lo guardò sorridendo. Spesso Gimli dimenticava che Legolas avesse più di una vita in più di lui. Ma non c’era bisogno di ricordarglielo.

“Chi siete?” la guardia aveva un aspetto piuttosto sciupato

“Ci conoscete bene” disse Legolas

“Miei signori! Il nano e l’elfo! Benvenuti! Scusatemi se non vi ho riconosciuti”

“Sembra che abbiate trascorso una giornata piuttosto complicata”

“Non me ne fate parlare.. Una donna a cavallo.. Ma è successo ieri all’alba”

“Una donna su un cavallo..”

“Avevamo ragione” disse Gimli. I due si scambiarono un’occhiata. Era davvero lì. Era lì che Legolas avrebbe trovato quello che cercava.

“Ora devi solo conquistarlo” concluse.

Legolas non ricordava di essere mai stato tanto agitato. Era teso. Non sapeva nemmeno lui di cosa. Sicuramente non temeva di essere respinto. C’era una sola minima possibilità che lo rifiutasse. E se fosse accaduto, sarebbe voluto dire che il loro amore non era nato per durare. Gimli non aveva mai smesso di guardarlo con aria benevola. Non temeva che Leannel l’avrebbe allontanato da Legolas. Sarebbe stato bellissimo se quei due avessero trovato la pace insieme.

 

Morien entrò un istante nella stanza. Leannel no usciva né parlava da un’ ora ormai. Doveva prendere un libro che aveva lasciato là dentro.

“Vieni qui, Morien” disse una voce cristallina dal letto bianco. Leannel non dormiva. Fissava il soffitto, persa nei suoi incomprensibili pensieri. Morien si avvicinò silenziosa.

“Sono cambiate tante cose..” mormorò “Troppe” Morien rispose annuendo. “A noi stessi è concesso scrivere il nostro destino” Ora Morien non annuiva più. Una frase come questa era completamente fuori da quella che era sempre stata la sua complicata filosofia.

“Ma prima di tracciare il nostro destino, dobbiamo decidere chi siamo. E io solo ora so chi sono. Solo ora ho deciso qual è la via che devo prendere. Solo ora so cosa farò. Cosa faremo.”

“Perché mi hai chiamata?”

“Da molto tempo tu avevi deciso chi sei. Da molto prima di me. Ma il futuro che avevi tracciato è stato modificato da una forza maggiore” Morien era rapita da quelle parole. Non aveva una grande forza di volontà. Si sedette accanto al volto della sua regina.

“Ora voglio essere io a modificare il disegno che avevi fatto del tuo destino. Devo farti un dono”

“Cosa vuoi donarmi Leannel?”

“Ti donerò quello che di più grande ho su questa terra. Ti conosco molto meglio di quanto tu non creda. Non avete mai avuto intenzione di andarvene, tu e Reimer. E siccome è sicuro che io non farò quello che ho sempre voluto, incarico te, Morien, di diventare la nuova regina di Bosco Atro. Si, a te darò il mio regno. Non mi serve più a nulla ormai. Ma saprai prendere bene il mio posto” Morien si trasse all’indietro. Non credeva a quello che aveva sentito. Ma era la verità. Chinò velocemente il capo ed uscì dalla stanza. Ora Legolas era lì. Leannel poteva sentirlo. Doveva alzarsi ora. Come pochi giorni prima. Ma allora non era sola tra i lenzuoli. Il primo piede bianco. In piedi. Era ancora vestita di bianco. Una semplice sottoveste. Ma non aveva voglia di cambiarsi.

‘Infondo, sono bella comunque’ si disse. Nessuno si sarebbe mai scandalizzato per un suo modo di vestirsi. Era molto più semplice che rimanessero abbagliati dalla sua bellezza. Un’altra nuova visione. Uno specchio. Era bellissima. Come mai lo era stato. E anche se quella volta, lontana, a lei non era stato concesso di vederla nei suoi occhi era nata una luce ancora più forte di quella che avevano acquistato, ormai cinquant’anni prima, al suo primo incontro con Aragorn. Si rese conto della verità. Era bellissima, perché aveva scelto la via migliore. Aveva sempre detestato la sua bellezza. Ma adesso non era più così. Non odiava più il ritratto in quello specchio. Non odiava il suo riflesso.

Ma non c’era tempo. Legolas era lì. Tutto doveva iniziare e finire con quell’incontro. Passi veloci e decisi. Non aveva mai camminato con passi decisi. Se non per rabbia. Stava per finire tutto. La rabbia. L’angoscia. L’agitazione. Stava terminando. Sul suo bel viso apparve un sorriso.

 

Gran salone del palazzo della cittadella di Minas Tirith. Legolas aprì la porta del palazzo. Aragorn non era dove avrebbe dovuto. Su uno scuro trono più basso sedeva Faramir, intento a farsene andare un paio di supervisori dei livelli più bassi della città. Dovevano essere ordini del signore. Faramir si voltò e lo intravide. Gli sorrise.

“Se oggi non potete essere convocati c’è un buon motivo. Se con qualcuno volete prendervela, fatelo con quell’elfo che è entrato adesso. Ma non oggi, oggi non vi è possibile” i due uomini col volto arrabbiato si voltarono ed uscirono dalla grande porta bianca, lanciando a Legolas un’occhiata non proprio socievole. Probabilmente non lo aveva riconosciuto. Legolas sorrise al suo vecchio amico Faramir. Questi rispose

“Eri atteso”

“Visto Legolas? La nostra reazione era più che prevedibile”  disse Gimli col volto sereno

“Prevedibile per tutti, tranne per colei che stai cercando. Penso che sia la stella del Vespro a parlarle ora. Aragorn sarà rimasto fuori, a origliare. Penso che la cosa gli interessi più di quanto non voglia ammettere. Vado a chiamarlo. Rimarrò io la” Legolas sorrise. Il fatto che sia Arwen che Aragorn si stessero occupando di lei lo rendeva tranquillo. Non aveva nulla da temere. Probabilmente ora avrebbe parlato anche con Faramir, che pareva aver acquistato un volto sereno.

“Grazie” mormorò. Faramir si voltò e velocemente si diresse verso le stanze dove doveva essere Leannel.

Gimli si sedette su una sedia di tela scura

“E’ stato tutto come programmato. Sarà tutto come programmato.” Incredibile quanto il suo amico potesse essergli accanto. Sembrava ricavare da lui tutta la sua felicità. Magicamente prese dalla tasca una pipa e dell’erba regalatagli dagli Hobbit.

“Vuoi?” chiese

“No, grazie” rispose l’elfo.

 

Faramir aveva chiamato Aragorn. Si era voltato e col passo solenne che gli era proprio, si era diretto verso la stanza principale. Gimli aveva fumato metà della sua pipa.

“Salve a tutti” disse il re. Gimli si alzò in fretta sorridendo. Lo abbracciò

“Giovanotto!” disse. Legolas si avvicinò, sorridendo da lontano. Erano lì tutti e tre insieme. Come poco tempo prima.

“Sembra che questa volta ci vediamo per motivi nostri” disse Legolas

“Non certo per salvare la Terra di Mezzo” i tre risero nuovamente.

 

Passi veloci. Una grande finestra luminosa alla sua destra. Le finestre erano spostate dal vento. Aveva voglia di affacciarsi a quelle finestre. Aveva atteso tutta la vita e due minuti non avrebbero cambiato molto. La luce del sole era più luminosa di quanto avesse mai ricordato. No, forse era la sua anima ad essere più luminosa. Più libera. Quando era arrivata non aveva fatto in tempo a osservare quanto fosse meraviglioso il paesaggio. E in lontananza lo vide. Il mare. Bellissimo. Così calmo. Così limpido. Le faceva pensare al volto di un bambino. Ma, ora che ci pensava, forse non aveva mai visto il volto di un bambino. Una mano calda alle sue spalle. Si voltò di scatto. Faramir. Sorrise. Faramir rimase stupito da quanto potesse essere innaturale un sorriso su quel volto. Innaturale ma perfetto.

“E’ arrivato, Leannel” disse

“Lo so. L’ho sentito”

“Mi piace vederti così”

“Anche a me piace vedermi così”

“Hai fatto la migliore delle scelte”

“Questo non lo saprò mai”

“C’è un momento in cui si deve dimenticare il passato, dimenticare che si è degli eroi, dimenticare tutto quello che si è vissuto. E ricominciare.”

“Tu lo hai fatto?”

“Penso di si”

“Potrò conoscerla in tre anni?”

“In tre anni? Te ne andrai tra così poco tempo?”

“Poco. Si molto poco. Per me”

“No, per chiunque. Comunque si. Credo che la conoscerai. Ora vai. Affronta il tuo demone”

“No, non il mio demone. È un angelo. Il mio angelo” Leannel sorrise e se ne andò, sfiorando la spalla di Faramir. Ora era solo. Nella sua anima. Doveva essere cambiato qualcosa di profondo. Qualcosa che gli aveva messo voglia di sorridere.

 

Aveva ripreso a camminare. Ma adesso con meno foga. Sapeva che sarebbe arrivato. Man mano che si avvicinava, il cuore batteva più forte. Ma lo sopportava. Lo vinceva. Fin quando lo vide. E il cuore si fermò. Sorrise. Lui si voltò e la vide. Sorrise. Fu come se tutto si fermasse. Ma Leannel non aveva intenzione di lanciargli le mani al collo o cose del genere. Non era affatto il suo stile. Si avvicinarono l’uno all’altro con passi lenti.

“Sembra che finalmente ci siamo” disse lei

“Non negare l’innegabile” rispose lui. Leannel rise. Una risata fresca e liberatoria, come la pioggia d’estate. Con la mano sinistra afferrò la testa di lui e lo baciò. Sia allontanò.

“L’innegabile” mormorò “Ti amo” Lo baciò di nuovo.


 

  
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