-Parte quarta-
Capitolo XI _ Insieme_
Leannel era rimasta sola.
Aveva portato le ginocchia al petto e piangeva. Piangeva. Ma non di tristezza.
Ora ne era certa. L’amore non era solo uno stato d’animo. L’amore era un modo
di essere. Ti vincolava fin nel profondo dell’anima. Questo amore che aveva già
saputo essere vitale e distruttivo allo stesso tempo. E ora sarebbe arrivato
lì.
Legolas e Gimli giunsero
il quarto giorno di viaggio. A cose normali non avrebbe pensato di riuscire ad
arrivare in così poco tempo in un luogo così lontano. Ma forse non era stata
una forza normale a farlo giungere a Minas Tirith. Ma ora che era lì, davanti
al palazzo di sire Aragorn tutta la sua forza pareva essersi esaurita. Gimli
scese da cavallo subito prima di lui
“Avanti ragazzo mio, tira
fuori la tua grinta” disse. Legolas lo
guardò sorridendo. Spesso Gimli dimenticava che Legolas avesse più di una vita
in più di lui. Ma non c’era bisogno di ricordarglielo.
“Chi siete?” la guardia
aveva un aspetto piuttosto sciupato
“Ci conoscete bene” disse
Legolas
“Miei signori! Il nano e
l’elfo! Benvenuti! Scusatemi se non vi ho riconosciuti”
“Sembra che abbiate
trascorso una giornata piuttosto complicata”
“Non me ne fate parlare..
Una donna a cavallo.. Ma è successo ieri all’alba”
“Una donna su un
cavallo..”
“Avevamo ragione” disse
Gimli. I due si scambiarono un’occhiata. Era davvero lì. Era lì che Legolas
avrebbe trovato quello che cercava.
“Ora devi solo
conquistarlo” concluse.
Legolas non ricordava di
essere mai stato tanto agitato. Era teso. Non sapeva nemmeno lui di cosa.
Sicuramente non temeva di essere respinto. C’era una sola minima possibilità
che lo rifiutasse. E se fosse accaduto, sarebbe voluto dire che il loro amore
non era nato per durare. Gimli non aveva mai smesso di guardarlo con aria
benevola. Non temeva che Leannel l’avrebbe allontanato da Legolas. Sarebbe
stato bellissimo se quei due avessero trovato la pace insieme.
Morien entrò un istante
nella stanza. Leannel no usciva né parlava da un’ ora ormai. Doveva prendere un
libro che aveva lasciato là dentro.
“Vieni qui, Morien” disse
una voce cristallina dal letto bianco. Leannel non dormiva. Fissava il soffitto,
persa nei suoi incomprensibili pensieri. Morien si avvicinò silenziosa.
“Sono cambiate tante
cose..” mormorò “Troppe” Morien rispose annuendo. “A noi stessi è concesso
scrivere il nostro destino” Ora Morien non annuiva più. Una frase come questa
era completamente fuori da quella che era sempre stata la sua complicata
filosofia.
“Ma prima di tracciare il
nostro destino, dobbiamo decidere chi siamo. E io solo ora so chi sono. Solo
ora ho deciso qual è la via che devo prendere. Solo ora so cosa farò. Cosa
faremo.”
“Perché mi hai chiamata?”
“Da molto tempo tu avevi
deciso chi sei. Da molto prima di me. Ma il futuro che avevi tracciato è stato
modificato da una forza maggiore” Morien era rapita da quelle parole. Non aveva
una grande forza di volontà. Si sedette accanto al volto della sua regina.
“Ora voglio essere io a
modificare il disegno che avevi fatto del tuo destino. Devo farti un dono”
“Cosa vuoi donarmi
Leannel?”
“Ti donerò quello che di
più grande ho su questa terra. Ti conosco molto meglio di quanto tu non creda.
Non avete mai avuto intenzione di andarvene, tu e Reimer. E siccome è sicuro
che io non farò quello che ho sempre voluto, incarico te, Morien, di diventare
la nuova regina di Bosco Atro. Si, a te darò il mio regno. Non mi serve più a
nulla ormai. Ma saprai prendere bene il mio posto” Morien si trasse
all’indietro. Non credeva a quello che aveva sentito. Ma era la verità. Chinò
velocemente il capo ed uscì dalla stanza. Ora Legolas era lì. Leannel poteva
sentirlo. Doveva alzarsi ora. Come pochi giorni prima. Ma allora non era sola
tra i lenzuoli. Il primo piede bianco. In piedi. Era ancora vestita di bianco.
Una semplice sottoveste. Ma non aveva voglia di cambiarsi.
‘Infondo, sono bella
comunque’ si disse. Nessuno si sarebbe mai scandalizzato per un suo modo di
vestirsi. Era molto più semplice che rimanessero abbagliati dalla sua bellezza.
Un’altra nuova visione. Uno specchio. Era bellissima. Come mai lo era stato. E
anche se quella volta, lontana, a lei non era stato concesso di vederla nei suoi
occhi era nata una luce ancora più forte di quella che avevano acquistato,
ormai cinquant’anni prima, al suo primo incontro con Aragorn. Si rese conto
della verità. Era bellissima, perché aveva scelto la via migliore. Aveva sempre
detestato la sua bellezza. Ma adesso non era più così. Non odiava più il
ritratto in quello specchio. Non odiava il suo riflesso.
Ma non c’era tempo.
Legolas era lì. Tutto doveva iniziare e finire con quell’incontro. Passi veloci
e decisi. Non aveva mai camminato con passi decisi. Se non per rabbia. Stava
per finire tutto. La rabbia. L’angoscia. L’agitazione. Stava terminando. Sul
suo bel viso apparve un sorriso.
Gran salone del palazzo
della cittadella di Minas Tirith. Legolas aprì la porta del palazzo. Aragorn
non era dove avrebbe dovuto. Su uno scuro trono più basso sedeva Faramir,
intento a farsene andare un paio di supervisori dei livelli più bassi della
città. Dovevano essere ordini del signore. Faramir si voltò e lo intravide. Gli
sorrise.
“Se oggi non potete
essere convocati c’è un buon motivo. Se con qualcuno volete prendervela, fatelo
con quell’elfo che è entrato adesso. Ma non oggi, oggi non vi è possibile” i
due uomini col volto arrabbiato si voltarono ed uscirono dalla grande porta
bianca, lanciando a Legolas un’occhiata non proprio socievole. Probabilmente
non lo aveva riconosciuto. Legolas sorrise al suo vecchio amico Faramir. Questi
rispose
“Eri atteso”
“Visto Legolas? La nostra
reazione era più che prevedibile” disse
Gimli col volto sereno
“Prevedibile per tutti,
tranne per colei che stai cercando. Penso che sia la stella del Vespro a
parlarle ora. Aragorn sarà rimasto fuori, a origliare. Penso che la cosa gli
interessi più di quanto non voglia ammettere. Vado a chiamarlo. Rimarrò io la”
Legolas sorrise. Il fatto che sia Arwen che Aragorn si stessero occupando di
lei lo rendeva tranquillo. Non aveva nulla da temere. Probabilmente ora avrebbe
parlato anche con Faramir, che pareva aver acquistato un volto sereno.
“Grazie” mormorò. Faramir
si voltò e velocemente si diresse verso le stanze dove doveva essere Leannel.
Gimli si sedette su una
sedia di tela scura
“E’ stato tutto come
programmato. Sarà tutto come programmato.” Incredibile quanto il suo amico
potesse essergli accanto. Sembrava ricavare da lui tutta la sua felicità.
Magicamente prese dalla tasca una pipa e dell’erba regalatagli dagli Hobbit.
“Vuoi?” chiese
“No, grazie” rispose
l’elfo.
Faramir aveva chiamato
Aragorn. Si era voltato e col passo solenne che gli era proprio, si era diretto
verso la stanza principale. Gimli aveva fumato metà della sua pipa.
“Salve a tutti” disse il
re. Gimli si alzò in fretta sorridendo. Lo abbracciò
“Giovanotto!” disse.
Legolas si avvicinò, sorridendo da lontano. Erano lì tutti e tre insieme. Come
poco tempo prima.
“Sembra che questa volta
ci vediamo per motivi nostri” disse Legolas
“Non certo per salvare la
Terra di Mezzo” i tre risero nuovamente.
Passi veloci. Una grande
finestra luminosa alla sua destra. Le finestre erano spostate dal vento. Aveva
voglia di affacciarsi a quelle finestre. Aveva atteso tutta la vita e due
minuti non avrebbero cambiato molto. La luce del sole era più luminosa di
quanto avesse mai ricordato. No, forse era la sua anima ad essere più luminosa.
Più libera. Quando era arrivata non aveva fatto in tempo a osservare quanto
fosse meraviglioso il paesaggio. E in lontananza lo vide. Il mare. Bellissimo.
Così calmo. Così limpido. Le faceva pensare al volto di un bambino. Ma, ora che
ci pensava, forse non aveva mai visto il volto di un bambino. Una mano calda
alle sue spalle. Si voltò di scatto. Faramir. Sorrise. Faramir rimase stupito
da quanto potesse essere innaturale un sorriso su quel volto. Innaturale ma
perfetto.
“E’ arrivato, Leannel”
disse
“Lo so. L’ho sentito”
“Mi piace vederti così”
“Anche a me piace vedermi
così”
“Hai fatto la migliore
delle scelte”
“Questo non lo saprò mai”
“C’è un momento in cui si
deve dimenticare il passato, dimenticare che si è degli eroi, dimenticare tutto
quello che si è vissuto. E ricominciare.”
“Tu lo hai fatto?”
“Penso di si”
“Potrò conoscerla in tre
anni?”
“In tre anni? Te ne
andrai tra così poco tempo?”
“Poco. Si molto poco. Per
me”
“No, per chiunque.
Comunque si. Credo che la conoscerai. Ora vai. Affronta il tuo demone”
“No, non il mio demone. È
un angelo. Il mio angelo” Leannel sorrise e se ne andò, sfiorando la spalla di
Faramir. Ora era solo. Nella sua anima. Doveva essere cambiato qualcosa di
profondo. Qualcosa che gli aveva messo voglia di sorridere.
Aveva ripreso a
camminare. Ma adesso con meno foga. Sapeva che sarebbe arrivato. Man mano che
si avvicinava, il cuore batteva più forte. Ma lo sopportava. Lo vinceva. Fin
quando lo vide. E il cuore si fermò. Sorrise. Lui si voltò e la vide. Sorrise.
Fu come se tutto si fermasse. Ma Leannel non aveva intenzione di lanciargli le
mani al collo o cose del genere. Non era affatto il suo stile. Si avvicinarono
l’uno all’altro con passi lenti.
“Sembra che finalmente ci
siamo” disse lei
“Non negare l’innegabile”
rispose lui. Leannel rise. Una risata fresca e liberatoria, come la pioggia
d’estate. Con la mano sinistra afferrò la testa di lui e lo baciò. Sia
allontanò.
“L’innegabile” mormorò
“Ti amo” Lo baciò di nuovo.