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Autore: Evazick    09/09/2012    0 recensioni
Non si era mai allontanato dalla Strada perché così facevano tutti. Tutti – termine generico per indicare donne, uomini, bambini, vecchi, giovani. Categorie inutili ai loro cuori che pompavano ma necessari alle menti che li comandavano. Tutti grigi, totale assenza di colore, il cielo un bianco soffitto accecante e la Strada un bianco pavimento splendente.
(...)
Non si era mai allontanato dalla Strada, l’aveva sempre percorsa anche mentre la stava cercando, e per questo si fermò. Di colpo, supernova nell’universo.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: Incompiuta
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Non si era mai allontanato dalla Strada.
Sempre dritto, niente curve, niente salite, niente discese. Mai sbagliarsi, mai fermarsi. Così gli avevano detto vecchi che avevano teso braccia e dita tremanti di Parkinson. Così gli avevano urlato folli dall’aria spiritata che giuravano e spergiuravano di essere stati redenti da una certa Grazia di nome e Divina di cognome. Ben strana tipa doveva essere, se aveva salvato scarti come quelli dalla discarica grigia e dai suoi gabbiani con becchi ricurvi, avvoltoi marini.
Non si era mai allontanato dalla Strada perché così facevano tutti. Tutti – termine generico per indicare donne, uomini, bambini, vecchi, giovani. Categorie inutili ai loro cuori che pompavano ma necessari alle menti che li comandavano. Tutti grigi, totale assenza di colore, il cielo un bianco soffitto accecante e la Strada un bianco pavimento splendente.
Chi si ferma è perduto, chi si ferma è perduto. Lo borbottavano voci invisibili ovunque, fate d’inganni che viaggiavano con loro, sopra di loro, mai accanto, pastori di un gregge inconsapevole di esserlo. Volti senza espressione, mandati lì dai vecchi gentili o dalla signora Divina in persona.
Non si era mai allontanato dalla Strada, l’aveva sempre percorsa anche mentre la stava cercando, e per questo si fermò. Di colpo, supernova nell’universo.
Che fai, che fai, vai avanti. Voci stridule come sinfonie per coltelli e vergini. Non la montagna, non la collina, non il mare, ma la pianura.
E.
Montagna, madre di boschi e sentieri impervi che si nutre di ferite ed errori.
Collina, sorella più gentile ma non incline a un perdono maggiore.
Mare, fratello che inghiotte e risucchia, ultimo ladro dell’ultima cosa preziosa.
Pianura, figlia di nulla e gente in silenzio.
Che fai, che fai, vai avanti. Voci acute come melodie per rasoi e gas tossici. Non il rumore, non il colore, ma il silenzio, l’assenza.
Perché tingersi del rosso del sangue? Del blu delle lacrime? Del nero della perdita? Il grigio va bene per tutto, va bene per tutti.
Ma grigio è pur sempre figlio di nero.
E deviò, verso alberi contorti con rami distesi come a stritolarlo e abbracciarlo.















Scritta la stessa notte in cui ho scritto "La ragazza coi fiori negli occhi", ma non ho voluto pubblicarla subito perchè non mi piaceva granchè. Riletta dopo qualche tempo ho cambiato opinione, almeno in parte.
C'è una metafora da qualche parte, ma voglio che siate voi a trovarla. È chiara, ma non voglio togliervi questo divertimento.
  
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