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Autore: Aku Yamamoto    12/09/2012    3 recensioni
“Guardi, Matto, pare che Alice sia arrivata perché non andiamo a dargli il dovuto ‘benvenuto’? Sono certo che ne sarà entusiasta!”
Non sono mai stato un ragazzo normale. E’ da quando ho dodici anni che una ragazza con le orecchie da coniglio mi parla. Quello che dice non è sensato. Parla a suon d’indovinelli, e per la mia capacità intellettiva, comprenderli è uno sforzo molto duro.
Non ho mai capito la differenza fra il mondo dei matti, e quello normale.
Nel secondo c’è caos. Nel primo c’è caos. Nel secondo c’è la guerra. Nel primo c’è la guerra. Allora, perché sono così diversi fra loro?
Genere: Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Sovrannaturale
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Prologo



Sangue, sangue ovunque. Schizzato sulle mura, sul pavimento sui miei vestiti, sui capelli.
Sangue che si mescolava all’odore di carne putrida e nauseante in quella stanza. Chiunque passasse, non si accorgeva delle finestre imbrattate, nonostante mi trovassi al piano terra. Nessuno si azzardava a sbirciare, anche solo per la curiosità di sapere se quello che si diceva fosse vero, oppure tutta una farsa.
Sangue mi circondava e mi faceva stringere più in me, continuando a bucare il braccio destro con un pugnale che avevo trovato gironzolando. Un primo, poi un secondo e anche un terzo affondo. Le gocce continuavano a schizzare sulla mia guancia. Un giro, due e poi tre diedero il colpo finale.
“ Strano che il braccio non ti sia ancora caduto.” Disse Blanche con tono da persona la quale non frega quello che succede al resto del mondo.
Blanche era una ragazza particolare. Non era come quelle che vi erano in strada. Lei aveva un paio di orecchie da coniglio, nere e con esse anche i suoi capelli lo erano. Gli occhi erano bendati da varie fasce sovrapposte l’una sull’altro. Le chiedevo come facesse a vedere quello che accadeva, e lei ogni volta rispondeva con un secco “Ci riesco e basta!”.
Ma Blanche non aveva niente di bianco addosso. Persino le bende non erano di quel colore.
A quanto pare aveva una passione per il nero. Oltre i capelli, aveva anche una specie di lenzuolo che la copriva di quel colore, e quando ogni tanto accavallava le gambe si intravedevano i pantaloni di pelle nera.
Non era malaccio, ma non poteva essere il mio tipo.
Ma ritornando a me. Io ero tutto il contrario di lei: Avevo il capello incolore, e come taglio i ciuffi erano tutti rivolti verso il dietro, soltanto la frangetta era in avanti. L’iride era dorata. Ma non poteva essere bella. Era un dorato morto, quasi velato, perciò non era sicuramente una tinta vispa.
Indossavo degli stracci, oramai vecchi da un paio di anni.
“Ma perché non sei come tutti gli altri? Insomma, ogni tanto dai un segno di vita!”
Appoggiai una mano a terra, poco più avanti ai miei piedi, uscii le unghie e le strisciai a terra, producendo un rumore simile a quello di una lavagna quando si ci fa la stessa azione.
Blanche si abbassò le orecchie, digrignando i denti.
“Quando dico ‘dai un segno di vita’, non intendo ‘Rendiamo Blanche sorda’!”
Non le parlavo quasi mai. Anzi, in generale. Non ho mai conversato con una persona. Sin dai tempi di quando l’orfanotrofio era ancora un posto con esseri che respirano, fanno chiasso e camminano. Ma col tempo, tutti mi abbandonarono. Su di me dicevano che ero un bambino pericoloso, che chiunque mi si avvicinava moriva, ma infondo, non avevano tutti i torti. Io non riesco a controllarmi, chi entra qua dentro è spacciato. Gli faccio fare le morti più atroci possibili, come staccare una testa con una corda, tipo come si fa con quelle bamboline, oppure aprirlo a metà. Da bambino non capivo questo, e perciò stavo la maggior parte delle giornate a piangere in un angolino.
L’unico che si fosse avvicinato a me, era un ragazzino che mi offrì una caramella e mi sorrise.
“ Tu non dovresti stare qua accanto a me.. Io sono un assassino.”
“ Anche se tu mi uccidi, non ne avrei paura. Non sono mai stato fortunato, per cui anche se morissi adesso, nessuno piangerebbe.”
“ Però ..Se sopravvivresti da me, sono sicuro che gli altri cominceranno a darti appellativi come ‘Il bambino maledetto’ e nomi del genere..”
Ancora ricordo il tocco delle sue mani. Quando mi accarezzò i capelli, affondando la sua piccola mano in quella ampia capigliatura che mi ritrovavo. Ricordo il modo in cui i miei ciuffi li si giravano tra le dita.
“ Non avevo mai visto qualcuno con questo colore di capelli, sai? Sono molto belli..”
“ Smettila..”
“ Sembrano fatti di cotone!”
Non riuscivo a fare del male a quel bambino, lui era stato gentile con me, non aveva tentato di scappare.
“ P-Per favore.. Smettila..”
Non lo colpì, ma ricordo solo di essermi girato di scatto, afferrandogli la mano, e portandogliela alla schiena, così, da renderlo vulnerabile.
“ Spezzami il braccio!”  disse ridendo a quello che stavo facendo. Lo guardai con aria interrogativa, forse anche un po’ stranito alla reazione del bambino dai capelli blu notte.
Avevo trovato qualcuno più pazzo di me. Non aveva paura di morire, cioè, ce l’avevo persino io, nonostante fossi l’assassino di quel manicomio!
“ Perché ti fermi?! Procedi!” voleva davvero che gli fratturassi il braccio.
Lo lasciai andare, e ricordo che lui mi strinse la mano, presentandosi.. Ma di lui ho solo un’immagine stropicciata e scolorita. Non lo ricordo nitidamente. So solo che continuò a farmi visita, per gli ultimi giorni che gli rimanevano là.
Tentai più volte di salvarlo dai bulli, ma non ebbi neanche un ringraziamento, soltanto un sorriso e certe volte un bacio sulla guancia.
“ ...  Il giorno che per te sarà quello della tua morte, ti salverò..”
“ Ah, te l’ho detto molte volte, non ho paura di morire. Non mi frega di quello che mi combineranno in quella stanza.”
“ ... Non voglio che tu muoia, sei l’unico che mi ha parlato..”
“ Anche se morirò, subito dopo la stessa fine la farai tu, no? Allora continueremo a stare insieme!”
Ma quelle parole furono vane. Io non sono mai morto.
Provai a salvarlo, ma tra il sangue, viscere e grida, non capì più niente, e lui, che lo voleva o no, morì.
L’unico, colui che ebbe il coraggio di chiamarmi e invitarmi a giocare, lo avevo ucciso.
Adesso, non mi fa né caldo, né freddo. Una persona morta, non può resuscitare, o cose del genere.
Tutti prima o poi dobbiamo morire.
**
“Oi, nano. Mi stai seccando.”
Blanche si alzò e avanzò verso di me, camminando in mezzo alle pozze che s’erano create, facendo rumore con il tacco degli stivali.
Appena la ritrovai davanti a me, mi prese per il colletto di quella che era la mia maglietta e mi trascinò verso uno specchio.
“ Adesso ti faccio divertire io.”
Blanche fece volare il mantello che aveva a dosso, e con sé la parrucca con i capelli lunghi e lisci che aveva.
Sì, era un uomo.
“ Tsk, mi sono rotto. Andiamo!”
Mi prese in braccio e saltammo dentro e ci ritrovammo dentro un tunnel contorto, dove niente era quello che era e quello che era non era.
Non so se mi spiego.
 

 
Il lato oscuro di Aku.
Taaa daan! Salve a tutti!
Grazie per aver letto ancora una volta le mie storielle. *^*
Spero che questa prima parte vi sia piaciuta! Mi sono impegnata per renderla sensata (Sempre se lo è.).
Beh, e che dire, spero vi abbia colpito almeno un po’ :3
Chuu Aku, al prossimo capitolo!x3
  
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