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Autore: hele    13/09/2012    2 recensioni
Mi strattonò con forza costringendomi ad entrare nella stanza. La carne del mio polso nudo, serrato nella morsa impietosa del suo pugno, bruciava lì dove le dita stringevano. Guidata dal suo avanzare arrivai alla parete sbattendovici contro. Sapevo cosa sarebbe successo di lì a poco. Sapevo che non avrei potuto fare nulla per sfuggirgli, per divincolarmi. Sapevo che mi avrebbe preso e che non sarebbe stato come nei miei sogni.
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Bulma e Vegeta love story 4                                                                                                       Confusione...









Bulma.
Mi aveva chiamato per nome.

Era la prima volta che lo faceva.
Alzai le spalle, rivolta a Yamcha, in segno di scuse, non riuscii a dire nient'altro.
Mi voltai, poggiai la mano sulla maniglia e la spinsi verso il basso.



Quello stupido di Vegeta non aveva proprio un bel niente. La ferita era apposto, non si era aperta ed era pulita come l'avevo lasciata.

Quando, dopo aver esaminato con cura la cucitura, gli chiesi cosa esattamente gli provocasse dolore, si era limitato a sbuffare annoiato.

-Sto bene- aveva borbottato, allontanando le mie mani dal suo ventre. Mille volte aveva preso le distanze dal mio corpo, odiava essere toccato, e spesso me l'aveva manifestato con movimenti e gesti aggressivi. Portavo sulle braccia innumerevoli lividi a dimostrazione di questo suo comportamento. Eppure quella volta non fu così. Mi scostò da lui con delicatezza, per poi voltarsi ed andare a chiudersi in bagno, lasciandomi lì con un palmo di naso.

Rimasi  interdetta , gli occhi fissi su quel ridicolo cartello in alluminio che mia madre aveva insistito per affiggere su tutte le porte delle toilette della casa. Un'altra delle sue stramberie, che stonava totalmente nella camera del serio Sayan.

Percorsi ad una ad una le lettere, laccate di un rosso sgargiante, in rilievo sull'insegna a forma di water che diachiarava la tipologia della stanza.

Mi costrinsi a chiudere la bocca, rimasta leggermente socchiusa.

Avrei voluto chiedergli il motivo di quel suo comportamento, ma non me ne aveva dato tempo e la frase mi si era spenta in gola.

Perchè mi aveva chiamato nella sua stanza? Perchè mi aveva detto che gli faceva male la ferita se in realtà non era vero?

Espirai  con forza, liberando l'aria che avevo costretto nei polmoni involontariamente, e chiusi gli occhi, abbassando le palpebre che ora sentivo tanto pesanti.

Quando mi resi conto che era bastato un suo semplice richiamo per farmi dimenticare tutto e correre da lui, un sorriso nervoso mi si allargò sul volto.

Scossi la testa allibita e allo stesso tempo incredula mentre il sorriso si tramutava in una risatina isterica che non riuscivo a controllare.

Cosa diavolo stai facendo Bulma? chiesi a me stessa. Quella non ero io.

Riusciva a manipolarmi quel maledetto alieno.

Perchè mi stavo comportando in quel modo?

Le parole del mio ragazzo improvvisamente mi rinvennero alla memoria, facendosi spazio prepotenti fra tutte le mie domande.

No, a me non importava niente di Vegeta! Mi aveva sempre trattata malissimo, la sua arroganza e strafottenza rasentavano i limiti del sopportabile. Non avevamo nulla in comune, partendo dal fatto che io consideravo Goku uno dei miei migliori amici.

Era esasperante, l'unica cosa a cui tenesse, l'unica cosa di cui gli importasse veramente era allenarsi e combattere. Come potevo interessarmi ad una persona tanto insensibile. Una persona spietata e brutale. Non avrebbe esitato un secondo ad uccidere chiunque gli fosse capitato a tiro..
 
Deglutii.

C'era qualcosa che non filava in quel discorso.

Sì, Vegeta era arrogante e strafottente, lo potevo affermare con sicurezza, ma potevo confermare allo stesso modo la sua spietatezza?

Erano ormai più di un anno che frequentava la mia casa, eppure eravamo ancora tutti qui, sani e salvi.

I suoi modi sicuramente non erano dei più riguardosi nei miei confronti,  però, non potevo dire che mi avesse mai usato violenza. E' vero, le mie braccia erano cosparse di tenui macchioline blu, ma forse quel tipo di approccio era dovuto al fatto che non riuscisse a controllare la sua forza. Non doveva essere entrato in contatto con molte donne nella sua vita.

Arretrai di qualche passo andando ad urtare con la schiena la porta d'uscita.

Non ci potevo credere. Perchè lo stavo giustificando? Perchè lo facevo sempre? 

Lo scroscio dell'acqua proveniente dall'interno del bagno mi fece sobbalzare. Ero talmente presa dai miei pensieri che avevo completamente dimenticato di non essere sola.

Forse Yamcha aveva ragione, dovevo mandarlo via.

Yamcha.

In una frazione di secondo mi avventai sulla maniglia, catapultandomi fuori dalla stanza.

Il corridoio era vuoto.

Corsi fino all'angolo, percorrendo rapidamente la strada che mi avrebbe condotto alla cucina, la stessa strada che aveva percorso Vegeta qualche minuto prima. Nessuno.
 
Tornai indietro, precipitandomi nella direzione opposta, ma anche lì non trovai anima viva ad attendermi.

Ma sì, era assurdo pensare che dopo averlo piantato in asso a quel modo, fosse rimasto lì ad attendermi a braccia aperte.

-Maledizione!- imprecai, battendo un piede a terra con rabbia. Era colpa di quello stupido se adesso il mio ragazzo mi odiava e, con molta probabilità,  non avrebbe più voluto avere niente a che fare con me.

Puntai lo sguardo alla mia destra sulla gigantesca vetrata che dava sul giardino interno, sperando di scorgere Yamcha tra gli alberi. Quando abitava in casa mia adorava rintanarsi in quell'immensa radura colorata dalle piante più esotiche. Ma il mio riflesso, che mi impediva la visuale, catturò la mia attenzione. Distinsi i miei occhi, grandi e azzurri che mi restituivano un'occhiata colpevole.

Chi volevo prendere in giro? Sapevo che in realtà l'unica persona responsabile di quel patatrac ero io e nessun altro.

Ma in quel momento una folle idea mi balenò in testa.

E se l'avesse fatto apposta? Se mi avvesse richiamato nella sua stanza solo per farmi litigare con Yamcha evitando, quindi, che uscissi con lui?

E se fosse Vegeta ad essere geloso?

Scossi di nuovo la testa come a cercare di cacciar via quei pensieri insani.

Vegeta essere geloso? pfff, assurdità! Per essere gelosi bisognava provare sentimenti, e lui più volte mi aveva dimostrato di non esserne capace.

Sicuramente aveva solo l' intenzione di creare un po' di scompiglio e sapeva che chiamandomi nella sua stanza avrebbe compiuto la sua opera malvagia.

Sapeva che sarei venuta se mi avesse chiamato per nome...

Di nuovo dovetti espellere volontariamente l'aria improvvisamente bloccata tra i polmoni e la gola, bloccata come qualsiasi altro muscolo del mio corpo.

Il mio nome, l'aveva pronunciato per la prima volta.

Non aveva detto donna, nè terrestre nè altri epiteti spiacevoli. Aveva detto Bulma. 

Quel nome che avevo sentito pronunciare tante volte, da tante bocche, uscendo dalla sua mi aveva completamente spiazzato, mandando in tilt il mio cervello.

Quelle cinque lettere proferite con quel suo tono duro e inflessibile mi avevano resa completamente incapace di formulare un qualsiasi pensiero. L'unica cosa che avevo saputo fare era assecondarlo, andare da lui con l'intento di fare tutto ciò di cui aveva bisogno, come se fosse stata la cosa più normale al mondo. Come se fossi stata predisposta ad obbedirgli, mentre tutto il resto, Yamcha e le sue paranoie, si annullavano.

E allo stesso modo in quel momento, sentendo nuovamente la sua voce pronunciare il mio nome tramite la mia immaginazione, tutte le preoccupazioni tornarono a dissolversi magicamente, lasciando spazio ad una inaspettata allegria.

Un brivido percorse la mia schiena mentre contemporaneamente sentivo salire su per la gola un gridolino di euforia.

Non dovevo! Non dovevo essere contenta per una cosa così sciocca. Dovevo essere furiosa, ma semplicemente non ci riuscivo.

L'aveva detto. L'aveva detto.

Mi passai una mano tra i capelli sflilandomi la fascia che li teneva indietro. Forse non dovevo portare per così tanto tempo qualcosa di stretto attorno alla testa, evidentemente non arrivava abbastanza ossigeno alle cellule.

Ma in quel momento non mi importava più di niente, se non che Vegeta avesse finalmente imparato il mio nome, o meglio, avesse deciso di cominciare ad utilizzarlo.

L'indomani sarei tornata a ragionare come mio solito, avrei chiamato Yamcha e gli avrei spiegato tutto, avrei sistemato le cose.

Ma ora no.

Mi concessi di bearmi in quella piccola soddisfazione così importante per me, quella piccola vittoria personale.

Vegeta mi aveva chiamato Bulma.

Quasi avevo voglia di saltellare per quanto ne ero contenta.

Già, forse quella della doccia non era un' idea malaccio.

*


Era passata una settimana ormai. 

Di Yamcha non avevo più sentito parlare e Vegeta era latitante in casa mia.

Usciva la mattina prestissimo e rincasava a notte inoltrata.

Non lo avevo più visto dal fatidico giorno della lite, l'unico fattore che mi suggeriva dormisse ancora nella sua camera, erano i lampi di luce,  provenienti dalle finestre ad oblò della camera gravitazionale, che illuminavano ad intermittenza piccole porzioni del giardino fuori casa. 

Quel pazzoide aveva chiesto a mio padre, l'unico che ancora aveva l'onore di vederlo in faccia, di modificare il computer della camera in modo tale da potersi allenare con una gravità di cento volte superiore a quella impostata.

Erano stati inutili, ovviamente, tutti i miei tentativi di dissuadere il mio genitore, doveva essersi schierato anche lui dalla parte del nemico.

-E' per il bene dell'umanità Bulma- continuava a rispondere ad ogni mia lamentela, senza distogliere gli occhi  dagli strumenti da lavoro e proggetti vari srotolati sulla scrivania del suo studio.

Ma al suo bene non ci pensava nessuno?

Per quanto riguardava Yamcha avevo cercato più volte di chiamarlo, ma anche lui sembrava non passare molto tempo in casa. Era stato sempre Pual a rispondermi, ripetendomi ogni volta che era appena uscito per andare in palestra.

Avevo bisogno di parlare con lui, ma a quanto pareva dall'altra parte non c'era la stessa intenzione.

Quindi scoraggiata mi arresi, avrei aspettato fosse lui a fare la prima mossa.

Quel giorno avevo deciso di passare un po' di tempo all'aria aperta, nonostante fossimo in pieno inverno, la giornata era piacevolmente mite e un bel sole splendeva alto nel cielo, protagonista indiscusso della distesa celeste priva di nuvole.

Aprii la sedia a sdraio sul manto erboso tagliato con estrema precisione e mi sedetti con tutta l'intenzione di godermi una sana giornata di ozio, tra le mie riviste di moda e ingegneria meccanica.

A dir la verità la posizione che avevo scelto era piuttosto strategica, non molto distante dalla camera gravitazionale, tanto per dare una controllatina ogni tanto.

Magari si sarebbe degnato d'uscire, chessò, per andare in bagno o a prendersi qualcosa da mangiare.

In realtà sapevo che la camera era dotata di tutto il necessario per sostentare i bisogni fisiologici di una persona. L'unica cosa che mancava era un letto, e per fortuna! Altrimenti sarebbe stato capace di rimanerci chiuso per mesi interi.

Mi calai il cappello a tesa larga che avevo messo quella mattina fin sopra agli occhi, rilasciando la testa all'indietro, poggiata sullo schienale della sedia.

Lo avevo scelto con cura quel cappello, come avevo scelto con particolare attenzione l'abito che indossavo. Mi ero persino truccata, nonostante sapevo non sarei uscita quel giorno.

Beh, che c'era di strano infondo? Ero una bella ragazza che amava curarsi, anche solo per rimanere  in casa!

Ma in realtà sapevo che non era proprio così.

Una piccola vocina dentro di me continuava a suggerirmi di non farmi trovare sciatta, dovevo essere sempre splendente. Chi poteva dirlo, avrei potuto fare incontri fortunati.
 
Purtoppo la stessa vocina  aveva anche la molesta abitudine di ricordarmi che l'incontro che desideravo non era con Yamcha.

Mi morsi il labbro cercando di scacciare quei pensieri.

Quei sette giorni non erano piuttosto confusi dal punto di vista emozioni e sapevo che la causa era lui: Vegeta.

Era buffo pensare come fino a qualche giorno prima non avessi mai considerato la cosa, mentre ora era un fastidioso chiodo fisso.
 
Non avevo mai pensato a lui sotto le vesti di un ragazzo, di un uomo, lo avevo sempre visto come un guerriero asessuato, mitomane ed innamorato della propria forza, un narcisista.

Ma da quando avevo avuto quella discussione con Yamcha, le sue parole mi erano entrate in testa mettendo in discussione tutte le mie certezze.
 
Perchè continuavo a cercarlo, a giustificarlo, a curarlo? Perchè continuavo tornare da lui ogni volta?

Forse inconsciamente ne ero attratta?

Sospirai più confusa che mai.
 
Poteva essere vera una cosa del genere?

No! presi posizione dentro di me stringendo con forza la pagina di una delle tante riveste poggiate sulle mie gambe .

Però non si poteva dire che era brutto, anzi, era piuttosto carino.

Un po' basso forse, però aveva un bel fisico.

Anzi, aveva proprio un gran bel pezzo di fisico, avevo avuto modo di esaminarlo spesso da vicino.

E quel suo sguardo sempre così accigliato,così duro? Beh gli dava un qualcosa di misterioso, un po' triste, affascinante nel complesso. 

Oddio, stavo cominciando a ragionare come mia madre!!

NO, NO, NO!

Mi risedetti composta sulla sedia cominciando a sfogliare con veemenza le pagine della prima rivista capitata sotto tiro. 

Rozzo, stupido, maleducato! Era il mantra a cui mi appellavo ogni qualvolta la mia lucidità sembrava vacillare.

L'improvvisa immagine del Sayan a petto nudo, grondante di sudore si materializzò nella mia mente. Deglutii.

Rozzo, stupido, maleducato!

Ma l'immagine al contrario di quanto previsto si fece ancor più nitida e ammiccante.

Rozzo, stupido, maleducato!

I suoi muscoli contratti al punto giusto..

Rozzo, stupido e... sexy.. NO! maleducato!

E ora che stava facendo con quei pantaloncini?! O MAMMA!

-ROZZO, STUPIDO E MALEDUCATO!- urlai disperata mentre le mie guancie avvampavano alla velocità della luce.

-Bulma?-

-Waaaah!-

Per lo spavento mi sbilanciai troppo andando a capitombolare all'indietro con la sedia e tutto il resto.

-Tesoro, stai bene?- mi chiese preoccupata mia madre guardandomi perplessa dall'alto. -Ti ho portato un po' di limonata- aggiunse con un sorriso cordiale, piegandosi verso di me che me ne stavo distesa ai suoi piedi, sommersa dai giornali.

-Ti vedo tanto preoccupata ultimamente, sai cara? E' per via di quel Vegeta? Stavi parlando di lui?-

-NO MAMMA!! non stavo pensando a lui.. emh, parlando di lui!- le gridai contro mentre cercavo di rialzarmi e pulire la mia povera gonna dai fili d'erba.

-Oh bene. Perchè hai visite, e non credo che a Yamcha farebbe piacere sapere che parli sempre di lui! uhuhuhu- ridacchiò poggiando il vassoio carico dei due bicchieri colmi di limonata sul tavolino poco distante.

-C'è Yamcha?- chiesi cadendo dalle nuvole. Ma non ci fu bisogno della risposta di mia madre, lo scorsi alle sue spalle che si avvicinava timidamente, salutandomi con un gesto della mano.






Eccoci qui! Di nuovo in ritardo, ma meno dell'altra volta, dai!
A dir la verità il capitolo non doveva finire in questo modo, ci manca un pezzettino, però per quel pezzettino avrei potuto impiegarci un'altra settimana quindi intato vi propongo le turbe mentali di Bulma. (E poi sarebbe venuto un capitolo spropositatamente lungo)
Lo so che ve lo state chiedendo tutti.. ma chi la beve la limonata d'inverno? BOH! ahah
Però il mondo di Dragon Ball sembra sempre così estivo, ci stava bene tutto sommato! :)
bacioni
Hele




 















  
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