Take a stand
Un aumento improvviso della sua aura. Poi, quel
cambiamento, nella sua natura, così drastico. Così spaventoso. E tre auree, due
molto forti, e una più debole che sparivano. E più niente.
Si decise ad alzarsi dal letto, scrollandosi di dosso
gli ultimi rimasugli di sonno, cercando di fare meno rumore possibile per non
svegliare la donna che dormiva di fianco a lui, e si recò nel bagno accanto,
aprendo l’acqua della doccia e infilandosi sotto. Cosa stava succedendo? Diede
un’occhiata all’orologio appeso alla parete. Le quattro del mattino. Cosa mai
poteva essere capitato a quell’ora da provocare quel cambiamento? Probabilmente
si era alzato al buio e aveva battuto la testa, o qualcosa del genere, non
c’erano altre spiegazioni, e d'altronde una cosa del genere era già successa.
Solo che allora era stato un cambiamento in meglio, non in peggio.
Si massaggiò le spalle, imprecando sottovoce.
Diavolo, non era sicuro d’essere pronto a quel momento. Non che ci avesse
pensato, qualche volta, ai vecchi tempi –ai tempi in cui non gli interessava
ancora nulla di quello stupido pianeta, di quella stupida donna e di quegli
stupidi mocciosi- ma ormai ora l’idea che un’eventualità del genere potesse
accadere non gli passava neanche per l’anticamera del cervello. O meglio, gli
passava sì, ma gli faceva accapponare la pelle in un modo tale da cancellarla
subito, tranquillizzato poi dal pensiero che col carattere che l’altro si
ritrovava, non sarebbe mai potuto avvenire niente di simile. Evidentemente si
sbagliava, il rischio è sempre in agguato.
Inclinò più
volte il capo da un lato e dall’altro, sentendo i tendini e i muscoli tendersi,
doloranti, e fece ruotare il capo. Non
aveva senso muoversi, tanto avrebbe dovuto contare solo sulle proprie forze e
su quelle assai più deboli del figlio. Poteva prendersela con calma, perché
aver fretta di correre incontro alla morte? Beh, magari ce l’avrebbe potuta
fare…
Rise
sommessamente. E come ci sarebbe riuscito? Vista la stupidità impressionante
dell’avversario poteva sperare in un colpo di fortuna, ma da quel che sembrava,
il cambiamento gli aveva tolto una buona dose di “innocenza” e quindi non
doveva essere poi più tanto stupido. O per lo meno, tremendamente ingenuo.
Chiuse l’acqua
e uscì, prendendo a strofinarsi il corpo con l’asciugamano per asciugare le
mille goccioline che gli erano rimaste sul corpo, mordendosi il labbro
inferiore a ogni movimento del polso destro. La sera prima era rimasto per
tutto il tempo ad allenarsi, e nella foga probabilmente si era slogato un
polso, che ora, mannaggia lui, dolorava non poco. Non ci voleva, ma per lo meno
sapeva come rimetterlo in sesto in fretta.
Si infilò la
tuta, quella vecchio stile, identica a quella che indossava al suo arrivo sulla
terra, con tanto di pettorale e coprispalle. Non sapeva neanche lui il motivo
di quell’attacco di nostalgia che l’aveva spinto a chiedere alla sua donna di
fabbricargliene una. Si vede che stava invecchiando, ma quella notte gli sembrò
più che mai adatta a quel che doveva fare: lui era tornato alle origini?
Beh, allora lo seguiva a ruota, per vedere di saldare quel debito che aveva
contratto allora. Poteva farcela. Era non era il principe dei sayian?
Fece una
smorfia suo malgrado. Non che quel titolo lo avesse salvato da un’umiliazione
dietro l’altra. “sta cominciando a diventare una sorta di beffa” pensò,
infilandosi con attenzione uno dei guanti bianchi. Quel giorno, forse sarebbe
riuscito a ristabilire il suo onore una volta per tutte. Avrebbe combattuto
anche per quello. Ma soprattutto per difendere quel sassolino disperso
nell’universo che rispondeva al nome di “Terra”, per salvare la sua famiglia e
per riportare l’innocenza nel cuore dell’avversario.
Tornò nella
camera da letto, chinandosi sulla donna addormentata e scotendola leggermente
per svegliarla
-bulma,
ascoltami. Bulma- la chiamò dolcemente. Lei si stiracchiò stropicciandosi gli
occhi
-nh? Vegeta,
che succede?-
-ascoltami
bene, non c’è tempo. Sveglia Trunks e digli di mettersi in tenuta da
combattimento, poi prendi Bra e va via da qui. Subito-
-svegliare
Trunks? Andare via con Bra? Ma che…-
-ascoltami, per
una volta- le prese il viso tra le mani –è importante che tu te ne vada, perché
potrebbe darsi che doma..tra qualche ora questo posto non ci sia più. Quindi,
sveglia i mocciosi e porta Bra via da qui. Va bene? Già che ci sei, chiama i
tuoi amici e mandali qui, potrei aver bisogno di loro-
come se
avrebbero potuto fare qualcosa. Beh, forse il muso verde poteva essergli utile,
dopotutto
-che sta
succedendo?- Bulma cercò le sue iridi nere, preoccupata, e lui rimase un attimo
a specchiarsi negli occhi di lei
-sveglia Trunks
e digli di concentrarsi, te lo dirà lui. Ah, e che non si preoccupi se non
sente le auree di Gohan e Goten. Troveremo una soluzione-
fece per
alzarsi, ma un pensiero improvviso lo trattenne, e tornò a chinarsi sulla
moglie, baciandole con dolcezza le labbra
-un ultima
cosa. Ti amo-
-a..anch’ io-
rispose lei stupita da quelle inaspettate parole, cercando di comprendere il
comportamento dell’uomo. Il quale si alzò e uscì, dirigendosi in cucina. Aprì
il frigo e afferrò una bottiglia d’acqua, scolandosela avidamente e
raccogliendo le ultime idee. Aveva poche possibilità di farcela, ma doveva farcela.
Non se la sentiva di lasciare tutto nelle mani del figlio, specie ora che senza
l’aiuto del suo migliore amico non poteva più formare Gotenks e dargli sul
serio una mano. Accartocciò la bottiglia, pensando al più giovane dei Son. A
tutte le volte che l’aveva visto gironzolare quand’era ancora bambino per
quelle stesse stanze piene d’ombra, a tutte le volte che l’aveva infastidito, a
tutte le volte che passava a salutare il suo primogenito.
E poi Gohan. A
quando aveva combattuto contro di lui la prima volta, ostinandosi ad andare
avanti nonostante la netta inferiorità. Al viaggio su Namecc. A quando aveva
sconfitto Cell. Al combattimento contro Majiin Boo. A tutti quei momenti nei
tempi di pace. A quei sette anni in cui li aveva visti crescere e diventare
grandi, senza padre
No, non
meritavano una fine simile. Non meritavano di morire così. Diavolo,
neppure lui sarebbe riuscito a fare una cosa del genere a Trunks, neppure sotto
diecimila condizionamenti mentali diversi. Era comunque il suo moccioso!
Cestinò quel
che rimaneva della bottiglia e prese un senzu dalla credenza, masticandolo con
foga. Già, il suo moccioso. Era davvero giusto lasciarlo così, senza dirgli
niente? Il suo migliore amico se n’era appena andato per sempre, e
probabilmente da lì a poco lo avrebbero seguito lui, sua madre e sua sorella.
Quest’ultimo pensiero lo colpì violentemente
“no! Non
permetterò a quel dannato di farci fuori tutti, non permetterò a quel bastardo
di mandare all’aria tutto quello per cui ha combattuto. Abbiamo combattuto” il
suo pensiero volò rapido ad un altro ragazzo dai capelli color lavanda, al
momento sperso chissà dove in un’altra dimensione, per poi tornare concentrato
sul presente. Mosse il polso.
Bene, il
fagiolo aveva fatto il suo lavoro. Poteva anche andare. uscì dalla cucina e si
fermò davanti alla porta d’ingresso. Fece un profondo sospiro, la mano
appoggiata sulla maniglia
Il momento era
arrivato. Lui era arrivato, gli aveva dato il tempo di atterrare. Poteva
farcela, se voleva. Doveva farcela. Per la sua donna, pei i suoi figli.
Per i figli dell’altro. Per quell’uomo che gli aveva insegnato a essere padre.
Per se stesso
Aprì con
decisione la porta. Una figura maschile vestita con una tuta arancione, i
capelli biondi dritti in testa, l’aura malvagia sfavillante, si girò nella sua
direzione con un sorrisetto crudele, scrutandolo con i gelidi occhi
verdeazzurri. Vegeta incrociò le braccia sul petto, assumendo il solito
cipiglio che lo contraddistingueva
-buonasera,
Kaaroth- sibilò
-buonasera,
Principe. Le andrebbe di radere a zero questo insulso pianeta insieme a me?-
il cipiglio
aumentò, insieme all’aria sprezzante
-neanche per
sogno-
Beh, qualcosina per
chiudere… è la mia prima fanfic su dragonball, spero vi sia piaciuta…temporalmente,
è ambientata alla fine dello Z, niente GT. Che dire? Commentate numerosi!!