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Autore: LaniePaciock    15/09/2012    7 recensioni
Rick e Kate finalmente c’è l’hanno fatta, ma a che prezzo? Le dimissioni, la rottura tra Esposito e Ryan… Kate pensava di smettere, di essere in salvo, ma se venisse assassinato Smith? Se fosse di nuovo in pericolo? Ma soprattutto, cosa succederebbe se l’uomo misterioso di nome Smith non fosse stato l’unico a ricevere i fascicoli sul caso Beckett da Montgomery?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Rick's dad'
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Cap.18 È finita?

“Ti amo, Rick…” mormorò la donna con voce rotta, guardandolo in quegli occhi blu che tanto amava e che non avrebbe più rivisto. Rick le sorrise appena.
“Ti amo anch’io, Kate” replicò piano. Le lasciò un dolce e piccolo bacio sulle labbra. “Always.” Quindi chiusero gli occhi, le fronti unite. Un brivido passò lungo la schiena di Rick, quando sentì la fredda canna della pistola contro la sua nuca. I battiti di entrambi partirono a mille.
“Addio piccioncini” ghignò Dylan Maddox.
Quindi lo sparo.
E un tonfo.
Un tonfo?? Rick aprì gli occhi di scatto e vide davanti a sé Kate con la stessa espressione confusa che era sicuro fosse sulla sua faccia. Girò la testa dietro si sé alla ricerca della fonte del rumore. Kate si sporse appena oltre la sua spalla. Ed entrambi rimasero a bocca aperta. Non potevano essere stati così fortunati. Dovevano essere già morti. Forse stavano delirando in un coma profondo che avrebbe preceduto di qualche secondo la fine. Ma per quanto attendessero, il freddo sulle ginocchia, il dolore alle gambe e ai polsi non diminuiva e la scena non cambiava, rivelando la sua realtà.
Sdraiato scomposto a terra su un fianco, appena dietro Castle, c’era Dylan Maddox. La pistola che fino un momento prima era sulla nuca dello scrittore, ora era abbandonata poco lontano dalla mano del sicario. Solo in un secondo momento si accorsero della pozza di sangue che si stava lentamente formando sotto il corpo dell’uomo all’altezza del torace. Doveva aver anche sbattuto la testa, perché un’altra macchia rossastra stava prendendo forma vicino alla sua tempia.
Nessuno dei presenti mosse un muscolo. Erano tutti troppo sbalorditi da quello che era appena accaduto. Perfino Spark era rimasto pietrificato. Calò un silenzio spettrale, di morte e sbigottimento. Sentivano le onde del fiume Hudson cozzare sulla banchina come se si trovassero ad un metro dall’acqua. Poi qualcosa occupò il silenzio. Passi veloci. Molti passi veloci, amplificati dal luogo e dal assenza di rumori. Sembravano venire verso di loro da ogni parte. Gli scagnozzi del drago si ripresero con un secondo di ritardo. Iniziarono a raggrupparsi vicino a Spark e al magazzino da cui erano venuti. Si guardavano attorno confusi, le pistole cariche, ma puntate a caso e nervosamente intorno a loro. I due tirapiedi accanto a Tully presero l’ex-agente di peso dalle braccia e lo trascinarono velocemente con loro, sperando forse di usarlo come scudo. Quelli che invece dovevano occuparsi di Castle e Beckett li avevano dimenticati. Quando Maddox era caduto, se ne erano distanziati d’istinto per paura di un colpo anche contro di loro. Poi si erano allontanati verso il magazzino pensando solo a mettersi al riparo. I passi diventavano ogni secondo più forti e chiari. Finché, dopo quella che sembrò loro un’eternità, diverse urla annunciarono l’arrivo dei proprietari dei passi, che si materializzarono da punti differenti intorno a loro.
“NYPD!! Non muovetevi!! Fermi!!” Le grida dei poliziotti sommersero gli scagnozzi che iniziarono a voltarsi furiosamente in ogni direzione, confusi e spauriti. Castle e Beckett riconobbero subito una voce che gridava più forte e più rabbiosa delle altre. Ryan. Rick non poté fare a meno di lanciare un mezzo urlo di sollievo e vittoria, mentre Kate appoggiò la testa alla sua spalla sospirando sollevata. Decine di agenti armati con mitragliette ed equipaggiati con giubbotti antiproiettile e caschi li accerchiarono immediatamente, le armi puntate su Spark e su ogni membro del suo gruppo di tirapiedi. La maggior parte degli scagnozzi mantenne la pistola contro i nuovi venuti, quelli intorno a Tully invece la puntarono sull’unico ostaggio loro rimasto.  Erano confusi, ma decisamente poco intenzionati a farsi prendere. Musa e scrittore videro Alex trattenne il respiro sentendo il metallo della canna contro la sua tempia, ma ora c’era una nuova speranza nei suoi occhi. Era però ancora presto per dire che era tutto finito. Si creò infatti una situazione di stallo e appena tutti se ne accorsero calò il silenzio.
Nello spiazzo c’erano Spark e Tully accerchiati dai tirapiedi del primo. Intorno a loro invece un ventaglio di poliziotti, Castle e Beckett ancora legati e il corpo di Maddox. Ci fu un altro rumore di passi ed Esposito spuntò da dietro uno dei container, anche lui pistola in pungo. Aveva un lungo fucile di precisione attaccato alla schiena. Appena vide detective e scrittore, esattamente davanti a lui, si avvicinò loro con cautela, cercando di capire nel frattempo la situazione, ed evitando mosse frettolose che avrebbero potuto farlo diventare un bersaglio. Ma nessuno sembrava accorgersi di lui. Poliziotti e scagnozzi parevano troppo impegnati a guardarsi in cagnesco per notarlo. Nell’avvicinarsi ai due legati, passò accanto al corpo di Maddox. Diede un calcio alla pistola accanto alla sua mano abbandonata per precauzione. Quindi si fermò accanto a Castle e Beckett, infilò l’arma nella fondina e tirò fuori dallo stivale un coltello militare.
“Siamo arrivati appena in tempo a quanto pare” sussurrò sollevato il detective. “Per fortuna che Tully è riuscito ad avvertirci e a dirci dove eravate prima che cadesse la linea…” Quindi Alex stava chiamando i rinforzi quando lo avevano aggredito e catturato. “State bene?” domandò poi preoccupato, mentre, abbassandosi, con due tagli netti li liberava dalle corde. Beckett riuscì solo ad annuire. Aveva un groppo in gola ed era sicura che al momento non sarebbe riuscita a dire nemmeno mezza parola senza scoppiare a piangere. Non notò nemmeno Esposito che parlava alla ricetrasmittente sulla sua spalla e informava gli altri agenti delle loro condizioni. Aveva occhi solo per Rick al momento. Quei due incredibili occhi azzurri, che pensava non avrebbe più rivisto, la stavano fissando con un misto di emozioni che era sicura fossero riflessi nei suoi stessi occhi: sollievo, paura, amore, preoccupazione. Non ebbero il tempo di dire o fare niente però che un’altra voce ben conosciuta parlò, riportandoli al presente e facendoli voltare di nuovo verso lo spiazzo illuminato.
“È finita signor Spark” dichiarò il capitano Gates con voce chiara e ferma. “Non faccia in modo che finisca male stasera. Dica ai suoi uomini di gettare le armi, liberi il signor Tully e si consegni alla polizia.” La donna era di un passo più avanti agli altri poliziotti. Anche lei aveva un giubbotto antiproiettile e la pistola alla mano. Solo che lei non puntava a caso uno dei tirapiedi. Beckett era certa che il suo mirino fosse completamente concentrato sulla testa di Spark. Sembrava calma e decisa nonostante la situazione. Spark non parlò. Continuò semplicemente a fissarla minaccioso. Il ghigno era scomparso dalla sua faccia.
“Arrenditi Spark!” esclamò Ryan spazientito accanto al capitano, anche lui bardato e armato. Il suo sguardo era rabbioso. Il drago rimase in silenzio ancora per qualche secondo. Poi il suo ghignò tornò a galla.
“Arrendermi? Perché mai?” dichiarò l’uomo divertito, incrociando le braccia al petto. “Sono accusato di qualcosa?” La frase lasciò Rick e Kate a bocca aperta. Ma con che coraggio…?? pensò la donna furiosa e sbalordita. Era nel mezzo di una cerchia di scagnozzi che puntavano le pistole contro dei poliziotti, aveva un ostaggio con sé, aveva cercato di ammazzarli e osava chiedere di cosa era accusato??
“Franklin Spark Junior” cominciò la Gates con uno sguardo che avrebbe potuto fulminarlo. “Sei accusato di essere il mandante dell’omicidio di Johanna Beckett, Roy Montgomery, Jonathan Smith e di altre persone i cui nomi saranno accertati in aula di tribunale. Sei accusato del plurimo tentato omicidio della detective Kate Beckett e del tentato omicidio del signor Richard Castle, nonché del sequestro degli stessi e del signor Alex Tully. Inoltre sei accusato di sottrazione indebita, frode e corruzione. Hai il diritto di rimanere in silenzio, tutto quello che dirai potrebbe essere usato contro di te. Hai diritto ad un avvocato e se non ti sarà possibile procurartelo allora te ne sarà fornito uno dal dipartimento…” Mentre il capitano parlava, Spark scuoteva la testa. Il ghigno non gli si era ancora cancellato dal suo volto.
“E come pensa di provalo, capitano?” domandò ironico. “Come pensa di provare che sia io il mandante di questi omicidi? O dei tentati omicidi? O della corruzione, frode o sottrazione indebita? Potrei essere passato di qui per caso stasera ed essermi imbattuto in un tentato sequestro” dichiarò senza pudore e nel tono più candido che riuscì a ottenere. Kate sbuffò incredula. Non poteva davvero pensare di essere credibile! “Con un buon avvocato potrei anche dimostrarglielo. Inoltre io sono qui senza armi” disse alzando le mani. “E posso assicurarle che non ho mai ucciso nessuno…”
“Oh, che tu non abbia ucciso nessuno non c’è dubbio, visto che sei troppo codardo per farlo da te!” affermò all’improvviso Castle sarcastico. Lui e Beckett si erano rialzati faticosamente in piedi aiutati da Esposito. Rick aveva passato un braccio intorno alle spalle di Kate per sorreggersi e lei era praticamente appoggiata al suo fianco. La lunga posizione inginocchiata aveva irrigidito loro le gambe e gliele aveva lasciate doloranti. E poi era una scusa per sentire sulla pelle che non era un sogno, che erano vivi. Anche se l’incubo sembrava ancora non essere finito. “Tu di certo non hai mai voluto sporcarti le mani” continuò lo scrittore trattenendo a stento la rabbia che provava. “È sempre meglio assoldare professionisti per queste cose, vero?” domandò ancora, i pugni serrati intorno alla sua musa. Spark lo studiò per un momento, socchiudendo gli occhi, guardandolo con astio. Poi il ghignò tornò.
“Lei è uno scrittore di gialli, signor Castle” affermò Spark. “Inoltre segue una detective della omicidi. Sa bene che senza prove non può dimostrare nessuna delle sue teorie assurd…”
“E se io le avessi?” lo interruppe Rick con odio e determinazione. “Se avessi le prove che ti sbatterebbero in galera per il resto dei tuoi giorni?” Il ghigno del drago si incrinò un poco.
“Quei documenti non valgono niente” dichiarò deciso l’uomo passandosi nervosamente una mano sulla barbetta. Questa volta fu Rick a fare un mezzo sorriso.
“No, in effetti quei documenti soli non valgono niente…” replicò lo scrittore, mentre infilava una mano in tasca. Tirò fuori il cellulare e girò lo schermo verso Spark, la Gates e gli altri. Kate notò che c’era il disegno di un’applicazione aperta. Ci mise un secondo per capire che la raffigurazione sulla schermata era quella di un microfono. “…ma se li accompagni con una bella confessione registrata, sono sicuro che se ne ricaverà qualcosa di utile” concluse ironico, scuotendo appena il cellulare perché fosse al centro dell’attenzione. Poi si girò verso la sua musa. “Prima non ha affermato che la mia ricostruzione era stata molto accurata? Com’è che si chiama questa, Kate? ‘Ammissione auto-accusatoria’ se non ricordo male… Ma io sono ancora convito che sia solo un modo fantasioso per dire ‘confessione’.” Beckett lo guardò stupefatta, la bocca semiaperta. Poi un sorriso enorme le si aprì in viso. Avrebbe voluto baciarlo in quell’esatto istante. C’è l’aveva fatta. C’è l’aveva fatta davvero. Aveva trovato il modo per incastrare il drago con le sue stesse parole.
Dal sorriso della sua detective, Rick capì che la sua idea aveva funzionato. Appena avevano compreso che era una trappola, lo scrittore aveva immaginato che li avrebbero portati da Spark, visto che erano ancora vivi. L’unica cosa che aveva temuto era stato un colpo di pistola alla testa prima di una sua, almeno parziale, confessione.
Spark sgranò gli occhi. Quando capì il suo errore, quando capì di essere stato giocato, quando capì di essere in trappola, la sua espressione perse per la prima volta il controllo che aveva sempre mantenuto. Una smorfia di rabbia gli passò sulla faccia. Rick quasi si aspettò di veder uscire davvero delle fiamme dalle sua narici. Ma ormai era fatta. Il drago era stato sconfitto.
Un brivido passò però lungo la schiena di Kate quando vide che, dopo qualche secondo, un nuovo sorrisetto stava spuntando dalla folta barbetta di Spark. Un sorrisetto pazzo e crudele che non avevano mai visto. Non era un buon segno. Non lo era per niente. Ma quando un cane si ritrova stretto in un angolo, difficilmente continua a ragionare lucidamente. Spark alzò le mani con un finto sospiro rassegnato.
“Lo ammetto. Mi ha battuto, signor Castle” affermò. Poi puntò i suoi occhi su di lui. Scintillavano minacciosi. “Ma non creda che sia finita così…” Rick strinse di più a sé Kate e guardò Spark con un misto di odio e preoccupazione. Un attimo dopo la detective notò lo sguardo del drago spostarsi per un secondo verso i loro piedi. O meglio, verso dietro i loro piedi. Quindi sentì appena uno strusciare metallico sull’asfalto dietro di sé.
“RICK!!” fece appena in tempo a urlare, mentre con una spinta gettava lo scrittore di lato con lei, che un colpo partì da dietro le loro spalle. Kate sentì lo spostamento d’aria sui capelli. Li aveva mancati di un soffio. Crollarono sull’asfalto, ma si voltarono subito e videro Dylan Maddox ancora mezzo sdraiato a terra, sanguinante e con una pistola in mano. Perdeva sangue dalla ferita al fianco dove l’aveva colpito Esposito, dalla spalla dove l’aveva preso in precedenza Beckett e dalla testa nel punto in cui aveva colpito l’asfalto cadendo. Ma sembrava non accorgersene. Sembrava solo appena più lento e rigido. A una seconda occhiata, Beckett riconobbe la pistola che l’uomo stringeva in mano. Era la sua arma. Quella che le aveva preso quando li aveva catturati e che aveva nascosto sulla schiena nella cinta dei pantaloni. Maddox fece per puntare di nuovo la pistola verso di loro, ma ancora prima che raggiungesse la giusta traiettoria, un proiettile lo colpì dritto alla testa. Cadde scomposto all’indietro. Questa volta non si sarebbe più rialzato. Fu un attimo prima che Kate e Rick si rendessero conto che Esposito era dietro di loro, in piedi, con la pistola ancora fumante e lo sguardo furente. Fu un attimo. E tutti persero la calma e cominciarono a sparare. Quei due colpi erano stati la scossa che aveva fatto precipitare la situazione di stallo. Tutti, scagnozzi e poliziotti, cercarono subito un rifugio dietro casse, container e magazzini intorno allo spiazzo. Beckett fece appena in tempo a recuperare la sua arma dalla mano di Maddox che Esposito e Castle la trascinarono di peso dietro un mucchio di casse accanto a loro. I proiettili volavano in ogni direzione. Fin da subito si sentirono diversi lamenti, imprecazioni e rumori di cadute che si mescolavano a quelli di vetri in frantumi, metallo colpito e, ovviamente, spari.
“Ryan!!” urlò all’improvviso Esposito preoccupato. Castle e Beckett si girarono subito nella direzione in cui guardava il detective. Videro l’amico a terra che si teneva un braccio sanguinante. Era scoperto ed era un bersaglio facile. Accanto a lui, dietro al container dove era prima nascosto, la Gates sembrava una macchina da guerra. Continuava a uscire allo scoperto e a sparare senza un attimo di esitazione. Tirò il detective ferito al sicuro dal giubbotto antiproiettile senza tante cerimonie. Una volta al riparo, Ryan gli fece un cenno con la testa per rassicurarli che andava tutto bene. Tutti e tre tirarono un sospiro di sollievo e tornarono a prestare attenzione alla sparatoria in corso.
Kate si alzò appena da dietro le casse e cercò freneticamente Spark e Tully con lo sguardo. Sparò nel frattempo un paio di colpi ai tirapiedi che però andarono a vuoto. Dopo qualche secondo individuò la figura di Alex accanto al muro del magazzino davanti a loro. Sembrava stesse combattendo con uno dei suoi sequestratori per disarmarlo. Con la coda dell’occhio poi vide una figura, che subito riconobbe come quella di Spark, defilarsi nell’ombra del davanti del magazzino da cui era arrivato.
“Sta scappando!” urlò Beckett a Castle ed Esposito indicandogli la direzione del fuggiasco. Stava per chiedere fuoco di copertura, quando all’improvviso un proiettile fischiò sopra le loro teste e rimbalzò sul metallo del container dietro di loro. Lo scrittore lanciò un gemito di dolore e cadde a terra tenendosi il fianco.
“Rick!” gridò spaventata la detective. Si precipitò subito su di lui per controllare il danno.
“Sto bene, Kate…” cercò di dire prima di lanciare un altro gemito. Faceva un male cane, ma per fortuna sembrava non aver leso organi vitali. Il sangue però continuava a uscire e la pallottola era rimasta dentro il suo corpo.
“Non ti muovere e tieni premuto!” gli disse velocemente la donna premendo a sua volta sulla ferita.
“Hanno già chiamato delle ambulanze per i feriti” urlò loro Esposito per sovrastare il rumore degli spari. “Arriveranno tra poco.” Beckett annuì nervosa e tornò a prestare attenzione allo scrittore.
“Ehi, tranquilla, amore… va tutto bene. Non morirò oggi…” dichiarò Castle con fatica, ma facendole un mezzo sorriso e accarezzandole con una mano la guancia. Era sporco di sangue e imbrattò anche lei ancora più di prima, ma non le importava. L’uomo era impallidito e il taglio alla faccia sembrava più rosso e scuro di quanto Kate ricordasse. “Dovrai sopportare il bambinone di cui ti sei follemente innamorata per ancora molti e molti anni perché io non ho nessuna intenzione di andare da nessuna parte senza di te…” Kate gli sorrise dolcemente e scosse la testa. Diversi proiettili volavano sopra e intorno a loro, ma sembravano non accorgersene. Poi lo scrittore si fece più serio.
“Kate, mio… Alex? E Spark?” domandò agitato. La donna gli sorrise appena e si abbassò per lasciargli un piccolo bacio sulla fronte.
“Vado a prenderli” mormorò sicura. Quindi si staccò da lui piano, spostando le mani dalla ferita e aiutandolo a coprirla di nuovo. Prima che riuscisse ad allontanarsi però, una mano dell’uomo le raggiunse il polso e la bloccò.
“Non è meglio aspettare i rinforzi per Spark?” riuscì a domandare Rick. La preoccupazione era chiaramente visibile sul suo volto. Kate si riavvicinò.
“Se non vado ora non lo prenderemo più e tutto questo non finirà mai” mormorò carezzandogli la guancia non ferita con la mano libera, cercando così di rassicurarlo. Si guardarono negli occhi ancora per un secondo.
“Kate, ti prego, stai attenta” le supplicò. La donna annuì e lui le lasciò il polso. Recuperò la pistola che aveva buttato a terra quando Rick era stato colpito e si allontanò di un passo per cercare di avere una visuale migliore sullo spiazzo rimanendo comunque coperta. Vide una rientranza nella parete del magazzino, molto vicino all’angolo in cui era sparito Spark. Decise che sarebbe stata la sua destinazione, ma era esattamente dalla parte opposta dello spiazzo. Questo voleva dire attraversare una pioggia di proiettili. Si morse il labbro inferiore.
“Esposito, fuoco di copertura” ordinò la donna. Il detective la guardò per un momento indeciso e inquieto. Poi annuì e alzò tre dita della mano.
“Al mio tre” replicò. Quindi si posizionarono. Un attimo prima che iniziasse a contare però, Kate si girò di nuovo verso lo scrittore a terra. Lo sguardo dell’uomo era dolorante e preoccupato.
“Preparati a sopportarmi anche tu per i prossimi anni perché neanche io morirò stanotte” dichiarò determinata. Quindi si voltò di nuovo verso lo spiazzo senza dar tempo a Rick di replicare. Al tre di Esposito, Beckett schizzò fuori dal nascondiglio. Corse più velocemente che poteva nel mezzo dello spiazzo, mentre il detective sparava contro gli scagnozzi rimasti per coprirla. Arrivò alla rientranza del magazzino dall’altra parte del piazzale che sudava freddo. Si fermò per un secondo, ansante, la schiena contro il muro e la pistola alta davanti al viso, cercando inutilmente di rallentare i battiti del suo cuore. Deglutì e girò la testa verso lo spiazzo, sporgendola appena dal suo nascondiglio. C’erano almeno quattro tirapiedi ancora in piedi dietro alcune casse disposte accanto al muro. Gli altri erano già a terra, morti o agonizzanti. Poi notò poco lontano da sé, in mezzo a una piccola fortezza creata da alcune casse, Tully inginocchiato a terra. Accanto a lui c’era un uomo steso a pancia in su, immobile. Doveva essere quello con cui l’aveva visto lottare all’inizio della sparatoria. Alex era riuscito a portare i pugni ancora legati in avanti e ora stava raschiando la corda che gli bloccava i polsi con un pezzo di vetro frantumatosi da una finestra del magazzino. Il fazzoletto al suo braccio era completamente rosso ormai. Riuscì a liberarsi, ma quando tentò di alzarsi le gambe non lo ressero e cadde nuovamente lanciando un’imprecazione. Alzando gli occhi, si sorprese nel vedere la detective a pochi metri da lui.
“Resta qui. Stanno arrivando” riuscì a fargli intendere Kate nel mezzo del frastuono, indicando con un cenno della testa la parte opposta dello spiazzo dove si erano rifugiati i poliziotti. Sentì un gemito soffocato venire da uno dei quattro uomini ancora in piedi. La battaglia su quel fronte si stava lentamente concludendo. Ma per vincere quella guerra dovevano catturare il drago.
“No, Kate! Aspetta! È armat…” cercò di fermarla Alex, appena capì la sua intenzione di seguire Spark. Beckett però era già oltre l’angolo, la pistola puntata davanti a sé. Quella parte di molo era molto più buia della precedente. Le uniche luci provenivano dal riverbero delle lampade nello spiazzo da cui si era allontanata e dalla luna alta nel cielo. Le sembrò di essersi all’improvviso allontanata di kilometri dalla sparatoria perché i colpi le arrivavano attutiti. Avanzando nell’ombra, rasente alla parete del magazzino, il rumore di spari diminuiva sempre più. Passo dopo passo, sentiva solo il suono delle onde che si rifrangevano sulla banchina a pochi metri da lei, quello dei suoi tacchi sull’asfalto e il battito irregolare e veloce del suo cuore. Quella calma era più terrificante dell’agitazione della sparatoria.
Un brivido le passò lungo la schiena. Deglutì, strinse i denti e continuò lentamente la sua avanzata nel buio. Aveva passato ormai la metà del magazzino, quando sentì uno scricchiolio e vide un’ombra muoversi diversi metri avanti a lei. Istintivamente si gettò a terra. Si era appena abbassata che una pallottola finì contro il muro dietro di lei dove un momento prima c’era la sua testa. Il bianco della parete del magazzino la faceva diventare un bersaglio facile nonostante il buio, quindi si spostò velocemente da esso. Riuscì a distinguere un mucchio di casse abbandonate poco lontano e vi si andò a rifugiare dietro. Un altro sparo squarciò il silenzio appena dietro di lei. Voleva muoversi ancora in un altro nascondiglio, ma si accorse di essere a poco più di un metro dal bordo della banchina. Un colpo contro il legno delle casse le fece ritirare la testa tra le spalle. Si rannicchiò di più dietro queste. Strinse nervosamente la pistola tra le mani. Chiuse gli occhi per un secondo e prese un respiro profondo. Quindi li riaprì e si alzò velocemente in piedi. Con la coda dell’occhio vide di nuovo l’ombra, ma stavolta non aspettò il colpo e sparò due volte contro di essa. Sentì un rumore sordo e prolungato. Uno dei proiettili doveva aver colpito qualche contenitore metallico. Si riabbassò velocemente mentre altri due proiettili finivano contro le casse dietro cui era nascosta. Quindi il silenzio. Kate si mise in attesa della mossa dell’altro, attenta al più piccolo rumore. Finalmente sentì dei passi. L’uomo stava cambiano nascondiglio. Beckett si alzò di scatto in piedi, puntò la pistola verso dove pensava provenisse il rumore e fece fuoco. Sbagliò però di diversi metri, distratta dall’impazienza e dal rumore sordo del suo sangue pompato nelle orecchie. Spark uscì all’improvviso dal suo nascondiglio dietro una rientranza del magazzino e sparò. Kate sentì una fitta lancinante alla gamba sinistra appena sopra il ginocchio. Lanciò un gemito e cadde pesantemente a terra. La pistola le scivolò di mano e finì poco lontano da lei. Stava per allungarsi e raggiungerla, quando sentì Spark avvicinarsi e fermarla.
“No, no, no, cara Katie” esclamò divertito puntandole la pistola contro e scuotendo la testa. Ora erano uno davanti all’altro, lei a terra e lui in piedi a diversi metri di distanza. Sarebbe stato impossibile però sbagliare quel colpo. Il cuore della donna cominciò a battere furiosamente, il respiro accelerò. “Finalmente siamo solo tu ed io, Katie. Ma neanche questa volta riuscirai a fermarmi. Nessuno ti verrà a salvare stavolta. Tu e il tuo fidanzato scrittore avete smesso di mettermi i bastoni fra le ruote.”
“Sei finito Spark!” gli sputò contro Kate con tutto il coraggio che riuscì a racimolare. “Arrenditi!” Le rise in faccia. Le sembrò di sentire qualcuno che la chiamava in lontananza, ma forse era solo la sua immaginazione. E cos’era quel silenzio improvviso intorno a loro che rendeva la sua risata ancora più forte e diabolica?
“Sì, Katie, io sono finito…” replicò l’uomo con un ghigno. I suoi occhi luccicavano di una luce sinistra. Sembrava completamente pazzo. Mirò alla testa della detective. “Ma tu verrai con me.” E sparò.
Un secondo prima che premesse il grilletto però un’ombra passò davanti a Kate. Si sentì un gemito di dolore.
“NO!” urlò il drago furioso. Beckett approfittò di quell’attimo di distrazione. Si allungò a terra, recuperò la pistola, la puntò oltre l’ombra e sparò tre colpi. Spark cadde a terra di schiena a peso morto. È… è finita? fu il suo primo pensiero. Il drago sembrava immobile. Solo in quel momento Kate si concesse il lusso di guardare l’ombra davanti a sé. Non riuscì a capirne la figura. Notò però una scia di goccioline di sangue sotto questa. E quella che sembrava una fasciatura al braccio. L’ombra si spostò di alcuni passi, lentamente, incespicando, e finalmente la detective poté vederlo in faccia. Rimase pietrificata. Alex. Ancora una volta l’aveva salvata. L’uomo si teneva le mani all’altezza dello stomaco. Beckett sentì delle voci sempre più vicine che la chiamavano.
“KATE!!” L’urlò preoccupato dello scrittore le arrivò come una pugnalata.
“Rick, siamo qui! Ha bisogno di aiuto! Alex è ferito e ha bisogno di aiuto!” gridò la detective per farsi sentire. Quando si girò di nuovo verso Tully sbarrò gli occhi. “Fermo Alex!!” urlò spaventata all’ex-agente. L’uomo stava facendo dei piccoli passi all’indietro ed era sempre più vicino, troppo vicino, alla fine della banchina. Kate provò ad alzarsi, ma la gamba ferita non ne volle sapere di reggerla. I richiami di Rick sembravano troppo lontani. “No Alex fermati!!” gridò ancora disperata, le lacrime agli occhi. Finalmente sentì dei passi arrivare verso di loro. Tully respirava pesantemente e continuava a indietreggiare pericolosamente. Quando i poliziotti entrarono nella loro visuale, sembrava già troppo tardi.
“ALEX!!” urlarono contemporaneamente Kate e Rick. Lo scrittore stava arrivando verso di loro tenendosi il fianco e appoggiandosi a Ryan. Capì subito cosa sarebbe successo se l’ex-agente avesse fatto un altro passo. Alex alzò appena la testa nel sentire la voce del figlio. Gli sorrise. Quindi un piede gli finì fuori dalla banchina e l’uomo cadde all’indietro nelle fredde e sporche acque del fiume Hudson.
“NO!!” gridò Rick. Cercò di staccarsi da Ryan per raggiungerlo, ma impallidì e cadde rovinosamente a terra tenendosi il fianco ferito. “No…” mormorò disperato, gli occhi fissi nel punto in cui l’uomo era scomparso. Esposito e un paio di poliziotti si avvicinarono velocemente alla banchina. Si sporsero per vedere se riuscivano a individuarlo, ma quel punto era particolarmente buio e il salto fino all’acqua era di diversi metri.
“Delle torce presto!” ordinò il detective nervoso. “E qualcuno chiami i sommozzatori!” Se l’acqua fosse stata ben visibile si sarebbe buttato senza esitazione, ma in quelle condizioni era impossibile.
Castle era ancora sdraiato a terra, ma aveva gli occhi puntati su Esposito, come se sperasse che da un momento all’altro il detective allungasse appena la mano oltre la banchina e recuperasse Alex. Finalmente arrivarono le torce. Esposito trovò, a qualche passo di distanza, dei pioli per calarsi in acqua. Ordinò ad alcuni agenti di fargli luce mentre scendeva. Rick lo vide sparire dalla sua visuale nel momento in cui Ryan si portò davanti a lui. Il detective aveva un pezzo di stoffa legato malamente al braccio per bloccare la fuoriuscita di sangue e lo guardava comprensivo.
“Vedrai che lo riprendiamo” gli disse solo Ryan cercando di utilizzare il tono più rassicurante che poté. Ma sapeva bene che le acque dell’Hudson erano spesso traditrici. Se non avessero ritrovato Tully in poco tempo, sarebbe stato molto difficile recuperarlo in seguito, soprattutto se ferito. Rick chiuse gli occhi e appoggiò al testa sull’asfalto. Finse di credergli, ma anche lui conosceva il fiume, le cui acque erano sporche e sempre in movimento verso l’oceano. Un lamento soffocato gli fece rialzare la testa di scatto. Kate! La donna era circondata da due poliziotti che stavano cercando di fermarle il sangue in uscita dalla gamba. La schiena era appoggiata ad una cassa e la testa era reclinata all’indietro in una smorfia di dolore.
“Kate…” la richiamò a bassa voce, affannato. Lei lo sentì comunque. Rialzò la testa. Lo guardò per un secondo negli occhi, ma poi abbassò lo sguardo, come vergognandosi. Rick aggrottò le sopracciglia. Perché era uno sguardo colpevole quello che lei gli aveva rivolto? Cercò di alzarsi faticosamente, ma con scarsi risultati. Per fortuna Ryan venne in suo aiuto. Colmò gli ultimi passi fino alla detective praticamente appoggiato all’amico prima di lasciarsi crollare a terra accanto a lei, spalla contro spalla. Ryan lo aiutò quindi a premere sulla ferita. Rick chiuse per un momento gli occhi cercando di non pensare al dolore che gli stava bucando un fianco. Sentì qualcuno dire che nel giro di due minuti sarebbero arrivate le ambulanze, mentre davano ancora sei minuti per i sommozzatori. “Kate…” mormorò alla fine di nuovo lo scrittore. “Come… come stai? Che è successo?” domandò girando la testa per guardarla. Una goccia di sudore mista a sangue gli cadde sull’occhio, ma lui la scacciò scuotendo la testa.
“Lo dica anche a me, detective” ordinò il capitano Gates spuntando all’improvviso in piedi davanti a loro. Beckett guardò la donna, quindi annuì e cominciò a raccontare dal momento in cui aveva attraversato lo spiazzo per arrivare al magazzino. Gli disse di aver visto Tully liberarsi. Riferì loro come lei e Spark avevano ‘giocato’ al gatto e al topo e di come aveva deciso di sporsi all’improvviso tentando di colpirlo. Quando dovette spiegare come Alex era stato ferito, abbassò lo sguardo sentendosi colpevole.
“Si è portato davanti a me senza che né io né Spark lo vedessimo” disse piano. “Ha perso la pallottola che era destinata a me. All’inizio pensavo non l’avesse colpito perché non si era mosso. Io ne ho approfittato per recuperare la pistola e sparare a quel bastardo… Ma poi si è spostato e ho notato il sangue e… e lui è andato all’indietro senza che io riuscissi a fermarlo…” La voce di Kate si era incrinata. Delle lacrime avevano iniziato a uscire silenziosamente dai suoi occhi. “Mi dispiace” affermò poi all’improvviso rivolta a Rick. Lui la guardò sorpreso e confuso.
“Per cosa?” domandò.
“Perché è stato ferito a causa mia” replicò la donna, sperando nel suo perdono. “Rick, mi dispiace… Non doveva finire così, non doveva succedere! E ora sarà colpa mia se Alex dovesse…” Non riuscì a finire la frase che Rick riuscì faticosamente a raggiungere con una mano il suo viso e le appoggio il pollice sulle labbra.
“Non è colpa tua, chiaro?” dichiarò convito guardandola negli occhi. “Non pensarlo assolutamente. Non sei tu che hai progettato la trappola. Non sei tu che hai programmato di ucciderci…” Una fitta al fianco lo fece interrompere per un momento. Quindi prese un respiro e continuò. “Non sei tu che gli hai sparato, Kate, ok?”
“Ma quel proiettile era destinato a me…” sussurrò la donna, abbassando gli occhi. Rick la bloccò ancora una volta e le alzò delicatamente il mento.
“Kate, guardami” la supplicò lo scrittore. Finalmente alzò lo sguardo e si immerse nei suoi rassicuranti, seppure addolorati, occhi blu. “Non è colpa tua. Non gli hai sparato tu. Se vuoi dare la colpa a qualcuno, dalla all’uomo che impugnava la pistola e che ha minacciato noi e le nostre famiglie di morte.” La donna lo guardò per qualche secondo, poi annuì e gli sorrise appena per ringraziarlo.
In quel momento sentirono sopraggiungere le autoambulanze. Un agente avvertì la Gates che stava arrivando anche il medico legale per trasportare via i morti rimasti nello spiazzo.
Tre ambulanze si fermarono a pochi metri da loro. Due medici scesero da una di queste e si diressero subito verso Castle e Beckett. Un altro assistette Ryan. Un quarto stava iniziando a controllare gli altri feriti.
“Perché portano via un cadavere?” domandò Rick all’improvviso confuso. Kate e la Gates, ancora accanto a loro, seguirono il suo sguardo. Due medici stavano mettendo Spark su una barella e lo stavano portando velocemente in ambulanza.
“Perché non è un cadavere, signor Castle” replicò il capitano, mantenendo gli occhi sulla scena, impassibile. I due invece la guardarono sbalorditi.
“Cosa?? Ma allora…” cercò di dire Kate stravolta.
“Spark non è morto” spiegò la Gates con calma fugando ogni dubbio. “Almeno per ora.” In quel momento arrivarono i sommozzatori che raggiunsero subito Esposito ancora in acqua. Ne videro tre calarsi giù dalla banchina velocemente con torce subacquee, maschere e pinne. “Signor Castle” lo richiamò il capitano. L’uomo era rimasto come ipnotizzato dalla scena. La Gates allungò una mano. “In suo cellulare se non le spiace. Ora è un elemento di prova.” Rick sbatté le palpebre e annuì. Con qualche difficoltà data dalla ferita al fianco, che il medico stava cercando di coprire bene prima di spostarlo sull’ambulanza, tirò fuori il telefonino miracolosamente illeso dalla tasca e glielo passò. Il capitano annuì e gli sorrise appena. Stava per voltarsi e andarsene quando si fermò e tornò a osservarli. C’era una punta di orgoglio nello sguardo che gli rivolse. “Forse Spark non è morto ancora…  Ma se sopravvivrà, posso assicurarvi che il drago non sarà più in grado di sputare nemmeno la fiammella necessaria per accendere un fiammifero.”
 
Tre settimane dopo non c’era ancora traccia del corpo di Alex. I sommozzatori l’avevano cercato per tutto il porto, ma a quanto pareva quello era un punto un cui le correnti erano piuttosto forti. Inoltre nei giorni successivi c’era stato del maltempo che aveva in parte rallentato, se non proprio fermato, le ricerche. I sub avevano comunicato alla famiglia Castle che dopo tre settimane il corpo di Tully avrebbe potuto benissimo essere in mezzo all’Atlantico o nella bocca di qualche pescecane. E che se anche si fosse incastrato sul fondo del fiume sarebbe stato comunque quasi impossibile ritrovarlo, visto che lo sporco dell’Hudson non permetteva di vedere a un metro dalla propria faccia. Dopo tre settimane i sommozzatori smisero le ricerche. Decisero che era il momento di organizzare il funerale.
Di quelle tre settimane, Castle e Beckett ne avevano passata una, la prima dopo la sparatoria, in ospedale. Lo scrittore era riuscito a ottenere che la donna avesse un lettino accanto al suo. In quel momento lui aveva bisogno di lei e lei di lui.
Spark era riuscito a sopravvivere, ma non sarebbe mai tornato normale. Oltre al fatto che la detective gli avesse bucato lo stomaco, uno dei proiettili gli si era infilato tra due vertebre e l’aveva lasciato quasi del tutto paralizzato dalla vita in giù. Inoltre avrebbe sofferto di dolore alle ossa per sempre, attenuato solo in parte da un mix di antidolorifici. Spark venne ricoverato al carcere di massima sicurezza di New York da dove non sarebbe mai più uscito. Il processo contro di lui concluse proprio dopo tre settimane con la sentenza di colpevolezza per Franklin Spark Junior per ogni capo d’accusa che gli era stato imputato. La condanna era stata fissata di cinque ergastoli. Con lui, grazie ai documenti di Montgomery, furono catturati anche altri alti esponenti politici e di polizia. Giustizia era stata finalmente fatta.
Quelle tre settimane in ogni caso erano state dure per tutti. Quando le avevano detto di Tully, Martha era come entrata in uno stato catatonico. Certo, era presente con il corpo in ospedale dal figlio e da Kate e a casa con Alexis. Ma la vitalità che aveva sempre caratterizzato l’attrice pareva essersi spenta. Sembrò risvegliarsi da quel lungo sonno solo quando le dissero che non avrebbero continuato le ricerche dell’uomo. Solo allora Martha si permise di perdere la speranza e piangere, nascosta nella sua camera pensando di non essere sentita. Alexis invece, al contrario della nonna, aveva pianto la prima settimana. Poi col tempo si era rassegnata.
Kate e Rick invece sembravano ancora non sapere come stavano. Il drago era stato sconfitto. Ora la donna poteva riprendersi la sua vita, ma ancora una volta aveva paura. Paura che una volta tornata al distretto non avrebbe più avuto la stessa forza di prima. Paura di perdere presto o tardi quella voglia di giustizia per i parenti delle vittime che l’aveva resa la migliore. Se così fosse stato, non sarebbe più stata in grado di fare la detective. Lo scrittore invece non sapeva cosa provare per Alex. Lo odiava per averlo abbandonato di nuovo. Lo odiava non essersi fatto vedere per anni. Lo odiava per essere spuntato e poi scomparso. Lo odiava. Ma odiava anche sé stesso, perché gli mancava.
Detective e scrittore in quelle tre settimane si sostennero e si sfogarono l’uno con l’altro. Ma il dubbio restava. E mentre Kate, grazie all’aiuto dell’uomo, sembrava lentamente uscire dalle sue incertezze, Rick pareva invece non riuscire a trovare pace con sé stesso al suo dilemma. 

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Xiao a tutti! Questa è la segreteria telefonica di Lanie Paciock. Al momento non sono raggiungibile. Sto partendo per un viaggio intergalattico con la Serenity. Questo non perché voglia scappare da metà fandom che vuole uccidermi, no, che andate mai a pensare?? E ovviamente neppure perché una certa draghetta (*cough*Katy*cough*) mi ha sguinzagliato dietro un cecchino se non due... Ovviamente no! In ogni caso ritengo più opportuno partire (non si sa mai)... Comunque non potete ancora farmi fuori perché c'è un ultimo capitolo in serbo per voi...
Detto questo, lasciate pure un messaggio dopo il bip e (se non mi manacciate di morte) sarete richiamati.
BEEP
  
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