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Autore: Night Sins    02/04/2007    4 recensioni
Una ragazza festeggia il nuovo posto di lavoro; un uomo sfugge all'ennesima discussione con la moglie.
Una telefonata interrompe qualcosa di non ancora iniziato, ma che, per le scoperte successive, avrebbe potuto portare fastidiosi grattacapi...
Genere: Commedia, Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Allison Cameron, Altri, James Wilson
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima dell'inizio
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***She, he, it***



Era un tranquillo pomeriggio di marzo, la primavera stava per bussare alle porte e con essa si faceva strada anche il tepore tipico della nuova stagione. Allison Cameron sedeva nella veranda della casa che condivideva con la sorella.
"Ancora per poco." si disse tornando a guardare la lettera che teneva in mano con crescente emozione.
Non riusciva quasi a crederci, ma quella lettera era autentica; portava la firma della dottoressa Cuddy in persona. Cameron quasi si ipnotizzò nel percorrere la veloce linea che componeva il nome di quella donna. Lisa Cuddy aveva solo sei anni in più di quanti ne aveva lei in quel momento quando era diventata l'amministratrice di uno degli ospedali più importanti del New Jersey ed ora lei stava per entrare in quello stesso ospedale per lavorare fianco a fianco con persone che erano delle vere e proprie leggende viventi per chiunque fosse nel campo medico.
Era emozionata e contenta almeno quanto una bambina in un negozio di giocattoli. Lavorare in quell'ospedale significava davvero tanto; certo, quando aveva inviato il suo curriculum non credeva che fra tanti venisse scelta proprio lei, ma tentare non aveva mai fatto male a qualcuno ed ora le era stato comunicato che era assunta e che avrebbe cominciato a lavorare il lunedì successivo, due giorni dopo.
Nemmeno la brezza che si stava alzando era riuscita a distoglierla dai suoi pensieri e dall'ammirazione di quel foglio di carta.
"Ally che ci fai qui fuori?" domandò, con un misto di apprensione e curiosità, una donna di circa trent'anni avvicinandosi alla giovane e scostando con una mano i capelli biondi che il vento le aveva fatto passare avanti oltre la spalla.
"Oh, Eveline. Non ci crederai mai!!" disse allegramente Allison alzando gli occhi verdi fino a incontrare quelli altrettanto verdi della nuova arrivata. "Non potevo restare chiusa in casa!" aggiunse mentre anche lei portò la mano destra ad aggiustare una ciocca di capelli scuri dietro l'orecchio.
"Che è successo di così eccitante, sorellina?" chiese ancora l'altra sedendosi accanto a lei.
"Mi hanno preso! Lavorerò al Princeton Plainsboro Hospital per Gregory House!! Lavorerò con il dottor House!!" ripeté al massimo della gioia la più giovane delle due.
"Oh, Ally!" esclamò Eveline abbracciando con trasporto la sorella "Sapevo che ce l'avresti fatta. Sono così contenta per te!"
"Non sarà facile, lo so." continuò la mora "Il dottor House è famoso anche per il suo carattere impossibile, oltre che per essere considerato un vero e proprio genio nella diagnostica, ma..."
"Hey, prendi fiato!" la interruppe la sorella con un sorriso "Dai Ally, calmati. Ti hanno preso, non stare a farti problemi inutili. Ora sai che facciamo, invece?! Entriamo in casa, ci diamo una bella sistemata entrambe e dopo andiamo a cena fuori e poi a festeggiare in qualche pub!"
"Ma..."
"Niente ma, bisogna festeggiare!" la bloccò Eveline alzandosi, diede una pacca sulla spalla della sorella e si avviò in casa.
Allison rimase ancora qualche secondo lì fuori, anche se cominciava a credere che, se avesse continuato in quel modo, avrebbe consumato la lettera a furia di rileggerla. Sorrise a quel pensiero insensato e seguì l'esempio della maggiore entrando in casa.

Un paio d'ore dopo le due sorelle si trovavano in macchina pronte per festeggiare il nuovo lavoro della più piccola.
"Ci divertiremo, stai sicura." annunciò fieramente Eveline guidando verso quello che avevano concordato essere il loro ristorante preferito.
La cena fu una cosa abbastanza sobria, le due giovani donne la trascorsero a immaginare ciò che avrebbero fatto in futuro e abbandonandosi ai ricordi degli anni passati in fretta tra scuole e amori. L'unica ombra scura fu quando si ritrovarono a pensare al marito di Allison, deceduto pochi mesi dopo il matrimonio; ma anche quell’esperienza fu superata da altri ricordi e ben presto il sorriso tornò sul volto della dottoressa.
Erano già le undici passate quando arrivarono in un grazioso pub.
“Eveline, non credo sia il caso di prendere degli alcolici; abbiamo già bevuto il vino a cena. Mischiare fa male.”
“Allison hai ventisei anni, per Dio. Smettila di comportarti come la mamma!” sbottò la maggiore guardando sconsolata l‘altra “E poi non abbiamo bevuto molto.”

“E’ stata un ottima scelta venire qui, sì!” disse soddisfatta Eveline dopo un paio di Cosmopolitan di troppo, mentre si guardava intorno “Ci sono molti uomini proprio affascinanti.”
“Evi!”
“Che ho detto di male?! Ok Ally, ora guarda verso il bancone e trova il coraggio di dirmi che quello seduto lì, da solo, fa schifo!”
Allison guardò dove indicato dalla sorella; non le fu difficile individuare il soggetto in questione: capelli castani, fisico normale, trenta/trentacinque anni all’incirca, probabilmente era anche abbastanza alto, seppure non poteva sapere quanto, visto che era a sedere.
Doveva darne atto: non si poteva certo dire che fosse brutto, anche se non ne era presa come sembrava esserlo la sorella.
“Sì, ok. E’ un bell’uomo.” rispose poi.
“E’ decisamente un bell’uomo!”



******



Una nuova discussione, l’ennesima di quel mese, l‘ennesima litigata di cui James non ricordava come era iniziata, ma solo la solita, disastrosa, fine.
“Sei… sei… impossibile! Proprio non ci riesci a far almeno finta che t’importi di me almeno un poco di più di quanto t’interessi di ognuna delle persone che ti passano davanti?!” gli aveva gridato contro Julie, solo poche ore prima. “Certe volte credo proprio che dovrei fare come…”
“Stop Julie!” l’aveva bloccata “Non mettere in mezzo House, ora! Se ci sono problemi tra noi, non dipendono dai miei amici.” e senza darle il tempo di replicare, era uscito velocemente di casa.
Ora si trovava in un pub alla periferia di Princeton, aveva guidato quasi senza badare a dove andava. I suoi amici, in effetti, corrispondevano ormai ad un unico nome: Gregory House; gli altri erano solo conoscenti o colleghi di lavoro, persone con cui aveva scambiato due parole o al massimo qualche cena per un qualche evento eccezionale.
Aveva bevuto un paio di bicchieri di whisky. Nonostante non fosse il tipo da buttarsi sull’alcool quando aveva un problema, quella sera non aveva voglia di stare a pensare a cosa fosse giusto o meno.
Mentre stava finendo la propria bevanda aveva notato due ragazze che stavano, alquanto evidentemente, parlando di lui. Se da una parte la cosa riusciva ancora a metterlo in imbarazzo, nonostante ci fosse abituato, dall’altra l’alcool gli concedeva di non essere poi troppo inibito e di avvicinarsi al tavolo dove si trovavano le due quando una si allontanò, senza preoccuparsi troppo del fatto che era sposato.
“Ciao.” disse quando le fu davanti.
La ragazza alzò la testa verso di lui, presa alla sprovvista, “Sa-Salve.” mormorò appena.
“Non essere spaventata, non sono un maniaco!” esclamò mettendosi a ridere “James Wilson.” si presentò poi, porgendole la mano da sopra il tavolino.
“Allison Cameron.” rispose la ragazza, ancora un po’ incerta.
“Posso sedermi?” chiese indicando con una mano una sedia.
Cameron lo squadrò nuovamente dalla testa ai piedi soffermandosi sulla mano sollevata e sul cerchietto d’oro all’anulare. “Lei è sposato?” domandò.
Wilson osservò sorpreso la ragazza e poi lanciò un’occhiata anche alla fede “Sì.” rispose, mentre con la mano destra faceva ruotare l’anello intorno al proprio dito.
“Nonostante sia sposato, ci prova con un’altra. Non le sembra un comportamento ingiusto e anche ipocrita?” sembrava che la timidezza che la giovane aveva mostrato poco prima fosse del tutto sparito di fronte a quell’argomento.
James rimase a fissarla nuovamente stupito, non sapendo se mettersi a ridere di quell’affermazione o se dovesse sentirsene in qualche modo offeso. “Come?” disse solamente.
“Le ho chiesto se le sembra giusto…” cominciò a ripetere, ma venne interrotta dal suono del cellulare dell’uomo.
“Scusa.” le disse mentre rispondeva al telefono allontanandosi un po’ dal tavolo.

“Scusa?! Ho interrotto qualcosa?” chiese sarcastica la voce maschile all’altro capo del telefono.
“Non parlavo a te… Cosa c’è?”
“Ti ricordi la bionda di oggi, quella che assomiglia a Justine?”
“Julie…” lo corresse.
“Sì, è uguale… insomma, pare che stia antipatico anche a lei e dovresti farle delle analisi…” continuò l’uomo.
“Arrivo il prima possibile.” annunciò, avendo interpretato il vero significato di quelle parole.
“E mi raccomando, scusati per bene con la rossa di turno.”
“Mora.”
“Mhm, sto perdendo il mio sesto senso! Ah, vedi di farti passar la sbronza prima di far un incidente… non mi serve un oncologo ferito!”
“Non sono sbronzo.”
“Se lo dici tu…” mormorò prima di riattaccare.

“Scusate, era un collega.” disse riavvicinatosi al tavolo dove nel frattempo era tornata anche l’altra ragazza “Devo andare.”
“Che lavoro fa per dover andare a lavoro di sabato notte?” chiese la bionda, interessata e curiosa.
“Sono un medico, lavoro al Princeton Plainsboro. Scusate ancora.” ripeté prima di allontanarsi per andare a pagare e poi uscire.



******



Le due sorelle si guardarono negli occhi non appena l’uomo si fu voltato.
“Oh mamma…”
“Ally, credo che potrei venirti a trovare spesso. Molto spesso!” annunciò Eveline.
“Ma Evi! E’ sposato!” la riprese la più piccola.
“Lui non mi sembrava preoccupato a riguardo…” rispose con un’alzata di spalle, guadagnandosi così un’occhiataccia dall’altra.



******



“Sei già arrivato… accidenti, ho perso la scommessa con Chase! Avevo detto che ci avresti messo almeno trequarti d’ora.” lo accolse House al suo arrivo in ospedale “Le cose con la mora non stavano andando tanto bene, eh?”
“Ma non dovevo far dei controlli?!” domandò mentre si avviavano in laboratorio.
“E’ andata così male?” continuò a punzecchiarlo il diagnosta.
Wilson sbuffò alzando gli occhi al cielo, “Non ho avuto tempo…” rispose mentre un ghigno si dipingeva sul volto dell’altro.
“Buonasera Chase.” salutò entrando nella stanza dove si trovava l‘altro dottore.
“Buonasera dottor Wilson.”
“Oh… sembra ce l’abbiano tutti con te…” commentò House un’ultima volta prima di rimanere in silenzio mentre l’oncologo faceva le analisi necessarie.



******



“Vedrai, l’ospedale è grande, non è detto che lo devi incontrare subito o spesso.” aveva cercato di tranquillizzarla Eveline “E poi, io non ne sarei tanto dispiaciuta…”
“Allora vai tu al posto mio!”
“Mi spiace: sono un’arredatrice, non un dottore… In bocca al lupo, comunque.”
Perché aveva dovuto ripensare a quel discorso in quel momento?
Allison non riusciva a rispondersi mentre la dottoressa Cuddy l’accompagnava dal dottor House.
“Eccoci arrivate.” disse l’amministratrice quando furono arrivate davanti ad una porta in cristallo con l’unica scritta ‘Gregory House, MD - Dipartimento di Diagnostica’.
Guardò dentro e vide un uomo giocare con un bastone in legno, sicuramente era quello il dottor House, mentre un altro medico era seduto davanti alla scrivania e le dava le spalle, probabilmente era il collega di cui l’aveva informata pochi minuti prima Cuddy: il dottor Chase.
“House, è arrivata la tua nuova collaboratrice.” annunciò Lisa Cuddy entrando nell’ufficio del medico e Cameron la seguì.
“Buongiorno.” salutò lei.
L’uomo alzò appena lo sguardo verso di loro, “Sono sicuro che quello splendido Raggio di Sole che hai accanto ti ha già spiegato ogni cosa.” disse con un sorriso che la giovane dottoressa non sapeva come interpretare.
“Sì, House, l’ho già fatto e l’ho anche avvertita di come sei fatto. Vedi di non farla scappare, è un‘ottima immunologa.” disse l’amministratrice per poi rivolgersi all’altra donna, “Buon lavoro, dunque. Ah… Wilson, spero che questa pausa finisca presto.” ammonì all’altro medico.
Cameron si voltò di scatto verso l’uomo che stava sorridendo appena; si sentiva quasi in imbarazzo. Aveva sperato davvero di non incrociarlo ed ora scopriva anche che era amico del suo capo e probabilmente l‘avrebbe incontrato più di quanto lei, o Eveline, avrebbero mai pensato.
“Hey, prima deve pagarmi la colazione! L’ho fatto venir qui apposta.” annunciò House “Dopo mi accerterò io stesso che vada a lavorare e non si nasconda in qualche camera vuota a guardare la televisione o a giocare con il Game-boy!”
Lisa Cuddy alzò gli occhi al cielo sbuffando prima di uscire dalla stanza ed Allison non riuscì a non sorridere: la donna le aveva detto che House aveva il vizio di giocare con i videogiochi o guardare la tv quando non aveva nulla da fare, o meglio, quando non aveva nessun caso che l’interessasse.



******



Appena aveva visto entrare la ragazza gli era preso un colpo: quante possibilità c’erano che in un pub incontrasse una donna che si sarebbe rivelata una nuova dottoressa entrata a lavorare nell’ospedale dove lavorava lui e, soprattutto, che sarebbe stata la dipendente del suo migliore amico?
Sicuramente poche, ma forse più di quante erano le possibilità che House non si accorgesse che già la conosceva e che era lei la mora del sabato precedente. Fece forza a tutte le sue capacità recitative e si limitò a sorridere alla ragazza, sperando che non avesse intenzione di continuare il discorso cominciato al pub.
Per una volta era quasi contento di pagare se ciò gli avrebbe evitato che House scoprisse la situazione. Innanzi tutto sarebbe stato un bene per sé, poi anche per quella ragazza; era sicuro che se House avesse saputo che ci aveva provato con lei non avrebbe lasciato in pace nessuno dei due e, visto che erano destinati a lavorare insieme, era meglio evitare tutto ciò.
Wilson si alzò in piedi, sperando che l’altro avesse voglia di andar subito al bar ed evitare di protrarre ulteriormente le presentazioni. Fortunatamente anche House si era alzato.
“Dottor House?” chiamò Cameron senza ottenere risposta “Dottor House, cosa devo fare?” chiese dopo alcuni secondi.
Il diagnosta volse lo sguardo verso di lei, “Il caffè.”
“Cosa?” domandò lei senza capire.
“Se vuoi puoi farti il caffè.” rispose “Quando arriverà Chase ti spiegherà quali sono le mie regole.” detto ciò lasciò la stanza.
“Arrivederci dottoressa Cameron.” salutò Wilson seguendo House.

“Perché?” domandò, una volta fuori, il diagnosta.
“Perché, cosa?”
“La presenza della nuova dottoressa, t’innervosiva…”
“Perché dovrebbe innervosirmi?” chiese ancora Wilson.
“Non lo so, dimmelo tu.” rispose fermandosi e voltandosi verso di lui.
“Non c’è motivo, infatti non ero nervoso.” disse, sperando d’esser convincente.
“Oh, è vero… sorridi a tutti in quel modo un po’ impacciato…”
“Gentilezza, House, si chiama gentilezza… dovresti provarci ogni tanto, sai?”
“Naaah… il ruolo del bravo ragazzo si addice meglio a te.” rispose riprendendo a camminare.



******



La giornata era giunta al termine; Cameron aveva conosciuto l’altro collega, un ragazzo della sua stessa età, che le aveva spiegato come funzionavano le cose con House.
In parte aveva avuto modo di sperimentarlo da sola, quando gli aveva chiesto perché non fosse andato a parlare con la loro paziente, una giovane donna a cui era stato diagnosticato un tumore alle ovaie e non avrebbe più potuto avere figli. Gli aveva anche detto che quella donna aveva bisogno di essere confortata e non ignorata e che, se proprio lui non voleva farlo, l’avrebbe fatto lei.
“E cosa vorresti risolvere con le tue parole?” le aveva, a quel punto, urlato contro “Pensi che se le resterai accanto potrà nuovamente rimanere incinta? Svegliati dal tuo sogno, le cose non cambiano solo perché lo vuoi e le belle parole non servono a niente!”
Ci era rimasta molto male, venire attaccata in quel modo violento, disperato, l’aveva sconvolta. Non avrebbe voluto, ma non potè impedire che alcune lacrime le scendessero dagli occhi.

Stava entrando nell’ascensore quando si sentì chiamare.
“Ah, è lei dottor Wilson.” disse soltanto mentre l’uomo entrava nell’ascensore con lei.
“L’unico posto dove House non può spiare…” commentò mentre Allison lo guardava senza capire, dopo aver pigiato il tasto del piano terra.
“Volevo scusarmi per sabato sera. Non oso immaginare che figura possa aver fatto…” disse ancora, passandosi una mano dietro al collo, nervoso.
“Effettivamente…” ammise lei.
“Comunque, volevo dirti… è meglio che questa storia non esca davanti a House, sarebbe capace di tormentarci per tutti i secoli a venire.”
“Ok.”
“Bene. Ehm… ricominciamo da capo?” propose con un sorriso “Dottor James Wilson, primario del reparto di Oncologia; piacere di conoscerla.”
“Dottoressa Allison Cameron, immunologa nel reparto di Diagnostica. Piacere.” rispose sorridendo.
Tutto sommato, forse si era fatta un’idea sbagliata dell’uomo, ora le sembrava più simpatico. Probabilmente il sabato precedente doveva esser stata una giornataccia per lui, si disse la dottoressa.



******



James era contento di esser riuscito a chiarire le cose con la ragazza, tanto che si lasciò andare in un sorriso un po’ troppo allegro, per lo meno così sembrò agli occhi di House.
“Vuoi distrarmi i dipendenti?” gli chiese, apparendogli improvvisamente alle spalle.
“Che… Dio, nonostante il bastone, alle volte riesci lo stesso a spaventarmi!”
“Credo sia un complimento…” mormorò pensieroso il diagnosta, poi lanciò un’occhiata alla ragazza “Spero che Wilson non ti abbia infastidito in ascensore. Glielo ripeto sempre di fare il bravo, ma ho l’impressione che finché non gli farò una scenata pubblica non la smetterà di fare il cretino con i nuovi arrivati…” disse fintamente dispiaciuto.
“House!” sbottò l’oncologo.
“Ops, scusa… avevo scordato che prima di parlarne volevi aspettare di avere il divorzio da Judith!”
“Si chiama Julie…” ripeté, anche se era rassegnato al fatto che House non l’avrebbe mai chiamata con il nome giusto. Non lo aveva fatto in tre anni, e non certo perché non lo ricordasse, non si aspettava che lo avrebbe fatto in quel momento.
“Ma sono sicuro che la dottoressa Cameron non avrà problemi a mantenere il segreto.” continuò l’altro uomo.
Allison era rimasta ad osservare la scena incredula, “I-io non…”
“Non dargli retta,” annunciò Wilson “prendere in giro la gente è il suo malsano modo di divertirsi. E non ho intenzione di divorziare da Julie!” le ultime parole rivolte principalmente a House.
La dottoressa non sapeva più a cosa credere: Wilson sembrava serio, ma anche il proprio capo prima sembrava molto serio, anche se ora stava ghignando.
“Hai detto lo stesso per le due mogli precedenti…” commentò “Comunque, non so voi, ma io non muoio dalla voglia di passar altro tempo qui dentro.” e, detto ciò, si allontanò.
“Wilson!” chiamò House, una volta quasi arrivato all’ingresso, mentre un altro ghigno gli appariva in volto “Mi raccomando, ricordati di portare le manette rosa stasera!”
L’oncologo alzò appena una mano accanto alla testa anche se con lo sguardo era fisso sul pavimento, rassegnato ma sempre imbarazzato dalle molteplici battute dell‘altro, mentre il diagnosta usciva dall’edificio.
“Irrecuperabile…” mormorò “Beh, è meglio andare davvero. A domani Cameron.” salutò una volta fuori.
“A domani, dottor Wilson.” disse dirigendosi alla propria auto.



***Fine***



Titolo assurdo e che alla fine c'entra poco con la fic, ma... non è proprio campato in aria, nell'idea originale aveva il suo perché! XD (anche se alla fine House è voluto entrar nel mezzo pure lui!)
Ah! L'idea è nata dal dialogo:
W:"Era impossibile che la gentilezza di Cameron non ti avesse contagiato"
H: "E' per questo che non ci hai provato con lei?"
W:"Chi ti ha detto che non ci ho mai provato?"
(qualcosa del genere XD)
E indica il massimo in cui posso veder Jimmy e Cam vicini...

Grazie a chiunque la leggerà ed anche un bacio a chi commenterà! :P
   
 
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