Non parlare nel mio silenzio
La sveglia luminosa posta sul comodino segna quasi
le quattro del mattino. La guardo per l’ennesima volta, e noto che sono passati
soltanto due minuti che a me sembrano secoli.
Sono rinchiuso nella mia camera da circa un’ora
nella stessa posizione.
Non è che ci sia posizione migliore, tanto in
qualunque modo sento fitte dolorose in tutto il corpo.
Almeno questa è migliore di quell’umida cella nei
sotterranei, dove ho passato agli incirca due giorni. Subendo in continuazione
tutto quello che mi facevano le guardie senza emettere neanche un suono. Non
avrei mai permesso alla mia bocca di emettere un solo suono o gemito in loro
presenza. Se solo lo avessi fatto, avrei dato loro tantissima soddisfazione in
quello che amorevolmente definisco
“gioco sadico”.
Ho in bocca il sapore del sangue
e la mia pelle brucia,
e anche se cerco fino in fondo
non c’è più fiducia
In bocca ho ancora il sapore del sangue
rigurgitato addosso alla veste di uno dei monaci. Averlo sporcato è stata una
piccola soddisfazione, visto che odiano macchiarsi del sangue delle vittime che
mietono. Soddisfazione che ho pagato a caro prezzo con una seduta extra nelle
segrete in compagnia del loro strumento di tortura preferito: la frusta.
L’aria affluisce a fatica nei miei polmoni, e ogni
qual volta respiro li sento graffiarmi dall’interno, come se stessero anche
loro per sanguinare. La testa inizia a farmi un dolore atroce, come se avessi
dato ripetutamente testate ad un muro. In effetti, la cosa è vera, mi avranno sbattuto
la testa contro un muro, una decina di volte. Mi meraviglio di non averla
ancora rotta e di riuscire ancora a ragionare.
Vedo la stanza incominciare a girare e questo non
fa che aumentare il mio mal di testa, tanto da non riuscire più a tenere ben
aperti gli occhi.
Porto le mani alla testa per fermare questo
strazio, ma non faccio altro che star peggio. E’ bastato un piccolo movimento
per far uscire sangue dalle ferite che ho sulla schiena.
Il mio corpo trema in maniera incontrollata,
mentre passo le mani sul volto in un tentativo di soffocare i singhiozzi, cosa
mal riuscita perché il mio corpo sobbalza.
Avvicinando le mani all'altezza degli occhi le
note scarlatte, con alcune gocce di sangue che ricadono sul pavimento unendosi
alle altre.
Il sangue sembra diventato il nuovo abitante di
queste quattro mura. Ormai questa camera è irriconoscibile, da
quando sono entrato barcollando urtando e sporcando qualunque cosa.
Ho voglia di urlare, ma non posso, neanche di
questo ho più libertà da quando sono entrato in questo
posto. Devo tenermi tutto dentro compresa la mia frustrazione, se non voglio
finire nei guai dopo soli sessanta minuti.
Cerco di alzarmi poggiando una mano sul muro di
pietra, ma la mia testa non è dello stesso avviso e inizia a vorticarmi furiosamente
facendomi cadere carponi sbattendo per l’undicesima volta la testa.
Sulla mia fronte un’altra ferita che va ad
aggiungersi a quelle precedenti, perché sento il sangue caldo scivolarmi lungo
il naso,sugli zigomi per poi ricadere per terra.
Il suo odore ferroso m’invade le narici e non
riesco più a trattenere un conato di vomito. Voglio liberarmi di tutto lo
schifo che mi porto dentro, ma la cosa è alquanto impossibile.
Sento il mio corpo spezzarsi a metà ogni qual
volta è scosso da spasmi.
Sto vomitando l'anima e sono due giorni che non
mangio niente, cosa diavolo dovrei vomitare?
Questa è la punizione per aver deciso di dire la
triste verità. L'unico che ha avuto il coraggio di farlo, attirando le ire di
Vorkov. Il coraggio da questo punto di vista non è ben visto da quel finto
monaco.
Pensandoci bene ho capito che nessuno avrebbe mai
potuto credere ad un bambino di appena otto anni. Ad uno stupido ed ingenuo
bambino, come mi ha definito quel pazzo.
Erano venuti a sorpresa qui al monastero dei controlli
sulla sicurezza e sulle condizioni in cui erano trattati i ragazzini di questo
posto. Io avevo una ferita che andava da sopra l’occhio sinistro e proseguiva
lungo tutta la guancia. A tutti quelli che come me
avevano una ferita così visibile hanno chiesto come avessimo fatto a
procurarcela, risposta: rissa.
Man mano che i controlli si facevano positivi
vedevo il monaco ghignare vittorioso.
Quando quel vecchio signore si era
avvicinato a me per chiedere cosa avessi fatto alla faccia, io non ho aperto
bocca.
Non trovavo le parole per rispondere, avevo
un’opportunità per avere una vita migliore e dovevo buttarla via mentendo.
Rimanevo in silenzio a fissarlo negli occhi. Occhi troppo buoni perché
potessero esistere davvero, potevano soltanto essere
una mia illusione.
Avevo voltato a malincuore la testa per far sì che
se n’andasse.
Come hai potuto fingere
tutto questo tempo,
come hai potuto
spingermi
all’esaurimento
“Non dia importanza a quel bambino. E’ molto
timido per questo non risponde” aveva detto Vorkov con un falso sorriso di
cortesia sul volto.
Lui però aveva poggiato una mano sulla mia spalla
iniziando ad accarezzarla, avevo rivolto sorpreso il mio sguardo a quello
strano signore che mi guardava con un sorriso bonario.
Alle sue spalle continuavo a vedere quel monaco sorridere
vittorioso per essere riuscito ad ingannarli nuovamente. Il sangue mi ribolliva
nelle vene, mentre sentivo quelle sulla fronte pulsare. Il respiro aveva
iniziato a farsi sempre più affannato e rabbioso. Mi sembrava di essere come un animale chiuso in gabbia.
Ho sentito una strana adrenalina scorrermi al
posto del sangue, ho alzato la mano puntando il dito contro Vorkov e dicendo
tutto quello che ci aveva fatto. Mi ero sentito invincibile, neanche Vorkov che
mi guardava con i suoi occhi iniettati di sangue era riuscito a placarmi.
In fondo però le parole di un bambino possono
essere anche piene di fantasia.
Come aveva sostenuto il suo accompagnatore.
Non è servito a niente quello che ho fatto. La
vita è ingiusta e questo l'ho capito da quando sono entrato
in questo posto. Otto anni pochi per dire di conoscere tutte le sfumature
della vita, otto anni per poter affermare di averne abbastanza e desiderare
morire.
Pochi per vivere ma giusti per morire.
Cerco con la mano nuovamente di rialzarmi per
poggiare la schiena contro la parete, ma il risultato è ritrovarmi disteso a
terra dopo aver sbattuto la schiena con i punti ancora freschi.
Il respiro mi si mozza in gola, e la testa pulsa
in maniera più feroce facendomi tossire così violentemente da far uscire
liquido scarlatto anche da lì.
La guancia ha ripreso a farmi male, avevo osato
lasciarmi sfuggire un lamento quando mi erano stati
messi i punti, e l’infermiera mi aveva mollato un ceffone.
Le lacrime riprendono il loro corso sul mio viso
ormai imbrattato di sangue lasciando scie nel rosso ormai raggrumato. Non
voglio piangere, desidero essere forte, ma non ci riesco. I miei capelli sono
completamenti immersi nel liquido vitale che si trova sul pavimento, ma non
credo faccia poi tanta differenza il colore è simile se non uguale. Sono
completamente scompigliati e sparpagliati sul pavimento, diventati ormai un
ammasso di poltiglia.
“Voglio uscire da qui”, è la frase che a malapena riesco a pronunciare con voce roca.
Eravamo cosi vicini alla libertà, perché quel
signore aveva assicurato che ci sarebbe stata un’altra ispezione il giorno dopo
per chiudere definitivamente il monastero; ispezione mai avvenuta.
Dopo quella sera il vecchio è sparito dalla
circolazione senza lasciar tracce.
Ho sentito un rumore dentro di me, il mio cuore
andare in frantumi insieme alle mie speranze, come uno specchio, quando si
rompe. La tristezza mi avvolge completamente procurandomi brividi come la neve
a contatto con il corpo.
Tutti qui dentro sostengono che non abbia avuto il
fegato di denunciare Vorkov, io invece sono sicuro che sia stata la persona più
coraggiosa che abbia mai conosciuto.
Lui è morto, e ad ucciderlo è stato proprio Vorkov.
Non sono fantasticherie. Io l' ho visto quella stessa sera dalla mia finestra
il corpo di quell’uomo trascinato via da delle guardie.
Gli occhi mi si appannano tanto da non distinguere
neanche più il soffitto. Le lacrime sono ferme agli angoli e sembrano quasi
galleggiare.
Non ho più voglia di raccontare niente a nessuno,
non dopo averci quasi rimesso la vita in quelle celle. Sono stanco di soffrire
in quest’inutile vita.
La verità non esiste e non è mai esistita. Ognuno la vede dal proprio punto di vista.
“Ivanov quel
vecchio ha creduto alle tue parole solo perché i tuoi maledetti occhi l'hanno
impietosito. Occhi sfrontati e tristi che raccontavano cose spaventose per quel
povero idiota. Occhi così limpidi e cristallini che per forza doveva crederti.
La stessa cosa non vale per me. Ivanov questa la paghi cara. I tuoi occhi non m’impietosiscono"
Questa è l'unica cosa che quel pazzo ha
pronunciato, parole cariche di rabbia e disprezzo nei miei confronti. Le uniche
frasi che ha pronunciato prima di far urtare la testa contro un muro e
prendermi a calci in ogni angolo del mio corpo.
Mi sono sempre chiesto se lui fosse stato bambino.
Questo a suo parere era solo l’aperitivo. In fondo
ho solo mandato quasi in fumo il suo piano di una vita.
Ho desiderato morire davvero in quella cella.
Volevo non essere mai esistito. Ricordo ancora l’espressione disperata di Boris
quando mi hanno trascinato via.
Sapevo che mi avrebbe tenuto in vita per i suoi
scopi, non volevo sentire un macigno addosso e una voce nel cervello che
continua a sussurrarmi “È stata colpa tua!
Dovevi stare zitto. A quest'ora il vecchio poteva essere ancora vivo. Se aveva una figlia che non vedeva l'ora di riabbracciare il
suo papà? Colui morto per una tua confessione.".
Sta zitta maledetta! Non ti voglio ascoltare! Non
voglio sentire più nessuno.
Un dolore forte al petto mi toglie il respiro. Porto
una mano a stringere convulsamente ciò che resta della mia maglia. Non so se
siano le costole rotte oppure il mio cuore che urla.
Cerco di fare il meno rumore possibile anche con i
singhiozzi altrimenti le guardie vengono a darmi il resto. Mi riesco a mettere
con fatica di nuovo seduto, devo ripulire lo schifo che ho combinato. In questa
camera l’aria è diventata irrespirabile.
Mi rimetto in piedi e barcollano raggiungo la
finestra che spalanco facendomi investire dalla corrente gelida. Mi serviva un
po’ d’aria fresca.
Le gambe non reggono più il mio peso, e mi ritrovo
in ginocchio sentendo le forze abbandonarmi sempre di più.
Chi non avrebbe voglia di passare un compleanno
come il mio.
Solo in una stanza circondata dal sangue, seduto
in fase di dissanguamento, con una morte sulla coscienza e la voglia del
suicidio.
La testa vortica sempre più velocemente e inizio a
sentire tutto ovattato. Un luccichio sul pavimento attira la mia attenzione e
facendomi forza con le mani riesco a prenderlo.
Guardati nello specchio
dimmi che cosa vedi.
Pensa che fine hanno
fatto
i tuoi progetti,
tutti i tuoi desideri.
Si tratta di un pezzo di vetro, precisamente dello
specchio che nella rabbia ho rotto due giorni fa. Sembra
che il destino mi abbia dato l’occasione per mettere fine alle mie sofferenze.
Osservo il mio riflesso in quel pezzettino e osservo i miei occhi che
somigliano tanto a quelli della mia mamma, quando la trovai stesa senza vita
sul pavimento.
Si uccise il giorno del mio compleanno, quando
compivo tre anni.
In fondo era infelice con noi. Chi vorrebbe un marito
alcolizzato che ti maltratta, vivere in povertà e avere persino un figlio in
quel triste quadro.
Io però a lei volevo bene, e dentro di me continuo
a sperare che anche lei me ne volesse.
Chissà se quando sarò morto la rincontrerò e se
lei mi riconoscerà.
Stringo il pezzo di vetro in mano, procurandomi un
taglietto su un dito, e lo avvicino lentamente al polso.
Non ci credevi davvero.
Le tue sono promesse
fatte da chi non le mantiene
quindi sono niente.
Prendo un respiro e taglio con forza sul polso.
Almeno è quello che tento di fare, perché un
improvviso gelo ha invaso la stanza, facendo congelare quel pezzo di vetro e
mandandolo in frantumi.
Guardo il mio polso sul quale c’è un taglio, ma
non profondo come desideravo.
Questo mi basta soltanto per farmi perdere altro
sangue.
Alzo gli occhi incontrandone un paio azzurri, che
non appartengono ad un essere umano.
Tutto il sangue che ho perso non mi fa neanche
restare sorpreso nel trovarmi davanti un lupo argentato quasi bianco, con ali
di ghiaccio che mi osserva invaso da una luce luminosa.
Evidentemente no, perché l’unica cosa che faccio è
squadrarlo con rabbia.
“Cosa vuoi?” chiedo
sprezzante al suo indirizzo, mentre cerco qualche altro pezzo di vetro nella
stanza.
Un soffio gelido fa diventare il pavimento una
lastra di ghiaccio, e invade anche me, la cosa strana è che io non sento
freddo.
Alzo di nuovo il viso e mi ritrovo il suo muso a
qualche centimetro di distanza. L’alito che fuoriesce dalla sua bocca è gelido.
Mi fissa intensamente tanto che io riesco a
specchiarmi in quelle pozze cristalline.
Cosa ci fa questo strano lupo nella
mia stanza?
La luce che emana mi procura bruciore agli occhi,
e mi costringe a tenerli socchiusi.
“Puoi anche smettere di cercare, ho tolto tutti i
vetri che c’erano”
Perché neanche il fatto che stia parlando mi
stupisce? Sono diventato indifferente a tutto.
“Perché lo hai fatto mi
servivano! Non ne avevi il diritto!” gli dico lanciandogli
contro il mio bey, come se fosse una pietra da buttare nel fiume. Il bey lo
colpisce sulla testa, ma lui non fa una piega, anzi guarda me leggermente
accigliato.
Forse li ha tolti di mezzo perché è venuto ad
uccidermi lui stesso.
Spero tanto che sia così, anche se questa frase mi
procura una strana sensazione.
“Cosa, per ucciderti?”
sbaglio o è un ringhio quello che uscito dalla sua bocca? Dannazione, neanche
la paura di morire mi contagia più?
“SI.” gli rispondo con lo stesso tono fissandolo
con rabbia, finche non mi ritrovo contro il muro a causa della sua zampa che mi
ha graffiato la faccia spingendomi lontano.
Non sento dolore, né per la botta né per il
graffio. Sembro diventato insofferente a tutto.
Alzo lo sguardo verso quella bestia che inizio ad
odiare con tutto me stesso.
“Mi dici perché sei venuto ad irrompere in questa
stanza?”
Lui con passo felpato mi si avvicina “Cercavo il
mio custode, un ragazzino che credo debba abitare in Giappone, ma mi sono
ritrovato in queste zone e ho avvertito un cuore solo e sofferente con un senso
di colpa.”
“Non sono affari tuoi quello che provo io! E poi non soffro di sensi di colpa!” Sto urlando, spero che
le guardie abbiano il sonno pesante. Poi perché lo sto negando? Voglio rendermi
forte agli occhi di un animale?
“Allora perché stai piangendo?” Quella domanda mi
lascia sorpreso, mi tocco il viso e lo sento bagnato, non solo dal sangue, ma
soprattutto da un liquido salato che mi arriva persino in bocca. Da quanto
tempo stavo piangendo senza accorgermene?
Mi sento improvvisamente umiliato per aver
mostrato le mie debolezze a questo strano lupo.
Così tra fuoco e fiamme,
così senza domande.
Solo silenzio qui dentro,
che diventa
devastante.
“Bene, adesso ti degnerai di ascoltarmi?”
“Io non ti voglio ascoltare! Tu non devi azzardarti
a parlare! Io voglio soltanto restare nel mio silenzio!”
Sono contraddittorio penso una cosa e ne dico
un’altra.
“A volte il silenzio è il più brutto suono del
mondo”
“Fai anche perle di saggezza stupido lupo, non so
cosa tu sia esattamente, ma un essere inutile lo sei di sicuro”
Quello che ho chiamato in modo così poco gentile,
non sembra digerire le mie offese. Mi ha inchiodato al muro, e ha aperto la
bocca. Chissà, se lo provoco abbastanza decide di uccidermi.
“Non ci provare Ivanov, non sono qui per stare ai
tuoi subdoli giochetti di suicidio”
E come ha capito quello che penso?
Forse legge nel pensiero.
Quello mi chiama persino per cognome senza
conoscermi e io mi stupisco per tutt’altro.
Cerco di liberarmi della zampa che mi preme contro
il muro, ma i tentativi che provo sono tutti inutili.
Mi arrendo all’evidenza,non
ho forza neanche per reggermi in piedi. Se lui mi
libera io cado a terra come una marionetta a cui si spezzano i fili.
“Mi degni un po’ della tua attenzione?” Annuisco
lentamente con la testa. Mi mancano le forze persino per controbattere.
“Ascoltami attentamente, quello che hai fatto è
una prova di coraggio. Volevi la libertà e ti si è presentata un’occasione per
provarci. Quello che è successo non è stata colpa tua. Quel signore sapeva tutto
su questo posto. Gli serviva solo una testimonianza diretta. Sarebbe morto lo
stesso per mano di quel monaco. Aveva scoperto troppo.”
Ascolto sul serio quello che mi sta dicendo. Non
avrei mai creduto o immaginato che a consolarmi sarebbe stato un lupo parlante.
Non so neanche io il perché ma mi ispira fiducia.
“Ma non è servito a
niente…” cerco di parlare, ma un singhiozzo mi blocca la frase.
“Tu dici così, ma qualcuno troverà le sue ricerche
e inizierà ad indagare. Così potrai uscire da questo posto”
“Come fai a sapere tutto queste cose? E ad essere
così positivo.” gli chiedo mentre sento gli occhi
bruciare, non so neanche per quale motivo di preciso.
“Io sono una creatura speciale. Tutti i bit power sono esseri molto potenti. Non ti stupire per queste
sciocchezze”
Annuisco, perché non riesco più a parlare. Di
quello che ha detto non ho capito bene il significato.
Ho un groppo in gola che continua a salire. Mi
sento al sicuro a parlare con lui, non voglio se ne vada. Rimarrò di nuovo solo
immerso nel silenzio.
“Promettimi una cosa Yuri, prima che me ne vada”
Lo vedo con una strana espressione sul volto.
“Non cercare più di ucciderti, hai una vita
davanti. Quel vecchietto ci sarebbe rimasto male a sapere una cosa del genere.
Poi vorresti lasciare il tuo amico Boris solo in questo posto?”
“N-no” sento il lupo lasciarmi, e io cadere a
terra in ginocchio.
Mi ero dimenticato di Boris e gli altri. Sono
sempre stato io a dargli forza e motivarli a non arrendersi, perché una
speranza c’è sempre. Predico e sono il primo a non dar peso a quello che dico.
Il lupo si avvicina con il suo muso al mio viso. Il
mio respiro si fa irregolare e quella quiete interiore appena guadagnata inizia
pian piano a sparire.
“N-on voglio neanche che tu te ne vada” gli dico
abbracciandolo.
Mi aggrappo stretto al suo collo, a differenza di
come mi aspettavo emana calore.
Il lupo volta lo sguardo verso di me, che ho preso
a piangere di nuovo cercando di nascondermi nella sua pelliccia. Quello che ho
pensato prima è vero, voglio mostrarmi forte proprio come sono i lupi.
“Non serve che ti nascondi, anche se piangi so
benissimo che sei forte. Hai una gran forza dentro di te. Sei capace di
rialzarti sempre anche dopo i perieodi più brutti. Forza d’animo grande per un
bambino. Se fossi stato debole a quest’ora, non saresti qui ad ascoltarmi, ma
saresti già morto.”
Mi asciugo le lacrime passandoci sopra le mie
manine.
Le parole di questo strano animale mi hanno dato
forza.
“Non voglio morire adesso. Devo prima fare pagare
a Vorkov tutti i mali che ha fatto a me e i miei amici.”
Vedo il primo sorriso farsi largo sul suo muso.
“Era questo che intendevo. Sei un bambino intelligente,
non cambiare mai radicalmente. Questa tua sfrontatezza e coraggio, sono le cose
che più spaventano quel monaco.”
Io lo tratto male e lui
invece cercava solo d’aiutarmi.
“Mi dispiace per come ti ho tratto all’inizio.
Davvero.” gli dico abbassando lo sguardo solo per un
secondo.
“So che sei sincero. Un tipetto orgoglioso come te
difficilmente chiede scusa”
Un sorrisino m’increspa le labbra, il primo dopo
settimane. Non dura molto perché diventa subito amaro.
Ripeto “bye, bye”
anche se ho il cuore in
gola.
Ti chiedo “vai vai”
senza dire una parola”
“Adesso te ne andrai
vero? Da quel ragazzino?” perché devo avere una voce cosi balbettante nei
momenti meno opportuni.
Si siede di fronte, facendomi poggiare a lui in
modo che non crolli a terra da un momento all’altro. Mi accoccolo meglio
accanto a lui. Voglio godermi questi attimi di pace finche durano.
“Sai cosa sono i bit power
vero?”
“Si, Boris ne ha uno. Si tratta di un falco e devo
dire che rispecchia molto Boris.”
“Lo immaginavo. Non sai però che siamo capaci di
decidere il nostro custode in base alle caratteristiche che cerchiamo. Di
avvertirlo a chilometri di distanza, e di conoscere il suo cuore. Perché solo
quello è capace di mostrare la verità.”
“Con questo, cosa cerchi di dirmi? Che tu e quel
ragazzino siete legati da una specie di filo?”
Questa cosa non mi piace. Deve per forza
andarsene.
“Hai capito quello che intendo. Non proprio tutto
però. Il ragazzino che cercavo doveva essere testardo, cocciuto, orgoglioso,
forte e strafottente, con una gran forza d’animo per contenere il mio potere.
Uno dei più pericolosi e distruttivi se controllato male.”
Si ferma facendo una pausa nella quale io sento i
battiti del mio cuore accelerare.
“Queste sono le caratteristiche che mi sono sempre
prefissato. Quella del ragazzino giapponese era soltanto una piccola bugia.
Questa notte vagavo solo per essere nel cielo. Una cosa non avevo
calcolato, che a fermare la mia corsa sarebbe stato un cuore solitario che
cercava disperatamente attenzioni. Il cui proprietario voleva fare una
sciocchezza, ma in fondo a se stesso aveva voglia di rialzarsi e continuare a
lottare.
Che aveva tutto quello che si può
volere da un custode per questo potere, e aveva due occhioni azzurri tristi in
grado di sciogliere persino me”
Lo guardo sorpreso, mentre ascolto quello che
dice. Il mio cuore inizia a non reggere più quel ritmo di battiti elevati. Una
sensazione piacevole inizia a prendere possesso dentro di me.
“Si sciocco sei tu quello che cercavo. Mi
assomigli, più di quanto credi. Non c’è
animale più pericoloso al mondo, di un lupo ferito. Frase più adatta di
queste per descrivere te non ce n’è”
Sono felice, anche se ormai so che sto per svenire
mi lascio scappare un sorriso. Riesco solo a sentire un vento gelido che s’insinua
dentro di me, provocandomi una bellissima sensazione, prima di sprofondare nel
buio più assoluto.
Quando riapro gli occhi, mi accorgo di
essere nel mio letto. Mi alzo prestando attenzione alla testa che mi fa ancora
male. Mi guardo intorno.
Non c’è traccia né del vomito né del sangue che
circondava la stanza, è sparito tutto.
Quello che ho fatto, allora era un sogno? Un
incubo? Non voglio crederci.
Per la frustrazione sbatto un pugno contro il muro,
facendomi un po’ troppo male.
Osservo il polso e vedo una fasciatura intorno ad esso.
Mi volto sul comodino accanto a me e prendo il mio
bey in mano. Osservo meglio è noto che al centro è raffigurato un lupo con le
ali spiegate.
Quindi non è stato un sogno!
Non riesco neanche a concretizzare il pensiero e
lasciarmi avvolgere dalla felicità che provo, che sento la porta della mia
camera sbattere violentemente e non riesco a vedere la persona che è entrata
perché uno schiaffo in pieno viso mi fa voltare la testa.
Sento un dolore lancinante alla guancia. Ma tutti
quella devono centrare?
Ho la ferita che si sta ancora cicatrizzando, i
residui degli schiaffi e pugni ricevuti da Vorkov,il
ceffone dell’infermiera, ci mancava soltanto questo. Non sono un tiro al
bersaglio.
Mi porto una mano alla guancia offesa e alzo gli
occhi per incontrarne due smeraldini che mi fissano arrabbiati, preoccupati,disperati, non capisco bene l’emozione che li prevale.
“Boris?” chiedo sorpreso.
“Si razza di idiota sono
io! Mi dici cosa diavolo ti è saltato in mente?” Spalanco gli occhi vedendo la
mano di Boris alzarsi e di scatto mi sposto leggermente indietro. Prima che
Boris riesca a fare combo sul mio viso sull’altra guancia, Sergey lo prende
alle spalle.
“Boris vedi di calmarti. Non puoi sfogare la tua
preoccupazione prendendolo a schiaffi.”
“Come mi faccio a calmare me lo spieghi? E poi è rabbia non preoccupazione”.
“Certo, come no, a chi credi di darla a bere?”
“Cosa stai insinuando
Sergey?”
Iniziano ad urlare fra loro, mentre io seguo la
scena. Non ci sto capendo niente. Si sono completamente dimenticati della mia
presenza.
“SILENZIO!” al mio urlo si fermano entrambi. I
vantaggi d’essere capitano esistono. “Davvero lo credi? La sberla
te l’hanno tirata lo stesso, capitano o no” riconosco questa voce è quella del
lupo. Forte posso sentirlo anche via telepatia! In effetti, non ha tutti i
torti pensandoci bene. Avrò la mia rivincita.
“Boris mi spieghi cosa ti è preso?” chiedo al mio
migliore amico, che mi guarda stralunato e poi di nuovo arrabbiato. Credo di
aver fatto cadere quella famosa goccia che fa
traboccare il vaso.
“E me lo chiedi pure?!
Entro in stanza per vedere se sei ancora vivo da quella stramaledetta punizione,
e ti ritrovo a terra con un taglio sul polso e un pezzo di vetro stretto in una
mano, mezzo dissanguato!” respira a fatica, ha sbraitato come un ossesso. Le
sue urla è un miracolo se non l’abbia sentite mezzo
monastero.
Ora capisco perché ho il polso fasciato e la
stanza è in ordine, sono stati loro.
Improvvisamente quello che ha detto Boris mi fa
sentire in colpa. Li ho fatti preoccupare tantissimo, mentre io credevo di essere l’unico a soffrire.
Sento le guance calde, è umiliante per me, quando
capisci di aver fatto un errore così stupido facendo
preoccupare i propri amici.
Abbasso gli occhi e cerco di articolare un
discorso sensato. Yuri forza non è poi così difficile chiedere scusa.
“Per quello che è successo stanotte, io non
volevo. No, volevo dire si ho provato a fare quello che pensate, ma qualcuno mi
ha fatto cambiare idea.” Porto istintivamente uno
sguardo al bey che stringo in mano.
Prendo un respiro e alzo gli occhi fissando quelli
ancora ostili di Boris.
“Mi dispiace di avervi fatto preoccupare”.
Vedo Boris sbuffare e questo vuol dire solo una
cosa. Ho vinto! Mi ha perdonato.
“Dovevi chiedere
scusa non vincere.” “Questi sono solo dettagli.”
Un momento com’è che ti chiami? Non importa. Ti
chiamerò Wolfborg.
“Io un nome ce l’avevo” “Non fa niente”
“Maledetto tu e quegli occhi da cucciolo
bastonato” dice abbracciandomi. Mi piacciono gli abbracci di Boris. Devo
tentare qualcosa di meno pericoloso ma da farlo preoccupare un pochino, così da
rifarmi abbracciare. Questo però non glielo dirò mai.
“Oggi Vorkov ti ha dato giornata libera, per
startene nel letto. Credo tu non te ne sia accorto, ma sono
le quattro del pomeriggio”
Le quattro? Ho dormito tantissimo, e per una notte
senza incubi.
Guardo il mio bey so che è merito suo. Boris all’improvviso
lo toglie dalla mia visuale prendendolo in mano.
“E questo cos’è?”
“Sembrerebbe un bit power”
“Yu da quando hai un bit power?”
“Da stanotte” gli rispondo e vedendo la faccia di
Boris credo abbia capito che è merito suo se ho
cambiato idea.
“Boris dannazione!Noi dovremmo essere agli
allenamenti!” dice Sergey allarmato prendendo Boris per la manica e
trascinandolo fuori. Quest’ultimo mi guarda preoccupato ma quando gli sorrido
mi ricambia prima di uscire.
Finalmente posso massaggiarmi la guancia in santa
pace, lasciandomi sfuggire una piccola smorfia. Boris
c’ è andato abbastanza pesante, non credo ora mi venga di
nuovo voglia di fare qualcosa del genere con lui nei paraggi. Per fortuna
Sergey l’ha fermato.
Sento qualcuno sghignazzare e voltando lo sguardo
trovo il mio caro Bit power.
“Non dovresti obbedirmi e uscire solo quando te lo
dico io?”
Non ottengo nessuna risposta. Meglio lasciar perdere.
“Non dirmi che ti ha
fatto così male?” Inizio ad odiare quel tono sghignazzante.
“Si, invece”
All’improvviso mi viene in mente una cosa, che non
mi fa per nulla piacere.
“Questa è opera tua! Li avevi frantumati tutti i
vetri che c’erano, è impossibile che Boris lo abbia
trovato a meno che non ce lo abbia messo qualcuno!”
Vedo che si fa sempre più divertito e anche compiaciuto.
“Complimenti per la tua perspicacia. Si ho creato
un pezzo di ghiaccio sottile molto acuminato, facilmente confondibile per un
pezzettino di vetro”
“ Perché lo avresti fatto?
Volevi vedermi ucciso da Boris”
“No. L’ho fatto perché avevi bisogno di una
piccola lezioncina. Ho l’impressione che mi divertirò molto a vedere quella tua
espressione tra il sorpreso e il corrucciato ogni qual volta ti faccio uno di
questi scherzetti.”
“Bastardo!” ma che razza di bit power mi è
capitato?
FINE
Nella versione precedente erano stati riscontrati
parecchi errori e così ho deciso di pubblicarne una
versione corretta.
Le frasi scritte in blu fanno
parte della canzone appena uscita dei Gemelli Diversi che si intitola V.A.I. Inserita casualmente nella fanfiction poiché mentre
la correggevo è uscita in radio.^w^
Non è tutta perché ho tolto il ritornello che non
c’entrava nulla con la storia.
Spero di aver eliminato tutti gli errori che
c’erano e ringrazio la cara Pich per avermeli fatti
notare.:)
Spero di ricevere presto dei pareri su questa
correzione, e ringrazio tutti quelli che leggeranno.:)
Aky