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Autore: Ila_Chia_Echelon    16/09/2012    2 recensioni
"Per lei la Dolciosità era sempre stata uno scopo di vita, un motivo di gioia, soprattutto un'entità che aveva esplorato fin nella più profonda delle sue sfaccettature."
Penso sia la cosa più strana che io abbia mai scritto, ma spero vi piaccia.
Dedicata a Elena, cui voglio molto bene anche se non è fatta di zucchero.
PS. Ringraziamento speciale al mio prof. di scienze che mi ha dato l'ispirazione xD
Genere: Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Elena fatta di zucchero

Dolciosità.
Tutto, nel paese di Doulandia, si basava su quest'unica, bizzarra parola: Dolciosità.
Quella con la D maiuscola, quella che ti fa leccare i baffi e le briciole dal piatto, quella che ti stringe lo stomaco, che ti scalda il cuore e la mente, quella che l'ultima fetta di torta te la fa lasciare indietro, senza rimpianti, per donarla ad un amico triste, quella che è il fulcro di un abbraccio e gote rosse e sguardo fuggente.
Niente, per Elena, sarebbe dovuto essere più semplice.
Per lei la Dolciosità era sempre stata uno scopo di vita, un insegnamento impartitole fin da piccola, un motivo di gioia, soprattutto un'entità che aveva sviscerato ed esplorato fin nella più profonda delle sue sfaccettature.
Perchè lei non era soltanto Elena, non era soltanto capelli castani lunghi lunghi e occhi verdi e curiosi, non era soltanto piccola e carina, non era soltanto una ragazza.
Perchè lei era quell'Elena – incredibile, è davvero lei! - Elena fatta di zucchero.
Tutti l'amavano, poichè era l'essenza stessa della dolcezza: chi le chiedeva un sorriso, un abbraccio o una stretta di mano, Dolciosità per i bimbi malati, Dolciosità per le piante rinsecchite, Dolciosità per i giocattoli rotti e gli animali stanchi.
Oh, anche lei, talvolta, si stancava – il suo non era certo un lavoro facile – ma quando si presentava un calo di zuccheri (così li chiamava lei) le bastava afferrare una morbida ciocca di capelli e mordicchiarla, finchè lo zucchero contenuto in essa non le ridava energia.


Ma un giorno successe.
Un giorno Elena non strinse la ciocca tra le labbra, smise di sorridere e si accasciò malamente nell'ombra di un melo frondoso.
"Perchè? Perchè fai così, zuccherina?" Le chiese una vecchina.
Elena non rispose.
"Tutte le piante stanno morendo, gli ingranaggi non si muovono, le persone non sorridono, i cani non scodinzolano!"
Elena continuò a fissare l'erba secca ai suoi piedi.
"Elena fatta di zucchero, abbiamo bisogno di te!" proseguì la donna, scuotendole invano le spalle.
Dopodichè, scoraggiata, se ne andò.
Notti e giorni passarono, e a Doulandia ogni cosa svaniva lentamente: senza Dolciosità nulla aveva un senso, nulla aveva nutrimento.
Elena era immobile, eppure non spenta.
Pensava, pensava, pensava, ancora abbastanza zucchero le scorreva nelle vene. Ancora troppo.
Ecco qual era il problema: la Dolciosità. La sentiva grande, prepotente e soverchiante, dentro di sé, sulla sua pelle, nei suoi occhi, sempre così smielata e sorridente e terrificante.
Si sentiva vuota, incompleta...e troppo dolce.
Perchè nessuno era come lei? Tutti volevano qualcosa, poiché non avevano mai provato una tale Dolciosità, non l'avevano mai sentita nelle dita dei piedi e delle mani, nel sangue. Solo un piccolo assaggio a fior di labbra era concesso a ciascuno, ma mai l'eterna e interna Dolciosità.
Elena si sentiva sola.


Ogni tanto un bambino le faceva visita, portandole la sua ultima girandola ancora funzionante, l'ultimo fiore non ancora appassito, l'ultima caramella ancora gustosa.
Ma niente la smuoveva, niente la toccava, niente le faceva provare qualcosa di diverso dallo schiacciante sapore zuccheroso, se non la sensazione di camminare lentamente verso la morte.
Forse quella sarebbe stata diversa, si disse.


Nel suo ultimo giorno di vita – sapeva perfettamente che ormai pochissimi granelli di Dolciosità le rimanevano in corpo – accadde un evento straordinario.
Le palpebre pesavano sugli occhi e le orecchie faticavano ad udire, ma un leggero fruscio la scosse momentaneamente dal torpore.
Inizialmente pensò che si trattasse di uno di quei ragazzini che tentavano di aiutarla, ma ciò le sembrò strano: ormai dovevano essere tutti morti.
Attraverso le ciglia, infatti, scorse qualcosa di molto particolare.
Aveva occhi scuri, più neri del cielo notturno, e capelli arruffati simili alle lucide piume dei corvi; la osservava curioso e nei suoi occhi di cielo scorrevano stelle lucenti: lacrime.
Era diverso da tutti gli altri.
Perchè piangeva? Perchè la guardava?
Improvvisamente Elena si vergognò della sua condizione, e desiderò di riprendersi per placare quel pianto. Ma era troppo tardi.
"Ti ho cercato, a lungo. Ho viaggiato per mesi alla ricerca di qualcosa che contrastasse il sapore della mia anima." Disse il ragazzo.
"Mi sentivo vuoto e troppo colmo al tempo stesso, così pesante e stanco. Così freddo e pieno di amara solitudine. Sono come il cioccolato fondente, ma quello al 99% di cacao, quello tanto amaro che soltanto un pezzettino basta a riempirti la gola del suo sapore quasi insopportabile. Io lo odio, odio il cioccolato fondente, perchè è come me, perchè è ciò che tutti vogliono da me. Ma mi sono reso conto di aver bisogno di qualcos'altro, qualcosa che equilibri l'amarezza che sento nello stomaco e mi soffoca. Ho bisogno di dolcezza."
Elena richiamò a sé le sue ultime forze, tutte in un respiro: "Non hai bisogno di dolcezza, ma di Dolciosità" soffiò, mentre una lacrima zuccherosa le scorreva giù per la guancia.

   
 
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