You don’t believe
I can see inside you, Dean. I can see how broken
you are, how defeated. You can't win, and
you know it. But you just keep fighting. Just... keep going through the
motions. You're not hungry, Dean, because inside, you're already...dead.
~ ∞ ~
“Deeeean!”
L’urlo di
Sam gli perfora le orecchie, ma lui non fa niente; si limita a stringere i
denti e i pugni, affondando la testa nel cuscino e cercando di non far caso
alle grida del fratello che giungono dal piano di sotto. Dean non sa se sia
felice o meno dell’assenza di Bobby; sa bene che se si trovasse lì, vorrebbe
parlarne – e Dean non vuole, davvero non ha nessuna intenzione di parlare al
momento – ma al contempo lo aiuterebbe a distrarsi dalle urla di Sam.
Non sa dove
sia andato Castiel, l’ultima volta che lo ha visto
era davanti alla panic room. Ricorda le sue parole – Non è lui lì dentro. Non del tutto. – e
si aggrappa ad esse. Ha bisogno di credere nelle parole di Cas,
perché deve credere che ci sia una soluzione a tutto questo, che Sam non sia di
nuovo dipendente dal sangue demoniaco, perché ha bisogno di credere in suo
fratello. Senza quello, gli verrebbe a mancare l’ultimo baluardo di speranza,
l’ultimo appiglio da cui trarre la forza per combattere.
Dean si
rigira nel letto, lo sguardo fisso al soffitto senza in realtà vederlo
veramente. Le parole di Carestia continuano a risuonargli in testa, riempiendo
il suo vuoto con quelle frasi velenose. Non riesce a smettere di pensare al
fatto che il Cavaliere avesse ragione, che il motivo per cui riusciva a
resistere al suo potere fosse perché lui era morto dentro. Dean non stenta
affatto a crederlo, perché è la sola spiegazione plausibile al vuoto che sente.
Suo fratello
è lì sotto, implorante e distrutto, e lui non sente niente. La bottiglia vuota
di un qualche tipo scadente di alcolico trovato nella dispensa di Bobby, giace
sul comodino di fianco al letto e Dean non ricorda neanche che sapore avesse.
Gli manca l’appetito, di cibo e di sesso, sa di aver bisogno di aiuto, ma non sa
come ottenerlo e forse, in fondo, non gli interessa nemmeno averlo. È come se
tutte le sue emozioni fossero state inglobate dal vuoto che ha dentro; ed è
meglio così, almeno evita di soffrire. Non che non se lo aspettasse – dopotutto
è un fallito, lo è sempre stato e sempre lo sarà.
Un battito
d’ali familiare lo avverte della presenza di un angelo nella stanza – sa che è Castiel, perché è l’unico che sa dove trovarlo – ma lo ha
riconosciuto di più per il suo odore particolare che ha appena invaso la stanza.
Dean sa che è il suo profumo, quello di Cas, non
quello del suo tramite, Jimmy, perché quando ha incontrato quest’ultimo mesi
prima, non aveva quell’odore.
Non alza la
testa per poter osservare l’angelo seduto ai piedi del letto, ma tiene lo
sguardo fisso sul soffitto. Dean non sa cosa ci faccia l’angelo lì,
probabilmente è ripassato a controllare come stava Sam – ultimamente sembra che
gli importi solo più del suo fratellino, e che si sia dimenticato di lui; tanto
meglio, d’altronde è solo un pezzo di carne vuoto e senz’anima a quanto pare.
Non c’è niente che possa essere salvato in lui.
“Non sono
mai andato via,” dice Cas con la sua solita voce
dura, probabilmente rispondendo ai pensieri nella mente di Dean.
Lui non ha
mai capito come funziona, se gli angeli siano in grado di leggere la mente di
tutti gli essere viventi o solo di captare alcune sensazioni o altro, ma non
gli interessa. Non più.
Non risponde
all’angelo, non gli interessa. Tiene lo sguardo fisso al soffitto e spera che Castiel se ne vada il più in fretta possibile; non sa
perché, ma non lo vuole lì. Non vuole nessuno vicino, forse perché sente di non
meritarlo.
“Dean.”
Non risponde
al richiamo secco dell’angelo, ma si muove appena sul letto, cambiando
posizione e cercando di non ascoltare le urla di Sam.
“Dean!”
Questa volta
alza la testa, più spazientito che altro, e incrocia lo sguardo di Castiel; l’angelo ha la testa leggermente inclinata verso
sinistra, la bocca un po’ spalancata e assomiglia così tanto al Castiel
del loro primo incontro, quando sembrava che volesse leggergli dentro. Anche
questa volta i suoi occhi azzurri – o blu, Dean ancora non lo ha capito –
sembrano scavargli dentro con un’intensità tale che il ragazzo si ritrova a
distogliere lo sguardo.
“Che cosa
vuoi?” gli chiede mettendosi a sedere, senza però incrociare lo sguardo
dell’angelo seduto al suo fianco.
“Tu non sei
morto.”
“Già, questo
lo vedo,” risponde il cacciatore.
Sa benissimo
dove vuole andare a parare Castiel, sa di cosa vuole
parlare – ha sentito tutto, era lì mentre Carestia gli diceva quanto vuoto,
quanto morto lui fosse, a ingozzarsi
di carne cruda, ridotto a un cane da guardia sotto l’influenza nefasta di
Carestia. Ma Dean non ha alcuna intenzione di ascoltare certe stronzate, non ne
ha proprio alcuna intenzione. Affatto. Non vuole. Vuole solo che lo lascino in
pace.
“Dean,
guardami,” dice secco Castiel e, non ottenendo
nessuna reazione da parte del ragazzo di fronte a lui, gli afferra il mento tra
le dita, cercando di non esercitare troppa pressione – se applicasse anche solo
un po’ più di forza, potrebbe spezzargli il collo senza il minimo sforzo – ma
facendolo comunque voltare verso di lui con fermezza.
Dean prova a
spostarsi dalla presa ferrea di Castiel,
afferrandogli le braccia, ma non ci riesce. Così prova a evitare il suo
sguardo, ma non riesce a fare neanche questo; e non sa cosa gli prenda con Cas, sa solo che certe volte sembra che i suoi occhi
vengano calamitati dal quelli dell’angelo, incapaci di staccarsi da essi. E in
quelle occasioni, gli sembra di poterci sprofondare dentro, e viene scosso da
due sentimenti contrapposti: la paura e, allo stesso tempo, la sicurezza.
“Carestia
aveva torto; tu non sei morto, non sei vuoto.” L’altra sua mano, quella non
impegnata a tenergli stretto il mento, scivola sul suo petto, fermandosi poi
all’altezza del suo cuore.
“E allora
perché io mi sento così?” chiede Dean, senza riuscire a impedire ai suoi occhi
di riempirsi di lacrime. E davvero, non dovrebbe piangere, non lì, non con Castiel, nonostante lo abbia già visto così ferito in passato, steso in un letto di
ospedale. La sua presa sul braccio di Cas si fa più
forte, come se l’angelo fosse un’ancora di salvataggio a cui aggrapparsi,
l’unica persona in grado di dargli una risposta.
“Perché tu
non credi –“
“In cosa?”
lo interrompe Dean alzando la voce. “In Dio? In te?”
“In te.” Dean si ferma, senza capire,
attratto dal fuoco blu che sembrano essere diventati gli occhi di Cas. “Tu non credi in te stesso, credi di non potercela
fare. Proprio come quando ci siamo conosciuti, tu credi di non meritare di
essere stato salvato allora, e credi di non valere niente.”
Non può
impedire a una lacrima di scivolargli lungo la guancia mentre le parole
dell’angelo di fronte a lui gli affondano nel petto come un coltello – e questo
fa male, oh se lo fa. La mano di Castiel che gli
teneva fermo il mento si posiziona ora tra i suoi capelli, tirandolo ancora più
vicino a sé; ma Dean è troppo impegnato a concentrarsi sul dolore che sente
piuttosto che rimproverare il suo angelo per la sua solita distrazione nel non
rispettare alcun concetto di spazio personale.
“Io credo
che tu sia resistito agli effetti di Carestia perché la tua anima ti abbia protetto.”
Lo sguardo di Castiel non abbandona un attimo i suoi
occhi; quelli dell’angelo non sono mai stati tanto blu. “Vorrei che potessi
vederla Dean… È così luminosa, così bella, così viva.”
Dean non sa
cosa stia succedendo, ma alle parole di Castiel,
sembra quasi come se del liquido caldo fosse scivolato dentro di lui,
riempiendo gli spazi vuoti e colmandolo il vuoto che ha dentro. Le mani
dell’angelo sembrano farsi bollenti sulla sua carne, mentre sente uno strano
sentimento di speranza invadergli l’anima e alleggerirlo. I loro occhi
rimangono incatenati, e per la prima volta in assoluto, Dean non prova paura
nel guardare negli occhi di Cas; si sente
semplicemente protetto, capito, e forse qualcos’altro, qualcosa che non riesce
a comprendere bene.
Non sa
quanto tempo sia passato, non sa da quanto tempo lui e Cas
si trovino in quella posizione un po’ scomoda, così vicini, così tanto che
forse dovrebbe dargli fastidio. Ma non è così. Dean ha quasi paura che potrebbe
tornare a sentirsi vuoto se si allontanasse dall’angelo. E lui non vuole. Così
si limita a rimanere lì, ad aggrapparsi forte alle spalle di Castiel e ad accettare l’aiuto che sembra sia giunto, alla
fine, nonostante tutto.
NdA:
Buonasera a
tutti! Mi presento, io sono Barbara – aka bel – e non
so cosa sto facendo. Non so perché proprio ora io abbia deciso di scrivere e
pubblicare qualcosa su questo fandom. Pertanto mi
scuso se la storia debba farvi schifo e se i personaggi vi sembreranno
completamente OOC, ma diciamo che dopo aver rivisto My Bloody Valentine sono stata colta da
un attacco acuto di ispirazione e ho buttato giù questa storia, immaginando
quale sarebbe stata la reazione di Dean dopo le parole di Carestia.
Spero che la
storia vi sia piaciuta almeno un po’. Le recensioni non sono affatto sgradite,
belle o brutte che siano; sarebbe interessante avere consigli e sentire cosa ne
pensate! =)
Bel.