Fanfic su artisti musicali > Black Veil Brides
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Autore: Winry977    17/09/2012    2 recensioni
"Chiuse gli occhi alla prima strofa della prima canzone. Non vide nulla: il buio più totale. Poi si lasciò trasportare dalla calda voce di quel cantante che adulava tanto. La sua mente cominciò a partorire immagini..."
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Si assicurò che in casa non ci fosse nessuno. Lentamente salì le lunghe scale in marmo accostate al muro, tenendosi dalla ringhiera fredda. Il suo respiro si affaticò verso gli ultimi scalini. Appena giunta alla cima di tutta la scala si dovette fermare per riprendere fiato, curvandosi su se stessa e portando una mano al petto, con la convinzione di poter far rallentare il battito cardiaco, alterato dalla salita. I suoi lunghi capelli castani le scivolarono dalle spalle, sfiorandole le guance e restando come sospesi nell'aria. Si riprese, e girò a destra, per entrare direttamente nella sua stanza. Si chiuse la porta alle spalle, facendo rialzare la miriade di fogliettini e poster attaccati alle pareti. Rimase in ascolto del rumore della carta in movimento. Poi cominciò a spostare i letto, dapprima in mezzo alla stanza, verso il muro, proprio sotto il poster di quella band: i Black Veil Brides. Non c'era nulla da dire.
Li adorava, li ammirava ed era follemente innamorata di loro e della loro musica. Non si era potuta concedere troppi lussi: come comprare i loro oggetti firmati o i loro gadget. Di loro, possedeva solo quel poster gigantesco, appeso alla parete, e una maglietta smanicata, riposta accuratamente nel cassetto.
Si sedette sul freddo pavimento, anche quello in marmo. Era proprio davanti a loro. Si accinse ad osservarli attentamente, puntando gli occhi castani verso tutti loro. Squadrò i loro visi uno ad uno, osservando il trucco, ricordandoli senza di esso, ripensando ai loro concerti, alle loro interviste.
Non resistette alla tentazione: si alzò freneticamente, girò su se stessa verso la scrivania, prima alle sue spalle e ora davanti a lei, e, accendendo lo stereo e collegandoci l'iPod, avviò il loro primo album: We Stitch These Wounds. Si risedette. Osservò gli occhi del cantante. Come avrebbe desiderato averli come i suoi, di quell'azzurro cielo. Per non parlare dei folti capelli neri. Che spettacolo. Era a dir poco magnifico.
Passò in rassegna alla sua mente tutto quello che avrebbe desiderato e che non avrebbe mai avuto, e così passò il primo album. Subito dopo di esso cominciò il secondo: Set The World On Fire. Che spettacolo.
Chiuse gli occhi alla prima strofa della prima canzone. Non vide nulla: il buio più totale. Poi si lasciò trasportare dalla calda voce di quel cantante che adulava tanto. La sua mente cominciò a partorire immagini in movimento: persone più che altro.
Le vide così, si animarono all'interno del poster, muovendosi e parlottando qualcosa che non riusciva a giungere alle sue orecchie. Poi uno di loro fece notare agli altri che c'era una ragazzina per terra. Si, era proprio davanti a loro, e li stava osservando pietrificata da laggiù. Dovevano fare qualcosa, altrimenti ne sarebbe rimasta delusa, o peggio impressionata. Il batterista si mosse tra loro: con una bacchetta per la batteria, tastò il perimetro di carta. Tutto sommato ne si poteva uscire. Allungo un piede all'esterno della superficie cartacea, poggiandolo a terra, seguita dall'altro. Quando ne uscì, si stiracchiò e si guardò attorno. Poi rivolse il suo sguardo alla ragazzina che era come incantata da quella visione assurda per lei. Le sorrise, porgendole la mano ed invitandola ad entrare in quella superficie cartacea. Lei rimase immobile ancora per un secondo, poi, tremante, allungò la mano verso la sua, che al solo tocco le risultò così calda, da rassicurarla. Si alzò, insieme al batterista lì per lì muto, si avviò verso il muro. Sfiorò il grande foglio con un dito, o meglio, ritrovò il suo indice al suo interno. Ci si sporse dentro, fino ad entrarci totalmente. Si trovò in ginocchio su un pavimento nero, né caldo né freddo, davanti a quattro paia di gambe. Era ancora sotto shock. Non riusciva a crederci. Eppure riusciva ancora a sentire perfettamente la canzone trasmessa dall'iPod: c'era “The Mortician's Daughter”. Evidentemente, anche il secondo album era concluso ed era ricominciato il precedente.
Lentamente alzò il capo, attraversando con lo sguardo le lunghe gambe di chi le stava davanti. Oltrepassò il bacino, attorno al quale c'erano diverse cinture con le borchie argentate. Poi, passò la pancia ed il petto. Attorno al collo cominciò a intravedere dei lunghi capelli neri. Continuò ad alzare lo sguardo, e, finalmente, dopo aver passato la mandibola sfilata, le labbra carnose abbellite da un piercing e il naso, anch'esso sfilato, arrivò agli occhi. Due pezzi di cielo, iniettati in due globi oculari, la fissavano con aria tranquilla.
Sentì un movimento alla sua destra, e si girò di scatto, ritrovandosi una mano davanti il viso. Ne ripercorse il braccio, coperto da una giacca di pelle. Incontrò delle linee nere che partivano dal collo fino alla mandibola della persona che le porgeva la mano. Il suo sguardo stavolta si bloccò, riscendendo giù, attraverso il costato, fino agli addominali, dove trovò un tatuaggio: Outlaw.
Appoggiò la sua mano a quella del bassista, che la aiutò a rialzarsi. Una mano le si poggiò sulla spalla: il chitarrista ritmico le assicurò anche la sua presenza. Lo guardò in faccia, per poi voltarsi ad osservare il chitarrista che teneva la sua stessa chitarra in equilibrio sul suo piede e le sorrideva pacatamente.
Non resistette all'emozione, una lacrima le rigò il viso, dalla felicità. Poi un'altra. Un'altra ancora. Ad un tratto si sentì circondata da due braccia. Seguite da altre due, e così via, finché non si ritrovò avvolta in un abbraccio di gruppo. Udì “Sweet Blasphemy” in lontananza.
Una sensazione di freddo la colse attorno al collo. L'abbraccio di gruppo si sciolse. Lei si guardò attorno. Tutto era di un nero profondo, ma i cinque ragazzi che prima vedeva chiaramente ora giungevano alla sua vista come figuro offuscate. E non per colpa delle lacrime. Tutto stava svanendo. Cercò di urlare i loro nomi, ma non c'era verso di fare smuovere le sue corde vocali. Una mano calda prese la sua, cercando di trarla a sé. Ma fu tutto invano. Una folata di vento la trascinò lontano da loro, dissolvendo l'immagine della mano del cantante, e del cantante stesso, insieme agli altri che le porgevano tutti insieme le loro mani. Un altro colpo di vento la accecò totalmente.
Il buio si insinuò nuovamente sotto le sue palpebre. Quando le fu possibile riaprirle si ritrovò per terra, nella sua stanza, sul suo freddo pavimento in marmo, con davanti il poster di quelle meravigliose persone. Le guance le avvamparono. Si alzò di scatto, muovendosi freneticamente verso il poster: ne toccò la superficie liscia, ma stavolta il suo indice non lo trapassò.
Nulla. Non successe nulla. Alle sue orecchie giunse “Heaven's Calling”. Le parole le risuonarono nei timpani come se non le sentisse da anni. Stavolta non pianse.
Risentì quella sensazione di freddo al collo. Si toccò. Ma non lo trovò nudo come prima, con i soli capelli a coprirlo. No. Ci ritrovò una catena attorno. Fece scivolare le dita su di essa, per poi arrivare a ciò che era appeso al freddo metallo. Abbassò lo sguardo, e si ritrovò lo stemma dei Black Veil Brides a forma di stella al collo.

  
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