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Autore: PuCcIaFoReVeR    17/09/2012    0 recensioni
Selena è la figlia di Murtagh e Nasuada. Adora passare le giornate con la cugina Ismira, molto più grande di lei. Insieme a lei ascolterà discorsi porgendosi delle domande. E quelli che subiranno saranno i genitori...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Murtagh, Nasuada, Nuovo Personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!
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«Forza, Selena, svegliati.» disse la regina Nasuada scuotendo piano la figlia, intenta a sorridere per un sogno bellissimo, in cui galoppava tra le nuvole sul dorso di un cavallo alato pieno di brillantini.
«Sel, sono il papà. Svegliati. Farai tardi con Ismira.» aggiunse Murtagh che era stato a guardare il rituale che si svolgeva tutte le mattine da ormai sei anni. Quando sentì il nome della cugina, la bambina scattò a sedere sul letto, con i capelli corvini scompigliati sulla fronte umida dal sudore. «Che... che cos’ha Ismira?» chiese preoccupata. Si aggrappò alle spalle della madre con gli occhi sbarrati e colmi di paura.
«Assolutamente niente, bambina mia. Ma sei in ritardo. Credi che tua cugina ti aspetterà all’infinito?» la strigliò la regina. Scosse la testa. «No, madre.» mormorò. Nasuada sorrise e la prese in braccio, portandola nella stanza accanto, dove un divanetto era circondato da sei armadi. Un catino aspettava la principessa proprio di fronte ad esso. La madre la mise seduta sul morbido tessuto rosso e aprì un’anta a caso di un guardaroba a caso e ne estrasse un vestito dorato che risaltava la sua carnagione d’ebano. Anche le scarpette che le fece indossare erano dello stesso colore. Mentre il padre la aiutava ad indossare il vestito, la madre le acconciava i capelli boccolosi in una acconciatura degna del suo titolo. Poi le mise una coroncina-fermaglio sul capo per fissare il tutto. «Ora sei pronta, fragolina.» le disse la madre accompagnandola fuori. In cinque minuti fecero colazione, poi la piccola Selena schizzò nella biblioteca reale dove la cugina le dava lezioni di medicina. «Oh... siete arrivata finalmente!» mormorò la ragazza dalla chioma ramata alla cugina. «Lo sai che non devi darmi del ‘voi’...» la rimbeccò Selena.
«Lo sapevo fino a poco tempo fa... ieri un maestro della spada ci ha sentite scambiarci tranquillamente delle battute tra ‘ragazze di pari rango’ e stamattina mi ha fatto una terribile lavata di capo. È stato umiliante...»
Selena si inanellò un ricciolo, che le cadeva ribelle sulla guancia, in un dito. «Vi chiedo scusa, Maestro...»
Ismira le lanciò uno sguardo furbetto. «E da quand’è che sono diventata un uomo? Nessuno mi aveva avvertita...»
La cuginetta sorrise. «Iniziamo?» chiese sedendosi di fronte a lei e aprendo un libro di erbe medicinali.
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La lezione era durata come al solito: anziché due ore, solamente tre quarti d’ora. Fortunatamente la regina Nasuada aveva smesso di interrogare la figlia al termine della giornata, così lei e Ismira potevano concedersi ai pettegolezzi di corte. Solitamente era la cugina  a riferire a Selena le notizie, ma quel giorno sarebbero andate insieme nelle stanze comuni della servitù per ‘oziare’ con le pettegole di turno.
Ismira si alzò dal tavolo, rischiando di buttare all’aria tutti i fogli scribacchiati che avevano usato precedentemente e prese la cugina per mano. La condusse al primo piano del castello, posto in cui i suoi genitori non le permettevano di mettere piede. «Oggi tutto è permesso. Dirò che avevamo un bisogno urgente di vedere e di toccare con mano alcune delle erbe medicinali che si trovano comunemente nelle cucine di tutti, intesi?» le aveva detto prima di varcare una porta dalla quale proveniva odore di fumo e di bruciato. Ci vollero diversi minuti perché gli occhi scuri della bambina si abituassero alla luce della stanza. Una grossa apertura a forma di uovo era scavata nella grossa cupola che rivestiva la stanza, arredata soltanto con mobilio bianco. In più, gli innumerevoli specchi e il fumo che aleggiava nella stanza aumentavano la luminosità. Ismira la tirò a sedere accanto a sé su una poltrona coperta da un telo bianco, la bambina sul morbido cuscino della seduta e la cugina sul bracciolo. «Sei in ritardo.» disse una ragazza ben messa su un triclinio e veramente poco vestita. Ismira sapeva bene di che tipo di donna si trattasse. Non le piacevano le poco di buono come lei, ma cercava di sopportarla per la preziosità e la fondatezza dei suoi pettegolezzi. Posò lo sguardo su Selena e alzò le sopracciglia disegnate con la matita. “La principessa? Davvero?” mimò con le labbra a Ismira. «Sì. Ignorala. Fa come se non ci fosse.» aggiunse un’altra alla destra della ragazza dal viso troppo truccato. «Come vuoi. Cosa vuoi sapere prima?» continuò accendendosi una grossa pipa argentata. «Dimmi di Ser Kendis.» sentenziò Ismira, visibilmente seccata dalla presenza della donna. «Oh, nulla di nuovo. Sua moglie continua a tradirlo e lui ne sta facendo una personale vendetta verso quell’uomo che, evidentemente, è più attraente del ronzino*.»
«E di Lucilla la Spina che mi dici?»
«E’ ancora convinta di essere stata stuprata, ma sappiamo tutte come è andata realmente.» la voce della dona tradiva molto i sottintesi della frase. Ismira si mosse sul bracciolo.
«E di Dendal? Qualche novità?» chiese arrossendo pesantemente. Tutti sapevano che Ismira aveva un debole per il maestro dei cavalli.
«Oh, sì...» disse la donna con tono mellifluo «Ti vuole nella sua stanza stasera. Credo ci sia di mezzo del sesso, bambina. Prenderei volentieri il tuo posto se potessi.»
«Grazie. Ci vedremo domani. Vieni, Selena, ce ne andiamo.» disse prendendo la cugina per mano e trascinandola un po’ troppo bruscamente fuori. La portò senza aggiungere una parola al quarto piano dove vi era la sua stanza e si dileguò senza che Selena avesse il tempo di farle una domanda che le vorticava in testa da quando erano uscite da quella stanza. Così, decise di andare a chiedere ai genitori.
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Aprì la porta dello studio della madre, trovando una scena a dir poco imbarazzante: i genitori erano avvinghiati insieme sul piccolo divano azzurro e si stavano praticamente mangiando dai baci colmi di passione. Murtagh passò a lambire il collo della moglie con le proprie labbra, facendo voltare verso la porta il viso. Nasuada aprì gli occhi e quasi svenne vedendosi la figlia davanti con l’aria interrogativa. In presenza della bambina soltanto i baci sulla fronte o sulla guancia erano permessi, ma adesso li aveva colti sul fatto.
«Scusaci, Selena. Non volevamo...» iniziò la regina, ma si fermò quando si accorse di non avere una scusa plausibile pronta. E la bambina aveva sempre l’ultima domanda e l’ultima parola.
«Voglio farvi una domanda.» annunciò sedendosi di fronte a loro.
«Sentiamo quale sarebbe stavolta.» sospirò il padre roteando gli occhi.
«Cos’è il sesso?» chiese innocente. La regina trattene un urlo e Murtagh saltò sul posto.
«Che cosa?» esclamò quest’ultimo.
«Ho detto cos’è il...»
«Sì, ho capito, Santo Cielo! Dove hai sentito quella parola?» la interruppe la madre.
«Non ve lo posso dire... Allora? Cos’è?»
Pensa, Nasuada, pensa! , esclamò la madre nella sua testa.
Poi fu Murtagh a salvare la situazione. Le prese il viso tra le mani e disse: «Lo vuoi davvero sapere? Allora eccoti accontentata!»
Nasuada temette il peggio quando il marito posò delicatamente le labbra sulle sue, in un lungo bacio carico di amore. Il Cavaliere si staccò, rivolgendosi alla figlia. «Visto? Non è niente di male...»
«Siete proprio strani...» borbottò la piccola Selena andandosene.
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*ronzino: soprannome dato dalle comare a Ser Kendis.




 
  
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