Jealous of myself
- The Begging.
«Mostramela. Mostrami River
Song».
Il comando di mia madre è
secco, deciso e il Teselecta non può fare altro che
eseguirlo, tramutando lentamente le sue sembianze in quelle di questa
fantomatica River Song.
Mi accorgo di provare una
certa invidia per lei, per il modo accorato con cui il Dottore l’ha nominata
più volte e chiamata nel momento del bisogno, per il legame che credo di aver
colto fra loro anche se lo conosco da pochissimo tempo.
Mentre le nuove fattezze
compaiono da quelle vecchie, mi rendo conto che, inspiegabilmente e follemente,
c’è una sola cosa che desideri al momento.
E quella sola cosa accade.
Sono io. Quello è il mio
viso, quelli sono i miei capelli. Sono io River Song, sono io la donna che lui
chiamava con così tanto affetto. Io.
Solo ora capisco che no, non
era invidia la mia. Ma gelosia. Istintiva gelosia per quella persona che pareva
essere tanto importante per il Dottore, che godeva di un simile privilegio,
stando con lui e che non ero io.
Sorriso, lievemente, come
quando si capisce un segreto dopo tempo. Gelosa: sono stata gelosa di me
stessa, di quello che ancora non sono. Di River, della River che lo conosce.
Ma sempre me stessa. Me
stessa nel futuro.
Ora mi è tutto chiaro. Ora
vedo ogni cosa con dovrebbe essere. Come sarebbe sempre stata. Il Dottore e
River. Solo noi. Perché c’è un noi.
E in fondo, di chi altri mi
sarei potuta innamorare se non di lui? Lui che sa tutto di me; lui che.
nonostante abbia tentato di ucciderlo, mi ha salvato; che ha risposto alla
guerra con l’amore, perso nei suoi vaneggi di perdono e ultime speranze.
Di chi mai mi sarei potuta
innamorare, in fondo, se non dell’uomo che mi ha salvato la vita? Ed ora sta a
me, sta a me salvarla. E costi quel che costi lo farò.
- The Ending.
Collego i vari fili come se
fosse una cosa che ho sempre fatto. E in effetti, è una cosa che faccio
puntualmente – o almeno che fanno le diverse me ogni volta che arrivano a
questo punto della loro linea temporale.
Osservo il Dottore che a testa
bassa non sa come impedire tutto questo. Non può. È così che deve andare e
osservandomi saprà che è così che dovrà sempre andare.
«La cosa divertente», mi
scopro a riflettere ad alta voce, «È che questo significa che tu hai sempre
saputo come sarei morta. Per tutto il tempo in cui siamo stati insieme hai sempre
saputo che sarei venuta qui. L'ultima volta che ti ho visto – il vero te, tu
nel futuro, intendo – ti sei presentato alla mia porta con un nuovo taglio di
capelli e un bel vestito. Mi hai portata a Darillium,
a vedere le Torri Cantanti... E' stata davvero una bella serata: le Torri hanno
cantato e tu hai pianto. Non hai voluto
dirmi perché, ma immagino sapessi che era arrivato... il mio momento. Il momento
di venire alla Biblioteca. Mi hai anche dato il tuo cacciavite, avrei dovuto
capirlo da quello», racconto mentre la vista mi si offusca per le lacrime… ma
non piangerò.
Lui scatta verso il mio… suo…
nostro cacciavite sonico, tentando
inutilmente di prenderlo. Lo osservo: così triste, senza speranza, come la
prima volta che l’ho visto, lì a terra, con la morte negli occhi. Ti ho salvato
allora, Dottore. Lascia che ti salvi anche adesso.
«Non puoi fare niente», gli
dico, quasi volessi rassicurarlo.
Non devi avercela con te
stesso, non per la mia morte. È così che deve andare, prima o poi tutto finisce
e non c’è nessuno che lo sappia meglio di te.
« Puoi lasciarlo fare a me!», mi grida; ma non lo
farei mai.
«Se muori qui, io non ti
incontrerò mai!».
«Il tempo può essere
riscritto!».
«Non il nostro tempo! Nemmeno
una riga! Non osare!».
Scatto, come se avessero
toccato la cosa più preziosa che ho. E in effetti è così: il mio tempo col Dottore,
ogni cosa che ci è accaduta, bella o brutta che sia, è stata perfetta. Perfetta
come solo le nostre cose potrebbero
essere, perfetta come lo è questa, anche se l’ultima e farei di tutto perché
non cambiasse neanche una riga del nostro tempo.
«Va tutto bene», ora tento di
rassicurarlo, con dolcezza, come si parla ad un bambino. «Va tutto bene. Non è
ancora finita per te. Mi vedrai ancora. Tutto deve ancora accadere. Tu e me...
Il tempo e lo spazio. Guardaci correre via!».
E all’improvviso vorrei
piangere. Piangere e andare via, quanto più lontano possibile, di nuovo tra le
braccia del mio Dottore. Non sono pronta a lasciarlo, non adesso, quando
potremmo fare ancora tante cose insieme.
E sento che la gelosia mi
pervade. Non semplice gelosia, ma di quella che solo una volta ho provato,
quando ancora non sapevo chi fosse River Song.
Perché prima o poi, da qualche
parte, arriverà una River Song per questo Dottore, una River Song che non sono
io. E staranno insieme, vivendo la loro vita, tutti quei momenti che per me
sono solo ricordi ormai.
Sono gelosa di me stessa, di
nuovo. Sono gelosa, ora, di quello che
sono già stato, del tempo trascorso, che non vedrò mai più.
«River, tu sai il mio nome...
Hai sussurrato il mio nome nell'orecchio. C'è un solo motivo per cui direi a
qualcuno il mio nome. C'è solo un momento in cui potrei...».
Oh, Dottore. Troppo giovane
per essere il mio Dottore… eppure non c’è nulla che non mi ricordi già lui.
Vivi bene. Ed amami. Amala.
«Shh!
Adesso... Spoiler».
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Ok, non lo so perché l’ho
scritta… avevo dei feeling improvvisi per River e facendo il rewatch della 6x08 è saltata fuori questa idea… che spero
davvero non vi ripugni tanto. Penso che il senso sia abbastanza chiaro… La
storia di River e del Dottore è di quanto più incasinato esista al mondo, ma
forse è per questo che è così bella xD
Ci tenevo a precisare che non sono sparita dalla circolazione, ma che sto
pubblicando da un account in comune con un’amica, Alchbel
(fateci un salto, magari trovate qualcosa di interessante!), ma che sentivo un
po’ la mancanza di questo account, quindi gli ho tolto un po’ di polvere con
questa storia =)
Beh, fatemi sapere che ne
pensate! Vi lascio anche la pagina di facebook che
trovate qui!
A presto.
Alchimista ♥