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Autore: _freak_    18/09/2012    5 recensioni
Mark Sloan e Lexie Grey sono destinati a stare insieme.
Peccato che l'aereo sui cui sono entrambi, precipita in un luogo disabitato.
Ed è così che il destino li prese in giro, ancora una volta.
*
I pensieri di Mark Sloan, vedendo la donna della sua vita morire.
E' la mia prima FF, in generale, siate buoni. c:
Lasciate una recensione, anche crudele. e.e
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lexie Grey, Mark Sloan
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Ottava stagione
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« Sto... sto morendo. »
Mi accorgo che sussurra.
Il suo viso, di solito luminoso, acceso, come se fosse una lampadina, è spento, macchiato da quelle tracce rosse. ‘Non è il suo sangue, Mark. E’ solo un brutto sogno, un orribile sogno.’
Spesso, in questo periodo, mi ritrovo ansante, seduto sul letto, a occhi sbarrati. Soprattutto dopo aver fatto sesso con Julia. Alexandra Caroline Grey mi tormenta, mi tormenta ogni giorno, ogni notte, ogni secondo.
E ora morirà, e lei non sa neanche che la amo, in un modo davvero inimmaginabile.
« Cosa? No, non è vero. », mento, con la bocca secca, guardando quegli occhi scuri semichiusi, quasi imploranti.
Non morirà, non morirà, non morirà.
Devo ripetermelo parecchie volte, per convincermi, ma la speranza scema ad ogni secondo.
« Sì, è vero. Per favore, dì a... », fatica a parlare.
Sono un medico, dannazione, allora perché non riesco a pensare ad un modo per salvarla?
« Dì a Meredith... che le voglio bene. E... che è un’ottima sorella. », la voce si incrina, spezzata dalla consapevolezza della morte. 
Non penso di riuscire a farcela, se tornerò a casa senza di lei.
Lei, la mia piccola, grande Grey, che doveva essere solo una delle tante avventure del ‘dottor Bollore’, che invece era diventata troppo importante, che aveva affrontato situazioni che nessuno poteva immaginare.
Per colpa mia.
« Per favore, dì a mio padre... », inizia, ma io sono più veloce.
Se comincia a dire cose del genere, perderò il controllo, la poca lucidità che è rimasta nella mia mente.
« Non dirlo, stai bene. », mi costringo a dire, con il tono fermo, tipico delle persone talmente incredule da vedere tutto con una benda invisibile davanti agli occhi, che fa quasi da protezione a quella situazione estranea.
« Stringi la mia mano. », supplica, mentre una lacrima percorre la sua guancia, sporca di terra e sangue.
Mi intestardisco.
« Non stringerò la tua mano, perché tu non morirai! », grido, respirando affannosamente.
« Stringi la mia mano. », ripete. A malapena la sento.
« No! Non stai morendo! Mi hai sentito? Non morirai oggi! ». Sono stupito. Da me stesso, dalla mia forza. Sono sempre stato vanitoso. Per cose futili, per la mia bellezza. Solo in questo momento scopro altri pregi in me.
Mi alzo in piedi, puntellandomi sui gomiti.
Appoggio le mani sotto una fessura di quella ferraglia. Sento qualcosa di affilato, che incide sul mio palmo un graffio superficiale.
Stringo i denti.
Non morirà, non morirà, non morirà.
Cerco di alzare il rottame, gli occhi strizzati, un urlo feroce, come se questo mi aiutasse a spostare la cosa che sta schiacciando Lex.
E’ troppo pesante. E’ troppo pesante, cazzo!
Ansimante, smetto di spingere. Appoggio con rabbia una mano sulla piccola ala.
Poi l’altra.
La consapevolezza che aveva già preso possesso di Lexie, travolge anche me, ed è terribilmente doloroso.
Peggio del pugno di Derek, quando gli ho confessato della storia. Peggio del momento in cui proprio la ragazza che amo mi ha rotto il ‘grande Sloan’. Peggio di tutto.
Ritorno a sdraiarmi, con cautela, sforzandomi di non singhiozzare come un bambino a cui hanno rubato le caramelle.
Prendo la sua mano tra le sue.
I nostri occhi sono incatenati.
E’ incredibile, come nonostante tutto, la trovo ancora bellissima.
« Ti amo. », sussurro.
All’improvviso, ci siamo solo noi. Lei ha un vestito bianco che le mette in evidenza il bel corpo, un sorriso che le attraversa gli occhi. Cammina verso di me, davanti ad un altare, all’aperto.
Tutto dura un attimo.
Non vedrò mai quella scena, non vedrò mai il suo sorriso, non vedrò mai il suo vestito.
Non la vedrò più.
« Ti amo, ti ho sempre amata. Sono sempre stato innamorato di te. », continuo, ricacciando indietro le lacrime.
Sono stato un idiota.
Ho aspettato la sua morte per dirglielo, quando avrei potuto dirglielo ogni mattina, dopo averle preparato il caffè. Avrei potuto vederla appena sveglia, distesa sul mio letto, se non avessi tentato di trasformarla in una baby – sitter, o se non avessi messo incinta Callie. Sembra che ci abbia giocato, che ora stia solo facendo il compassionevole.
Lo vedo, il suo sorriso. Gli occhi illuminati. Come nel mio viaggio mentale.
« Sì? »
« Sì, ed è questo il motivo per cui devi restare viva. », affermo, quasi imponendole di non abbandonarsi al dolce sonno della morte.
« Noi... noi ci sposeremo. », sto parlando più a me stesso, che a lei. Rivedo l’immagine, l’altare, il bacio che conferma che staremo insieme per sempre. « E tu diventerai un chirurgo fantastico! », sì, lo diventerà. E lavoreremo insieme, senza che questo comprometta tutto.
Continuo col mio discorso. Voglio vedere l’ultimo sorriso, prima che svanisca nel nulla.
Non penso a Meredith, a Tatcher, a tutte le persone che la amano.
« Ed avremo due o tre bambini. », immagino il nostro futuro.
Due bambini, un maschio e una femmina. Lui, riccio, con i capelli scuri e gli occhi grigi, un mix di Mark Sloan e Lexie Grey. Lei, la chioma biondo cenere che saltella allegramente sulla schiena, gli occhi azzurri che vagano per il prato su cui giocano.
« Sofia avrebbe dei fratelli. », asserisce, affannosamente.
Sorrido, un sorriso un po’ folle, dettato dalle mie fantasie.
« Sì, due fratelli o due sorelle. », cerco di mantenere il sorriso.
Sorride anche lei.
« E’ carino! », esclama. Un barlume di felicità compare sul suo viso.
« Saremo felici, io e te. Avremo una vita migliore, Lex, io e te. Voglio renderti così felice. Quindi non puoi morire, okay? », sono al limite. Voglio vederla felice, voglio vederla ridere.
Voglio svegliarmi con lei, ogni mattina.
Voglio portarla al lavoro.
Voglio trovarla con i nostri figli in braccio.
Voglio prepararle la cena dopo un turno estenuante.
Voglio che tutto sia perfetto, come lo è lei.
Un gemito esce dalla sua bocca.
« Non puoi morire! »
Un altro gemito, accompagnato da un sorriso.
« Perché dovremo morire insieme... »
La mia voce si rompe, gli occhi si appannano.
« Noi siamo destinati a stare insieme. »
« Destinati ad essere... », mi fa eco, sempre con quel sorriso che mi spiazza.
Deglutisco.
Di botto si ferma. La bocca socchiusa, gli occhi vitrei, fissi.
Sento qualcosa spezzarsi, mentre delle lacrime mi bagnano il viso.
Lexie è andata. E si è portata via un pezzo di me.
Tendo una mano, le abbasso le palpebre, un tremore impercettibile.
« Ti amo. Ti amo, ti amo, ti amo. », comincio a dirglielo, consapevole che lei non mi senta, interrompendomi per riprendere fiato o per lasciar uscire singhiozzi sommessi.
Stringo ancora la sua mano. Poso le labbra su essa, con un timido schiocco.
Le accarezzo la testa, mormorando ‘ti amo’ sottovoce, piangendo.
Appoggio la testa per terra.
Sono morto anch’io, dentro.
Dietro di me sento dei passi.
Non mi volto.
So chi sono.
Continuo a mormorare.
Perché Mark Sloan è un guscio vuoto senza Lexie Grey.
« Ti amo, ti amo, ti amo... »
  
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