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Autore: murdershewrote    19/09/2012    3 recensioni
Dieci persone bloccate in una villa splendida, maestosa. Il loro mausoleo. Si, perchè oltre la pittoresca facciata, tra i sinistri corridoi è nascosta un'inquietante realtà che li condurrà inevitabilmente alla morte, uno dopo l'altro. Erano dieci...e poi non ne rimase nessuno.
Genere: Avventura, Drammatico, Horror | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Eight little niggers...

Otto piccoli negretti
se ne vanno a passeggiar,
uno, ahimè, è rimasto indietro
solo sette ne restar.

Erano passate più di due ore da quando la S.T.A.R.S. si era dispersa nella villa e Forest non aveva incontrato nessuno da allora. Nessun compagno, nessun inquilino... proprio nessuno. Ogni tanto aveva sentito qualche scricchiolio sospetto, alcuni passi quà e là ma, guardandosi intorno, non vedeva mai niente e nessuno. Dove si erano cacciati tutti?
Era già un pezzo che l’agente aveva riposto l’arma nella fondina, ritenendo inutile tenerla ancora puntata contro il vuoto, e aveva iniziato a guardare in giro con curiosità, come un turista avrebbe fatto in visita alla Casa Bianca. Ed effettivamente quella villa ne reggeva il confronto, maestosa com’era.
Forest salì una doppia rampa di scale trovando alla sua sinistra due grandi finestre arcuate. Si fermò di fronte ad una di esse ma fuori non si vedeva nulla se non le sagome nere degli alberi stagliate contro un cielo altrettanto scuro. Sbuffò lasciando un alone sul vetro freddo.
Poi proseguì quella sorta di tour, sperando di finirlo al più presto.
Dopo aver sbirciato in quasi tutte le sontuose camere di fronte alle quali passava, la sua attenzione fu calamitata da una curiosa stanza dalla forma ad “L”. Un terzo delle pareti era coperto da un’intrecciata decorazione verde pallido mentre la porzione restante era tinta di un beige scuro. La cosa che colpiva di più l’osservatore era però l’illuminazione.
Sul soffitto erano installate delle sbarre in ferro battuto che facevano da supporto a dei faretti, ognuno dei quali puntava il proprio fascio di luce al centro del quadro che incontrava sulla parete opposta, creando così un particolare gioco di luci e ombre in tutto l’ambiente.
Forest notò subito, appollaiati accanto ai fari, diversi uccelli scuri, corvi sicuramente, che, non appena si muoveva, emettevano striduli gracchi.
Di avvertimento?
L’agente avanzò lentamente lungo la prima parte della stanza, incuriosito dai dipinti che sembravano raffigurare le varie fasi della vita di un uomo. Svoltato un angolo sulla destra, fu accolto da un altro gruppo di uccelli, appostati come sentinelle sopra di lui. Arrivato in fondo, Forest osservò l’ultimo dipinto. Allungò un braccio fino a sfiorare la tela con i polpastrelli quando un forte gracchiare lo fece sussultare. Sollevò gli occhi al soffitto e guardò i corvi.
“Ehi, state calmi! Non sto facendo nulla di male..”
Riprovò ad avvicinare la mano ma ancora una volta si levarono urla di protesta.
A quel punto Forest alzò le mani in segno di resa e disse “Va bene, va bene! Non tocco niente...Siete proprio dei custodi inflessibili, eh?”
Si voltò per tornare indietro dandosi dello stupido per aver discusso con degli uccelli, nonché per essere sceso a patti con loro.
Svoltato nuovamente l’angolo dei versi acuti lo costrinsero a sollevare lo sguardo ed esclamare “Beh? E ora che ho fatto?”
I suoi interlocutori si agitarono un po’ sopra le sbarre che li reggevano, sparpagliando piume nere ovunque e fissandolo con una strano luccichio vermiglio negli occhi.
Accortosi di ciò, Forest deglutì e disse “Va bene, ragazzi. Ho capito. Forse ho invaso il vostro territorio...ma sono pronto a togliere il disturbo, ok?”
Si voltò con lentezza, per evitare un’ulteriore reazione negativa da parte degli animali, ma ebbe appena il tempo di poggiare la mano sulla maniglia che quelli gli furono subito addosso in un turbinio oscuro.
Forest si sentì pizzicare e tirare la pelle del viso e delle braccia, con le quali cercava di ripararsi. Dopo qualche momento di confusione e qualche brusca piroetta riuscì a scrollarseli di dosso, uscire dalla stanza e sbattergli la porta contro.
Rimase a fissarla per diversi secondi cercando di riprendere fiato.
“Ehi, che diavolo vi è preso?!” sbraitò contro la porta chiusa, dietro la quale si sentivano ancora gracchiare furiosamente i corvi.
L’agente sbatté più volte le palpebre, ancora sorpreso per la violenza degli animali, poi si incamminò lungo il corridoio alla fine del quale aveva visto esserci una porta che doveva condurre all’esterno.
Aveva decisamente bisogno di una boccata d’aria.
Uscì sul grande balcone ornato da svariate piante rampicanti avvolte alla balaustra in un contorto intreccio di foglie e rametti. Forest prese posto su di una sedia di legno dalla vernice scrostata, gettata in un angolo, e reclinò per un momento la testa all’indietro lasciando che la brezza lo accarezzasse e, con la sua freschezza, arrecasse un po’ di sollievo alla sua pelle in fiamme.
Ma non poteva mica filare tutto liscio, no?
Passò qualche minuto lì, seduto, immerso in un silenzio interrotto solo dal vento che scoteva leggermente le fronde degli alberi.
D’improvviso un ticchettio regolare gli fece drizzare il capo per mettersi all’erta. Aguzzò la vista e la luce della luna lo aiutò ad individuare la fonte di tale rumore. A diversi metri di distanza da dove sedeva lui era atterrato un corvo che, avendolo notato e forse riconosciuto come intruso, cominciò a saltellare verso di lui colpendo con le zampe artigliate le assi di legno del pavimento.
A quella vista Forest sbuffò sonoramente.
“E tu cosa vuoi? Ho già discusso con i tuoi amici pennuti quindi stammi alla larga!”
Quello continuò imperterrito ad avvicinarsi mentre altri corvi atterrarono vicino ad esso, con grande disagio dell’agente.
Li fissò per un attimo in silenzio, abbandonandosi poi ad una risata nervosa.
Che situazione ridicola... Mettersi a tu per tu con dei pennuti!
Mentre il piccolo stormo si avvicinava sempre più Forest ripensò ai quadri che aveva visionato poco prima.
Cosa rappresentavano?
Infanzia.
Si, c’era un bambino in fasce cullato dalla madre.
Il corvo in testa al gruppo seguitò la sua avanzata gracchiando di tanto in tanto.
Età adulta.
Ricordava di aver visto un giovane uomo in eleganti abiti di fine Ottocento.
Un altro corvo si avvicinò zampettando velocemente.
Vecchiaia.
L’anziano del dipinto gli era sembrato triste, ormai rassegnato al vicino epilogo.
Forest si alzò di scatto, rovesciando la sedia, e indietreggiò fino a toccare la ringhiera con la schiena. Dietro di lui, il vuoto.
E l’ultimo? Cosa c’era nell’ultimo dipinto?
Forest cercò di focalizzare l’immagine del quadro appeso alla parete in fondo mentre i corvi, quasi si fossero messi d’accordo, spiccarono il volo in contemporanea contro di lui.
Oh, si...certo. La morte, ovviamente.
Quale realistica rappresentazione!

   
 
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