Pene
pene peeeene (non pensate male donzelle!) La
mia prima Frerard se così si può chiamare. Un
concentrato di tutto qello che sto passando in questi giorni l'ho
riversato sul pc e l'ho scritto sotto forma di Frerardini che arrivano
con i pinguini <3 L'ho
scritta pensando ad una persona, ma anche a me stessa. Vi
meravigliereste di sapere quante allusioni sul mio conto ci sono in
questa OS LOOL Comunque
vorrei dedicarla a E
l e n a_G i l b e r t
TI LOVVIXXIMO!11!11!1!1!!!oneone 6 smp nl my haart <3 ED
anche alla mia spiona preferita che non può entrare su efp
perché ha la memoria corta :') Siete
liberissimi di recensire, metterla nei preferiti, nelle seguite, o
anche di pulirvici il culo se vi va <3 Ma
tanto lo sapete che vi lovvo tutti lo stesso. A
più giù. Vi lascio leggere, perché
tanto lo so che la leggerete *punta pistola alla tempia* Fanculo
che me lo mette in grassetto! GRRR -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- -This is a fucking prison, but I still love you.
Quella
notte mi ero risvegliato sudato ed in preda al panico. Avevo
sognato di perderlo, per sempre. Avevo capito che senza di lui non
avrei saputo come andare avanti. Mi ero perso, tra droghe, alcool e
autolesionismo. Per cercare di placare il dolore che provavo
all’altezza del petto. C’era una scena in cui stavo
per suicidarmi, perché non sopportavo più tutti
quei sensi di colpa, e tutta quella rabbia e rancore che la gente aveva
contro di me, come se fosse stata veramente colpa mia. Ma
poi mi ero risvegliato ed avevo visto il suo viso, appoggiato
dolcemente sul mio petto ed avevo capito che era uno stupido incubo ed
avevo ritrovato la certezza che lui non mi avrebbe mai lasciato. Quel
momento era così perfetto che poteva benissimo essere un
altro sogno. Questa volta molto più bello e tranquillo
dell’incubo di prima. Tranquillità da cui cercai
di lasciarmi trasportare per tentare di riprendere sonno. Ma era una
cosa impossibile. Non mi riaddormentavo mai dopo essermi svegliato. Non
ci riuscivo. Quindi mi misi a giocare con i capelli corvini di Gee. Ad
un tratto lo vidi sorridere, ancora addormentato. Sorrisi anche io,
stupito che quel fottutissimo angelo fosse capitato proprio a me. Uno
sfigatello che tutti i giorni si ritrovava a dover combattere con il
dolore non solo dei lividi che quegli stronzi in quello schifo di
scuola si preoccupavano di lasciare sul suo corpo quando lo pestavano
senza alcun motivo preciso, ma anche con pensieri poco felici, tristi,
che tutti i giorni lo tormentavano e non rendevano di certo la giornata
migliore. E poi un giorno era arrivato lui. Fu come un tuono che arriva
d’improvviso e preavvisa la tempesta. Tempesta che si era
formata dentro di me, appena il suo sguardo incrociò il mio.
Da quando l’avevo incontrato, al parco comunale di
Belleville, ritrovo pubblico di drogati, troie e persone della peggior
specie, non mi importava più di niente e di nessuno.
Né di cosa mi passava per la testa quando ero solo con i
miei pensieri, né dei coglioni che giravano in quella scuola
che più di sembrare un luogo dove tutti i tipi di persone
potevano stare bene e apprendere cose nuove io la chiamo semplicemente
prigione. Un giorno, appena dopo essere stato pestato ed ero rimasto
abbastanza tempo nel bagno, un po’ per pulirmi dal sangue e
un po’ per deprimermi, come sempre, mi stavo guardando allo
specchio per vedere quanto fossero gravi i graffi e sussurrai, allo
specchio: ‘’Tu non puoi sapere cosa fanno ai
ragazzi come noi in prigione.’’ Quasi come se nella
stanza ci fosse un’altra persona insieme a me. Il
mio cervello si era completamente fuso quando quel giorno si sedette di
fianco a me, sul prato ancora ricoperto dall’acqua della
pioggia della notte nonostante ci fosse il sole di mezzogiorno. Tutto
quello che provavo in quel momento non l’avevo mai affrontato
prima. Soprattutto non per un ragazzo. Ero sempre stato attratto dalle
ragazze, lo si poteva capire dalle riviste di playboy nascoste in giro
per la camera, lontano dalle grinfie malefiche di mia madre. Gerard mi
aveva completamente sconvolto. Mi aveva distrutto, sia fisicamente che
mentalmente. Perché sapevo che non poteva mai essere solo
mio. Perché lui era sposato. Ma gli piaceva potermi scopare
quando gli pareva. Ma a me dopotutto andava bene così. Ed
ora, eccomi qui, a guardarlo dormire, fantasticando su di lui e sulla
sua bellezza. Di quello che avremmo potuto fare insieme se non ci fosse
stata di mezzo Lyn-z. Le cose sarebbero andate molto diversamente. Comunque
si. Quell’uomo mi stava ancora distruggendo. Quando lo vedevo
baciare sua moglie, o solo tenerle la mano mentre passeggiavano per
strada, mi rabbuiavo e mi rendevo nuovamente conto che mio non lo
sarebbe stato mai. Eppure io sopportavo ancora. Perché lo
amavo. Perché grazie a lui avevo accettato il fatto di
essere bisessuale. Grazie a lui avevo vissuto momenti magnifici, che
sarebbero rimasti impressi nella mia memoria per il resto dei miei
giorni. Dopo
quelle che sembrarono ore, passate lì, con le mani intricate
ancora nei capelli di Gerard, lui si scostò, poggiando la
testa sul mio cuscino, così vicino che il suo respiro
riusciva a solleticarmi la guancia. Passò poi un braccio
intorno a me, e altrettanto fece con una gamba. Ero suo prigioniero.
Non solo in quel momento, intrappolato dal suo corpo dormiente. Ero
prigioniero delle sue labbra, così soffici e bollenti quando
sfioravano la mia pelle. Delle sue carezze, appena accennate, quando
passavamo del tempo abbracciati l’un l’altro, senza
fare né dire nulla, per non rovinare la bellezza del
momento. Dai suoi occhi, che mi rendevano la persona più
felice al mondo quando riuscivo a scorgerci quasi la sua anima, quando
si apriva a me. E che mi facevano stare male quando erano tristi e
spenti, per un qualsiasi motivo di cui ipotizzavo fossi io la causa.
Ogni giorno mi giuravo di riuscire a diventare una persona migliore,
perché grazie a Gerard potevo riuscirci, ne ero sicuro. Solo
che non ero così sicuro del fatto che anche lui, avendo un
rapporto stretto con me, non stesse affatto diventando una persona
migliore, e di anche quello me ne facevo una colpa. Presi
la sua mano vi intrecciai le dita. Gerard aveva un sonno
così profondo che se in quel momento fosse entrato un panda
arrapato e se lo fosse scopato non se ne sarebbe accorto. Mi ritrovai
ad accarezzargli le dita affusolate. Una ad una, le sfioravo piano,
solo con i polpastrelli, temendo che se avessi fatto più
forte tutto sarebbe andato in frantumi rivelandosi un altro
cazzutissimo sogno. Arrivai all’anulare, e vidi la sua fede.
In quel momento tutta la realtà mi piombò addosso
come un macigno di una tonnellata lanciato da Chuck Bass dalla terrazza
dell’Empire State Building mentre aspettava Blair Woldorf.
Lui la sua fede non la toglieva mai. Neanche quando era con me. Lui
aveva sua moglie ed un sacco di amici sparsi per il mondo. Io non avevo
nessuno. Avevo solo me stesso. Potevo contare solo su di me. Lui non mi
amava come lo amavo io, ne ero certo. A lui piaceva solo farsi scopare
da un ragazzo, non so per quale motivo. Forse per fare
l’alternativo o l’anticonformista. Lui veniva da me
quando stava male, quando aveva litigato con Lyn-z. Ed ogni volta io mi
ritrovavo a subire tutti i suoi sfoghi da ubriaco marcio, che ormai
capitava sempre più spesso. Ed ogni notte, dopo le sue
lamentele su sua moglie, sul mondo e su se stesso, finivamo a letto
insieme. Per sfogarsi del dolore l’uno, per provare anche
solo un minimo di gioia accanto all’uomo che amava,
l’altro. Percorsi
la circonferenza di quell’ anello dorato che sottolineava
ancora di più il suo stretto legame con la moglie, e capii
tutto. Avrei
smesso di soffrire. Dovevo trovare un modo. E forse quello che avevo in
mente poteva andar bene. Non potevo andare avanti così tutto
il giorno. Anche se lo amavo, ero solo come un cane, senza nessuno
accanto. Mi
voltai, il viso di Gerard a pochi centimetri dal mio. Il suo pesante
respiro mi sfiorava le labbra che poi baciai dolcemente. Un bacio
casto, che forse avrebbe rappresentato il mio addio. In quel modo,
avrei posto fine alle sofferenze di entrambi. Perché ero
sicuro che la causa del dolore che provava ero io. Lui sarebbe potuto
andare avanti con la sua famiglia, magari fare dei figli. Senza nessun
rimorso o rancore. Io forse avrei finalmente provato un po’
di pace, rimuginando sui quei pochi ricordi che conservavo gelosamente
nei miei pensieri. A sognare di essere finalmente liberi di amarci,
senza nessun ostacolo. A sognare che il mio amore verso di lui sarebbe
stato finalmente ricambiato. Mi
alzai lentamente, facendo attenzione che non si svegliasse, anche se
aveva il sonno pesante meglio essere cauti. Volevo solo che il mio
ultimo ricordo fosse proprio quello. Lui che dormiva beatamente tra le
lenzuola del mio letto. Felice, avrei potuto quasi dire. Mi
rivestii, cercando di ricordare dove Gerard aveva scaraventato i miei
vestiti mentre poche ore prima mi spogliava. Andai in bagno, scavai nel
mobile dei medicinali, convinto nel trovare quelle dannatissime
pillole. Poi presi le sigarette, il telefono e la giacca di Gerard che
aveva ancora il suo profumo. Afferrai la maniglia gelida della porta e
la aprii lentamente. Sgusciai fuori, dirigendomi al luogo del nostro
primo incontro. Camminai
piano, preso dall’osservare l’alba che ormai stava
arrivando. Guardai attentamente tutto, per cercare di avere dei bei
ultimi ricordi, oltre che il viso sognante e sorridente di Gerard.
Arrivato al parco mi sedetti proprio dov’eravamo quando ci
scambiammo le prime timide parole. Mi chiedevo cosa stesse
sognando Gerard quando poco prima, nel sonno, aveva sorriso. -Forse
me..- Sussurrai sorridendo. Dopo
aver riflettuto su quelle ultime due parole mi ricredetti. Di certo non
stava sognando me. Non era così innamorato da sognarmi.
Stupidi pensieri da checca sconsolata e innamorata. Mi
fermai con lo sguardo ad ammirare il cielo cambiare repentinamente
colore. Passare dal blu intenso della notte all’arancio misto
al viola che particolarizzava quel momento. Sfilaiil telefono dalla
tasca. Composi un messaggio che diceva: ‘’Ti ho
sempre amato. Forse troppo, perché il mio amore non era
ricambiato come speravo. Ma qualunque cosa mi accada, Gee, tu non
fartene una colpa. Pensa alla tua famiglia. Perché sono io
quello sbagliato. Tu sei l’angelo che mi ha salvato
dall’abisso. Ti amo, Gerard. E non smetterò
mai.’’ Posai sul prato ancora umido il telefono,
presi il tubetto di pillole ritrovato nel bagno e ne riversai tutto il
contenuto sulla mia mano. Che poi finì giù per la
mia gola. Presi il pacchetto di sigarette e me ne accesi una. Aspirai
il fumo lentamente, poco a poco, per godermi il momento. Ripresi il
telefono tra le mani ed inviai il messaggio all’uomo che
dopotutto mi aveva salvato, per poi ritornare con gli occhi scrutare il
sole nascente. -Divertente.
Il sole che nasce. Ed una vita che muore.- Dissi sorridendo amaro,
sconfitto da tutto quello. ‘’Strano,
avevo sognato proprio quello stanotte. Ed ora si stava
avverando.’’ Pensai, per poi accasciarmi sul prato
e perdere la sigaretta dalle labbra ormai dischiuse. Quel prato dove
avevo incontrato l’unico, vero amore di tutta la mia, era il
posto perfetto. Sorrisi, quasi contento e chiusi gli occhi, con il nome
di Gerard ancora un’ultima volta sulle mie labbra. ------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- ZONO
QUI. Non
so perché mi stia facendo scrivere in grassetto. MA LO ODIO.
Comunque. Il titolo me lo sono inventato ascoltando prison (non
chiedetemi perché). Così come la frase che
Frankie da brava checca col ciclo che si fa le seghe mentali dice a se
stesso parlando ad uno spechio :') Povero cucciolino
formaggino. Non
so come mi siano usciti Chuck e Blair, ma mi mancano e non fatemi una
colpa se mi piace Gossip Girl :( PACE
E BENE FRATELLI! *sparge ovunque frank e gerard* Adios. Lover. |