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Autore: olly winch    20/09/2012    4 recensioni
Fanculo a EFP. Non riesco a pubblicarla. Prima ci son riuscita, ora non più, non chiedetemi il perché. Quando tornerò a casa la aggiusterò. Mi dispiace tanto.
Lover.
Genere: Malinconico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pene pene peeeene (non pensate male donzelle!)

La mia prima Frerard se così si può chiamare. Un concentrato di tutto qello che sto passando in questi giorni l'ho riversato sul pc e l'ho scritto sotto forma di Frerardini che arrivano con i pinguini <3

L'ho scritta pensando ad una persona, ma anche a me stessa. Vi meravigliereste di sapere quante allusioni sul mio conto ci sono in questa OS LOOL

Comunque vorrei dedicarla a E l e n a_G i l b e r t TI LOVVIXXIMO!11!11!1!1!!!oneone  6 smp nl my haart <3

ED anche alla mia spiona preferita che non può entrare su efp perché ha la memoria corta :')

Siete liberissimi di recensire, metterla nei preferiti, nelle seguite, o anche di pulirvici il culo se vi va <3

Ma tanto lo sapete che vi lovvo tutti lo stesso.

A più giù. Vi lascio leggere, perché tanto lo so che la leggerete *punta pistola alla tempia* 

Fanculo che me lo mette in grassetto! GRRR

 

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-This is a fucking prison, but I still love you.

Quella notte mi ero risvegliato sudato ed in preda al panico.

Avevo sognato di perderlo, per sempre. Avevo capito che senza di lui non avrei saputo come andare avanti. Mi ero perso, tra droghe, alcool e autolesionismo. Per cercare di placare il dolore che provavo all’altezza del petto. C’era una scena in cui stavo per suicidarmi, perché non sopportavo più tutti quei sensi di colpa, e tutta quella rabbia e rancore che la gente aveva contro di me, come se fosse stata veramente colpa mia.

Ma poi mi ero risvegliato ed avevo visto il suo viso, appoggiato dolcemente sul mio petto ed avevo capito che era uno stupido incubo ed avevo ritrovato la certezza che lui non mi avrebbe mai lasciato.

Quel momento era così perfetto che poteva benissimo essere un altro sogno. Questa volta molto più bello e tranquillo dell’incubo di prima. Tranquillità da cui cercai di lasciarmi trasportare per tentare di riprendere sonno. Ma era una cosa impossibile. Non mi riaddormentavo mai dopo essermi svegliato. Non ci riuscivo. Quindi mi misi a giocare con i capelli corvini di Gee.

Ad un tratto lo vidi sorridere, ancora addormentato. Sorrisi anche io, stupito che quel fottutissimo angelo fosse capitato proprio a me. Uno sfigatello che tutti i giorni si ritrovava a dover combattere con il dolore non solo dei lividi che quegli stronzi in quello schifo di scuola si preoccupavano di lasciare sul suo corpo quando lo pestavano senza alcun motivo preciso, ma anche con pensieri poco felici, tristi, che tutti i giorni lo tormentavano e non rendevano di certo la giornata migliore. E poi un giorno era arrivato lui. Fu come un tuono che arriva d’improvviso e preavvisa la tempesta. Tempesta che si era formata dentro di me, appena il suo sguardo incrociò il mio. Da quando l’avevo incontrato, al parco comunale di Belleville, ritrovo pubblico di drogati, troie e persone della peggior specie, non mi importava più di niente e di nessuno. Né di cosa mi passava per la testa quando ero solo con i miei pensieri, né dei coglioni che giravano in quella scuola che più di sembrare un luogo dove tutti i tipi di persone potevano stare bene e apprendere cose nuove io la chiamo semplicemente prigione. Un giorno, appena dopo essere stato pestato ed ero rimasto abbastanza tempo nel bagno, un po’ per pulirmi dal sangue e un po’ per deprimermi, come sempre, mi stavo guardando allo specchio per vedere quanto fossero gravi i graffi e sussurrai, allo specchio: ‘’Tu non puoi sapere cosa fanno ai ragazzi come noi in prigione.’’ Quasi come se nella stanza ci fosse un’altra persona insieme a me.

Il mio cervello si era completamente fuso quando quel giorno si sedette di fianco a me, sul prato ancora ricoperto dall’acqua della pioggia della notte nonostante ci fosse il sole di mezzogiorno. Tutto quello che provavo in quel momento non l’avevo mai affrontato prima. Soprattutto non per un ragazzo. Ero sempre stato attratto dalle ragazze, lo si poteva capire dalle riviste di playboy nascoste in giro per la camera, lontano dalle grinfie malefiche di mia madre. Gerard mi aveva completamente sconvolto. Mi aveva distrutto, sia fisicamente che mentalmente. Perché sapevo che non poteva mai essere solo mio. Perché lui era sposato. Ma gli piaceva potermi scopare quando gli pareva. Ma a me dopotutto andava bene così.

Ed ora, eccomi qui, a guardarlo dormire, fantasticando su di lui e sulla sua bellezza. Di quello che avremmo potuto fare insieme se non ci fosse stata di mezzo Lyn-z. Le cose sarebbero andate molto diversamente.

Comunque si. Quell’uomo mi stava ancora distruggendo. Quando lo vedevo baciare sua moglie, o solo tenerle la mano mentre passeggiavano per strada, mi rabbuiavo e mi rendevo nuovamente conto che mio non lo sarebbe stato mai. Eppure io sopportavo ancora. Perché lo amavo. Perché grazie a lui avevo accettato il fatto di essere bisessuale. Grazie a lui avevo vissuto momenti magnifici, che sarebbero rimasti impressi nella mia memoria per il resto dei miei giorni.

Dopo quelle che sembrarono ore, passate lì, con le mani intricate ancora nei capelli di Gerard, lui si scostò, poggiando la testa sul mio cuscino, così vicino che il suo respiro riusciva a solleticarmi la guancia. Passò poi un braccio intorno a me, e altrettanto fece con una gamba. Ero suo prigioniero. Non solo in quel momento, intrappolato dal suo corpo dormiente. Ero prigioniero delle sue labbra, così soffici e bollenti quando sfioravano la mia pelle. Delle sue carezze, appena accennate, quando passavamo del tempo abbracciati l’un l’altro, senza fare né dire nulla, per non rovinare la bellezza del momento. Dai suoi occhi, che mi rendevano la persona più felice al mondo quando riuscivo a scorgerci quasi la sua anima, quando si apriva a me. E che mi facevano stare male quando erano tristi e spenti, per un qualsiasi motivo di cui ipotizzavo fossi io la causa. Ogni giorno mi giuravo di riuscire a diventare una persona migliore, perché grazie a Gerard potevo riuscirci, ne ero sicuro. Solo che non ero così sicuro del fatto che anche lui, avendo un rapporto stretto con me, non stesse affatto diventando una persona migliore, e di anche quello me ne facevo una colpa.

Presi la sua mano vi intrecciai le dita. Gerard aveva un sonno così profondo che se in quel momento fosse entrato un panda arrapato e se lo fosse scopato non se ne sarebbe accorto. Mi ritrovai ad accarezzargli le dita affusolate. Una ad una, le sfioravo piano, solo con i polpastrelli, temendo che se avessi fatto più forte tutto sarebbe andato in frantumi rivelandosi un altro cazzutissimo sogno. Arrivai all’anulare, e vidi la sua fede. In quel momento tutta la realtà mi piombò addosso come un macigno di una tonnellata lanciato da Chuck Bass dalla terrazza dell’Empire State Building mentre aspettava Blair Woldorf. Lui la sua fede non la toglieva mai. Neanche quando era con me.

Lui aveva sua moglie ed un sacco di amici sparsi per il mondo. Io non avevo nessuno. Avevo solo me stesso. Potevo contare solo su di me. Lui non mi amava come lo amavo io, ne ero certo. A lui piaceva solo farsi scopare da un ragazzo, non so per quale motivo. Forse per fare l’alternativo o l’anticonformista. Lui veniva da me quando stava male, quando aveva litigato con Lyn-z. Ed ogni volta io mi ritrovavo a subire tutti i suoi sfoghi da ubriaco marcio, che ormai capitava sempre più spesso. Ed ogni notte, dopo le sue lamentele su sua moglie, sul mondo e su se stesso, finivamo a letto insieme. Per sfogarsi del dolore l’uno, per provare anche solo un minimo di gioia accanto all’uomo che amava, l’altro.

Percorsi la circonferenza di quell’ anello dorato che sottolineava ancora di più il suo stretto legame con la moglie, e capii tutto.

Avrei smesso di soffrire. Dovevo trovare un modo. E forse quello che avevo in mente poteva andar bene. Non potevo andare avanti così tutto il giorno. Anche se lo amavo, ero solo come un cane, senza nessuno accanto.

Mi voltai, il viso di Gerard a pochi centimetri dal mio. Il suo pesante respiro mi sfiorava le labbra che poi baciai dolcemente. Un bacio casto, che forse avrebbe rappresentato il mio addio. In quel modo, avrei posto fine alle sofferenze di entrambi. Perché ero sicuro che la causa del dolore che provava ero io. Lui sarebbe potuto andare avanti con la sua famiglia, magari fare dei figli. Senza nessun rimorso o rancore. Io forse avrei finalmente provato un po’ di pace, rimuginando sui quei pochi ricordi che conservavo gelosamente nei miei pensieri. A sognare di essere finalmente liberi di amarci, senza nessun ostacolo. A sognare che il mio amore verso di lui sarebbe stato finalmente ricambiato.

Mi alzai lentamente, facendo attenzione che non si svegliasse, anche se aveva il sonno pesante meglio essere cauti. Volevo solo che il mio ultimo ricordo fosse proprio quello. Lui che dormiva beatamente tra le lenzuola del mio letto. Felice, avrei potuto quasi dire.

Mi rivestii, cercando di ricordare dove Gerard aveva scaraventato i miei vestiti mentre poche ore prima mi spogliava. Andai in bagno, scavai nel mobile dei medicinali, convinto nel trovare quelle dannatissime pillole. Poi presi le sigarette, il telefono e la giacca di Gerard che aveva ancora il suo profumo. Afferrai la maniglia gelida della porta e la aprii lentamente. Sgusciai fuori, dirigendomi al luogo del nostro primo incontro.

Camminai piano, preso dall’osservare l’alba che ormai stava arrivando. Guardai attentamente tutto, per cercare di avere dei bei ultimi ricordi, oltre che il viso sognante e sorridente di Gerard. Arrivato al parco mi sedetti proprio dov’eravamo quando ci scambiammo le prime timide parole. Mi  chiedevo cosa stesse sognando Gerard quando poco prima, nel sonno, aveva sorriso.

-Forse me..- Sussurrai sorridendo.

Dopo aver riflettuto su quelle ultime due parole mi ricredetti. Di certo non stava sognando me. Non era così innamorato da sognarmi. Stupidi pensieri da checca sconsolata e innamorata.

Mi fermai con lo sguardo ad ammirare il cielo cambiare repentinamente colore. Passare dal blu intenso della notte all’arancio misto al viola che particolarizzava quel momento. Sfilaiil telefono dalla tasca. Composi un messaggio che diceva: ‘’Ti ho sempre amato. Forse troppo, perché il mio amore non era ricambiato come speravo. Ma qualunque cosa mi accada, Gee, tu non fartene una colpa. Pensa alla tua famiglia. Perché sono io quello sbagliato. Tu sei l’angelo che mi ha salvato dall’abisso. Ti amo, Gerard. E non smetterò mai.’’ Posai sul prato ancora umido il telefono, presi il tubetto di pillole ritrovato nel bagno e ne riversai tutto il contenuto sulla mia mano. Che poi finì giù per la mia gola. Presi il pacchetto di sigarette e me ne accesi una. Aspirai il fumo lentamente, poco a poco, per godermi il momento. Ripresi il telefono tra le mani ed inviai il messaggio all’uomo che dopotutto mi aveva salvato, per poi ritornare con gli occhi scrutare il sole nascente.

-Divertente. Il sole che nasce. Ed una vita che muore.- Dissi sorridendo amaro, sconfitto da tutto quello.

‘’Strano, avevo sognato proprio quello stanotte. Ed ora si stava avverando.’’ Pensai, per poi accasciarmi sul prato e perdere la sigaretta dalle labbra ormai dischiuse. Quel prato dove avevo incontrato l’unico, vero amore di tutta la mia, era il posto perfetto. Sorrisi, quasi contento e chiusi gli occhi, con il nome di Gerard ancora un’ultima volta sulle mie labbra.

 

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ZONO QUI.

Non so perché mi stia facendo scrivere in grassetto. MA LO ODIO. Comunque. Il titolo me lo sono inventato ascoltando prison (non chiedetemi perché). Così come la frase che Frankie da brava checca col ciclo che si fa le seghe mentali dice a se stesso parlando ad uno spechio :') Povero cucciolino formaggino. 

Non so come mi siano usciti Chuck e Blair, ma mi mancano e non fatemi una colpa se mi piace Gossip Girl :(

PACE E BENE FRATELLI! *sparge ovunque frank e gerard*

Adios.

Lover.

 

   
 
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