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Autore: RedSunrise    21/09/2012    0 recensioni
I suoi piedi erano scalzi sull'asfalto freddo e bagnato, due tagli all'altezza dei talloni dolevano alla ragazza, che malediceva di aver avuto l'idea di indossare i tacchi, sapendo che sarebbe finita così. Teneva le scarpe in mano, una le cadde e lei si chinò a riprenderla, ma le cadde di nuovo, allora scagliò con rabbia anche l'altra per terra e scoppiò a piangere.
Genere: Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Due ombre camminavano lentamente ed affiancate, in una strada isolata. Non se ne scorgevano le sembianze, a causa del buio, ma erano certo due ragazze. I vestitini leggeri ed impalpabili aleggiavano attorno alle gambe sottili, lasciate scoperte nonostante il freddo, i capelli di entrambe erano scuri e lunghi... ma non era possibile distinguere di più. 

Poi, una delle due si divincolò dalla presa dell'altra e scattò a passi veloci verso il cerchio di luce rossastra e fioca di un lampione, traendo fuori dalla minuscola borsa uno specchietto. 
-Cazzo, faccio schifo!- Urlò poi, dopo aver constatato che le condizioni del trucco non erano delle migliori. I suoi piedi erano scalzi sull'asfalto freddo e bagnato, due segni rossi all'altezza dei talloni dolevano alla ragazza, che malediceva di aver avuto l'idea di indossare i tacchi, sapendo che sarebbe finita così. Alzò lo sguardo al cielo: c'erano le stelle, ma la luna era sottile ed il suo chiarore ovattato dalle nuvole. Doveva essere per quello che aveva avuto una brutta serata, pensò. La Luna era sempre stata il suo porta fortuna, la sua consolazione. Era lei che le faceva compgania le notti in cui non riusciva a dormire. 

Teneva le scarpe in mano, una le cadde e lei si chinò a riprenderla, ma le cadde di nuovo, allora scagliò con rabbia anche l'altra per terra e scoppiò a piangere.
-Hey, hey... Che ti succede Jo?-  Disse la seconda ombra, raggiungendola velocemente.
- Succede che è stata la serata peggiore della mia vita!! E sono pure sbronza... -
-Non dire così, non lo sei...non così tanto- Disse la prima, incerta, sedendosi a gambe incrociate assieme all'amica.
-Chissà cosa avranno pensato di me ...-
-Cosa te ne frega di quello che pensano gli altri? L'importante è come ti senti tu-
-Mi sento di merda...-
-Immaginavo, sei voluta andare via senza nemmeno aspettare che tua sorella ci venisse a prendere! Adesso puoi spiegarmi perchè?-
-Non ne ho voglia...Perchè dovrei spiegartelo?-
-Perchè per seguirti mentre scappavi via, mi ritrovo seduta per terra in una strada deserta e rischio, anzi: rischiamo!, di essere stuprate da un momento all'altro, non avendo idea del motivo per cui siamo qui. Credo di meritarmi un motivo.-
-E' per colpa sua...- mormorò, tirando sù col naso.
Mentre l'altra con lo sguardo le chiedeva spiegazioni più precise di quella semplice frase.
-Il fatto è che... sono tutta sbagliata, io. E' tutta colpa mia, mi comporto da pazza ed immatura.. e poi sono orribile. Voglio dire, qualunque ragazza sarebbe meglio di me per Josh. E infatti l'ho visto con un'altra.. - 
L'altra ragazza, all'udire dell'ultima frase, spalancò gli occhi e la bocca ed emise un verso di stupore, per poi cominciare una serie di imprecazioni indirizzate al soggetto maschile della vicenda. Poi si interruppe ed abbracciò forte l'amica, ma quando si staccò anche lei aveva gli occhi lucidi.
-Mi... mi dispiace così tanto Jo! Non è colpa tua...Non so che cosa sia passato per la testa a quel coglione, so solo che tu sei perfetta... E lo penso davvero- disse poi con voce tremolante. L'altra, nel frattempo, aveva ricominciato a lacrimare alla grande, mandando definitivamente a puttane il trucco.
-No no.. non piangere. Non piangere per lui, non se lo merita, Jos.. Josie, ascoltami, prova a smettere di piangere perchè...-
La ragazza venne interrotta dalla suoneria del suo telefono.
-Cavolo, scusa, ma devo assolutamente rispondere. E' mio padre, se scopre che siamo qui da sole e non a casa tua sono morta!- 
-Ok, ok.. Tanto io devo andare a fare pipì- Disse Josie alzandosi , per poi avviarsi alla curva della strada e scomparirvi dietro, tuffandosi nel buio.

Mentre camminava, pensò al suo, di padre. E constatò che a lei non sarebbe arrivata nessuna chiamata preoccupata da parte sua, anzi, se fosse stata fuori tutta la notte non se ne sarebbe accorto nessuno. Dato che anche la sorella avrebbe probabilmente fatto lo stesso e che ciò che importava al padre non andava al di fuori di una canna ed una bottiglia di Jack Daniels. 

Alla mamma sarebbe importato, ma non viveva più con loro. E se fosse rimasta la situazione non sarebbe precipitata. 
Josie non aveva mai parlato delle condizioni della sua famiglia nemmeno a Summer. Non la aveva mai portata a casa sua e quando quest'ultima si era autoinvitata a dormire da lei per poter tornare un po' più tardi dalla festa, non aveva saputo trovare una scusa decente per rifiutarsi e così aveva dovuto dirle di sì fingendo entusiasmo.
In realtà, anche se non fosse scappata dalla festa, avrebbe comunque cercato di rimanere fuori con l'amica il più tempo possibile, sperando così di non trovare nessuno sveglio una volta rientrate a casa.


Si ritrovò in al fianco di una corte di case, di quelle con la piazzola di ghiaia e le sedie lasciate fuori dall'uscio. In fondo a sinistra la piazzola confinava con un piccolo campo incolto, che le sembrò adatto. Prese a frugare nella borsetta per trovare dei fazzoletti, quando si ritrovò in mano lo specchietto. Lo rigirò tra le dita ed infine lo puntò sul viso: le si rivelarono due labbra sottili sulle quali era rimasto ormai ben poco rossetto, gli occhi chiarissimi ancora umidi dal pianto, cerchiati dal nero del mascara, mezzo colato sulle guancie ed i capelli corvini appiccicati alla testa. 
Provò orrore verso sè stessa, ritrovandosi ancora più brutta di poco fa.
In un lampo si  mise in ginocchio, poggiò lo specchio a terra e lo ruppe con una pietra in quattro o cinque pezzi. Ne prese uno in mano, ne sfiorò le estremità, tagliandosi le dita. Poi lo strinse tra il pollice e l'indice e con un gesto veloce e brusco allo stesso tempo conficcò la punta nella pelle del braccio e vi aprì un taglio. Poi un altro ed un altro ancora. Si sedette e rivolse il viso al cielo continuando anche sulle cosce e sull'altro braccio. Prima sentì un forte bruciore in corrispondenza di ogni invisibile taglio, un secondo dopo il rosso del suo sangue iniziò a segnare i punti su cui era scorso il vetro, rendendoli ben visibili. Ormai le scorreva sulle braccia e sulle gambe, così come le sue lacrime avevano ripreso a scorrere sul suo viso. Piangeva di dolore e frustrazione, ma non riusciva a smettere di infliggersi quella tortura. Odiava sè stessa. Odiava il suo corpo ed il suo carattere, che , sebbene fosse forte, era riuscito a far scappare via l'unico ragazzo che lei avesse mai amato. L'unico che poteva colmare la sua profonda mancanza d'amore.

Ad un tratto sentì la voce di Summer alle sue spalle.
-Ma quanto tempo ci ... OH DIO JOSIE!!!!!- La ragazza le si gettò contro cercando di strapparle la lama dalle mani.
-SMETTILA PER L'AMOR DEL CIELO, SMETTILA!-  
Josie si lasciò andare distesa e poi svenne, in preda al forte mal di testa della sbornia ed al bruciore dei garffi. L'ultima cosa che vide fu il cielo, ma questa volta non c'era più la Luna.
  
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