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Autore: Feel Good Inc    23/09/2012    4 recensioni
«Buon pomeriggio. Hai bisogno di qualcosa?»
Il bambino s’irrigidì sensibilmente alle sue parole, ma non indietreggiò. Forse ciò da cui era appena scappato non gli faceva meno paura di quell’uomo che per un attimo l’aveva guardato da lontano come si guarda un fantasma.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Henry Mills, Signor Gold/Tremotino
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Rescuers ~

{ that’s the thing about children }

 

 

 

 

 

Al signor Gold non capitava spesso di ricevere visite.

Anni interminabili erano trascorsi dal suo arrivo a Storybrooke, nel Maine, e ogni giorno e ogni notte si erano succeduti esattamente identici a quelli che erano venuti prima e a quelli che sarebbero venuti dopo. Non una sorpresa, non un avvenimento degno di nota. Il signor Gold aveva imparato a vivere in una casa enorme e silenziosa e a trascorrere il suo tempo eterno in un negozio dei pegni vuoto, affollato di cose che nessuno veniva mai a reclamare, di vecchi ricordi che nessuno voleva indietro. Forse, in cuor suo, aveva sempre solamente aspettato.

Ma un giorno i campanelli suonarono, la porta si aprì e non ne entrò né un affittuario latore di una rata trascinata fino all’ultimo minuto né un possibile cliente annoiato alla ricerca della distrazione di un articolo d’antiquariato.

Sulla soglia c’era un bambino. Aveva le guance rosse come se avesse corso e gli occhi gonfi come se avesse pianto.

Il signor Gold, levato lo sguardo dai registri, lo vide e quasi sussultò.

Il bambino restò immobile al suo posto a fissarlo, ignaro delle immagini che la sua comparsa aveva liberato nella mente dell’uomo – su quella porta c’era un altro ragazzo che lo guardava con altri occhi troppo stanchi per piangere e che era circondato da onde alte e verdi e che anche senza muovere un passo sarebbe stato capace di ucciderlo lì e subito – poi Gold batté le palpebre, la morsa che gli aveva stretto il cuore si allentò e il tempo tornò a essere una distesa immota e incolore.

Fu lui il primo a riprendersi, costruendo un sorriso gentile e chiamando in aiuto una voce appena un po’ arrochita.

«Buon pomeriggio. Hai bisogno di qualcosa?»

Il bambino s’irrigidì sensibilmente alle sue parole, ma non indietreggiò. Forse ciò da cui era appena scappato non gli faceva meno paura di quell’uomo che per un attimo l’aveva guardato da lontano come si guarda un fantasma.

Non rispose, ma si concentrò di colpo sul pavimento e quel gesto esprimeva a chiare lettere tutte le cose che avevano guidato i suoi passi fin lì, alla porta più vicina o magari a quella più lontana. Al signor Gold, che vedeva e sapeva, il cuore si strinse ancora un po’. Fu una sorpresa scoprire di poter provare un dolore così familiare per qualcuno che non fosse se stesso o che non fosse il ragazzo con gli occhi stanchi.

Abbandonò i registri aperti sul banco, impugnò il bastone e zoppicò lentamente lungo il perimetro del locale, fino a raggiungere una scaffalatura vuota che attendeva di essere riempita del contenuto di uno scatolone posato sulla mensola più bassa.

«Stavo per catalogare delle cose. Ti va di darmi una mano?»

Il bambino alzò il capo di scatto e nei suoi occhi c’era un no terrorizzato – non da lui; piuttosto dall’essere entrato, dall’essersi lasciato alle spalle qualcuno che sicuramente lo stava cercando e che non era affatto felice di doverlo cercare. Ma quegli stessi occhi avevano appena scorto il primo degli oggetti che il signor Gold si era chinato a tirar fuori dalla scatola, e il terrore già si venava di una punta di interesse, fino ad essere del tutto spinto via da una crescente curiosità.

Era pur sempre un bambino, dopotutto.

Il signor Gold sorrise di nuovo, inclinando la preziosa lampada ad olio in favore dei raggi del sole che piovevano dalla vetrina affacciata in strada. «È molto bella, vero? Si raccontano cose interessanti su questo genere di lampade. Qualcuno sostiene persino che siano in grado di esaudire i desideri.»

La sistemò su un ripiano più in alto, quindi avvicinò a sé uno sgabello e si sedette più vicino alla scatola, mettendo da parte il bastone per potervi affondare entrambe le braccia. Con la coda dell’occhio vide che il bambino si era ritratto impercettibilmente dalla porta, avvicinandosi a lui di un solo piccolo passo. Finse di non essersene accorto.

«Questo, invece» soggiunse, sollevando un uncino d’argento, «viene da molto lontano, da un paese molto al di là del mare. Ti piacciono le storie sui pirati?»

Non attese risposta e cominciò a raccontare. Ed erano così tanti anni che non parlava di niente che un po’ si stupì che le parole affiorassero così volentieri alle labbra, che quelle avventure più antiche del mondo – di questo mondo – riempissero di vita l’aria del suo negozio troppo vuoto e troppo affollato. Continuò a parlare mentre lucidava l’uncino con un lembo della sua giacca, fingendo ancora di ignorare la presenza sempre più curiosa del bambino che aveva mosso un altro passo, solo un altro, proprio verso di lui.

Il terzo oggetto era un comune berretto a punta intessuto in una stoffa ruvida, stelle dorate su sfondo blu. Anche questo aveva una sua storia, anche questo riuscì a sciogliere la lingua e i pensieri e le sensazioni dell’uomo e a catturare l’attenzione del bambino che si avvicinò ancora, questa volta di due passi, due brevissimi passi.

Il signor Gold si rendeva conto appena di ciò che stava succedendo. Non aveva premeditato nulla, si era semplicemente seduto a cercare di asciugare pian piano la tristezza dal visetto di un ragazzino che aveva appena conosciuto – sebbene, oh, lo conoscesse da sempre – e che non gli aveva neppure rivolto la parola. Non si era reso subito conto di stare aiutando soprattutto se stesso, perché per una volta – no, per la prima volta da tutto quel tempo interminabile si ritrovava a condividere qualcosa con qualcuno. Gli oggetti sugli scaffali si susseguivano uno dopo l’altro: una scarpetta di vetro, una vecchia pipa, un orologio a cucù, una scacchiera, un arco di legno rigido, una bussola. A ciascuno di essi un racconto, a ogni racconto un colore in più nel mondo di silenzio che li circondava, a ogni colore qualche passo del bambino che alla fine gli fu abbastanza vicino da sfiorarlo.

Lo fece.

Il signor Gold si voltò e si ritrovò a guardare negli occhi puliti di una personcina che aveva superato qualunque paura per accostarsi a lui e chiedergli in silenzio perché piangesse.

Sorrise ancora una volta. «Ti prego di perdonarmi. C’è molta polvere in questo posto.»

Il bambino annuì. Sempre in silenzio, tornò a studiare con lui i tanti piccoli pezzi di vita che senza immaginarlo, forse senza volerlo, avevano condiviso.

Solo molto più tardi, quando lo guardò andare via col sorrisetto incerto di chi ha trovato un bel posto e intende tornarci, al signor Gold venne in mente che, se Henry Mills era riuscito senza una parola a portare un po’ di speranza a lui, anche lui con la stessa discrezione avrebbe potuto portare un po’ di speranza a Henry Mills.

Zoppicò verso il retro del negozio, in cerca di carta e inchiostro. Si ritrovò a chiudere per un attimo gli occhi, e questa volta non vide la stanchezza in quelli del ragazzo. Gli sembrò di aver finalmente ricominciato a vivere.

Al signor Gold non capitava spesso di ricevere visite. Fu quella di Henry Mills a ricordargli di essere ancora un uomo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Spazio dell’autrice

 

Il prompt ‘rarità’ suggeritomi da Ilovewrite poteva essere sviluppato davvero in molti modi, ma, non so perché, una volta superato il blocco d’ispirazione il mio primo pensiero è andato alla solitudine di Mr. Gold. Ho la quasi totale sicurezza che nessuno a Storybrooke – specie durante quei ventotto anni di attesa – si sia presentato mai al negozio dei pegni, se non forse per consegnargli qualche rata d’affitto. Quindi, mi sono detta, una cosa rara potrebbe essere un incontro a tu per tu con Henry che lo convinca del suo non essere impotente, di poter ancora influenzare il futuro dal momento che il passato non vuole lasciarlo in pace.

Questa shot vuole essere una sorta di prequel di un’altra mia storia. Quando scrissi Es War Einmal ero fortemente convinta che Gold ricordasse tutto già prima dell’arrivo di Emma a Storybrooke. Ora ho dei dubbi, perché sembra che gli autori abbiano dichiarato che invece è stato proprio il nome di Emma a fargli tornare la memoria. Beh, non so ancora come stiano davvero le cose, ma sinceramente non penso che uno stregone della portata di Rumpelstiltskin si sia lasciato sopraffare dalle ripicche personali di Regina – e sì, sono ancora dell’idea che potrebbe essere stato lui a rilegare il libro che Mary Margaret ha successivamente regalato a Henry.

L’avvicinamento tra Henry e Gold in questa nuova shot vuole infatti ruotare attorno all’ipotesi che Gold abbia deciso di spingere Henry verso Emma dopo che il ragazzino si dimostra essere l’unica presenza ‘amica’, l’unico suo contatto con la vita in un mondo in cui Rumpel, dopo Bae e dopo Belle, è più solo che mai. Probabilmente (se la mia teoria sul suo ricordare tutto è vera) era sua intenzione fin dall’inizio, ossia da quando ha procurato l’adozione a Regina, ma mi piaceva pensare che Henry potesse essere un accenno di riscatto ai suoi sempiterni sensi di colpa. Il titolo si riferisce al fatto che in un certo senso i due si stanno ‘salvando’ a vicenda, mentre il sottotitolo è tratto dal discorso di Gold a Emma nell’1x08.

Gli oggetti che ho citato provengono più o meno esplicitamente dai classici Disney Aladdin, Peter Pan, Fantasia, Cenerentola, La sirenetta, Pinocchio, Alice nel Paese delle Meraviglie, Robin Hood e Pocahontas. I primi tre (la lampada, l’uncino e il berretto a punta) si trovano di sicuro nel negozio dei pegni di Gold, gli altri considerateli mie licenze poetiche.

Aya ~

   
 
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