Ero arrivata a Finchley quella mattina, per il funerale. Quelle otto bare che venivano trasportate dalla chiesa al cimitero erano per me uno strazio. Lì c’erano i miei genitori, i miei fratelli, mio cugino e una sua amica. Il professor Kirke e zia Polly erano stati seppelliti a Londra, la loro città natale. Chissà perché su quel treno erano morti tutti coloro che avevano a che fare con Narnia, Lucy mi aveva parlato di Eustachio e di Jill, ma ovviamente io non ci credevo, e non ci credo ancora adesso. Tutta quella gente al funerale… non me l’aspettavo. Sapevo che i miei avevano tanti amici, ma ogni persona che mi veniva a fare le condoglianze era così triste che sembrava avesse perso anch’egli un parente. Tutti le compagne di Lucy con le lacrime agli occhi e il fazzoletto in mano, gli amici di Edmund e Peter con il completo nero che non volevano mettere mai. Harold e Alberta erano sconvolti, c’era il loro unico figlio in una di quelle bare. Mi salutarono educatamente ma non avevano la forza di parlare, come me d’altronde.
Non avevo trucco. Lo avevo lasciato a Londra. Una dimenticanza? Non lo so. Sicuramente mia madre aveva qualcosa a casa… La casa. Avrei alloggiato lì o sarei andata in un hotel?
Credo che sarei andata a casa, volevo starci qualche giorno per rivivere i ricordi, le uniche cose a cui mi aggrappavo adesso, e poi sarei scappata via da quell’orrendo paese, via forse anche dall’Inghilterra. Avrei provato a dimenticare. Sarebbe stato difficile, lo sapevo.
Un taxi mi accompagnò a casa. Presi le chiavi, aprii la porta e una volta dentro sentii il profumo di qualcosa ormai lontano.