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Autore: elhy     23/09/2012    0 recensioni
piccola storia senza pretese che vede come protagonisti la coppia JJ/Spence, ambientata durante la quinta stagione, senza la presenza di Will o Henry! Spero di rubarvi 10 minuti di piacevole lettura!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jennifer JJ Jareau, Spencer Reid
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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LA LUCE SUL MIO CAMMINO
 
Non era stato uno dei loro casi più difficili, quello che avevano appena concluso, ma sicuramente uno dei più strani. Non si sente spesso, infatti di vittime trovate dissanguate con i segni di canini a perforarle il collo.
 Veniva chiamato fenomeno del vampirismo, aveva prontamente specificato il dottor Spencer Reid.  Aveva poi continuato, affermando che rendeva le persona che ne erano affette, in uno stato di totale trans, il quale le faceva dimenticare di ogni dettaglio dell’ accaduto.
L’assassino questa volta si trattava di una donna: una ragazza profondamente turbata emotivamente, che aveva trovato il fattore scatenante nella completa adorazione verso la star di musica gotica che si faceva chiamare Dante e che era stato il primo sospettato nell’ indagine, proprio per il suo costume, che impersonava la figura del vampiro.
Si, non era stato sicuramente uno dei loro casi più difficili, ma non si era concluso proprio nel modo più sereno… almeno non per Jennifer, che durante la fase di cattura, aveva ricevuto un colpo di vanga sulla testa che le aveva fatto perdere i sensi per un bel po’ di tempo.
Quando aveva riaperto gli occhi, il primo volto che aveva riconosciuto era quello di Spencer. Uno Spencer preoccupatissimo ed agitato, che si informava sulle sue condizioni, con un infermiere dell’ ambulanza.
Il pensiero che le era subito affiorato alla mente, e di cui ancora non capiva la natura, era che ultimamente, e soprattutto in quest’ ultima indagine, Spencer era stato l’unica costante della sua vita, sempre frenetica ed imprevedibile. Lui c’era sempre, che si trattasse di momenti duri o felici, di vittorie o sconfitte, la sua presenza le era sempre accanto. E ciò le provocava un piacere immenso.
Si erano piaciuti fin da subito, loro due, anche se in modi differenti. Lei, fino ad allora, lo aveva sempre visto come un fratello minore, quasi un figlio a cui occorreva protezione, una creatura dall’ animo nobile, ma al contempo estremamente fragile. Lui, invece, aveva sempre sospettato che i sentimenti che provava: il fatto di sentirsi più forte in sua presenza, di volerla sempre accanto, fossero qualcosa che andava ben oltre la semplice amicizia.
E piano, piano, col passare del tempo, i ruoli avevano cominciato ad invertirsi, prima timidamente, poi con sempre più prepotenza. Ora era Spencer che correva in aiuto di JJ, e non più viceversa. Era Spencer che le stava accanto, ed era lui che appena arrivati sul Jet la fece stendere su uno dei divanetti, e si preoccupò di coprirla e di controllare che ponesse il ghiaccio sulla ferita alla testa.
Appena aveva cominciato a sentire il sollievo delle coperte, ed il torpore dovuto agli antidolorifici, JJ si era profondamente addormentata, dimenticandosi di tutti quello che in quella giornata era accaduto, e pensando solamente a quanto si sentisse protetta in quel momento.
Quando riaprì gli occhi, erano quasi a metà del viaggio, e la squadra stava discutendo su come era possibile che una persona annullasse la propria identità, per seguire una moda o l’idolo del momento.
“Bentornata!”, l’accolse la voce calda e giovanile di Spencer, che si trovava seduto ai suoi piedi, lasciando distrattamente appoggiare un braccio sulle sue gambe.
“Ehi”, rispose lei. Fece per alzarsi, ma subito fu colta da un dolore acuto alla testa e Spence, notando l’espressione che le apparì in volto, la pregò di stendersi di nuovo, che l’avrebbe chiamata lui, non appena fossero arrivati in aeroporto.
Il viaggio proseguì tranquillo come sempre. Reid si stava per assopire, quando Hotchner lo chiamò a sedere un attimo vicino a lui.
“Si?”, “Volevo ringraziarti, per oggi, se non fosse stato per la tua chiamata, non tutti saremmo qui ora, ma anche per tutto il resto” disse il capo con aria seriosa. “Mmm, non credo di capire Hotch..”, “Sei un elemento prezioso per la squadra. Molti sforzi non sarebbero stati compiuti senza il tuo aiuto, molte vite non sarebbero state salvate” “Ma… come tutti noi, siamo tutti indispensabili, e tutti allo stess…” “Lasciami finire, ti prego. E’ vero, siamo tutti indispensabili, ma tu sei poco più di un ragazzo, molti tuoi coetanei sono in giro per bar o locali a quest’ ora, tu no. Sei stato messo in grave pericolo, tre anni fa. Tanti al tuo posto avrebbero abbandonato, ma tu hai continuato a compiere il tuo dovere con estrema diligenza, sei cresciuto, e anche il fatto di essere riuscito a superare la dipendenza ti fa onore. Volevo solo dirti, che sono fiero di te, Reid.”
Gli occhi scuri di Hotch erano ancora puntati su di lui, quando il giovane rispose, come se fosse la cosa più ovvia al mondo “Siete la mia famiglia”.
Arrivati all’ aeroporto di Quantico, Spencer svegliò JJ, come le aveva promesso, e insieme al resto del gruppo scesero la scala, per dirigersi alle auto e tornare al Quartier generale.
Non aveva smesso di fissarla un solo istante, quando era tornato a sedere al suo posto. Si, lui aveva dato tanto a quella squadra, ma ancora di più aveva ricevuto. Dopo il ricovero della madre, si era infatti ritrovato completamente solo. Non aveva parenti stretti che lo accettassero, non aveva amici. Entrare a far parte della BAU, gli era sembrata la cosa più bella al mondo: era tornato a sentirsi benvoluto, a sentirsi a casa.
E come era accaduto a JJ  poco tempo prima, anche a Spencer erano cominciati a  riaffiorare alla mente diversi flashback, a come lei, anche il ragazzo si era sorpreso del fatto che in ogni immagine, che fosse negativa o positiva, c’era sempre un’ unica costante… Jennifer.
Qualcosa li aveva uniti fin dal primo momento, e non accettava l’idea di essere l’unico ad averci fatto caso. Sarebbe stato un segreto che non avrebbe mai svelato?
Non seppe dire che cosa lo spinse ad agire, quella sera…
Arrivata finalmente a casa, JJ aprì la porta, faticando a trovare il buco della serratura, causa la vista ancora annebbiata. Appoggiata la borsa ed il giubbotto sul divano, si preparò per andare a fare una doccia rinvigorente e quando, finalmente si stese, tutta la stanchezza e la tensione per la giornata appena terminata le crollarono addosso.
Il senso di sicurezza che l’aveva avvolta sull’ aereo, era di colpo svanito. Al suo posto si era invece fatta lago la consapevolezza di quanto il suo lavoro la mettesse in pericolo, di come le impedisse di pensare ad un futuro con una famiglia… c’era sempre nebbia nel suo domani.
Driin!
Era ancora seduta sul divano ed assorta nei suoi pensieri, quando il campanello la fece sobbalzare, provocandole un ulteriore dolore alla ferita.
“Arrivo!” gridò a denti serrati.
Era Spence. “Ciao…io…ero venuto a vedere come stavi…sai, hai dormito tutto il viaggio e non ho avuto modo di chiedertelo con calma.” E terminò la frase con uno dei suoi soliti sorrisetti appena accennati, di quelli che gli facevano risaltare le fossette sulle guance, quelli che JJ adorava.
“Dai non stare sulla porta, entra!” Gli sorrise Jennifer, colta da un improvviso senso di conforto, nel trovarselo di fronte.
Lo fece accomodare sul divano. “Ti va un caffè?” “Oh si, molto volentieri, grazie” Mentre lo preparava, scese su di loro un silenzio pesante, che fu rotto solo quando il ragazzo disse “Allora…non mi hai ancora detto come ti senti” ,”Bene, io sto bene, davvero” “Sei… sei sicura? “ “Perché credi che abbia qualcosa che non va?”
“Ti ho vista alla finestra prima…prima di suonare il campanello, volevo essere sicuro di non disturbare, e tu eri seduta qui, al buio, a fissare il vuoto” “Ho solo un po’ di mal di testa dovuto alla ferita” cercò di scusarsi lei, ma quando il ragazzo la indagò con gli occhi, non riuscì a sorreggere la storia a lungo. Aveva riempito le tazze e si era seduta da parte a lui sul divano, incapace di sfuggire il suo sguardo.
“Lo sai che con me puoi parlare”, e allora cominciò a sfogarsi. “E’ vero, non sto bene… è come se tutte le volte che cerco di guardare il mio futuro, scoprissi che questo è avvolto dal buio delle incertezze, privo di garanzie, non so nemmeno se è in serbo per me!” “JJ…tutti hanno queste paure, quando ero bambino io credevo che sarei finito in un istituto, come mia madre, qualche volta ci penso ancora, ma poi mi rendo conto che la vita mi sta regalando un milione di opportunità. La possibilità di far carriera, di essere notato, di avere accanto persone speciali… come te. E io non ho intenzione di sprecare un singolo istante.”
“Già…hai ragione, probabilmente dovrei essere felice dell’oggi che sto vivendo…vorrei solo avere un po’ di sicurezza”.
Spinto dal desiderio di proteggerla, Spencer appoggiò la tazza sul tavolino di fronte al divano, e con movimenti lenti, ma convinti, l’abbracciò.
Era curioso vedere che il ragazzino sempre agitato, e cosi insicuro, si era piano piano trasformato in uomo, con le stesse paure magari, ma dotato di una facciata più forte e sicura, di quanto non fosse prima.
Questo Jennifer lo sapeva bene, lei era la sola che lo conosceva cosi profondamente da riuscire a vedere oltre la maschera che aveva scelto di indossare. Quando rispose all’ abbraccio, si aggrappò a lui con tutte le sue forze, sperando di poter finalmente scorgere un po’ di luce.
Ancora una volta, fu Spencer a rompere il silenzio “Sai, in realtà c’è anche un altro motivo per cui sono venuto, stasera. Oggi, sull’aereo, mi ha parlato Hotch. Mi ha voluto ringraziare…per tutto il lavoro, per il mio cervello, per non aver mollato. Io gli ho risposto che siete la mia famiglia, e l’ho fatto come se fosse la cosa più naturale del mondo, ma non sono stato del tutto esauriente…” “Che vuoi dire?” chiese JJ alzando la testa dal petto di lui, e fissandolo negli occhi.
“Voglio dire che se sono tornato, se ho avuto la forza di smettere a drogarmi, lo devo a tutti, ma soprattutto ad una persona. E mentre lo pensavo  mi sono accorto che in tutto il tempo in cui ci conosciamo, non ho mai avuto il coraggio o il tempo di prenderti da parte e dirti GRAZIE. Quella persona sei tu JJ. Mi sei sempre stata accanto, anche dopo che ti avevo invitato alla partita ed era venuto fuori un appuntamento da non commentare, tu non hai mai allontanato. Quando mi assalivano le paure sulla schizzofrenia, tu eri li. Certo anche gli altri c’erano, ma tu hai sempre occupato un posto in prima fila, e invogliandomi a misurarmi con i miei pensieri, mi hai reso una persona migliore.”
Riprese fiato e coscienza di sé, perché recitare quella confessione, mantenendo il contatto visivo, e non balbettando, gli era costata non poca fatica, ma era deciso ad andare fino in fondo.
Jennifer era stata immobile per tutto il tempo. Non sapeva che cosa rispondere o cosa fare. E’ vero, da quando si conoscevano non avevano mai avuto un occasione per esprimere chiaramente quanto bene si volevano.
“Spence, io… è la cosa…sono le parole più belle che mi siano mai state dedicate.” “Lo so, forse sbaglio, ma io vedo che il velo di paura che porti negli occhi, si schiarisce quando sei con me, e credimi, farei tutto quanto è in mio potere per scacciarlo…per sempre.” Cominciava a balbettare, il suo autocontrollo stava dando segni di cedimento, e l’atmosfera si era improvvisamente fatta carica.
La mano di JJ era ancora posata sul petto del ragazzo, da cui poteva sentir provenire i battiti del cuore farsi sempre più prepotenti, sempre più ravvicinati, come il suo.
Allora gli prese una mano, se senza interrompere il contatto visivo, gliela posò sul suo cuore. Si poteva sentire il TUM TUM provenire dai loro petti, risuonare all’ unisono.
Con la mano libera, Jennifer spostò una ciocca di capelli dalla fronte del ragazzo. Stavano ricrescendo, e il taglio da ribelle faceva posto allo Spence di sempre.
A quel punto il ragazzo non seppe resistere, e con un ultimo, prepotente battito, avvicino il suo viso a quello di lei consapevole che con quel gesto avrebbe potuto rovinare tutto, ma deciso a conoscere la verità sui sentimenti della ragazza. Se avesse voluto allontanarlo lo avrebbe fatto prima, e non si sarebbe comportata in quel modo.
E infatti le loro labbra si incontrarono in un leggero bacio, e nessuno oppose resistenza.
Erano ben consapevoli di avere una casa a disposizione, ma non vollero rovinare l’atmosfera che si era creata: era qualcosa di troppo puro e prezioso per essere distrutto.
Quando l’incertezza iniziale svani, le mani di Spencer si trovarono a giocare con i capelli della ragazza, che lo strinse in un abbraccio ancora più forte.
A quel tocco, Jennifer, immaginò di essere su una strada. Un vicolo prima buio, ma che piano piano cominciava a lasciare posto ad un fascio luminoso, fino ad esserne completamente invasa.
La nebbia stava piano piano svanendo, per far posto ai raggi di sole su quel futuro che stava nascendo. Un futuro con Spencer.
 
  
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