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Autore: Nat_Matryoshka    25/09/2012    4 recensioni
"Quasi settant’anni di sonno, e il mondo intorno a lui era totalmente cambiato. Non erano tanto i grattacieli e le automobili (molto più numerose e veloci) a spaventarlo, quanto la violenza dei colori che lo circondavano: un’esplosione di rosso, blu, bianco, giallo, arancio, verde, che lo avevano aggredito, mordendogli gli occhi, confondendolo e facendolo sentire ancora più indifeso di quando si era svegliato nella piccola stanza che qualcuno aveva crudelmente arredato in stile anni ’50, come a volergli garantire un angolo in cui il tempo si era fermato…"
[Steve/Peggy] [Post Captain America / pre - The Avengers]
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Steve Rogers/Captain America
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno
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God showed me your true colours


Il volto dell’uomo che aveva di fronte era una maschera di gravità dalla voce controllata, quella di chi ha qualcosa da dire ma cerca di farlo nel modo più indolore possibile.

“Hai dormito per un bel po’, Cap. Per quasi settant’anni”.

Quasi settant’anni di sonno, e il mondo intorno a lui era totalmente cambiato. Non erano tanto i grattacieli e le automobili (molto più numerose e veloci) a spaventarlo, quanto la violenza dei colori che lo circondavano: un’esplosione di rosso, blu, bianco, giallo, arancio, verde, che lo avevano aggredito, mordendogli gli occhi, confondendolo e facendolo sentire ancora più indifeso di quando si era svegliato nella piccola stanza che qualcuno aveva crudelmente arredato in stile anni ’50, come a volergli garantire un angolo in cui il tempo si era fermato…
Aveva un appuntamento. Ma il tempo, fuori da quella camera e dalla sua tristezza monocroma, continuava a scorrere, implacabile.

La guerra era finita, i vinti si erano arresi e i vincitori avevano festeggiato, come sempre succedeva e sempre sarebbe successo. I compagni sopravvissuti erano tornati a casa, tutti sembravano felici, le strade erano un tripudio di cori festanti, gente che abbracciava i propri cari e sfogava il sollievo provato unendosi alla folla.
L’aveva rivista poco dopo, fuori dalla base dove si erano lasciati: la scintilla che le aveva illuminato gli occhi era stato il suo benvenuto, il ringraziamento per essere tornato a casa. L’aveva abbracciata, si era lasciato avvolgere dal suo profumo e da quel momento i colori, tutti i colori, avevano assunto un senso.

Verde
, come il vestito che indossava la sera della loro prima uscita insieme, in una New York finalmente piena di luci che rallegravano l’animo invece di spaventare. L’aveva sempre vista in divisa, ma doveva ammettere che anche il verde chiaro le stava benissimo, sulla seta morbida che le modellava il corpo, morbida quasi quanto l’onda dei capelli neri. Quando l’ aveva fatto scivolare oltre le sue spalle, per ricoprirle il collo di baci, e sussurrarle all’orecchio quanto fosse bella, aveva constatato che anche la pelle era morbida e liscia, quanto e più della seta che era appena caduta ai suoi piedi.
Rosso
, il rossetto che gliel’avrebbe fatta distinguere tra mille, un rosso che sulle altre donne sarebbe sembrato dozzinale, ma che su di lei era splendido, come se fosse il colore naturale delle sue labbra. Rosso che si sostituiva all’azzurro di una gonna che aveva indossato solo una volta, alle lenzuola del letto che avevano comprato per la loro nuova stanza, su cui si erano rotolati per gioco la prima volta e dove avevano dormito ogni notte a partire da quel momento.
I due colori sfumavano, la scena si tingeva di un bianco abbagliante: Peggy vestita da sposa gli sorrideva dall’altare, luminosa come una stella tra gli abiti sobri degli invitati, i gigli che sembravano fare a gara con lo splendore semplice del vestito – bianchi anche loro – stretti tra le mani guantate. Per quanto avesse potuto pensare e ripensare al modo giusto di avanzare la sua proposta, le parole erano venute spontanee, come se, in qualche modo, le avesse sempre avute pronte dentro di sé.


Il gomitolo dei pensieri si dipanava, la mente viaggiava spinta dal bisogno di raccoglierli.

La luce del bianco sfumava in un giallo dorato, il pomeriggio in cui lei gli aveva detto di essere incinta, e la luce d’oro aveva contagiato anche gli occhi, riempiendoli di una gioia che non le aveva mai visto prima. I mesi erano trascorsi, i colori avevano accompagnato le stagioni e le sue paure e preoccupazioni per quanto lo attendeva, fino a che, in un altro pomeriggio luminoso, la luce da dorata era diventata un tramonto caldo, come un incendio: la copertina rossa nella quale l’infermiera aveva avvolto la loro primogenita, un esserino piccolo come un cucciolo e altrettanto indifeso. Ancora una volta era stato il sorriso della donna che ora era sua moglie a rassicurarlo, attenuando le sue paure con la sicurezza di un solo abbraccio. Siamo insieme, sembrava volergli comunicare. Se restiamo così, cosa potrebbe farci del male?
Alla piccola Victoria era seguita un’altra bambina qualche anno dopo, che aveva portato con sé gioia e un’ondata di rosa nelle loro esistenze, il
rosa dei vestitini che Steve sceglieva, e che Peggy criticava scherzosamente per i troppi nastri e fiocchi “assolutamente frivoli”...
I colori ormai neppure si distinguevano, nella tavolozza che dipingeva la sua esistenza poco a poco e delineava i contorni di quella che, lo sentiva, era la miglior vita che potesse desiderare. Nei pomeriggi che gli regalavano la tranquillità di un riposino sotto ad un albero, fissava nei suoi occhi il riverbero del sole tra le foglie, seguendolo con una carezza tra i capelli di Peggy, appoggiata al suo fianco. La luce li fondeva tutti, eppure erano lì, intorno a lui. I colori del suo album da disegno, traccia di una vita in cui l’Hydra, Capitan America, i nazisti e la guerra erano solo brutti ricordi, in cui il saluto triste e pieno di frasi non dette tra un giovane militare e quella che sarebbe potuta diventare la sua compagna sembravano solo un’altra scena da film…


Arrivato all’ultimo capo del filo, tutti quei colori sparivano, come se un solvente invisibile li avesse cancellati. Niente rosso, né verde, né blu, né rosa: il beige desolante delle quattro mura, dell’assenza di Margaret Carter, era tutto ciò che poteva ottenere da quanto lo circondava, nonostante tentasse di convincere la sua mente a collaborare e a riportargli indietro almeno uno dei colori che aveva sottratto. E quando non ce la faceva più a sopportare la finzione spazio-temporale di quella stanza, ascoltava le sue gambe e usciva in strada, per abituarsi suo malgrado alla forza luminosa della città che lo inglobava. Oppure si chiudeva in palestra, aspettando che non ci fosse nessuno, e sfogava il dolore che lo riempiva fino al collo in pugni ed esercizi che gli prosciugavano le forze ma che, allo stesso tempo, svuotavano la mente.

Ciò che non uccide, dovrebbe fortificare?

Portava con sé solo un blocco da disegno stropicciato, una matita e la gomma da cancellare: erano sufficienti. Immerso nel frastuono di una New York che non si fermava mai, provava a fissare su carta qualche frammento delle illusioni che affollavano i suoi pensieri, riuscendo solo a ricavare degli occhi, un sorriso, la piega di un abito. Bastava così.
Aveva capito che l’unico modo per dare una direzione ai suoi sentimenti era quello di trascriverli su carta, trasformandoli in tratti e schizzi a matita. E disegnare, rendere grafite tratto figura la donna che faceva capolino fra i suoi ricordi, era tutto ciò che faceva.
Tra i sorrisi della gente, le loro corse frenetiche, ritagliava il suo angolo di calma al tavolino di un caffè e disegnava, senza curarsi del resto.


La matita scorreva, la mente provava a starle dietro, spesso senza riuscirci. Agli occhi si accompagnava la forma delicata di due labbra, che poi diventavano rosse, unica macchia di colore tra gli schizzi in bianco e nero.

Gli altri, forse, sarebbero arrivati in seguito.


Angolo dell'autrice

Senza l'ispirazione di questo video, la mia fanfiction probabilmente non sarebbe mai nata: http://www.youtube.com/watch?v=6Z4LBZWJjzM
E' un tribute a Steve e Peggy così bello che, guardandolo, non ho potuto fare a meno di rifletterci su e, di conseguenza, di scriverci. Perché sono una coppia "mancata" splendida, piena di angst (<3) e molto ben basata, c su di loro c'è davvero troppo poco. Ho provato a tradurre in parole le emozioni che il video ha suscitato in me (rielaborandolo a modo mio col filo conduttore dei colori), come al solito spero di non essere andata OOC e che questo mio tribute personale sia almeno piacevole da leggere!

Ovviamente, le loro figlie sono miei OC. Il titolo non ha un particolare senso, mi è venuto spontaneo tra una riflessione (soprattutto sul Cap di The Avengers e il suo "esiste un solo dio, e di sicuro non è vestito in quel modo") e l'altra, e dato che suonava bene, l'ho scelto.
Diffondiamo la Steggy, il fandom ha bisogno anche di loro <3

Detto questo... il mio ringraziamento va come al solito a TsunadeShirahime, per i consigli e il paziente betaggio che mi offre sempre, e agli amici che mi sostengono col loro affetto e la volontà di leggere ogni mio piccolo "obbrobrio letterario". E a voi lettori, che se mi lascerete una piccola recensione o critica mi renderete ancor più felice :)

Besos!

Nat

   
 
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