Storie originali > Romantico
Ricorda la storia  |      
Autore: GloriaHugo    25/09/2012    1 recensioni
Valentina è una siciliana che studia Matematica a Bologna. Umberto è suo amico da sempre.
Vi chiedo solo una cosa (e ve la chiedo in ginocchio): recensite!!!
Per piacere, voglio sapere cosa ne pensate di me come scrittrice, ne ho davvero bisogno.
MissBallerina
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

PROFUMO DI MARE



Settembre
Umberto ha tre anni più di me, ed ha sempre fatto parte della mia vita, essendo i suoi genitori amici di famiglia. Ha avuto la possibilità di studiare fuori, e si è trasferito a Bologna. Io, invece, ho vinto una borsa di studio nella stessa città.
Oggi sono arrivata sin qui in treno. Non ho voluto che nessuno mi accompagnasse. Voglio rimanere sola con i miei pensieri, voglio godermi il viaggio.
Arrivo nella via del mio piccolo appartamento e lo trovo ad aspettarmi. Sorride in quel suo modo caratteristico, incoraggiante. Forse perché l’ho sempre considerato un fratello maggiore, o forse semplicemente non l’ho mai considerato, ma solo oggi mi accorgo di quanto sia bello. È alto, ma non è un gigante; ha i capelli rossi scompigliati dal vento, gli occhi azzurri che sembrano sorridere. Scendo dalla mia macchina e lo abbraccio: un abbraccio che sa di casa, che profuma di mare.
<< Benvenuta >> dice.
 
 
Siamo al mare. Quando è venuto a prendermi, mi ha dato una bacio sulla guancia, un bacio che sapeva di mare. Sono completamente vestita: in Emilia fa piuttosto freddo e io sono molto sensibile.
Lui si è tolto la maglia e si è steso sulla sabbia. Vedo qualcosa brillare.
<< Ti sei messo l’ orecchino >>.
Diceva che non se l’ avrebbe mai avuto. Però gli sta bene. Proprio bene. Dopodomani inizia l’ università, non sono preoccupata, ho superato tutti i test.
<< Sì, scricciolo. >> mi risponde.
A me fa piacere stare con lui. Ma a lui? Non sarà affetto fraterno?
Quando mi chiama scricciolo mi sale un brivido lungo la schiena.

 
 


Ottobre
Arrivo alla mia meta. Lo vedo, nel corridoio, insieme a ragazzi e ragazze. Ci salutiamo sorridenti, mi manda un bacio con la mano. Sento profumo di mare. Entro in aula e mi siedo accanto ad una ragazza dai capelli perlacei tenuti da un cerchietto nero.
<< Valentina. >> mi presento.
<< Monica. >> risponde lei. << Bel taglio di capelli. Io ne ho così pochi che sono costretta a portarli lunghi, ma i tuoi sono stupendi, tanti e castani. >> sembra una grande chiacchierona molto simpatica.
Monica mi osserva, incerta, poi decide di parlare: << Carino, il ragazzo che hai salutato prima. >>
Sento odore di gelosia.
Istintivamente cerco di negare, ma lei mi dice che non ho nulla da temere, perché siamo una bella coppia.
Inizia la lezione di matematica.
 
 
Ottobre è il mese che odio di più in assoluto, perché c’è l’uva, ma anche perché piove e fa freddo. Tra qualche settimana, comincerà a fioccare.
Sto tornando a casa. Un passo dopo l’altro, attenta a non scivolare. Sembra che cammino sulle uova, ma pazienza. Evito le pozzanghere e cerco di non attraversare agli incroci, dove l’acqua piovana confluisce nelle fogne. Ieri sera siamo andati insieme al cinema. Il mio istinto di autoconservazione non è molto forte, evidentemente. So già che soffrirò. Perché lui, cosa ci troverà mai in me?
Come ad ogni film che si rispetti, la sottoscritta non ha potuto non commuoversi.

<< Ehi >> mi dice, ridendo, durante i titoli di coda << se vuoi piangere c’è sempre la mia spalla. >>
Ma io non sono così sciocca: non piango e non uso la sua spalla come un poggiatesta. Anche se avrei tanto voluto annusare il suo profumo che sa di mare.

Purtroppo, se detesti la pioggia e hai un equilibrio precario, non puoi perderti nei ricordi della serata passata con il ragazzo che ti piace.
Scivolo e sto quasi per cadere, quando un braccio muscoloso mi tira su con forza. Un ragazzo del mio corso con cui non ho mai parlato. All’apparenza può sembrare un bullo, grande e grosso com’è, ma negli occhi c’è una dolcezza da far concorrenza ad un bambino. Sono parole di Monica, che cerca in tutti i modi di piacergli, aspettando che sia Stefano (così mi pare che si chiami) ad accorgersi di lui.
<< Attenta, Valentina. >>
Mi chiedo come faccia a sapere il mio nome, ma Stefano dissolve ogni mio dubbio: << Sei amica di Monica, normale che ti conosco. >>
Mi squilla il telefonino; rispondo: << Mony, dimmi tutto.>>

 
 


Novembre
Monica e Stefano stanno insieme. Io sono ad un punto fermo. Umberto è fin troppo felice del fidanzamento dei miei nuovi amici.
Gli chiedo se è geloso, ma lui mi risponde che nessuno può toccarmi senza la sua autorizzazione. Faccio finta di essere offesa; dentro sento come una scossa di terremoto, che mi squarcia il cuore in due. Sono solo un’illusa, penso.
Ho riflettuto tanto nei giorni scorsi. Umberto, in fin dei conti, l’ho sempre ammirato e amato. È un ragazzo fantastico, allegro, bravo ad esprimersi. È estroverso, capace di convincerti di ciò che pensa. Ha carisma. Io non sono mai stata brava con le parole. Descrivere come mi sento in sua presenza è difficile. Il suo profumo di mare mi fa sentire a casa, giù in Sicilia; le sue braccia forti che mi stringono sono un rifugio; la sua risata è contagiosa. Ha delle labbra perfette, non troppo sottili. Troppe volte ho desiderato di averle tra le mie. Ma so di essere solo un’illusa.
 
 
L’altro ieri sera io, Stefano, Monica e altri ragazzi del corso siamo andati a ballare in discoteca, la più famosa di Bologna. Sono entrata un po’ timorosa, ma la pista era troppo invitante. Quando hai frequentato una scuola di danza per undici anni, la danza diventa parte integrante di te, non puoi più vivere senza. E così mi sono tuffata insieme alle altre.

Sono qui che ballo nel metro quadrato che ho a disposizione, seguendo la musica e muovendomi come mi va, quando incontro due iridi familiari e una capigliatura rosso fuoco alla Weasley. Umberto mi guarda e io lo guardo, gli occhi neri negli occhi azzurri. Il mondo si restringe a noi due. Alzo una mano in segno di saluto. Lui si avvicina. Siamo ancora legati dai nostri sguardi.
Gli occhi sono lo specchio dell’anima, penso.
E poi balliamo.

Oggi è Lunedì e non sono andata all’università, ho la febbre. Mony è passata un paio d’ore fa, prima di andare a casa del suo ragazzo. Mamma e papà hanno telefonato per sapere come sto.
Adesso c’è Lui, qui con me. Secondo la mia amica è solo una scusa. Secondo me anche: è qui in veste di fratello maggiore. Si vede che sono pessimista, eh?
Ho freddo. Umberto mi stringe a sé. Il mio cervello parte definitivamente. Sento profumo di salsedine.
 
 



Dicembre
Ha cominciato a nevicare già da un po’. Rabbrividisco, nostalgica del caldo siciliano, e guardo con invidia le ragazze che riescono ad andare in giro con non più di un maglione e una sciarpa, o che riescono a non sembrare un pinguino anche se indossano in piumino. Ma io sono piccola, uno “scricciolo”. Non sarò mai come loro.
Guidando la mia auto arrivo all’università. I miei me l’hanno regalata sapendo che non ce l’avrei mai fatta a sopportare quest’inverno. Prima di uscire dall’abitacolo mi passo il burro cacao sulle labbra screpolate. Infilo i guanti, mi alzo il cappuccio della felpa e sfido la tormenta. Con la coda dell’ occhio do un’occhiata in giro. Umberto è seduto sulla sua moto insieme ad una giovane con le caratteristiche di cui sopra. Anzi, non è seduto. È abbracciato. Il mondo mi crolla addosso.
Mi volto e salgo le scale, raggiungo Monica alle macchinette.
<< Vale, che c’è? >> chiede preoccupata.
Ho la netta sensazione che la mia faccia non sia delle migliori: esprime tristezza e rabbia. Sono un libro aperto.
<< C’è che sono un’idiota colossale >> e scoppio a piangere.
 
 
È il 23 dicembre. Le valigie sono quasi pronte: domani torno a casa.

“Arrivederci al tre gennaio, neve.”
In queste ultime due settimane ho evitato di uscire con Umberto il più possibile, gli ho rivolto la parola soltanto se necessario. Mandato solo messaggi di risposta ai suoi. Sono arrabbiata con me stessa per aver soltanto pensato di aver una chance. Certo, non ho visto niente di che, solo un abbraccio. Ma dentro di me lo sapevo sin dall’inizio di non avere speranze, come non ne avevo mai avute con i miei ex. Non attraggo, io. La esperienze passate non devono avermi scalfito molto, visto che ho deciso di soffrire ancora di più. Comincio a piangere senza un briciolo di dignità, senza riuscire a fermarmi.
I pianti purificano l’anima. Peccato che non la guariscono.
Un singhiozzo dopo l’altro,una lacrima dopo l’altra, a significare che sono solo un’illusa. Questo mondo non è fatto per i deboli, penso, non è un mondo giusto.
Mony dice che la speranza è l’ultima a morire. Purtroppo io non ne ho mai avute, di speranze.
Penso al suo sorriso ai suoi occhi ai suoi capelli al suo profumo alla sua risata al suo carisma a Lui. E piango.
Domani si torna a casa, sono contenta. Ci sono i miei amici e i miei parenti che mi aspettano. C’è mia sorella che si lamenterà perché le ruberò un quarto di armadio, per poi cominciare a raccontarmi le sue conquiste. E sorrido. Come quando piove con il sole.
Suona il campanello. Vado ad aprire, asciugandomi il volto con la manica dalla felpa. A riprova di quanto sono idiota non guardo lo spioncino. E faccio male.
Umberto è sulla soglia.
Lo invito ad entrare, e lascio che chiuda lui la porta. Vado in salotto per vedere ciò che manca in valigia, poi in camera mia. Mi segue.
Non ho ancora incontrato le sue iridi azzurre, non ne ho il coraggio.
<< Hai pianto. >> è la sua constatazione.
Annuisco.
<< Domani torno anche io a casa. >> annuncia.
“Sì, per dire ai tuoi che ti sei fidanzato.”
Penso alle pillole che prendo da un annetto. Anche il mio ex era un figo bestiale. Troppo bestiale. Cerco di pensare a qualunque cosa mi viene in mente, e intanto cerco le mie calze.
Umberto mi si avvicina. Libera le mie mani fatte prigioniere nel cassetto da me stessa. Passa una mano trai miei capelli corti. Mi costringe a guardarlo. Profuma di mare. Nei suoi occhi c’è il mare. Nei suoi capelli c’è il sole. È l’immagine della mia terra, della Sicilia.
Poggia la sua bocca sulla mia. E io sono troppo stupida per rifiutare.
Faccio quello che ho sempre desiderato: avere le sue labbra tra le mie. Ci baciamo lentamente, senza frenesia. Non c’è fretta. Respiro. Mi alzo sulle punte per essere quasi alla sua altezza.
Lui si stacca da me; penso che non gli sia piaciuto. Ma il mare dei suoi occhi è allegro, brilla di luce.
Ci sdraiamo sul letto. Ci baciamo ancora, ancora e ancora. C’è sempre odore di mare, ma è misto all’inconfondibile profumo degli agrumi, arance limoni e mandarini.
Delicatamente le sue labbra si spostano sul mio collo, poi sempre più giù. Il suo maglione grigio finisce a terra, e poi tutti gli altri indumenti, miei e suoi. Bacia ogni angolo del mio corpo con dolcezza. Unisce le nostre labbra, io gli allaccio le braccia al collo, passo le dita tra i suoi capelli.
<< Ti amo. >>
Siamo sotto le coperte. Poggio la testa sulla sua spalla.
<< Piangi tutte le lacrime che vuoi. >> dice Umberto sereno.
Ma io non ho lacrime da versare.
Ha smesso di piovere col sole.
È arrivato l’arcobaleno. Non se ne andrà più. 

 

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: GloriaHugo