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Autore: TheRedFox    25/09/2012    0 recensioni
"-Scusi mi può ripetere?- Sofia non poteva credere a quello che aveva sentito.
-Mi dispiace, ma non ho nessuna Karen Walker in lista-"
"Le grida erano strazianti, Sofia avrebbe voluto che cessassero, che la sua vita terminasse per far sì che non potesse più sentire la disperazione penetrargli dentro, ma non poteva..."
Genere: Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il rumore dei suoi passi stava diventando insopportabile.
Ogni volta che camminava, sentiva sotto i piedi la suola bagnata che premeva sul pavimento con un suono sordo e mozzato.
Intorno a lei silenzio.
Ad un certo punto, mentre percorreva il corridoio, aveva calpestato una pozza d’acqua. Il liquido era schizzato anche tra le sue caviglie, ed aveva avvertito una sensazione gelida percorrergli la schiena.
Aveva camminato per qualche minuto, ma immersa in quel silenzio, con l’unico rumore i suoi pensieri, credeva che fossero trascorse ore da quando aveva imboccato il corridoio.
Ormai credeva di aver sbagliato strada.
Le pareti erano lisce, non c’erano porte o finestre, sembrava che avessero gettato un’unica colata di cemento ed avessero tirato su le mura.
Le luci continuavano a pulsare, gli occhi non riuscivano ad abituarsi a quella sensazione e li sentiva stanchi ed arrossati.
Le gambe le facevano male, cominciava a tremare, sentiva i piedi umidi, forse cominciavano a formarsi le prima galle.
Faticava a camminare, dovette appoggiarsi ad una parete per continuare ad andare avanti.
Sentì il cuore cominciare a battere velocemente, poi sempre più velocemente, il fiato accorciarsi, respirava affannosamente, la testa cominciava a svuotarsi.
Stava avendo le palpitazioni.
Ormai era arrivata allo stremo delle sue forze.
Ad ogni suo respiro combaciava un dolore lancinante che le trafiggeva il petto, con la mano cercò di portare aria dentro la sua bocca, ma era inutile, non riusciva più a far uscire il fiato, tenne il petto con la mano destra, mentre con l’altra sembrava volesse invocare l’aiuto del signore.
I suoi occhi cominciarono a girare, ormai stava perdendo completamente i sensi, si accasciò a terra in preda alle convulsioni, afferrò con entrambe le mani il suo abito e continuò a fissare il vuoto davanti a lei fino a quando, lentamente, smise di tremare.
 
 
Sofia aprì gli occhi d’istinto.
Si alzò di scatto ansimando, come se si fosse appena risvegliata da un terribile incubo.
Si guardò intorno, cercando di capire dove si trovasse.
Era seduta su un lettino, sopra di lei una luce già vista le fece capire che era tornata alla sala operatoria.
Ma c’era qualcosa di diverso.
Non era la solita in cui si era svegliata la prima volta.
C’era qualcosa di strano in quella stanza, qualcosa di anormale.
La luce non era bianca, era giallognola, rendendo la stanza più vecchia e più inquietante.
Era sdraiata su un lettino, ma stavolta era ancora vestita.
Sentiva ancora i piedi umidi, ma non erano più freddi, sentiva come una strana sensazione di torpore pervaderle il corpo.
Come se fosse guidata da qualche strano istinto, si alzò dal lettino.
Intorno a lei tutto sembrava identico, c’era anche la fiala accanto con l’ago che penzolava, lasciando cadere le gocce per terra.
Non si sentiva stanca, era come se avesse dormito tutta una notte e si fosse appena svegliata per affrontare la giornata.
Si incamminò verso l’uscita, senza pensare a nient’altro.
 
Uscita dalla stanza, l’ambiente circostante cambiò radicalmente.
La luce bianca esterna era come un faro puntato verso di lei.
Si protesse con la mano per proteggersi gli occhi.
Stavolta non c’era un corridoio ad aspettarla, ma una stanza enorme, illuminata al centro da un enorme lampadario che pendeva dal soffitto come un’enorme goccia d’acqua.
Nel centro della stanza vide un lettino simile al suo, e sdraiata sopra c’era Karen!
-Karen!- Sofia corse disperatamente verso di lei, ma potenti mani la fermarono prima che potesse fare un solo passo.
Cercò di divincolarsi, ma fu inutile, quelle forti mani la tenevano salda.
-Non deve disturbare la nostra dea- La voce che sentì era quella di un uomo, la sua voce era sensuale e calda, penetrava nelle orecchie come miele e ti avvelenava come fiele.
Sofia smise di divincolarsi.
Cosa aveva detto quel tizio?
-Cosa volete da mia figlia?- Chiese Sofia cercando di dare gli ultimi strattoni per liberarsi, inutilmente.
-Non è più sua figlia, o almeno non lo sarà più. Lei è l’incarnazione di Ecate, la dea che ci porterà nel mondo degli immortali, ma per far questo ha bisogno di liberarsi del suo corpo mortale, e solo chi l’ha generata nel nostro mondo ha la capacità di liberarla dal suo guscio senza che vi rimanga imprigionata- La voce di quell’uomo era potente, sentiva il suo corpo tremare ad ogni sua parola, ma non poteva credere a quello che gli aveva detto.
-Uccidila! Uccidila!- Un coro di voci cominciò a librarsi intorno al cerchio di luce.
Vide che dall’ombra uscirono delle figure oscure.
Indossavano tutti una lunga tunica nera che le copriva tutto il corpo, ad eccezione del viso che però era impossibile da riconoscere a causa del cappuccio che scendeva quasi sotto gli occhi.
Fu portata quasi a forza dinnanzi a Karen, era quasi contrariata ad avvicinarsi a lei, ora cercava di allontanarsi da lei, ma quando la vide fu contenta di rivederla, i suoi occhi si riempirono di lacrime e si sentì sollevata constatando che era lì, davanti a lei, viva.
Era come se intorno a lei non stesse succedendo niente, era sdraiata con la pancia in  alto e le mani incrociate, sembrava una di quelle principesse che si raccontano nelle fiabe che aspettano soltanto il principe azzurro che le possa risvegliare.
Aveva addosso un abito candido, la gonna, leggermente rigonfia, cadeva sopra le sue gambe con una grazia impressionante.
Avrebbe voluto continuare a contemplarla, ma sentì che le avevano passato qualcosa tra le mani.
D’istinto strinse la mano ed afferrò l’oggetto, se lo portò davanti agli occhi.
Le avevano dato un pugnale.
Il manico in legno era adornato di gemme e pietre preziose, la lama curva e lucente presentava una serie di incisioni che sembravano scritte arabe, forse greche.
Il coro intorno a lei continuava ad invocare il sacrificio di sua figlia.
Non sapeva cosa fare, cercava di trovare una via di fuga, ma sapeva che non sarebbe stato possibile uscire da lì con sua figlia.
Allora chiuse gli occhi, tirò un lungo sospiro, ed affondò il colpo.
  
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