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Autore: KatherineGrey    26/09/2012    0 recensioni
Un incontro può cambiare una vita.
Genere: Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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13, Weshill street. 15 in punto, si prega di essere puntuali.

La donna depositò biglietto e monocolo. Il suo volto rugoso, normalmente molto pallido, avvampò dopo aver letto quell’invito così formale. Sua figlia le rivolse un’occhiata interrogativa, poi raccolse l’elegante cartoncino sul tavolo e lesse anche lei l’invito. La sua espressione, però, rimase inalterata.
- Pensi che andrai?- chiese semplicemente.
- E perché mai? Mi sembra chiaro che Lady Retth mi ha invitata più per etichetta che per desiderio: é implicito che io debba risponderle di no.
- E’ Lady Retth, adesso?
- Beh, lo è difatti!- rispose l’anziana, mentre le sue palpebre flosce ebbero il solito fremito di nervosismo.
- Mamma, sai bene cosa intendo.- rispose la figlia, alzandosi dal divano di velluto verde dove sedeva anche la madre. La donna si avvicinò alla porta- finestra della terrazza; fuori il cielo sembrava riempito da una lattiginosa foschia dove emergevano solo gli schizzi di pioggia, che rumoreggiavano seccamente contro i vetri e l’assiepamento di vasi disposti all’esterno. Margaret si accese una sigaretta e rimase un attimo in silenzio, cercando di radunare in un discorso calmo e sensato tutte quelle parole che avrebbe desiderato tirare fuori da tanto tempo, parole che però sguazzavano in un bacino tempestoso, imprendibili. Sentì che i ferri della madre avevano ripreso a battibeccarsi, indolenti alla sua attesa. La cameriera entrò per chiedere se poteva servire il tè.
- Sì!- rispose Mrs Grenth senza alzare lo sguardo dai ritmici incroci dei suoi ferri – Per favore, avrei bisogno anche di spedire un telegramma, avvisa Adam di venire subito qui.
Margaret si voltò con un’espressione stupita sul volto. Attese che la ragazza lasciasse la stanza, quindi disse:
- Vuoi risponderle per telegramma?
- Certo! Una risposta secca, sgarbata ma sincera: è quanto lei merita.
L’anziana sospirò quando finì il giro di maglie. Dispiegò il colorato stendardo di lana davanti a sé, controllando che fosse tutto perfetto, quindi lo arrotolò e lo mise da parte insieme al suo vaporoso gomitolo.
- Perché non mi chiedi se io invece voglio andarci?- chiese all’improvviso Margaret.
Gli occhi di Mrs Grenth si spalancarono per lo stupore e un angolo della sua bocca si piegò per esprimere contrappunto.
- Perché neanche tu sei benvoluta in quella casa!- rispose, avvampando di nuovo.
- E’ mia sorella, mamma, é l’unica persona che mi rimarrà al mondo quando tu non ci sarai più, non ci pensi a questo.
Margaret si zittì all’istante, quasi che il respiro che aveva trattenuto durante quel flusso involontario di parole fosse venuto prepotentemente a galla e le si fosse ritorto contro. Sentì che i suoi occhi erano pieni di lacrime, senza che lei avesse avvertito il bisogno di piangere.
Mrs Grenth impugnò il suo elegante bastone e si sollevò dal divano: le sue numerose collane di perle nere tintinnarono sulla sua camicia merlettata, mentre il dispotismo della donna si componeva nella sua postura impettita.
- No, mia cara ragazza! Non ci sarà nemmeno lei quando io ti lascerò. Sarai completamente sola!- sentenziò mentre le palpebre cominciarono a tremarle in modo spasmodico e le guance si fecero quasi violacee.
- Beh, non c’è che dire!- rispose la figlia, buttando nel portacenere il mozzicone ancora acceso.- Sai come farmi sentire completamente a pezzi.
- Questo è l’unico modo in cui devi sentirti!- ribatté Mrs Grenth con voce tremante e severa. Mosse qualche passo verso la figlia, poi si fermò e allungò il bastone al suo indirizzo.
- Guardati!- disse appuntandole due occhi stretti in una dichiarazione di disprezzo – Sei nata bella e sana, ma adesso non sei né l’una né l’altra: sai solo oziare, fumare … e bere. Oh sì, anche se hai il riguardo di ubriacarti di notte e di acquistare da te il liquore, sono a conoscenza del tuo ultimo vizio.
- Non sono affari tuoi cosa faccio …
- Zitta!- gridò la madre fendendo il bastone come se avesse voluto infilzare la figlia, la quale indietreggiò al minaccioso ronzio di quella mancata arma. Mrs Grenth continuò:
- Indossi abiti eleganti con la massima sciatteria, come se non avessi mai ricevuto lezioni di portamento. Sei una persona noiosa, insulsa, pigra, pigra, pigra! Non riuscirai mai a realizzarti da sola nella vita, è inutile che ti ostini a perseguire sulla strada del nubilato.
Margaret sorrise, storpiando la sua espressione di dolore tracciata dalle lacrime.
- Io non mi sposerò mai, mamma. E il tuo caro vedovo perché non te lo sposi tu? – disse quasi sibilando.
La madre la guardò imbronciando per la commiserazione.
- Tu sei una stupida senza speranza.
Qualcuno bussò alla porta del salotto. Era Adam ed entrò a capo chino, come se fosse un atto sacrilego rivolgere lo sguardo verso la scena che albergava in quella stanza.
Mrs Grenth ansimò, cercando di raffreddare il più velocemente possibile la sua agitazione.
- Adam, bene eccoti finalmente. Margaret, per favore, va’ allo scrittoio e scrivi una veloce risposta a Lady Retth. Immagino che sarà felice di sapere che andrai.
La donna, che si stava frettolosamente strofinando i polpastrelli sugli occhi, si interruppe sentendo che le veniva accordato il permesso di andare.
- Sì, sono convinta anch’io che Meg sarà contenta di vedermi.
Corse allo scrittoio, sollevò la saracinesca e senza mettersi seduta prese carta e penna per rispondere che sarebbe andata solo lei e che sarebbe stata puntuale.
La madre si rimise seduta. Mosse la bocca, come se stesse masticando un amaro boccone. L’inserviente si congedò non appena gli fu consegnato il testo, abbandonando con sollievo quella stanza appiattita da un insopportabile silenzio.
La cameriera servì il tè e uscì dalla stanza con la stessa sensazione del suo collega.
Margaret tornò a sedersi, i suoi occhi ancora rossi e umidi si rifugiarono nell’ambra fumante del suo tè.
Ad un certo punto la madre posò bruscamente la tazza.
- Guardami, Margaret. – le disse con una voce controllata, quasi priva di connotati emotivi.
La donna trasalì, obbedendo di scatto alla madre.
- Ti chiedi mai come finirai?
- Come tutti. – rispose Margaret dopo averci pensato un attimo – Morendo.
- Si può finire anche prima di morire. Si finisce quando non si ha più un’aspettativa, una speranza, una via di sviluppo o di cambiamento.
- Allora, sono già finita!
- No!- rispose la donna, con un tono che sembrava averle morso le corde vocali, tanto era stridente. - Ancora no.
- Ancora no. – ripeté la ragazza. – Ah, vuoi dire fintanto che sono ancora fertile.
- Quando io morirò, voglio che tu abbia qualcuno che pensi a te. E quel qualcuno non sarà di certo tua sorella che ha un pezzo di ghiaccio al posto del cuore. Se non ti piace il signor Dywear non è detto che non ti piacerà nessuno, prima o poi qualcuno salterà fuori, ma tu devi essere più disponibile …
- Mi dispiace, mamma.- la interruppe Margaret poggiando la tazza sul vassoio. – Non devi continuare ad illuderti con me. O morirai di crepacuore.
La madre non riuscì a reagire, paralizzata da quelle parole.
- Ed ora scusami, devo cambiarmi e rendermi quantomeno presentabile.
La donna si avviò verso la porta ma la voce della madre la bloccò.
- Ti sembra tanto eroico rinunciare alla vita perché è una vita che non ti piace. Eppure, quando qualcosa, forse la mia morte stessa, ti sveglierà e capirai il tuo madornale errore, credimi figlia mia, odierai quella che sei oggi più di chiunque altro potrà mai fare. Ti posso assicurare che non c’è sofferenza peggiore!
L’anziana si ritirò sullo schienale della poltrona e distolse lo sguardo, consapevole di aver segnato un ottimo punto che non voleva vedersi sfumare da una fulminea e superficiale replica della figlia.
 
  
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