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Autore: ThePirateSDaughter    27/09/2012    5 recensioni
"Fuggire è da codardi, si sarebbe detta in passato. Ma in questo momento scappare è così facile, così immediato, così bello. Del resto, non si può essere forti in eterno. A volte serve una scappatoia da una realtà soffocante, deludente, sterile. Un altro bicchiere."
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Courtney, Duncan
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale
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Butta giù le dosi senza nemmeno pensarci, bicchiere dopo bicchiere.
Non sa a quanto sia arrivata – il numero, in ogni caso, dovrebbe aggirarsi attorno al dieci. O al trenta. Ma anche il centodieci è fattibile.
Altro bicchiere. Una mano spasmodicamente stretta attorno al collo quadrato della bottiglia. L’altra regge delicatamente il bicchiere di carta con le piccole gocce di rum sul fondo, quelle gocce piccolissime e che non scorrono lungo il bicchiere, per quanto tu possa inclinarlo per bere tutto.
Esita. Poi si versa un altro bicchiere.
Quello schifo, che prima aborriva, ha un gusto bruciante e fortissimo, che le incendia la gola, le ottenebra piacevolmente la mente, smorza la sensazione orribile di stomaco contratto dalla preoccupazione, dall’indecisione e dal non sapere cosa diavolo fare. Fuggire è da codardi, si sarebbe detta in passato. Ma in questo momento scappare è così facile, così immediato, così bello. Del resto, non si può essere forti in eterno. A volte serve una scappatoia da una realtà soffocante, deludente, sterile. Un altro bicchiere.
La porta si apre. Sa che è lui fin da subito, anche se non lo vede, perché ha la testa –così magnificamente leggera- appoggiata al tavolo. Deve essere lui.
“Vattene” vagheggia. La voce le inciampa e strascica malamente la “e” finale.
“Come ti sei ridotta” La sua voce è cambiata. C’è qualcosa di diverso. È come se lo scherno si fosse assottigliato, anche se rimane sempre presente.
È per la situazione? O è cambiato per davvero? O è solo il rum che le sta facendo scherzi?
Non le interessa. Courtney stringe il bicchiere, che crepita.
“Vattene, ti ho detto” A tratti grida, a tratti il suo tono scende fino a diventare un sussurro. Avvicina a sé la bottiglia di rum –il liquido che sciacqua sul vetro è sempre più poco, si sente-, ma non fa nient’altro.
Silenzio. Una sedia viene trascinata al tavolo. Lui ci si siede.
La sequenza dei rumori successivi informa Courtney che anche Duncan ha preso un bicchiere di plastica dalla confezione sul tavolo.
“Mi dai da bere o no?”.
Tutta quella situazione le dà i nervi. Perché non la lasciano sola, a evadere? Si sono dimenticati tutti di lei. Il pubblico, intende. Se poi si sono mai interessati di lei. Il tradimento in diretta tv l’ha fatta sprofondare gradatamente, invisibilmente, lentamente in una condizione di sconfitta, senza che nemmeno lei se ne accorgesse; ha cancellato qualsiasi aspirazione coltivata nel corso di una vita; l’ha fatta scivolare in una cieca ansia. All’inizio ha cercato di combattere. C’era il progetto di un’università. Un lavoro. Qualcosa. Poi ha scoperto l’alcol.
Una volta sola non può certo far male, aveva detto.
Una volta. Sola. Sì, come no.
“Come diamine hai fatto a entrare?” mugugna, la testa sempre sprofondata sul tavolo.
Una bassa risata “Per favore, Principessa. Hai idea di con chi stai parlando?”.
Courtney non risponde. Dopo qualche secondo, avverte che lui sta cercando di prenderle la bottiglia dalla mano. Non vuole lasciarglielo, ma non oppone resistenza. Un tempo si sarebbe ribellata anche solo al vederlo in casa. Gliel’avrebbe tirata in testa, la bottiglia. Piena, però.
Il liquido scorre in un altro bicchiere. Duncan schiocca le labbra, appagato.
“È buono”.
“Vattene”.
“Courtney, da quanto tempo sei rinchiusa qui dentro?”
No, no, si sbagliava. Lo scherno è sempre lì. D’altronde, non sarebbe Duncan, se non sfottesse ogni anima circolante sulla Terra. … sempre se sia scherno.
“Non lo so, non mi interessa, esci di qui”
“Te lo dico io. Sei mesi.”
Le spalle di Courtney hanno un lieve fremito.
“Vuoi che diventino dodici?”
“Stai zitto”
“Sedici? Trentadue?”
Courtney si raggomitola su sé stessa, biascicando qualcosa di incomprensibile.
Duncan è attonito. Non sembra nemmeno più quella che conosceva. Questo è un insieme di vestiti sporchi, capelli in disordine e fumi di alcol che fa finta di essere Courtney.
“Sai perché sono qui?”
Lei non risponde.
“Una marea di stupidi, lì fuori, si sta chiedendo perché tu non ti faccia più vedere a rompere le palle a chiunque sia disposto ad ascoltarti. Hai qualche spiegazione da dare?”.
Ancora silenzio.
“Tu sei rinchiusa qui perché il tuo cervello troppo pensante ti fa capire che non sei più utile a nessuno. Cioè, ti senti fuori posto, sperduta, e altre stronzate. Giusto?”
“Non lo so”
“Sì che lo sai”
“Te ne vai, per favore?” Piagnucola.
“Non ne vorresti uscire?”
La sedia striscia, quando Courtney la sposta per raccogliere le gambe al petto e affondare la testa nelle ginocchia “Sì” mormora.
“E allora fai qualcosa!”
“Non so cosa. Vattene, per favore”
Qualche secondo di silenzio. Poi la voce, implacabile.
“Ma non ti vergogni di te stessa?”.
È un attimo. Uno solo. E Courtney scatta.
Spinge via il tavolo, quel tavolo piccolo, quadrato, leggerissimo. Va in aria, così come la bottiglia di rum. Lo schianto del mobile e del vetro vengono soffocati dalle urla.
“Non hai IDEA di come mi vergogni di me stessa, ma tu di sicuro non puoi venirmi a parlare di questo! Tu per primo ti saresti dovuto vergognare di tutto quello che hai fatto, visto che è anche per colpa tua che mi trovo così! Ora vattene da qui e non metterci più piede, o giuro che chiamo la polizia se vedo anche solo il tuo stupido naso pieno di metallo che va a zonzo sotto casa mia!”
Sarà per il repentino sforzo, sarà per l’alcol, sarà per l’improvvisa perdita di controllo, le urla, la consapevolezza di tutto quello che ha detto, che la testa di Courtney gira senza controllo, in un attimo. Ha una vaga impressione di vedere Duncan sorridere soddisfatto alle sue urla, come se abbia raggiunto un qualche obiettivo.
Mentre la realtà circostante, sfumata e roteante, cerca di assestarsi attorno a lei, la ragazza è a terra. E piange senza nemmeno accorgersene.
Duncan si china davanti a lei. Courtney mantiene ostinatamente lo sguardo fisso sul pavimento. È coperto di polvere. Dove diamine ha vissuto, per tutto questo tempo?
“Tu hai delle possibilità, Principessa. Sogni, aspettative, progetti. O, almeno, ce le avevi. Non buttare via tutto”.
Non è sicura che Duncan abbia detto quella frase. Non sarebbe per niente da Duncan. Forse se lo è immaginato.
Forse si è immaginata tutto quello che è successo. D’altra parte, ha bevuto.
Eppure, quella consapevolezza è tornata a farsi strada nella sua mente, spazzando via ombre, sconforto, disperazione. Che rimangono sempre lì, ma sono messe da parte.
Sogni. Aspettative. Progetti.
Non possono andare in pezzi anche loro.

   
 
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