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Autore: Vals Fanwriter    28/09/2012    4 recensioni
Lo faceva sempre. Ogni volta trovava il modo giusto per calmarlo e farlo rasserenare. Aveva questa capacità innata di indovinare sempre quale fosse il rimedio giusto per Kurt, anche se, a dire la verità, a lui bastava vederlo per tranquillizzarsi e scordare tutto il resto dei suoi problemi.
Kurtofsky | Big Damn Table: 062. Primavera | Sentimentale, Fluff, Romantico
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Dave Karofsky, Kurt Hummel, Rachel Berry | Coppie: Dave/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'The Best Damn Thing'
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kd

Big Damn Table

062. Primavera

 

 

Intrattabile. Lo era stato per due settimane intere, senza possibilità di riscatto. Lo era stato fino ad odiarsi da solo. Si era chiuso in casa, migliaia di spartiti per le mani e aveva studiato e sfogliato, in continuazione, una quantità di libri inimmaginabile. Nemmeno l’invadenza della sua coinquilina era riuscita a smuoverlo più di tanto, anzi, era addirittura servita a renderlo più acido di quanto già non fosse.

Era così, lui, senza speranza, convinto che l’avercela col mondo avrebbe giovato al suo nefasto destino – quello stesso nefasto destino che un anno prima lo aveva bloccato a Lima senza preavviso – e adesso, stava cercando di mettercela tutta, di eclissarsi dal mondo e di essere perfetto, per non deludere le persone che avevano scommesso su di lui.

Era convinto che quella tecnica avesse funzionato senza ogni ombra di dubbio, ma non aveva fatto i conti con la suddetta Rachel Berry, con le sue strampalate idee e con la sua bocca larga.

‹‹Ti avevo chiesto di non dirgli che ero nel panico, Rachel!›› sbuffò Kurt, chiudendo un volume che pareva fin troppo grosso per poter essere mai studiato. Si alzò dal letto, sul quale aveva trasferito tutti i suoi libri, ed si avviò alla porta a grandi passi, borbottando: ‹‹Sono anche impresentabile, che diamine…››

Rachel fece appena in tempo a scostarsi, che Kurt era già sfrecciato fuori dalla stanza. Lo seguì in bagno, lentamente – sapeva che era diretto lì – e lo vide impuntarsi davanti allo specchio, le mani già tra i capelli, insolitamente spettinati. Se li aggiustò frettolosamente, mentre a lei spuntava un sorriso.

‹‹Kurt, è il tuo ragazzo. Cosa vuoi che gli importi di vederti in pigiama o…›› Si impegnò a trattenersi dal ridere, nel vedere il suo migliore amico cercare di stendere e tirare la pelle sotto gli occhi con i polpastrelli, finendo per assomigliare ad un orientale. ‹‹Che stai facendo?›› gli chiese divertita.

‹‹Ho delle occhiaie orribili.›› replicò Kurt, mettendo il broncio, ‹‹Appena mi vedrà, scapperà via per la paura, ne sono sicuro… Ed è tutta colpa tua.›› La fulminò con la coda dell’occhio e prese un tubetto di crema dalla mensola che aveva di fronte.

La ragazza fece una smorfia a quelle lamentele e gli diede un leggero buffetto sul braccio: ‹‹Non dire sciocchezze. Rimarrà incantato come al solito e si ricorderà a mala pena come si parla. Ormai lo conosco bene.››

Kurt mugugnò qualcosa di indistinto in risposta, qualcosa che somigliava a ‹‹Semmai il contrario.›› Poi fece per aprire il tubetto di crema, ma le dita gli si bloccarono nell’esatto momento in cui sentì il suono familiare del campanello echeggiare per la casa. Ingoiò a vuoto e sgranò gli occhi, lasciando cadere ciò che stava stringendo tra le mani nel lavandino.

‹‹Ecco qua, è la fine. E ora che faccio?›› Si agitò, prese Rachel per un braccio e la trascinò in corridoio; dopo di che la fece voltare e la prese per le spalle, guardandola fissa e dicendole, come se fosse stata questione di vita o di morte: ‹‹Tu vai di là e prendi tempo, io…››

‹‹Sì, lo so…›› sospirò Rachel, scuotendo la testa con un sorrisino, ‹‹Tu ti fai bello.››

Le scoccò un bacio sulla guancia e scomparve di nuovo in camera, rischiando anche di inciampare.

Le due cose che lo mandavano in agitazione – pensò Rachel – erano indubbiamente gli esami e Dave.

 

 

 

‹‹Dove stiamo andando?››

L’asfalto scorreva veloce sotto le ruote dell’autobus, mentre Kurt e Dave si lasciavano indietro tutto il caos di New York. L’ansia era un po’ scomparsa dai lineamenti di Kurt, ora che loro due erano insieme. Se ne stava accoccolato contro il petto di Dave, un suo braccio dietro la schiena, che lo stringeva leggermente a sé, e lo sguardo puntato sugli edifici maestosi che si facevano man mano meno frequenti.

Trenta secondi. Ecco la quantità di tempo che era bastata per acquietarlo e per fargli presente che, anche se avesse distolto lo sguardo dai suoi libri per un attimo, quelli non se la sarebbero presa più del necessario. Trenta secondi in cui gli aveva rubato un bacio dolcissimo e lo aveva sentito rilassarsi tra le sue braccia. E poi, lo aveva portato via da quello spazio angusto e sfibrante perché – Rachel lo aveva avvisato – la sua fancy era sul punto di dare di matto.

‹‹David, dove stiamo andando?››

Sospirò, a quell’ennesima replica, ma continuò a sorridere e a rispondergli come aveva fatto fino a quel momento: ‹‹A farti dimenticare qualsiasi cosa riguardi il college.›› Posò un bacio tra i suoi capelli con delicatezza e poi sollevò la testa, permettendo agli occhi di Kurt di incontrare i suoi.

Lui sbuffò, facendo una smorfia simile a un sorriso: ‹‹Mi spieghi come faccio a fare l’esame, se mi dimentico tutto?››

Dave lo strinse un po’ più forte e diede uno sguardo agli altri passeggeri del pullman, prima di abbassare la voce e puntare di nuovo gli occhi sul suo viso: ‹‹Sarà momentaneo.››

L’altro scosse la testa, senza interrompere il contatto visivo, e sorrise sereno. ‹‹No, non lo sarà.›› Si morse un labbro e mormorò: ‹‹Non finché sarai tu a farmelo dimenticare.››

Riuscì a strappare una risata appena udibile a Dave, il quale si sporse subito verso di lui per premergli le labbra sulla fronte. ‹‹Devi solo fidarti di me, cucciolo.››

E Kurt si fidava di lui, più di chiunque altro al mondo.

 

 

 

I raggi del sole gli accarezzavano la pelle, ne sentiva il calore e percepiva la luce, di tanto in tanto, attraverso le palpebre chiuse. Si reggeva al braccio di Dave, mentre camminava sul selciato, per evitare di inciampare nel pietrisco grossolano. Avvertiva il profumo dei fiori entrargli fin nei polmoni. Immaginava la distesa di verde tutt’attorno a loro – senza trovare il bisogno di aprire gli occhi e vederla davvero – e sorrideva, perché Dave, come al solito, si era dimostrato capace di farlo stare bene con piccoli e semplici gesti.

Lo faceva sempre. Ogni volta trovava il modo giusto per calmarlo e farlo rasserenare. Aveva questa capacità innata di indovinare sempre quale fosse il rimedio giusto per Kurt, anche se, a dire la verità, a lui bastava vederlo per tranquillizzarsi e scordare tutto il resto dei suoi problemi. Era questo il motivo per cui, quando Rachel aveva telefonato al suo ragazzo per comunicargli che era quasi giunto al limite dell’insopportabilità preesame, aveva reagito in maniera acida e odiosa. Non che non avesse voglia di vederlo – ovvio che no – però sapeva benissimo che, nel momento in cui avesse visto il suo sorrisino sbieco e fosse stato stretto da quelle braccia calde e forti, avrebbe resettato il cervello. Ci sarebbero stati solo loro due, per il resto della giornata e, quella successiva, con tutta probabilità, si sarebbe maledetto in tutte le lingue esistenti, per essersi lasciato distrarre così facilmente.

Dave sfilò delicatamente il braccio dalla sua presa e Kurt fu costretto a fermarsi e a smettere di pensare, quando il ragazzo gli cinse la vita e lo avvicinò a sé. Si sentì avvolgere in un tenero abbraccio, il petto contro quello di Dave, le mani poggiate su di esso, il naso di lui che gli sfiorava appena la guancia, solleticandogliela. Si sarebbe maledetto, il giorno dopo, certo, ma quella sensazione di benessere era davvero troppo bella per poter essere ignorata.

‹‹Sai che giorno è oggi?›› mormorò Dave dolcemente, le dita che scorrevano sulla sua schiena accarezzandola.

Kurt scosse la testa e stette al gioco del suo ragazzo, rispondendo semplicemente: ‹‹Martedì?››

Lo sentì ridere contro la sua guancia e si avvicinò di più a lui, avvolgendogli le braccia intorno al collo per sentirlo ancora più vicino. Amava da morire la sua risata, perché lo riscaldava dentro. Era una delle tante cose di Dave delle quali non avrebbe mai potuto fare a meno.

‹‹Fai uno sforzo, scemo…›› Gli baciò la guancia e Kurt si strinse a lui più forte che poté.

‹‹Se rispondo bene, dopo posso aprire gli occhi?›› domandò con una smorfia.

‹‹Tu rispondi…››

Kurt fu certo che stesse sorridendo di più, mentre continuava a vezzeggiargli la guancia con la punta del naso. Gli aveva chiesto di tenere gli occhi chiusi per tutto il tragitto che li aveva condotti in quel posto che, alla sola percezione, sembrava magico e magnifico. Gli aveva detto che prima doveva sentirlo e poi vederlo e che soltanto così lo avrebbe apprezzato a pieno.

‹‹Il 21 Marzo?›› buttò lì flebilmente, del tutto rilassato da quelle effusioni, ma ugualmente divorato dalla curiosità, ‹‹Ho indovinato?››

La pelle di Dave strusciò ancora sulla sua e Kurt immaginò che stesse scuotendo la testa. ‹‹Sei senza speranza.›› Ridacchiò quasi impercettibilmente, ma quasi subito riprese: ‹‹Non era proprio la risposta che volevo sentirmi dire, però…›› Rimase un attimo in silenzio, mentre Kurt sentiva il suo respiro farsi più vicino all’orecchio, ‹‹Puoi aprire gli occhi, è primavera.››

Non se lo fece ripetere due volte, nonostante la voce profonda di Dave, così bassa e vicina, lo avesse leggermente stordito e fatto andare in fiamme. Aprì gli occhi ma, prima di puntarli su ciò che lo circondava, incontrò quelli del suo ragazzo, quasi gli mancassero, quasi ne sentisse un immediato bisogno. La sfumatura verde delle sue iridi era più accentuata e giurò quasi di scorgere in esse il riflesso del colore intenso del prato che gli stava intorno. Lo guardò adorante e poi si concentrò sulle fronde degli alberi di pesco, dalle quali filtrava la luce del sole, più abbagliante che mai, e dalle quali scendeva una pioggia di petali rosa.

‹‹L’anno scorso, sono arrivato tardi e non ho potuto farti godere il primo giorno di primavera,›› disse Dave, senza distogliere lo sguardo dall’espressione emozionata e stupita di Kurt, ‹‹Quest’anno non potevo lasciar correre per uno stupido esame.››

I loro occhi si incontrarono di nuovo e Kurt mormorò stupidamente: ‹‹È la mia stagione preferita.››

‹‹Appunto.›› Gli posò una mano sulla guancia e gliela accarezzò col pollice, continuando a tenerlo vicino a sé con l’altro braccio. Guardò in alto per un attimo, verso i rami fioriti di un pesco. ‹‹E sai perché ti ho portato proprio qui, all’ombra di questi alberi?››

Kurt si morse il labbro e scosse la testa, preparandosi mentalmente ad una delle frasi più dolci che avesse mai potuto aspettarsi da Dave. Pendeva dalle sue labbra, perché sapeva che quelle premesse, di solito, anticipavano ogni sorta di romanticheria. Dave era così – anche se non era certo di averci fatto ancora l’abitudine – e lo era solo ed esclusivamente con lui.

‹‹I fiori di pesco simboleggiano l’amore immortale, Kurt.››

Boccheggiò un paio di volte, il cuore gli batteva all’impazzata, e si ritrovò a ringraziare mentalmente Rachel per avergli ricordato di avere un ragazzo perfetto, in grado di farlo innamorare ancora e ancora, con le cose che più gli piacevano al mondo: la dolcezza e il romanticismo.

Arrossì inaspettatamente e chinò leggermente il capo per nascondere l’imbarazzo. ‹‹Dave…›› sussurrò, sorridendo felice.

‹‹È quello che siamo.›› disse ancora lui.

Kurt lo guardò di sottecchi, commosso, con gli occhi già lucidi. ‹‹Ti amo…››

E Dave sorrise di più, prima di lasciargli un bacio sulla punta del naso, prima che Kurt si rendesse conto che quel piccolo gesto non gli bastava, prima che le labbra del più piccolo si posassero teneramente sulle sue.

‹‹Ti amo anch’io.››

Erano lì, abbracciati e avvolti dal profumo dei fiori, cosparsi di petali rosa e inondati dal semplice tepore di un bacio.

 

Fine.

 

 

Era da troppo troppo tempo che non scrivevo su Kurt e Dave. Cominciavano a mancarmi un sacco e, mettendomi a scrivere, ne ho avuta la certezza. Ho avuto paura di non riuscire più a farli venire come volevo e ho avuto un milione di dubbi ad ogni passaggio, ma come al solito, c’era qualcuno a rassicurarmi. Ed io ringrazio quella santa di Robs, come ogni volta, perché veramente ha una pazienza enorme. ♥

Non ho proprio nulla da aggiungere riguardo la storia in sé, l’ho scritta soltanto per sbollire lo stress – tale scrittrice, tale Kurt Hummel – e dunque vi lasco qui.

Ringrazio in anticipo tutti quanti e vi mando tanti bear hugs.

Vals

 

 

BIG DAMN TABLE

001. Inizio.

002. Intermezzo.

003. Fine.

004. Interiorità.

005. Esteriorità.

006. Ore.

007. Giorni.

008. Settimane.

009. Mesi.

010. Anni.

011. Rosso.

012. Arancione.

013. Giallo.

014. Verde.

015. Blu.

016. Porpora.

017. Marrone.

018. Nero.

019. Bianco.

020. Senza colori.

021. Amici.

022. Nemici.

023. Amanti.

024. Famiglia.

025. Estranei.

026. Compagni di squadra.

027. Genitori.

028. Figli.

029. Nascita.

030. Morte.

031. Alba.

032. Tramonto.

033. Troppo.

034. Troppo poco.

035. Sesto Senso.

036. Olfatto.

037. Udito.

038. Tatto.

039. Gusto.

040. Vista.

041. Forme.

042. Triangolo.

043. Diamante.

044. Cerchio.

045. Luna.

046. Stelle.

047. Cuori.

048. Quadri.

049. Fiori.

050. Picche.

051. Acqua.

052. Fuoco.

053. Terra.

054. Aria.

055. Spirito.

056. Colazione.

057. Pranzo.

058. Cena.

059. Cibo.

060. Bibite.

061. Inverno.

062. Primavera.

063. Estate.

064. Autunno.

065. Mezze stagioni.

066. Pioggia.

067. Neve.

068. Lampo.

069. Tuono.

070. Tempesta.

071. Rotto.

072. Riparato.

073. Luce.

074. Oscurità.

075. Ombra.

076. Chi?

077. Cosa?

078. Dove?

079. Quando?

080. Perché?

081. Come?

082. Se.

083. E.

084. Lui.

085. Lei.

086. Scelte.

087. Vita.

088. Scuola.

089. Lavoro.

090. Casa.

091. Compleanno.

092. Natale.

093. Ringraziamento.

094. Indipendenza.

095. Capodanno.

096. Scelta libera.

097. Scelta libera.

098. Scelta libera.

099. Scelta libera.

100. Scelta libera.

 

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