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Autore: weitwegvonhier    29/09/2012    3 recensioni
Continuava a sfoggiare quel sorrisino a mezze labbra che, per qualche strano, stupido, irragionevole motivo, mi faceva andare fuori di testa, guardandomi divertito, in attesa della mia prossima stupida, imbarazzante mossa.
- In un caldo giorno d'agosto del 1998 una normale ragazza si scontra con uno sconosciuto per strada e....
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: David Desrosiers, Nuovo personaggio, Pierre Bouvier
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A.s. Ciaoooo a tutte, bellissime *^* Come va? Iooo, contando che la prossima settimana ho esattamente 4 compiti, non molto bene, in effetti. Hahah
A voi come sta andando la scuola? Solo da me sono così cattivi da mettere 495874685 compiti tutti insieme? c-c
Comunque sia, adesso vi parlo del capitolo uù
Allllora: inzialmente la conclusione era completamente diversa ma non mi piaceva, quiiindi, l'ho riscritto circa...due o tre volte. Spero tanto che vi piaccia perchè ci ho messo qualcosa come una settimana per scriverlo e, sinceramente, ancora non mi convince molto :c
Oggi non mi prolungo molto dai, quindi vi lascio subito il capitolo, ringraziando ancora, chiunque legge e chiunque recensisce. Davvero, grazie, grazie, grazie. Ditemi tutto quello che pensate di questa storia se vi piace o no, cosicchè posso farmi un'idea e cercare di migliorare :3
Vi lascio e...prima un avvertimento: questo è solo l'inizio. *musichina inquietante di sottofondo* (Nel senso: non prendete tutto già per fatto e deciso, ci sono ancora tante cose che possano succedere uù)
Eccolo (:


Ha lo sguardo dolce e un poco assente, di chi ti capisce, e non può farci niente.
-cloudseater|tumblr

Montreal, January9th, 1999
8.04

Ero quasi arrivata a scuola quando una figura mi si fermò davanti, sorridendomi, mentre mi diceva –Buongiorno!- in un tono troppo allegro per le otto di mattina.
-David!-
Non mi piace attaccarmi alle persone, affezionarmi a loro.
Era tutta una storia che ricominciava da capo.
Quando decidi di intraprendere un rapporto con qualcuno, devi mettere in gioco te stessa e i tuoi sentimenti ed io non sono mai stata pronta per farlo.
Quando inizi a sentire che quel qualcuno merita di entrare nella tua vita, allora devi essere in grado di scavare dentro di te, tirare fuori tutte quelle cose belle e brutte che hanno caratterizzato la tua vita dall’inizio fino a quel momento, sparpagliarle sul tavolo e mostrarle una ad una.
Devi essere in grado di prendere il cuore tra le tue mani, e metterlo nelle sue, permettere a quella persona di guardarlo, osservarlo, scovarlo e capirlo.
Devi fidarti di lui a tal punto da lasciare tra le sue mani quella piccola parte di te che racchiude tutto ciò che sei e che sei stata, e sapere che quando te lo darà indietro, sarà esattamente come prima, solo un po’ più leggero.
Quando senti che una persona vuole condividere il peso che ti porti sulle spalle, devi essere pronta a raccontare di quel peso, a darne un po’ a lui e prendere un po’ del suo.
Devi essere pronta a condividere, scoprire, conoscere e farti vivere.
Devi vivere l’altra persona, amare l’altra persona, e capirla.
Quando decidi di voler davvero far parte della sua vita, devi finalmente toglierti quella maschera dal viso e mostrarti per quella che sei: niente falsi sorrisi, niente ‘sto bene’mentre ti stai logorando dentro.
Arriverà il momento in cui dovrai sentirti pronta a guardare quella persona negl’occhi e raccontarle le parti peggiori di te, le parti più dolorose, quelle che avresti voluto dimenticare, quelle che hai sempre nascosto persino a te stessa.
Devi essere pronta a condividere tutto ciò che hai, tutto ciò che non hai e tutto ciò che avrai.
Per questo sono sempre stata sola, perché tutto questo mi ha sempre fatto paura.
Sono sempre stata più affezionata alla maschera sul mio volto che alle persone intorno a me.
L’ho tolta una sola volta questa maschera, in diciannove anni, per un ragazzo per il quale la toglierei altre migliaia di volte ma dal quale, adesso, devo tenermi lontana anima e corpo.
Adesso mentre guardavo David negl’occhi mi ritrovavo a chiedermi se io fossi davvero disposta a scavare dentro di me, a togliermi quella stupida, maledetta maschera e a far vedere lui chi ero davvero.
Mi ritrovavo a chiedermi se fosse il caso, se gli sarei piaciuta uguale dopo, se non mi avrebbe fatto soffrire. Ma quando mi prese la mano, portandomi con lui ad affrontare quell’enorme massa inconsistente di fantasmi che occupavano i corridoi della scuola, capii all’istante che, con lui, non avrei potuto fingere, anche se lo avessi voluto.
Eppure…

10.05

Dovevo assolutamente parlare con Pierre, era una cosa troppo importante e urgente per permettere a me, al mio orgoglio o a qualsiasi altra cosa di non vederlo.
Correvo nei corridoi, fermandomi di tanto in tanto, quando mi pareva di vederlo ma niente. Avevo girato tutta la scuola e non ero ancora riuscita a…-Sta attento a dove cammini!-
-Allora lo fai apposta.-
Pierre?
Per una volta fui felice di averlo incontrato così, lo presi per un braccio e lo trascinai nel vecchio sgabuzzino dei bidelli, dove ormai non entrava nessuno da anni.
-Mmh, che intenzioni hai birichina? Mi sembrava mi avessi detto che non volevi più vedermi.- Diceva mentre mi passava le dita tra i capelli.
Resistendo agli impulsi contrastanti che mi comandavano di prenderlo a calci e baciarlo fino a che non avessi smesso di respirare puntai i miei occhi nei suoi e lui si fece serio.
-Che è successo?-
-E’ successo che…siamo due idioti.-
-Parla per te, intanto. Che significa questo?-
-Che ho un ritardo.- Nel momento stesso in cui lo dissi prese a girarmi la testa. Vedevo Pierre, me…David.
-Ritardo di che scusa? Sono le…- guardò l’orologio mentre io speravamo che mi stesse prendendo in giro. –dieci e undici e le lezioni ricominciano tra cinque minuti!-
Sta scherzando, non è davvero così idiota. Mi sta prendendo in giro.
-Pierre, ho un ritardo. Il ciclo, ho un ritardo con il ciclo.-
-Ma io non capisco cosa...cosa?!-
Annuii.
-Tu hai già…fatto un…- parlava a sussurri, fermandosi a respirare tra una parola e l’altra, guardandomi negl’occhi e tenendomi la mano. -…test?-
-No, pensavo di farlo oggi ma…Ho paura.-
Le sue braccia intorno a me, il mio volto immerso nella sua felpa ed io, invasa dal suo profumo. Pensavo a David. Che cosa gli avrei detto?

16.13

Pierre si presentò a casa mia con un test di gravidanza che aveva comprato strada facendo.
Mi prese la mano, mi guardò sparire in bagno ed aspettò, seduto sul divano, mentre io cercavo di non farmi prendere dal panico.
Come cavolo si usa questo aggeggio?

16.20

-Allora?-
-Pierre, non è un computer, bisogna aspettare.-
-Quanto?- La sua gamba si muoveva freneticamente, non riusciva a stare fermo. Io, per conto mio, non riuscivo quasi a respirare.
-Circa un quarto d’ora.- Mi prende la mano.
-Andrà tutto bene, ok? Qualsiasi cosa accadrà, qualsiasi cosa dirà quel test, andrà tutto bene.-
Lo guardai sorridendo mentre una lacrima bastarda mi cadeva lungo la guancia.
Come avevo potuto mettermi in quel casino? Come avevo potuto essere così superficialmente stupida?
-Lo so.- Dissi sorridendo, con tutta la forza che non avevo.

16.36

Avevo il test tra le mani, ma nessuno di noi due aveva il coraggio di guardarlo.
Tenendomi le mani, mi guardava negl’occhi e mi parlava cercando di convincere sia me che se stesso. –Allora ci siamo. Striscia rossa o striscia blu hai detto? Ok, lo guardiamo insieme. Magari potremmo andare a fare delle analisi, perché questi test non sono sempre attendibili al cento per cento e stiamo parlando di una nuova vita quindi…- Lo baciai, in qualche modo dovevo farlo smettere, sia di parlare che di pensare.
-Andrà tutto bene, Pierre. Uno, due…- voltai il test e mi sentii morire.
-E questo che vuol dire?-
-Non me lo ricordo.-
-Come non ti ricordi?! Dov’è la scatola, le istruzioni…Maya!-
-Pierre calmati, le ho buttate…nel cestino!-
Vedere Pierre rovistare nel cestino alla ricerca delle istruzioni mi strappò un sorriso che fu come un raggio di sole in mezzo alla tempesta.
-Eccole!- Disse tirando fuori la testa dalla spazzatura e sventolando in aria il foglietto della verità.
-Allora?-
-Un attimo, c’è scritto in tutte le lingue del mondo tranne che…eccolo.-
-…si possono quindi avere due differenti colori: se la lineetta del test risulterà rossa, il risultato sarà…-
-Cosa?-
-…positivo.-
Lasciai cadere il braccio ed il foglietto cadde a terra.
Pierre mi abbracciò ed io cercai di respirare quanto più ossigeno possibile, senza avere molto successo.
Affondai il viso nel suo petto, cercando di trovare nel suo cuore che batteva, quella forza che non sentivo più di avere.
Stupidi, incauti, ingenui. Eravamo stati dei bambini proprio nel momento in cui dovevamo essere più adulti. Ci eravamo lasciati andare, senza pensare alle conseguenze.
Non riuscivo a pensare a nulla, né a Pierre, né a David né…David.
Che cosa avrei detto a David? Che cosa avrei fatto?
E di me? E di lui o lei?
Io, che non riesco a prendere una decisione neanche per me stessa, che non sono mai decisa su niente, che non so mai cosa fare…io che non so prendermi cura di me, dovrei essere in grado di prendermi cura di un altro piccolo, fragile essere umano? Come avrei fatto?
E la scuola?
Stupidi, stupidi, stupidi.
Come se avesse sentito i miei pensieri, mi prese la mano, poggiando l’altra sulla mia pancia e guardandomi negli occhi.
-Andrà tutto bene, staremo tutti insieme. Tutti e tre.-
Una lacrima mi cadde sulla sua mano, alchè mi guardò, mi sorrise, con quel sorriso suo, quello rassicurante, quello che ti capisce, quello che ti fa bene, e mi disse –Per di più, nell’attesa prima, avevo già pensato ad alcuni bellissimi nomi per la nostra bambina!-
-Bambina? E se fosse un bambino?-
Pierre mise il broncio. –No, non ci ho ancora pensato.-
Risi e cercai di smorzare la tensione. -E per curiosità, a che nomi avevi pensato?-
-Beh, qualcosa come Alphonsine, oppure Florentine…-
Lo guardai negl’occhi in cerca di una scintilla, di una qualsiasi cosa potesse indicare che stava scherzando ma no, era serissimo. Serissimo come quando mi baciò all’improvviso, avendomi vista confusa, spaesata, persa e dicendomi –Tranquilla ok? Non posso prometterti che sarà facile, o che io sarò l’uomo perfetto. Non posso prometterti che non farà male o che non avremo paura. Non posso prometterti niente, in questo momento, se non che non ti lascerò mai, che la nostra bambina avrà una bellissima famiglia, che sarà amata e che anche tu lo sarai. Adesso, contando il fatto che non ho un soldo e non posso renderti felice materialmente, che non posso regalarti un anello né tanto meno una casa, dimmi: vuoi dare a questa bambina una famiglia?-
Trattenendo le lacrime poggiai la mia mano sopra quella di lui, stringendogli l’altra e sorridendo. Ti amo, ti amo, ti amo, ti amo. Stavo morendo di paura, sia per lei, sia per Pierre che per David. Ma non potevo più pensare a me, adesso. La mia vita non mi apparteneva più, adesso era sua, e io dovevo smetterla di fare la bambina egoista e pensare al bene di questo bambino.–Solo se mi prometti che il nome lo sceglierò io.-
Rise lui, guardandomi e dicendomi –Ma Alphonsine mi sembrava un nome meraviglioso!-
Lo guardai con aria omicida, trattenendo una risata. Con lui era sempre così, tutta una risata, tutto uno scherzo, in qualsiasi momento riusciva a sdrammatizzare la situazione.
-Pierre, non ti faccio riconoscere nostro figlio.-
-Figlia.-
-Qualsiasi cosa sia.-
-Ok, lo scegli tu, promesso.-
Lo baciai, pensando però che c’erano ancora tante cose che dovevo fare e tante persone con cui dovevo parlare.
I miei genitori, David…
Mi allontanai da lui che mi prese la mano e mi sorrise, facendo un cenno alla porta.
Iniziavo a credere realmente che mi leggesse nel pensiero.

17.17

Mamma mi abbracciò, piangendo. Non disse una parola se non –domani andiamo a comprare dei vestitini. Li compriamo bianchi o verdi, così non importa se sarà maschio o femmina!-
In quel momento pensai solo grazie mamma, ti voglio bene.
Mio papà, commosso, mi promise tutti i soldi di cui avevo bisogno.
Ma io non avevo bisogno di soldi, avevo bisogno di loro, e loro c’erano ed io stavo bene.

18.21

E questa era forse la parte più difficile.
Mi ero davvero convinta su di lui, io gli volevo davvero bene, io non volevo perderlo.
Scema, scema, scema.
-Hey.-
Lo abbracciai piangendo e lui mi strinse a se, senza una parola, senza un ‘perché?’. Gli fui eternamente grata per questo.
 
-Va tutto bene, non piangere tesoro. No, no, dimmi solo una cosa.- disse scostandomi da lui e puntando i suoi occhi nei miei. Mi mancò il respiro per un secondo. –Che cosa vuoi che faccia, io?-
-Che cosa vuol dire?-
-Vuol dire…vuoi che me ne vada e che sparisca dalla tua vita?-
-Io…tu sai cambiare i pannolini?-
Mi guardò sorridendo. –Beh si, ma…che c’entra?-
-Allora, potresti insegnarmi come si fa?-
Mi abbracciò ancora più forte, in una stretta che sembrava non dovesse finire più.
Ci sono stati dei momenti in cui ho veramente creduto in noi, ma avevo come la sensazione che David sapesse, che avesse sempre saputo fin dall’inizio e che semplicemente mi capisse.
-Non ti farà male?-
-Che cosa?-
-Starmi vicino.-
-Mi farebbe male starti lontano. Io sono qui per te, perché ci tengo a te. Non mi sono mai aspettato niente di diverso da noi, per questo non fa male, adesso. Ti starò vicino fin quanto lo vorrai. E soprattutto, non vivrò con il peso di quella povera creatura nelle tue mani, mentre cerchi goffamente di cambiarli un pannolino.- Rise ed io risi con lui.
Il ragazzo più meraviglioso del mondo era tra le mie braccia ed io stavo bene.
Non fraintendiamoci però, stavo morendo di paura, il cuore mi scoppiava ed ero ancora più confusa di quanto non lo fossi mai stata ma per la prima volta in tutta la vita non mi sentivo sola.
Ero felice da un lato e triste dall’altro, pensando che avrei voluto che con David le cose fossero andate diversamente.
Ma in quel momento, in cui tutto sembrava stupido, inutile e insignificante, le sue braccia mi davano asilo ed io mi sentivo parte del mondo, parte di lui, parte di tutto.
Una creatura nasceva dentro di me, ed io nascevo insieme a lei, con tutte le mie paure, con tutte le mie ansie.
David poggiò la sua mano al di sotto del mio ombelico, mi guardò negl’occhi e mi disse –sarà una creatura fortunata.- ma a quel punto non potei più trattenermi e scoppiai a piangere, su di lui, con lui e anche un po’ per lui.

   
 
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