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Autore: AzzurreElle    29/09/2012    3 recensioni
"Nessuno è mai pronto quando c'è da andar via."
Eccomi qui con il sequel della mia prima ff: "Mia."
Come ogni bambino, Mia è cresciuta e insieme a lei anche Tom, Brookelle e il piccolo Ian.
Ma dall'altra parte della Germania anche un'altro bambino cresceva in questi anni.
Come al solito non voglio dire troppo ma ci terrei a sapere cosa ne pensate C:
Baci, AE.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Tom Kaulitz
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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“Si dice che crescere sia una cosa automatica, quasi spontanea aggiungerei, sono pochi quelli che arrivati a contatto con qualcosa più grande di loro stessi decidono di rimboccarsi le maniche e affrontarla come un adulto.
Mi chiamo Mia, un nome che non mi piace per niente, lo scelse mio padre.
Io quando posso lo cambio, mi sembra di poter essere me stessa quando lo faccio.
Io non vorrei essere Mia, vorrei essere di qualcuno , come lo ero di mio padre quando sono nata.
Lo ha scelto forse per stare più tranquillo;
Lui che non conosceva il mondo all’infuori degli occhi di mia madre,
Lui che aveva gli occhi a mio parere anche più belli dei suoi,
Lui che mi ha trasmesso lo stesso sorriso timido;
Lui che il sorriso lo avevo contagioso.
Ho diciotto anni e la mia vita è perfetta, per quanto possa sembrare agli occhi di un estraneo.
Mia madre si chiama Brookelle, è una donna bellissima, con lunghi capelli castani e occhi azzurri come i miei e delle labbra di un rosso naturale.
Mi tratta come la prima cosa bella che abbia avuto dalla vita.
Era una ragazzina quando mi ha avuto, diciotto anni appena compiuti, e forse , credo, spero, sono stata davvero il primo bel regalo che la vita le abbia offerto.
Mio padre si chiama Tom, Tom Kaulitz, Tom Kaulitz dei Tokio Hotel.
Lui non è il mio vero padre ma è come se lo fosse.
E’ accanto a mia madre da quando avevo meno di due anni e mi ha sempre trattata come una figlia ma non una figlia qualsiasi.
Lui mi tratta come una principessa, una di quelle che ha bisogno del suo cavaliere dall’armatura splendente per cacciare via i mostri da sotto il letto.
Il cavaliere in questione è lui, e lo sarà per sempre.
Ho anche un fratello, Ian .
E’ più piccolo di me, di tre anni ma è come se tre anni in meno li avessi io.
Mi tratta come la ragazza più bella e indifesa del mondo.
E’ molto simile a mio padre, motivo di orgoglio per lui.
Si veste con vestiti di due taglie più grandi in grado di contenere me e lui in un unico paio di jeans.
Vuole fare il rapper da grande e analizzando le discendenze non credo sarà molto difficile raggiungere il suo obbiettivo.
E’ lui il maggiore per molti versi, soprattutto quando si tratta di dovermi proteggere, vorrebbe spaccare il mondo solo per sapermi al sicuro e sterminare il genere maschile se mai mi si facesse del male. Solo davanti a una cosa era stato impotente:
La bulimia.
 
 
 
 
Avevo 12 anni quando è iniziato tutto e l’unica parola che usavano i miei amici e parenti per descrivermi era “perfetta.”
Ma come? Come può un’adolescente sentirsi perfetta? 
Più mi guardavo allo specchio più non mi piacevo e non  tanto per i miei occhi azzurri che a Berlino sono piuttosto scontanti o peggio per i miei capelli biondi, mi vedevo grassa, non obesa, solo qualche kilo in più delle mie compagne di scuola.
Così decisi che era ora di mettersi un po’ a dieta.
Convinsi mia madre a portarmi da un dietologo e qualche kilo ero riuscita a perderlo facilmente.
Ma non mi bastava, più dimagrivo più non mi sentivo soddisfatta.
Era diventata una vera e propria ossessione.
Non ero arrivata al livello di perdere il ciclo e perdere il controllo della situazione ma capitavano giorni, settimane, in cui non toccavo cibo e mi mantenevo in piedi con del tè alla pesca.
Ero brava a nasconderlo ai miei genitori ma non a mio fratello.
Mi reggeva lui quelle volte che lo stomaco non riusciva a reggere il cibo o lo rigettava nella tazza del bagno.
Passavano i giorni e i mesi e io non riuscivo più ad assumere una quantità di cibo normale per una ragazza della mia età così Ian si trovò costretto a parlarne con i miei genitori.
Sentì mia madre piangere quella sera, dietro la mia porta chiusa a chiave. 
E io? Non riuscivo a esserne dispiaciuta.
Stavo dimostrano a mia madre, mio padre, mio zio Bill, mia zia Fanny modella d’alta moda che non ero poi così perfetta, anche io potevo cadere a pezzi.
 
Mi convinsero ad andare da uno psicologo per iniziare una terapia perché si poteva fare ancora in tempo.
Due anni dopo ci fu la mia completa guarigione, due anni e tre mesi dopo la mia ricaduta.
E in casa mia si viveva un incubo della quale nessuno doveva sapere niente all’infuori di quelle mura, pensavo.
Pensavo a mio padre, alla sua reputazione.
Nulla per me era più importante da farlo restare fuori da quello che mi stava succedendo , così iniziai di nuovo a fingere, a condividere la mia malattia solo con Ian che su quelle spalle ancora troppo piccole aveva il peso di portarmi in camera sua la notte per darmi la forza di trattenere il panino mangiato a cena.
Iniziai a seguire una terapia di un dietologo pagato per il suo silenzio, soprattutto verso i miei genitori.
Potevo comprare tutto mi ripetevo, anche la mia guarigione, e per quanto disonesto poteva essere quel dottore mi ha aiutata moltissimo.
 
 
Ripensarci a distanza di tre anni mi mette una grande angoscia.
Non sono completamente guarita, l’ossessione di non mangiare troppo è rimasta, ma ne sono venuta fuori.
Posso dire di essere guarita grazie all’aiuto di mio fratello che ogni volta davanti a un piatto pieno di cibo mi guarda con un sorriso di incoraggiamento come a dire “su Mia, mangia!” e non ci sono modi per descrivere quanto bene mi faccia.
Lo adoro C:  "
 
Termino anche quest’ultima pagina di diario e mi sento più che bene.
Da quando avevo scoperto che scrivere aiutava a sfogarsi non potevo farne più a meno; Consumavo pagine e pagine di diari facendo il riassunto della mia giornata e nei peggiori dei casi quando l’umore lo richiedeva , il riassunto della mia vita.
Seduta sul tappeto della mia camera mi mangiucchio le unghie, un vizio che a mio padre da enormemente fastidio ed è per questo che mi nascondo ogni volta.
Domani inizierà il mio ultimo anno di scuola, avrò un diploma e cercherò di convincere i miei a darmi il permesso per una mega vacanza con la mia migliore amica Alyssa e Kyle, figlio del migliore amico di mia madre, zio Alex.
Ero annoiata, tutto era pronto per domani ma non avevo nulla da fare prima della cena.
Mi guardo intorno e noto la mia piccola Shine abbandonata all’angolo della stanza.
Shine era la vecchia chitarra di mio padre Tom, me l’aveva regala al mio sesto compleanno, diceva che era una tradizioni di famiglia dei Kaulitz regalare ai propri figli (figliastri) la vecchia chitarra ,proprio come aveva fatto nono Gordon con lui.
Sorrido e prendendo la mia adorata , sgattaiolo fuori dalla mia camera e mi rinchiudo nel piccolo studio di papà.
Mi piaceva stare ore e ore a comporre melodie le quali la maggior parte le dedicavo al mio vero padre.
Non mi piaceva molto parlare di lui, non lo facevo quasi mai, però a volte mi concedevo di pensarlo, immaginarlo adesso, più grande e vissuto, diverso da quel ragazzino in  foto che mamma tiene nel salotto.
Più volte mi sono chiesta come si era svolta la notte della tragedia, ma ogni volta c’era sempre qualcosa che mi blocca, la voce tremava quando provavo a parlarne con mia madre e le mani non rispondevano ai comandi quando cercavo informazioni su internet. 
Non ce la facevo proprio, non potevo e non volevo.
Guardo le corde della mia Shine e sorrido, anche al mio vero padre piaceva suonare la chitarra, è qualcosa che ho nel sangue, me lo dicevano spesso.
Ero abbastanza brava, le poche lezioni di mio padre erano state utili ad assimilare le basi, per il resto era talento innato.
 
Toc toc!
 
Circa un’ora dopo che Shine aveva catturato completamente la mia attenzione mio padre fece capolino nella stanza.
-”Bambolina “ mi sorride, sedendosi per terra accanto a me e cingendomi le spalle con un braccio.
L’osservo, era bellissimo.
I segni degli anni passati erano ben visibili in poche cose:
I suoi capelli oramai erano corti e biondi , aveva una barbetta incolta e il suo vestiario si era normalizzato in modo tale da vestirsi solo di una taglia in più.
Ma molte cose erano rimaste le stesse:
Il suo piercing al labbro per esempio, splendente e luccicante ogni qual volta che sorrideva in quel modo sconvolgente che ti trasmetteva sicurezza.
Erano rimasti uguali i suoi atteggiamenti verso mia madre.
Amava prenderla in giro, stuzzicarla e baciarla a tradimento.
Mi piace il loro matrimonio, non è certo il più perfetto ma è questo il bello.
Non credo alle famigliole dove i genitori vanno sempre d’amore e d’accordo, Dio solo sa quante corna ci possono essere sotto.
Credo piuttosto a quelle che si sopportano giorno dopo giorno, anno dopo anno , e quello tra mio padre e mia madre era uno di quelli.
Litigano spesso, molte volte si lanciano addosso i piatti del servizio buono della nonna Jenna, minacciano anche di divorziare addirittura, ma poi mio padre l’abbraccia e mia madre sbollisce tutta la rabbia nell’incavo del suo collo e, raccolgono insieme i cocci della la nonna a cui mamma tiene tanto e poi di notte fanno l’amore.
-”papà” ricambio il suo sorriso, era inevitabile farlo.
-”Mamma ci vuole a tavola, vieni?” mi guarda attentamente.
Lo adoravo quando lo faceva, mi sembrava di essere letta dentro da lui, e forse lo faceva sul serio; Molte volte capita di capirci solo con uno sguardo e con Ian era lo stesso, solo mamma a volte , gelosa e verde dall’invidia si lamentava che in casa se fossimo stati solo noi tre sarebbe stato il regno del silenzio.
-”Sì , andiamo” lascio Shine per terra e mi alzo e ridendo tiro su anche mio padre.
-”L’ho sempre detto che sarai il bastone della mia vecchiaia “ ride tenendomi per mano e dirigendoci in cucina.
-”Non hai ancora compiuto quarant’anni e ti senti vecchio papi?” rispondo facendo il nostro ingresso in cucina.
-”Sì Mia, ma tuo padre è già vecchio dentro!” si intromette mia madre ridendo .
Mio padre appena la vede mi lascia la mano e le va in contro con un sorriso oserei dire malizioso e la bacia sulle labbra.
Io e Ian , seduto già a tavola, ci guardiamo rassegnati, da anni eravamo pronti anche a ricevere la notizia di un fratellino o di una sorellina, non era mai successo, ma con Tom e Brookelle non si sa mai.
  
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