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Autore: _ALE2_    13/04/2007    2 recensioni
Angel e Ryan...due vite che si intrecciano per volere del destino...un nuovo pericolo minaccia Tokyo...riuscirà l'amore a vincere sul male?
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Un debito da saldare-pubblicato Ciauz!!!! Gollum e Smigol ritornano all’attacco dopo tanto tempo…scusate il ritardo ma abbiamo avuto qualche intoppo perché siamo state scaraventate entrambe ai due lati opposti del globo! (ua e che esagerazione io ero in Egitto e lei in Liguria…) Cmq ci faremo perdonare cn questo chappy che come avrete sicuramente notato e lunghetto… un salutone alle fedelissime che c commentano…aspettiamo come al solito i vostri consigli! UN BACIO A TUTTI e buona lettura!!!
 
 
 
Angel rientrò in casa mentre le otto erano passate da un pezzo, con il cuore che ancora non sembrava intenzionato a rallentare i battiti: il pomeriggio che aveva passato con Ryan era stato davvero fantastico!
Con aria sognante e distratta, attraversò il cancello di una elegante villetta in stile inglese e percorse un breve vialetto di ghiaia, fino ad arrivare al cospetto della porta d’ingresso. Non fece neanche in tempo a bussare al campanello che una graziosa ragazza, in tenuta da cameriera, le venne ad aprire; “Buonasera, signorina Angel” disse quest’ultima, “Buonasera, Annah. Mio zio è in casa?” “Si, sta già cenando in sala da pranzo”. Detto questo, la cameriera bionda si scostò e l’altra poté entrare in casa.
Con passi rapidi e leggeri, Angel attraversò l’ingresso ed il sontuoso salone, fermandosi sull’uscio di una stanza non meno elegante delle precedenti: al centro di essa, vi era sistemato un lungo tavolo ligneo, circondato da ben dodici sedie in stile classico, e , seduto a capotavola, un uomo abbastanza avanti con gli anni era intento a leggere una voluminosa pila di documenti, mentre consumava il suo pasto. La ragazza sorrise, “Ciao zio, sempre al lavoro?” l’altro, non essendosi accorto in tempo della presenza estranea, trasalì e distolse gli occhi sorpresi dagli incartamenti per rivolgerli alla nuova arrivata, che nel frattempo si era seduta vicino a lui. “Mi volevi far venire un infarto?” la ragazza sorrise nuovamente e rispose scherzosa “Non potrei mai…” “Qualche novità?” “No, nessuna…” lo scienziato colse un inusuale tono sognante nella risposta della nipote e sorrise “Ho l’impressione che, oramai, non sia più una questione di semplice…come dire?...lavoro, sbaglio?” “Non sbagli..” lei continuò con quel tono sognante, questa volta, arrossendo. “Vorrei comunque che ci pensassi bene…” azzardò lo zio, ben conscio di quanto potesse essere suscettibile e lunatica la giovane. Lei, di colpo, lo fissò seria e rispose “Non preoccuparti” “Bene! Tornando a noi… allora, mi hai inviato dati piuttosto interessanti sulle MewMew e sono riuscito ad analizzare la fonte dell’energia che sprigionano… è come pensavamo: il tuo bel principe azzurro ha creato quei poteri sfruttando la forza stessa degli alieni, incanalandola nel DNA di sei animali in via di estinzione…” “Ho capito… quegli stramaledetti alieni!” sbottò lei e ricevette un’occhiata compassionevole dallo zio. “Angel, dobbiamo assolutamente scoprire come ha fatto tuo padre a venire a conoscenza di quegli alieni, come ha creato quei mostri e, soprattutto, come…” si morse la lingua, consapevole di essersi spinto troppo oltre. “…come ha creato me, giusto?” l’uomo annuì mestamente, ma rimase zitto. “Sfortunatamente per noi, mio padre non è mai stato un uomo di molte parole e, quando scoprì l’esistenza degli alieni, si chiuse ancora di più in sé stesso e nel suo laboratorio, effettuando ricerche che non divulgò mai a nessuno. Avevo solo 7 anni, ma ricordo ancora perfettamente quegli uomini..” “Uomini?” la interruppe lo zio, incuriosito da quella novità nel racconto. Lei annuì “Credo appartenessero ad una società affiliata al governo degli Stati Uniti… la fama di mio padre era ben nota, gli alieni troppo feroci e così due rappresentanti di quella organizzazione vennero a casa nostra… non potrò mai cancellare la scena: li guardavo incuriosita nell’ingresso e loro, sentendosi osservati, mi salutarono gentilmente e cercarono di giocare con me…l’uomo più alto aveva occhi freddi, ma buoni; fu addirittura simpatico. Negli occhi dell’altro, invece, non trovai altro che cattiveria… mi spaventai, mi misi a piangere e fui presa in braccio da mamma, mentre papà fissava i due nuovi arrivati con il viso tirato e preoccupato. Si accomodarono tutti e tre in salotto e vi rimasero per parecchie ore, addirittura fino a sera inoltrata. Incuriosita da questo, prima di andare a dormire, sgusciai fuori dalla mia cameretta ed andai ad origliare alla porta del salotto… per quello che ricordo, quei due offrivano a mio padre aiuto, finanziario e materiale, in cambio di un valido mezzo per contrastare gli alieni; in più, gli dissero di aver trovato persone con un DNA “mutabile”, in grado di neutralizzare quei mostri… inutile dire che mio padre non impiegò neanche cinque secondi per accettare quella collaborazione…” Angel smise di parlare per un attimo, abbassando il capo, persa nei ricordi. Lo scienziato, benché curioso di sapere cosa accadde dopo, rispettò il silenzio della nipote: era rarissimo sentirla parlare del suo passato, anche se manteneva il suo solito tono freddo e distaccato nel raccontarlo. La ragazza rialzò il capo di colpo e, come se avesse trovato nuova forza, ricominciò il discorso. “Da allora mio padre non solo passò la maggior parte della giornata rinchiuso nel suo laboratorio, ma cominciò a trascorrervi anche la maggior parte della notte… accadeva spesso che, nonostante vivessimo sotto lo stesso tetto, non lo vedevo per diversi giorni… finalmente, dopo un anno, creò quei mostri, i Montras… all’inizio, erano solo embrioni grandi qualche centimetro, ma arrivarono allo stadio adulto nel giro di poche settimane. Avevano capacità incredibile ed un solo, terribile difetto: perdevano completamente la ragione e tendevano a distruggere tutto ciò che li circondava… tanto potenti quanto pericolosi: un esperimento scientifico miseramente fallito. Quella società, spaventata dai risultati, eliminò il progetto e tagliò tutti i ponti con mio padre… rimase solo…io rimasi sola… non lo vedevo più, oramai viveva in quei dieci metri quadrati che erano il suo laboratorio, alla ricerca di un metodo per contrastare le sue creature… io crebbi da tate e badanti, visto che la mamma non c’era più…” pronunciò quelle ultime frasi con un’insolita rabbia nella voce e l’uomo ne capì subito il motivo. “Non puoi incolparlo della sua morte…” Lei scattò in piedi, con gli occhi ambrati ridotti a due furenti fessure “Non posso? Non posso, dici? Lei era depressa! Aveva un marito inesistente! La vedevo camminare per casa con occhi vacui: pareva uno spettro! Era una splendida dona, ma nell’ultimo periodo sembrava come sfiorita… quando credeva di essere sola, piangeva ed io non potevo far nulla per aiutarla! Poi si ammalò e morì poco dopo… sentivo i medici ripetere che il male che aveva non era incurabile, ma che lei non aveva più voglia di vivere…non aveva più voglia di vivere! Sono sicurissima che se papà, almeno una volta, fosse andato al suo capezzale lei sarebbe guarita… ed, invece, non si degnò nemmeno di presenziare al funerale! Era una persona orribile:non riuscì ad abbandonare quel dannato studio neanche per cinque minuti, per vedere la mamma un’ultima volta, per vedere me…” si zittì nuovamente, questa volta per evitare che la tristezza e la rabbia, che ormai la invadevano, la tradissero con delle lacrime. L’uomo cercò parole che potessero confortarla, ma si rese conto che quel dolore era impossibile da liquidare con delle semplici fatte: l’odio, che aveva letto nei suoi occhi e visto trasparire nei suoi gesti, era covato dentro per anni e il vecchio zio sperò solo che, un giorno, avrebbe potuto trovare qualcuno con cui metterlo a tacere. “Eccola qui la vera Angel, quella che sarebbe adesso se non avesse uno scopo da raggiungere…ma, per quanto io mi sforzi, non riesco a capire: che razza di vita è la sua?” . Con uno scatto improvviso, Angel si alzò ed andò vicino alla finestra, dando le spalle allo zio. “È stata tutta colpa sua… un solo uomo è stato capace di rovinare la mia vita, quella di mia madre e di tantissime altre famiglie…ha commesso un solo errore, ma quanta gente ne deve pagare le conseguenze? Quante persone sono morte in quell’incendio per la sua insaziabile curiosità? Ormai ho perso il conto…” “Ma adesso stai combattendo i Montras… stai salvando centinaia di vite! Sei un’eroina!” A quelle parole, dalla ragazza si levò una risata gelida, inanimata che colpì lo zio come una sferzata, lasciandolo interdetto. Lei lo fissò intensamente, prima di rispondere. “Un’eroina salva il mondo perché ritiene giusto farlo, è convinta che ne valga la pena…” “Per te non è forse così?” “Certo che no! A me non interessa né del mondo né della gente che lo popola… sono tutti deboli ed ipocriti…guarda Tokyo! È stata attaccata prima dagli alieni, adesso dai Montras e nessuno ha mosso un dito per salvarsi! Se non fosse stato per quelle sei ragazzine la città, a quest’ora, sarebbe ridotta ad un cumulo di macerie da tempo!” “E allora perché lo fai?” “Perché devo” “Devi?” “Si, devo farlo per rimediare all’errore di mio padre… al mio errore di non averlo fermato quando ho potuto. Una volta sterminati tutti quei mostri, ti giuro, smetterò di trasformarmi… non mi fregherà più niente di nessuno!” angel si voltò di nuovo e fissò lo zio con aria trionfante, ma quell’altro le diede le spalle e si incamminò verso la porta, chiudendo il discorso con un semplice “Buonanotte”. “A domani” rispose la ragazza che, preso posto a tavola, chiamò Annah per ordinarle la cena.
 
Quello stesso pomeriggio, mentre Ange si era incontrata con Ryan, un’altra coppia era uscita insieme: Strawberry e Mark.
I due camminavano per il centro della città mano nella mano, soffermandosi ad ammirare le vetrine dei numerosi negozi presenti; il ragazzo parlava visibilmente contento, mentre gli occhi di lei sembravano persi nel vuoto, la mente immersa in un turbinio confuso di pensieri: i nuovi imbattibili nemici, la misteriosa Hunter, il furibondo litigio con Ryan… “Ryan…”  “Allora gattina, cosa ne pensi? Ti va?”. La ragazza sobbalzò lievemente e guardò l’altro, visibilmente imbarazzata: non aveva ascoltato minimamente il suo fidanzato, per tutto il tragitto. “Scusa Mark…ehm…io…ecco…io non stavo ascoltando! Scusami!” chinò il capo, con il viso dello stesso colore dei capelli. Il ragazzo la guardò serio “Strawberry, è da quando sono tornato che sei strana: ti sento più distante… c’è qualcosa che non va?”. La Mew rosa s’incupì, sentendosi in colpa per aver dato da pensare al suo adorato Mark. “Perdonami…è solo che ho parecchie cose per la testa!” l’altro rimase zitto poi, improvvisamente, tirò a sé la rossa e la cinse in un romantico abbraccio. “Piccola mia, ti prego…qualunque cosa accada sappi che ne puoi parlare sempre con me! Io… io farò sempre tutto ciò che mi chiederai perché ti amo con ogni fibra del mio essere e la tua felicità, per me, è la cosa più importante!”. La ragazza si strinse a lui e, colpita da quelle parole, si sentì gli occhi umidi. “Lo so, Mark…” con voce strozzata, riuscì a dire solo questo. Si odiò.
Restarono così abbracciati a lungo, mentre il sole tramontava e la ragazza si sentiva orribilmente, e stranamente, fuori posto.
 
Ryan era rimasto, per tutta la sera, al cafè. Non aveva smesso di pensare un solo attimo allo splendido pomeriggio passato in compagnia di Angel: quella ragazza gli trasmetteva un senso di fiducia fortissimo.
Più volte si sorprese a ricordare quegli occhi… il loro colore così innaturale lo attraeva magneticamente…e poi quei capelli così luminosi, quelle labbra morbide, quel profumo… quel delicato profumo di pesca, che lo faceva impazzire ogni volte che le si avvicinava, così dolce, ma anche così…così… “…peccaminoso”. Arrossì immediatamente: da quando aveva simili pensieri? Sorridente, si stese sul letto ed affondò la testa nel morbido cuscino. Non c’era niente da fare… ci era proprio ricascato!
 
Il sole era sorto da poco su Tokyo ed il parco ed il cafè erano immersi nel silenzio.
Kyle, mattiniero come al solito, era già all’opera in cucina, intento a spalmare un abbondante strato di panna sull’ennesimo dolce che le ragazze avrebbero servito quel pomeriggio. I gesti dell’affascinante pasticciere erano esperti e meccanici e la sua attenzione era solo parzialmente dedicata all’invitante golosità che stava preparando: la maggior parte dei suoi pensieri erano preoccupati e rivolti al biondino che dormiva placidamente al piano di sopra; sapeva benissimo quanto fosse importante per Ryan il progetto MewMew e quanto gli costasse dichiararsene fuori.
Accese il frullino elettrico, per mescolare una profumata crema al cioccolato, e non avvertì la presenza di Pam che, nel frattempo, era entrata nella stanza ed aveva preso posto su di una sedia, aspettando che il ragazzo finisse il suo lavoro. L’altro posò l’attrezzo che aveva in mano e si diresse, a grandi falcate, verso il forno, non degnando la ragazza di un solo sguardo. “Allora Kyle, quando la finirai di arrovellarti?” la soffice voce di lei lo fece ritornare alla realtà ed il moretto si voltò verso la modella, regalandole un affascinante sorriso. “Oh, scusami. Io…stavo riflettendo” “Su Ryan?” la Mew viola si alzò e si avvicinò sinuosamente a lui. “Già… mi chiedo per quanto ancora voglia mantenere la sua decisione… questa faida è così stupida…” “Non ne ho idea… le ragazze faranno meglio a capire velocemente che anche lui ha delle esigenze e poi…beh…sappiamo tutti e due che Ryan, prima o poi, crollerà…non potrà non preoccuparsi per noi quando verrà a sapere di nuovi attacchi… è la sua natura” il ragazzo sorrise “Lui e la sua mania di proteggervi… quando capirà che oramai siete forti abbastanza per farcela da sole?” risero entrambi a quelle parole poi, inaspettatamente, Pam appoggiò la testa sul petto del moretto, che sussultò impercettibilmente. Tra i due scese un silenzio carico d’attesa, che venne rotto dopo poco dalla ragazza. “E tu?” “Io cosa?” “Quando deciderai a prendere un po’ di tempo per te?” Kyle, a quelle parole, abbassò lo sguardo, incrociandolo con quello della ragazza. Come aveva potuto non accorgersi prima di quanto fossero belli e dolci gli occhi di Pam? “Io…non lo so” “Meriti anche tu una vita, Kyle, come tutti noi… posso capire che tutto questo è un gravoso fardello, ma avevi dei programmi per te, la tua carriera, la tua vita… hai soffocato tutto per il bene comune, per il progetto… ma, ora come ora, ha ancora senso tutto ciò? L’hai detto tu stesso che ormai siamo in grado di cavarcela da sole…” Il ragazzo sospirò, consapevole di ciò che Pam stesse cercando di dirgli. “Sai… quando decisi di rimanere al fianco di Ryan, decisi che sarei diventato tutto per lui, come lui per me… così è stato per parecchio tempo… all’inizio, ho rimpianto tante volte la mia scelta, tante volte sono stato sul punto di abbandonare il progetto, di abbandonare lui… ma, quando lo vedevo così determinato, non potevo far altro che chiedermi “Come fa un ragazzino, che ha affrontato tanti drammi, ad essere più forte di me?”… sai Pam, ancora oggi non so darmi una risposta, ma lui mi dà la forza di continuare e adesso…” “E adesso?” lo incalzò la modella “Adesso continuerò a badare a lui fino a quando non avrà più bisogno di me…” “Avrà sempre bisogno di te, sei la sua famiglia” “No Pam…la mia presenza non servirà più di tanto quando guarirà da tutte le sue ferite… gliene manca una sola da sanare…” “E dopo? Riprenderai a vivere?” “Si” Il moro appoggiò delicatamente le labbra sulla fronte tiepida della ragazza, lentamente si separò da lei e, salutandola, si diresse verso il laboratorio.
 
Ryan girovagava per il parco senza meta: da quando aveva abbandonato il progetto MewMew, le sue giornate erano diventate inesorabilmente più vuote e noiose.
Non badava molto alla direzione presa dai suoi piedi e la sua mente era come immersa nell’ovatta. Improvvisamente, però, qualcosa lo riscosse da torpore: il cielo era, infatti, diventato di colpo tutto grigio ed una fitta nebbia aveva circondato l’area  vicina; incuriosito, decise di addentrarsi nella zona più interna dei giardini, dove quella strana foschia sembrava essere più concentrata. Man mano che avanzava, l’aria cominciava ad essere più pesante, difficile da scrutare e, soprattutto, da respirare: il giovane americano iniziò ad ansimare e fu costretto a fermarsi, per riprendere fiato. Sentì un gelo penetrargli fin dentro le ossa e, spaventato si guardò attorno: la nebbia era avanzata fino a circondarlo completamente, inghiottendo alberi e cespugli, morti e spogli di ogni foglia.
Spalancò gli occhi cerulei sorpreso e si voltò per fuggire da quel posto, che sembrava uscito da un film horror; con il piede sinistro, toccò una pozzanghera ed, istintivamente, abbassò lo sguardo, per controllarne l’entità. Gli si gelò il sangue nelle vene: non aveva messo il piede in una pozza d’acqua, bensì in una scia cremisi. “Sangue” ed il solo pensiero che potesse appartenere ad un essere umano lo fece impallidire. Un orribile presentimento si fece largo nella sua mente e, quasi inconsciamente, cominciò a seguire quella scia scarlatta, per vedere a chi, o cosa, appartenesse. Si fermò dopo pochissimo: la sua ricerca era finita. Era appoggiata ad un albero, inerte e mortalmente pallida: il sangue le era sgorgato da numerose ferite, che le martoriavano l’intero corpo, e le imbrattava le ciocche più lunghe dei suoi splendidi capelli smeraldini. Il ragazzo cadde in ginocchio distrutto, con le guance rigate da copiose lacrime e gli occhi offuscati dal dolore.
Un bagliore e la figura, a lui tanto cara, sparì come anche il sangue. Ryan, attonito, si avvicinò all’albero e sentì, sotto le dita, solo la ruvida corteccia del tronco, privo di qualsiasi macchia vermiglia. Un vago sospetto cominciò ad insinuarlo ed il ragazzo si voltò, per scrutare il parco. Una gelida risata, levatasi nell’aria greve, confermò i suoi presentimenti: era caduto in una trappola.
 
Strawberry arrivò al cafè trafelata: impressionata da quella strana foschia, aveva percorso l’intero tragitto nel parco di corsa. Con una rapida occhiata, si accorse che la sala era completamente deserta e, per via della luce che filtrava dalla porta, che qualcuno era in cucina: Kyle, probabilmente. La ragazza entrò nella stanza e sei paia d’occhi la fissarono: le ragazze erano raccolte attorno al tavolo, mentre il pasticciere era appoggiato ad un mobile, con le braccia conserte. “Kyle… l parco è completamente…” “Lo so, dobbiamo sbrigarci!!!”
Dopo essersi trasformate, le sei MewMew uscirono di corsa dal locale seguite dal moretto, che cercava di mantenere la loro andatura; solo MewPam rimase indietro e, mentre le altre erano già entrate nel parco, la mew viola si voltò, alla ricerca degli occhi del ragazzo. “Rimani qui…rischi di essere coinvolto…” “Non preoccuparti, ma state attente…”. Fu un solo secondo. La ragazza si avvicinò a Kyle e posò delicatamente le sue labbra sulle sue; gli regalò un ultimo sguardo e poi corse via.
 
Non avevano percorso che pochi metri che le MewMew si erano ritrovate completamente avvolte dalla densa nebbia grigia, boccheggianti e confuse. Così come era successo a Ryan, anche loro notarono inorridite la scia di sangue e cominciarono a seguirla. “MewBerry, secondo te…chi?” la biondissima LoveBerry si avvicinò alla mew rosa, che correva avanti. “Non ne ho idea…ma ho un brutto presentimento…”. Arrivarono velocemente alla radura, dove si era fermato anche il ragazzo, e lì si bloccarono; le macchie vermiglie si erano fatte più frequenti ed ampie: di chiunque fosse quel sangue, era certamente conciato molto male. MewBerry, con uno strano senso di oppressione all’altezza del cuore, fu attratta dall’albero solitario che si erigeva in mezzo a quello spiazzo e scorse una sagoma umana appoggiata al suo tronco, seminascosta dalla nebbia. Trattenne il fiato: la striscia sanguigna proveniva da quella persona. Il grigiore si diradò leggermente e la ragazza a stento trattenne un grido spaventato. Ryan. Quel sangue apparteneva a lui. MewPam, con le lacrime agli occhi, tentò di avvicinarsi al suo amico, ma fu trattenuta da MewLory; MewBerry, incapace di dire o di fare qualcosa, crollò a terra singhiozzante mentre MewMina rimase letteralmente pietrificata. Solo LoveBerry e MewPam ebbero l’accortezza di avvicinarsi al ragazzo e, tastandogli il polso, emisero un lievissimo sospiro di sollievo: benché fosse in condizioni gravi, Ryan era ancora vivo. La mew viola se lo caricò sulle spalle mentre la mew bionda andò vicino a quella rosa, per farla rialzare. “Ragazze! È ancora vivo! Dobbiamo assolutamente portarlo fuori di qui!”. Le sei ragazze incominciarono a correre a perdifiato, ma la nebbia, fattasi più fitta, impedì loro di scorgere l’uscita. “Non vi permetterò di scappare…” le MewMew si impietrirono nell’udire quella voce così innaturale, senza scorgere nessuno. “CHI SEI? FATTI VEDERE!” MewMina urlò nel buio, agitata, mentre le altre si stringevano attorno a MewPam ed a Ryan. “Lui…non è vostro…lui…APPARTIENE A ME!”. Liane serpentine spuntarono dal sottosuolo, che immobilizzarono le sei combattenti e cinsero il ferito, separandolo dalle altre. “Lui… è MIO!” una donna molto alta e magra spuntò fuori dalla nebbia: era splendida, ma inquietante; aveva lunghi capelli rossi fiamma, che contrastavano con la sua pelle diafana; i lineamenti erano eleganti e perfetti mentre gli occhi, scarlatti come i capelli, puntavano famelici sul giovane americano, privo di sensi. “Il suo sangue mi appartiene…”. Fece per avvicinarsi alla sua preda, ma fu colpita da un potente attacco scagliato da MewMina, che era riuscita a liberarsi delle funi. La creatura fissò furente la mew blu, con il volto sfregiato stravolto dalla rabbia. “TU, RAGAZZINA! COSA HAI FATTO? ME LA PAGHERAI!”. Con uno scatto rapidissimo, il mostro si avvicinò alla ragazza e la trattenne per il collo, pronto a sferrare un suo potentissimo e micidiale colpo. “E’ la fine” gemette MewMina terrorizzata, mentre chiudeva gli occhi preparandosi al peggio. L’attacco non fu mai sferrato: un’abbagliante sfera luminosa scaraventò quella specie di vampira lontano dalla ragazza, che crollò a terra boccheggiante. Le MewMew si liberarono dalle loro prigioni di liane e corsero a soccorrere la loro amica, mentre una nuova figura compariva dalla foschia: Hunter. La nuova arrivata si diresse subito verso Ryan, accasciato a terra, lo prese in braccio e lo consegnò ad una MewBerry confusa ma riconoscente. “Andate…” “Ma…tu? Come farai da sola?” “Me la saprò cavare, ma il vostro amico ha un immediato bisogno di cure…” Detto questo, le MewMew si allontanarono velocemente, mentre Hunter osservava il suo nemico rimettersi in piedi. “MORIRAI PER QUELLO CHE HAI FATTO!” sbraitò la donna, facendo comparire innumerevoli liane dal terreno; l’altra, con un sorrisino strafottente stampato in viso, schivò abilmente quelle piante. “Davvero patetico…” disse sprezzante mentre, inginocchiata a terra, aprì un varco nel suolo, che inghiottì il Montras fino alla cintola, imprigionandola. “Patetici sono i tuoi poteri, patetica sei tu, patetica sarà la tua fine!” Hunter creò una palla di fuoco incandescente e la scagliò selvaggiamente contro a quell’essere, che scomparve in uno stridio acuto. Subito la nebbia si diradò e gli alberi ritornarono carichi di splendide foglioline verdi, mentre il cielo era tinto con i colori del tramonto. Angel, ancora sotto le mentite spoglie di Hunter, si avvicinò vicino all’albero secolare, ancora avvizzito e macchiato di sangue, e lo toccò. In un bagliore, i suoi rami si nascosero in una chioma smeraldina e la ragazza sorrise: era tornata la normalità.
 
Le MewMew, aiutate per l’ennesima volta da Hunter, riuscirono ad uscire senza ulteriori intoppi dal parco e, sulla via per il cafè, notarono che la foschia era finalmente scomparsa. “Andate avanti, io vado a controllare se Hunter sta bene!” MewPam, detto questo, si separò dalle sue compagne, ritornando nei giardini; con innata agilità, arrivò nella radura senza fare il minimo rumore e scorse la chioma lilla della ragazza, di spalle. Non volendo essere vista, la mew viola si nascose dietro ad un cespuglio e scomparve dietro ad un bagliore argentato, ritornando ad essere Pam. Non appena riaprì gli occh, la modella si accorse che la figura davanti a lei era cambiata: i capelli viola erano diventati verdi e la mano, dalla pelle così chiara, sembrava essere leggermente più abbronzata. Solo quando la sconosciuta si voltò, Pam la riconobbe, rimanendo piuttosto sorpresa. Angel; la ragazza che aveva salvato lei e le sue amiche in più di un’occasione era la nuova cameriera del cafè MewMew. “E adesso?”
 
 
 
Rieccoci qui…speriamo ke il chappy vi sia piaciuto e che ci abbiate scusato per l’immenso ritardo a pubblicarlo…SORRY!!!! Da un po’ di tempo a qst parte sto iniziando a covare istinti omicidi verso Smigol…(solo da un pò? Nda smigol) tutto è iniziato dopo il risultato del test “che personaggio di fullmetal alchemist sei?” sciaguratamente è uscito che lei è Edward Elric ed io Roy Mustang…nn fraintendetemi io adooro Roy, ma essere chiamata colonnello bastardo nn è proprio rilassante…io cmq mi vendico…CHIBICHIBICHIBICHIBI BUAHAHAHAHAH! Adesso dobbiamo proprio andare…ASPETTIAMO I COMMENTI SOPRATTUTTO DALLE FEDELISSIME!!! Baci baaaciii!!!

 

  
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