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Autore: CathLan    01/10/2012    9 recensioni
Breve fan fiction di due soli capitoli. Sterek!
Stiles e Derek hanno condiviso tanto, ma a quanto pare al nostro piccolo ragazzino impertinente non basta.
Tratto dalla prima parte: -«Perché tu puoi e io no?» domandi senza fiato, con le gote bollenti. Vorresti che continuasse, ma il tuo scopo era un altro. Posi una mano sulla sua e lo fermi.
«Non è questo il punto» scrolla il capo e scosta il braccio, riportandolo contro il fianco.
E il tuo petto protesta, vuole di nuovo il contatto. Lo pretende.
«E qual è il punto allora?»
«E’ diverso» dice soltanto, come se potesse bastarti una risposta del genere.
Alzi un sopracciglio istintivamente. «Derek cazzo.»
«Toccami tu.»-
Genere: Erotico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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The only exception
Prima parte.

 


Buon salve a tutti!
Questa è la prima parte di una fan fiction che sarà composta, credo, da soltanto due capitoli.
E’ incentrata sul telefilm Teen Wolf e sulla coppia
Sterek! <3
Spero vivamente di non deludere nessuno e che la fan fiction piaccia, anche perché mi ci sono impegnata tanto ç^ç
E' ambientata durante una serata di puro divertimento, spero vi piaccia C:
La dedico a
_itsluci che non mi abbandona mai e che mi ha fatto sclerare con questo telefilm. Ti voglio bene sfiguz ;w; Buon compleanno in ritardo.


Buona lettura.

 



Pov. Stiles

 

Ti fa male il cuore perché non è proprio ammissibile così tanta confusione.
Va bene, sei sempre stato piuttosto disordinato, soprattutto nella tua grande e colorata mente, ma questo è veramente troppo.
Non sai che fare, tanto meno che dire ed è veramente strano, perché Stiles Stilinski non è capace di rimanere per più di un nano secondo in silenzio. Eppure è da mezz’ora che sei seduto al piano bar a fissare il soffitto, come un automa, mentre tutti gli altri sono in pista a ballare. Persino quel palloso di un lupo è da qualche parte a far chissà che con chissà chi e tu invece sei lì a morire di noia e a strullarti con le tue solite paranoie.
Un moto di malinconia ti invade, ma lo raggiri prendendo a fissarti la punta delle Nike. C’è una macchia di terriccio su una delle scarpe, cerchi di farla scomparire passandoci sopra la suola dell’altra, ma il risultato è che ora è ancora più sporca di fango di prima. Sbuffi e ti stiracchi portando in alto le braccia. Ti stai annoiando, da solo non sai che fare. La solitudine ti pesa come un macigno e la musica assordante non ti rallegra come dovrebbe fare. Anzi, ti rimbomba in testa mettendo ancora più in confusione i tuoi pensieri affollati.
«John ti offre questo», ti dice il barista giovane, indicando con il mento un ragazzo dall’altra parte del bancone che senza preoccuparsi minimamente di risultare ambiguo ti sta fissando insistentemente.
Gli fai un cenno del capo per ringraziarlo e poi afferri il drink, senza più calcolarlo. Lo annusi e già ti sale la nausea. La gola ti si riempie di bile, ma diamine, non capita tutti i giorni di ricevere un alcolico gratis, soprattutto se sei un sedicenne e non potresti bere. In un fiato butti giù tutto l’intruglio e lo ingoi cercando di non pensare al retrogusto amaro. Sa di menta e qualcos’altro che non riesci a capire. Rimetti giù il bicchiere e ti alzi, scendendo giù dallo sgabello con un saltello. Quando poggi i piedi per terra ti gira talmente tanto la testa che sei costretto ad afferrare la prima cosa che ti capita a tiro. Sotto i polpastrelli ti ritrovi qualcosa di freddo, duro eppure anche morbido. Alzi lo sguardo ambrato e c’è lui. L’unico che per tutta la sera hai sperato ti degnasse di un’attenzione, ma che invece ti ha ignorato come è solito fare.
«Derek» il suo nome ti scivola sulla lingua prima che il cervello si colleghi alla bocca.
Lui ti fissa astioso, attraverso le iridi verdi, che a momenti diverranno probabilmente grigie. Aggrotta le sopracciglia e solleva appena il labbro superiore, mostrandoti i canini.
«E’ amico tuo?» chiede una voce molto vicina. Forse troppo.
Ti volti e ti rendi conto solo in quel momento che l’Alpha non è solo, ma che è affiancato da una biondona tutte curve. Lei ha il palmo aperto sul suo petto e con le unghie disegna ghirigori sulla maglietta nera aderente che lascia molto poco all’immaginazione.
«No, non siamo amici», dice lui in risposta. Le rivolge un sorriso mozzafiato e le sfiora un fianco morbido con una mano. Sono appiccicati come cozza e scoglio.
Il sangue ti ribolle nelle vene prepotente, affluisce fino alle orecchie e poi pulsa nelle tempie. Sei elettrizzato, senti la rabbia montare nel petto e fatichi a sovrastarla con la calma. A te non ha mai rivolto nemmeno un mezzo sorriso, mentre a lei ha appena mostrato la dentatura completa. A te non ha mai permesso di sfiorarlo, nemmeno l’altra notte.
Spinto, ti dici mentalmente, dall’effetto del cocktail che hai appena bevuto aumenti la presa sul suo braccio e inclini appena il capo, ammiccando alla ragazza. Ti spingi pericolosamente verso il volto di Derek e gli lasci un bacio umidiccio sul collo, dove il suo cuore batte infuriato. «In realtà noi due stiamo insieme» dici, sperando di rimanere quanto meno vivo fino alla fine della frase.
Gli occhi neri di lei si spalancano per la sorpresa e le labbra carnose piene di rossetto si distendono in una linea dritta, stizzita. Non ti volti a guardare il lupo perché hai una paura folle della sua reazione, ma semplicemente lo lasci andare e barcollando te ne vai, schivando i ragazzi arrapati che ballano senza freni inibitori.

Esci dal locale e cercando di rimanere in piedi te ne torni alla tua amata Jeep. Tiri fuori le chiavi dalla tasca dei jeans stretti e fai per inserirle nella serratura, quando una mano ti afferra il polso facendoti sobbalzare dallo spavento.
Le chiavi ti scivolano dalle mani come una saponetta bagnata e si infrangono contro l’asfalto bagnato provocando un rumore argentino. Non hai nemmeno il tempo di chinarti a raccoglierle perché Derek ti è addosso e con il suo peso ti schiaccia tra lui e la portiera della tua bambina impedendoti di muoverti.
Le sue luminose iridi verdi sono cerchiate da un alone rosso che non promette nulla di buono, ma qualcosa dentro di te –forse l’alcool- ti fa rimanere del tutto calmo. Non ti ucciderà, alla fine non ti uccide mai.
«Si può sapere da dove ti è uscita quella cosa?» domanda, aumentando la presa.
Ti sta facendo male, cerchi di liberarti ma non ce la fai. E’ veramente arrabbiato. Forse questa volta ti uccide davvero. Speri di no.
«E tu perché mi ignori? Fai finta pure di non conoscermi!» sbraiti, non sapendo a cosa aggrapparti per giustificare il tuo atteggiamento di poco fa. Non lo sai nemmeno tu cosa ti è preso, a dirla tutta.
«Noi non siamo amici», scandisce ogni parola a bassa voce, come ad imprimertele bene nella mente.
E tu ti chiedi come sia possibile che le sue labbra che ringhiano che a te non ci tiene per niente ti facciano scoppiare il cuore, come riescano il suo alito caldo e le sue dita fredde strette attorno al tuo corpo pronte a levarti la vita a mandarti all'altro mondo e poi riportarti indietro, in soltanto un istante.
Ti chiedi come puoi ancora perdere i battiti stando accanto a lui, dopo che nonostante abbiate condiviso così tanto lui non ti concede nulla, nemmeno la sua amicizia.
Vorresti chiederglielo, bombardarlo di domande e sapere se anche per lui è la stessa cosa, se anche tu lo accendi come una stella, ma la risposta te la sta dando proprio adesso. Derek ti odia, nemmeno ti concede di parlare come due persone civili, ti lascia soltanto il tempo di sussurrare un “oh mio dio” tra una minaccia e un’altra. Tra un gemito ed un brivido. 
E' sempre così, tu non sei una persona che piace. La gente ti sopporta semplicemente, l’unico ad esserti amico è Scott. E a volte ti domandi come mai, perché se fossi al suo posto tu non ti saresti simpatico. Ti gireresti alla larga come fanno tutti gli altri.
Ma allora perché a casa tua tu e Derek vi siete lasciati andare? Come mai siete rotolati sul tuo letto ansimando di un piacere proibito? Lui ti ha usato, la realtà è questa. Se così non fosse ti avrebbe quanto meno permesso di toccarlo, di baciarlo.
Non sai che dire, rimani a fissarlo e quando il suo cipiglio non muta, ma rimane irato abbassi il capo e ti divincoli dalla sua presa. Non hai voglia di bisticciare, sei esausto di essere trattato in questo modo. Pensavi di aver trovato un tuo posto nel mondo l’altra notte, mentre Derek ti riempiva sia emotivamente che fisicamente, ma a quanto pare non è così. Sei ancora un bambino sperduto, un granello di sabbia nel deserto. Una goccia nell’oceano che non fa la benché minima differenza.
Lui ti lascia senza fare storie e tu, sempre evitando di guardarlo, ti abbassi per afferrare le chiavi. Quando le hai prese ti volti, entri in auto e allunghi un braccio per sbattere la portiera, ma qualcosa te lo impedisce. Sorpreso incroci le sue iridi ora completamente rosse. Non puoi fare a meno di chiederti che cosa hai fatto ora, per meritarti un’altra imminente sfuriata delle sue, ma ti fa male la testa a riflettere e così lasci stare. Non l’avresti mai detto, ma sei stanco di pensare.
«Si può sapere che cos’hai?» il suo tono è duro come sempre. Ma non ne sei stupito.
Fai spallucce e riprovi a tirarti dietro la maniglia. Non si muove nulla. «Cosa vuoi che ti dica?» 
«Che cosa ti succede» dice solamente, serio. «Pensavo ti fosse chiaro che l’altra sera-»
«Lo so, era la prima e ultima», ammetti interrompendolo. Giri la chiave nel cruscotto e accendi il motore. «Sono stanco, mi lasci tornare a casa?»
«Sì.» Ti chiude nell’auto e infila le mani nella giacca di pelle che non lo abbandona mai.
Ti osserva con il volto indecifrabile e inclina di lato il capo, aspettando che te ne vai.
Sei deluso, una parte piccola di te sperava davvero che lui volesse ascoltarti, sapere dentro come ti senti, quanto poco ti manca per cadere rovinosamente nel burrone, ma in fondo lui è Derek Hale e tu Stiles Stilinski. Tu sei muto e lui sordo.
«Torna indietro, sono sicuro ti starà aspettando da qualche parte» sussurri, sapendo che anche se hai i finestrini alzati il lupo ti può sentire comunque, grazie al suo super udito.
Affondi il piede nell’acceleratore e metti in prima, sgommando nel parcheggio. 
Ti senti morire dentro come quando trovavi tuo padre addormentato sul tavolo, con una bottiglia di liquore vuota ancora stretta tra le dita e il volto rosso. Perché la gola ti brucia a forza di tacere il tuo dolore e le gambe ti pesano a forza di correre contro vento solo per rivendicare il tuo posto nel mondo. Vorresti fermarti, afferrarti la testa tra le mani e disperarti, come ti sei permesso di fare solo poche volte, ma non te lo concedi. Non questa volta. In fondo cosa ti aspettavi? Che Derek ti dicesse che quando ti ha salvato la vita poi non se n’è pentito? Che ammettesse che non riesce a smettere di pensare al tuo volto scosso dall’orgasmo?
Stiles, sei grande. Basta con le bugie.

 

§§§

 

Quando ti svegli, con il fiatone e il cotone della camicia incollato al petto sudato non te ne stupisci.
Scosti semplicemente le coperte e ti siedi, appoggiando i piedi sul pavimento freddo. Porti i palmi a stropicciarti la faccia e ricacci indietro le lacrime. Non ricordi cosa hai sognato, ma sai di aver visto tua madre. Lo sai perché quando ti svegli di soprassalto la ragione è sempre lei.
Inspiri profondamente e lui c'è, lo senti subito. Il profumo forte del suo dopobarba, della sua pelle nivea e sempre troppo fredda è presente quanto l'odore dello spray all’arancia che tuo padre ogni mattina spruzza nelle stanze per cambiare aria.
«Ti capita spesso?» ti domanda la sua voce.
Levi le mani dal volto lentamente. Ti riempi come un palloncino e qualcosa dentro di te ti dice che non è normale reagire così, solo perché la tua mente si diverte a prenderti in giro. Ma non ci puoi fare niente, il cuore ti scoppia nel petto e cominci a guardarti attorno speranzoso di vederlo.

E lui è proprio accanto al letto, in piedi che ti osserva. Spalanchi gli occhi e lo ammiri. Il volto cereo, la bocca piegata in una linea orizzontale, gli occhi straordinariamente lucidi: è bellissimo e vorresti poter dire che è tuo. Rimani in silenzio e le idee si scontrano tra loro annullandosi. Per la seconda volta in vita tua non sai né che dire né che fare.
«Tutto okay?» sembra quasi preoccupato.

Abbozzi un sorriso e ti stringi nelle spalle. «Non molto spesso come prima.» 
Le sue iridi verdi scompaiono un’istante coperte dalle palpebre nivee. «Stai bene?» ripete, leccandosi brevemente il labbro inferiore. E’ nervoso.
«Sì.» In un movimento lento ti alzi e gli vai di fronte. 
Le sue labbra si tirano in una smorfia, ma non ti allontana. Rimane in silenzio a contemplare il tuo viso, come se in fronte avessi disegnato una complicata mappa del tesoro. E' talmente vicino che i vostri fiati si mescolano, il suo profumo ti avvolge. Se ora allungassi un braccio le tue dita sfiorerebbero il suo corpo. Ma non lo fai, lui non vorrebbe. Non gli piace che lo tocchi, lo infastidisce. 
«Mi dispiace per prima, davvero.» Hai così tante cose da dirgli, ma proprio non ci riesci.
Lui rimane impassibile. Probabilmente sta solo cercando di sovrastare la voglia di staccarti la testa a morsi. «Si può sapere che cos’hai?», lo domanda a bassa voce, ma la nota aspra la accogli comunque.
Scuoti il capo e ti avvicini di qualche passo. Lui indietreggia e si scontra contro la scrivania del computer. «Posso sapere perché ti faccio così schifo?» sbotti, confuso.
Derek sospira e poi alza gli occhi al cielo. «E questa da dove l’hai tirata fuori?»
Allunghi un braccio verso il suo torace e lui si scosta, infastidito. «Non vuoi essere toccato da me» spieghi, alzando le sopracciglia.
«Non dire assurdità.»
«Me ne hai appena data dimostrazione!» urli, graffiandoti la gola con le tue stesse parole. «E mi chiedi che cos’ho. Hai il coraggio di chiedermi che cos’ho! Diamine siamo stati a letto insieme tutta la notte e posso capire che per te non sia significato niente, ma per me era la prima volta e.. insomma, non mi hai permesso di toccarti! Nemmeno di baciarti e okay, magari questo era un po’ troppo, lo so che non ti piaccio e magari baciarmi sarebbe stato come mangiare uno scarafaggio vivo» non riesci a fermarti, il fiume di parole ti svuota i polmoni riempiendo il silenzio, «ma cazzo! Toccarti! Non sai quanto ho desiderato sfiorarti l’altra notte, pensavo di impazzire, sai? Eri sopra di me e per tutto il tempo non ho fatto altro che sperare che mi avresti lasciato i polsi e permesso di toccarti, ma niente! Derek, se valgo così poco perché sei stato con me? E’ stata tipo una valvola di sfogo? Come andare con una bambola gonfiabile? Non sto certo criticandoti per le tue fantasie, ma sai.. cioè.. Derek perché ti faccio schifo? So di non essere bello, interessante o una buona compagnia, ma perché? Mi aspettav-» Riesci a fermarti in tempo, prima di aggiungere cose di cui potresti pentirti in un futuro. Ti scocci mentalmente la bocca e respiri a fondo.
«Sei serio?» ti chiede, con un’espressione shockata.
Tu gli hai appena aperto il tuo cuore e lui ti chiede se stai scherzando oppure no. Digrigni i denti e ti porti una mano in faccia, in modo che non veda le lacrime imperlarti le ciglia scure. Tra tutte le cose, tra tutte le situazioni imbarazzanti in cui mai avresti voluto trovarti in vita tua questa è la peggiore. E strano, ma vero ne sei proprio tu il protagonista.
«Devo essere ancora un po’ ubriaco» smozzichi, con la voce strozzata dalla pressione del palmo sulla faccia. «Comunque, sei qui perché volevi qualcosa in particolare?»
«Eri serio?» ripete, sconvolto.
Ti trattieni a stento dall’afferrare la prima cosa che ti capita a tiro e sbattergliela in testa e scrolli il capo, sempre col volto coperto. «Se non era niente di importante ti dispiace tornare domani? Mio padre potrebbe tornare da un momento all’altro.» E’ una grossa enorme bugia, ma cosa ne sa lui degli orari dello sceriffo?
«E’ di turno tutta la notte.» Come non detto.
«Era importante?» ridacchi tra te e te. «Non mi dire che la biondona ti ha dato due di picche e sei tornato qua per farmela pagare», scherzi sperando che la voce non ti si incrini.
«Togli quella mano, ragazzino.»
Rimani con gli occhi chiusi, ma riporti il braccio lungo il fianco. Speri che assecondandolo si deciderà a lasciarti stare una volta per tutte.
«Guardami.» Qualcosa nell’aria cambia e non è la sua voce, anche se ha preso una tonalità più bassa e roca e non è nemmeno il suo profumo stucchevole. Solo ti senti meno lontano, ma non sai esattamente da cosa.
Controvoglia, più perché ti fanno male le tempie a forza di strizzare gli occhi, che per non farlo arrabbiare maggiormente, lo ascolti e lasci slittare le palpebre verso il soffitto.
Derek è di fronte a te, ad un palmo di naso. Ha le braccia molli, il petto gonfio e le sopracciglia folte corrugate. «Eri serio?»
Vorresti prenderlo a pugni o a sprangate, tanto per fargli almeno un po’ male, ma ti trattieni e respiri profondamente ricacciando indietro la voglia di picchiarlo a sangue. «Sì», smozzichi con la testa che gira per quell’idea assurda che ti è appena balenata in mente. «Sì, serio.» Con le dita che tremano e una forza che non ti appartiene ti slacci lentamente la camicia, senza allontanare lo sguardo dal suo volto indecifrabile. Lo stai facendo davvero?
«Si può sapere cosa stai facendo?» ti chiede lievemente impanicato Derek.
Ti lasci sfuggire un risolino e continui la tua tortura personale. L’ultimo bottone scivola fuori dall’asola e i due lembi del tessuto si aprono, lasciandoti il torace scoperto. Abbassi il volto perché ora diventerà molto più difficile continuare guardandolo e fai scivolare le mani giù, sempre più giù. Trovi la cintura dei jeans e ci armeggi sopra, con scarsi risultati. Sei troppo agitato. «Dunque..» cominci, non sapendo come proseguire. La cintura finalmente si sgancia e aprendo i tre bottoni della patta fai scivolare i pantaloni giù. Si attorcigliano alle tue caviglie e calpestandoli li togli del tutto, rimanendo in mutande.
«Ti stai spogliando?»
Alzi la testa e gli rivolgi un’occhiata stralunata. Certo che ti stai spogliando! «A te cosa sembra?»
Il suo pomo d’Adamo si alza e si abbassa rapidamente mentre deglutisce. «Perché?»
«Toccami», gli ordini. Levandoti del tutto la camicia. Con un silenzioso tonfo svolazza a terra, dietro le tue spalle.
Il lupo stringe gli occhi, aggrotta le sopracciglia e allarga le narici. Non sai esattamente che intenzioni abbia quando alza un braccio, ma il cuore ti cade nei calzini comunque. Le gambe si immobilizzano e non ti permettono di scappare. Spalanchi la bocca, ma non ti pare una buona occasione per ribattere, così la richiudi subito.
E assurdamente, andando contro ad ogni logica, quella mano che ti si sta avvicinando si posa sul tuo petto e prende a disegnare con i polpastrelli le linee sottili dei tuoi muscoli appena accennati.
Trattieni il respiro e chiudi gli occhi, cercando di memorizzare quel tocco delicato. L’altra notte non ne hai avuto il tempo, è stato tutto troppo veloce, tutto troppo vorace. Come una mina che esplode tra le mani all’improvviso, senza lasciare il modo di elaborare la morte.
«Perché tu puoi e io no?» domandi senza fiato, con le gote bollenti. Vorresti che continuasse, ma il tuo scopo era un altro. Posi una mano sulla sua e lo fermi.
«Non è questo il punto» scrolla il capo e scosta il braccio, riportandolo contro il fianco.
E il tuo petto protesta, vuole di nuovo il contatto. Lo pretende.
«E qual è il punto allora?»
«E’ diverso» dice soltanto, come se potesse bastarti una risposta del genere.
Alzi un sopracciglio istintivamente. «Derek cazzo.»
«Toccami tu.»
Pensi di aver sentito male, ma le sue labbra si sono davvero aperte e hanno davvero pronunciato quella parola. Non te lo lasci ripetere, posi un palmo sul suo petto e lo abbandoni lì, senza muoverti.
I suoi occhi si accendono, le fiamme li invadono ed un ringhio più profondo del primo gli risale la gola esplodendo tra di voi. 
Ti ritrai spaventato, non comprendendo dove puoi aver errato. Ma la verità è che paradossalmente non hai fatto niente di male, anzi. «E’ per questo?» domandi, con la voce gonfia di voglia. E’ intossicante, più lo sfiori più vorresti continuare.
Derek non risponde, rimane rigido come una corda di violino e ti divora con gli occhi.
«Non riesci a controllarti se ti tocco» spieghi, più a te stesso che a lui.
«Rifallo, toccami.»
Senza protestare lasci che anche le nocche lo esplorino e poi anche il dorso della mano. Li fai scorrere sul cotone in lente carezze, dalle spalle al basso ventre, senza fermarti. Lui stringe i denti, ma non ti fermi. Stuzzichi con le unghie i capezzoli giù turgidi e un respiro più prepotente degli altri si condensa nell’aria. Hai così voglia di lui che scenderesti a patti col diavolo per averlo.
«Non uccidermi» lo preghi mentre avvicini la testa al suo viso.
Sfiori con le labbra una porzione di pelle bianca accanto al mento e la baci, lambendola appena con la lingua. L’accenno di barba ti graffia la bocca e con i denti cerchi di morderla.
Il ventre ti esplode, un incendio ti risale il petto e poi si riabbatte giù, nell’interno coscia. Proprio come l’altra notte.
Derek sospira forte, con le narici, così alzi lo sguardo e attraverso le ciglia lunghe lo guardi. I vostri occhi si incontrano. Dentro il rosso vedi rabbia, passione, voglia e qualcos'altro che ti rifiuti di analizzare, ma ti basta per continuare.
Ti sposti di qualche millimetro e finalmente puoi baciarlo, assaporarlo e viverlo come hai sempre desiderato. Ti viene quasi da piangere, mentre i vostri gusti si mescolano e le vostre anime si concedono un abbraccio stritolatore, ma non cedi. Non davanti a lui, non questa prima volta. Non puoi permettere alla vista di appannarsi, al naso di gocciolare o alla gola di annaspare.
Lui non si ribella, ma nemmeno si muove. Dentro di sé continua a dibattersi come un pesce fuori dall'acqua, ma non scosta il volto.
Chiudi gli occhi troppo impaurito di scoprire che sei già morto e stai soltanto sognando e riporti il palmo aperto sul suo petto, questa volta però sotto la maglietta. Lo fai scorrere verso il basso, studi ogni singolo centimetro di pelle e poi scendi, fermandoti sopra alla sua erezione coperta dal tessuto dei jeans cadenti.
E’ duro, solido, caldo e tuo. La sua erezione è lì per te e Dio solo sa cosa vorresti fargli.

«Se vado avanti mi uccidi?»




 

  
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