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Autore: Dama DeLupottis    01/10/2012    8 recensioni
Lui: Dario Camossi, 48 anni, chirurgo professionista con più di 1800 interventi alle spalle, freddo, superbo, diffidente, calcolatore, si fida solo di se stesso, crede esclusivamente ai fatti matematicamente dimostrabili e nel potere del denaro e del successo.
Lei: Anna Orievia, 20 anni, studentessa di ingegneria, solare, dolce, sognatrice, chiacchierona ma soprattutto testarda, crede nella forza dell’amore, nell’amicizia e che per tutti ci sia possibilità di redenzione.
E’ sempre vero che gli opposti si attraggono? La differenza d’età è notevole e quella del carattere ancora di più, questi due non hanno niente in comune, potranno mai andare d’accordo?
Genere: Introspettivo, Romantico, Satirico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Pov. Anna

Ed eccomi qua, nel maxillofacciale di Vicenza, ad attendere una visita con il prof. Camossi, colui che presto mi opererà e mi donerà un nuovo mento e soprattutto un nuovo sorriso. Sono stanca di non riuscire a fare una cosa così semplice come addentare una mela. Sono stanca dei mal di testa, dei dolori che sento mentre mastico o sbadiglio. Sono stanca di vedermi anormale, di nascondermi dietro ad ogni cosa quando parlo, quando rido, quando qualcuno si azzarda a farmi una fotografia. Voglio andare in giro a testa alta. Voglio sentirmi come tutti gli altri, e presto…sarà così. Presto rinascerò e mi riprenderò tutte le rivincite che merito. Sarà fantastico, e non vedo l’ora.

In sala d’attesa i minuti passano… e anche le ore. Sempre la stessa storia! Prima c’è la sala operatoria, poi le comunicazioni con la segreteria, e infine, beh è troppo tardi per correre subito alle visite, è già mezzogiorno! Prima bisogna fare un salto al bar, dove un caffè bollente, una brioche alla crema e una chiacchierata con i colleghi non fa mai male! I pazienti che aspettino pure, dopotutto sono loro ad aver bisogno!

Scuoto la testa e cerco di concentrarmi sul nuovo numero di Vogue, devo assolutamente trovare il look autunnale che meglio mi dona! Sfoglio le pagine, ma sembra quasi che i miei occhi non siano collegati al mio cervello. Non mi giunge niente!

Ma perché non riesco a concentrarmi?? Che cos’ho nella testa stamattina? Maledizione! Forse ho capito…forse…sì sto decisamente pensando a lui!

*Flashback- 2 anni prima-*

Attendevo ansiosa nella mini-sala operatoria…mini perché l’intervento che dovevo subire era una “cosetta da poco” che si svolgeva in anestesia locale (chiamala cosetta!). Sì lo ammetto, non ero una tipa coraggiosa, non lo ero mai stata…e neppure mi fidavo dei chirurghi di fama mondiale! Insomma, cercate di capirmi, avevo conosciuto pochi giorni prima quello che mi avrebbe operato e sembrava tanto uscito da un film horror per bambini: vecchio, con i capelli lunghi sulle spalle, unti, di un colore indefinito tendente al giallino sporco, gli occhiali sul naso, e una voce che sembrava provenire dall’oltretomba. Brrrrr!!Mi veniva la pelle d’oca solo a pensarci!!

Ad un certo punto sentii le infermiere dire che il medico era stato sostituito e subito pensai “oh no….chi può esserci di peggiore?” poi finalmente entrò un uomo sui 45 anni, alto, biondo-castano, sereno e sorridente. Tutte lo salutarono con un “buongiorno professore! Ecco il suo camice!”

“Ah! E così è lui?” pensai:”Beh perlomeno questo non mi muore con il bisturi in mano! Osservandolo bene poi non è affatto male, anzi a dirla tutta ha proprio un bel culo per la sua età!” Mi diedi della scema in un microsecondo! “Ma dai! Cosa vado a pensare…è vecchio! E tra un po’ mi farà anche male! Molto molto male!”

Fortunatamente la voce dell’anestesista ruppe la catena delle mie paranoie:- Professore, la paziente è pronta, anche se è un pochino agitata!- disse enfatizzando la parola “pochino” per sottolineare il fatto che il termine esatto da utilizzare era “tantino” se non addirittura “parecchio”.
Lui mi guardò e sorrise – Ma no tranquilla! Non devi preoccuparti! E’ una cosetta da niente, la potrei fare anche ad occhi chiusi!-                                                                        
Vedendo il mio sorriso piuttosto titubante, si avvinò e facendo una giravolta disse: – Allora… Mi preferisci vestito di bianco o di verde??-                                              

“Ah! Ma sentitelo! Quanto è presuntuoso?!” pensai alzando un sopracciglio

Però…c’era da riconoscergli che era riuscito nel suo intento: farmi sorridere per davvero!

– Di bianco! Il verde mette troppa ansia!- gli risposi

- Ma se il verde è il colore della natura! Inoltre…è il colore della speranza! Anche se qui sperare non serve, qui bisogna solo aver fiducia!-

- Appunto!-

- Che vorresti dire? Non ti fidi di me?- domandò fingendosi offeso.

A dirla tutta, secondo me un po’ lo era davvero. Mica poteva permettere a tutti di calpestare così il suo orgoglio!

- Beh io non la conosco! Non so nemmeno il suo nome, fino a pochi minuti fa pensavo di dover essere operata dal prof. Schiaccianoci.- mi giustificai

- Molto bene, allora ti basti sapere che io sono il Prof. Camossi, e che non sono un novellino. Sei in buone mani!-

Beh quello avrei dovuto giudicarlo io, ma decisi di lasciar perdere limitandomi a sorridere. In fondo, mi avrebbe dovuto tagliare poco dopo e…non per niente ma….ci tenevo alla mia vita!

Giusto il tempo di un sospiro di sollievo e… i miei occhi si spalancarono! Sembravo una civetta! E... no! Non avevo visto un fantasma….peggio! Vedevo una mano coperta da un sottile guanto verde che stringeva una siringa piuttosto grossa e un ago troppo lungo per i miei gusti! Aprii la bocca dicendomi “mi pizzicherà solo una volta, solo all’inizio” e invece no! Quell’ago continuava a pungermi anche sotto il palato e faceva malissimo! Soffocai le mie urla di dolore, ma non riuscii a fermare una lacrima che iniziò a percorrere velocemente la mia guancia fino a quando venne raccolta dal dorso della sua mano con un semplice gesto che si trasformò in una delicata carezza. Poi sentii una voce, dolce e rassicurante come il miele: – Lo so stellina, questa fa male, ma poi non sentirai più niente!-

Dopo qualche minuto l’anestesia cominciò a fare effetto, e un’infermiera mi chiese gentilmente se durante l’operazione desideravo tenere una benda sugli occhi per evitare di impressionarmi. Risposi di sì e la indossai in un attimo, poi giunse di nuovo la sua voce, più seria questa volta: – Non mi piace questa cosa della benda, perché io non riesco a vedere se il paziente è vivo o morto!-

Ebbene sì! Si metteva pure a fare il sarcastico! Stavo già morendo di paura e chissà, forse voleva darmi il colpo di grazia!

–Oddio!- esclamai con voce terrorizzata

Lui ridacchiò divertito:- Tranquilla! Stavo scherzando!- attimo di pausa – O forse no?- aggiunse in tono misterioso. Lo odiavo! O almeno…quando faceva così!

L’intervento cominciò, ma un’altra brutta sorpresa mi aspettava: sentii che la sala si affollava di gente…studenti universitari! Ci mancava pure il pubblico! La cosa peggiore era dovermi sorbire tutte le spiegazioni dettagliate dei suoi movimenti, e anche se non vedevo nulla, la mia maledetta immaginazione mi faceva stare male lo stesso! Mannaggia a lui! Perché non poteva chiudere quella dannata bocca per qualche minuto e fare attenzione a ciò che stava facendo?

- Tutto bene tesoro?- mi chiedeva di tanto in tanto
- Sì…e l’intervento come procede?- rispondevo ogni volta
- A meraviglia direi!-


“Va beh crediamoci!” pensavo: ”Tanto anche se stesse andando male non me lo direbbe comunque.” Però sentirlo tranquillo era un buon segno! Bastava quello a tranquillizzarmi.

Ad un certo punto lo sentii ordinare a qualcuno di tenermi ferma la testa, chiese il martello e io sentii che il peggio stava per arrivare. Dopo qualche secondo mi trovai davanti l’inferno. I colpi mi rimbombavano in tutta la testa e il naso mi faceva malissimo, non riuscivo a fare a meno di lamentarmi, ma ancora una volta lui mi sorprese dicendomi: - Amore, lo so che ti faccio male. Ho quasi finito, giuro!-

E ancora una volta lo perdonai. Mi stava facendo male, ma di certo non si divertiva. Dopotutto era umano… ed era anche così dolce! Era ovvio che mi chiamasse così solo perché non sapeva il mio nome, ma avrebbe anche potuto chiedermelo prima, e poi mi dicevo “non tutti quelli di cui non conosci il nome devi per forza chiamarli amore!” Ero talmente presa da questi pensieri che non mi sono neanche accorta che la tortura era finita, e dopo circa mezzora mi comunicarono che l’operazione era terminata. Finalmente!

Mi tolsi la benda e aprii gli occhi. Già mi immaginavo il suo sorriso, ma lui non c’era! Se n’era già andato, senza salutare, senza dire niente. Ci rimasi parecchio male, ma lo giustificai subito pensando che magari era stato chiamato urgentemente da un’altra parte e mi rassicurai sapendo che l’avrei comunque rivisto alla visita di controllo dopo due settimane. Infatti fu così, ma in quell’essere non c’era più traccia dell’uomo gentile: era freddo, distante, quasi menefreghista. Mi guardò velocemente in bocca, totalmente privo di buone maniere, e disse:- Si sì, va benissimo, ci vediamo tra un mese!- e così dicendo si volatilizzò nel nulla.

Il mese successivo poi il tempo della visita si ridusse ulteriormente. Si limitò a passare davanti alla postazione dove ero, chiedendo perché ero lì e urlando ai suoi colleghi mentre continuava a camminare:- Ah ma io non ho più niente da vedere, ho già detto che va bene, fate voi!-

Quel giorno finalmente capii come stavano veramente le cose: non gliene importava niente di me, neanche di striscio, era stato gentile in quell’occasione perché avevo dovuto fare un versamento abbastanza cospicuo e il profumo dei soldi riusciva ad addolcire anche l’uomo più duro del pianeta. Per il momento io non gli servivo più a niente, ero solo un peso, i sorrisi e le strette di mano era meglio riservarle ai nuovi clienti, o meglio…ai pesci che dovevano ancora abboccare.

Rabbia, tristezza, delusione mi attraversarono in quei brevi istanti. Mi tormentai ancora nei giorni successivi, e poi scelsi di lasciar perdere e dimenticare. Non si poteva fare altro se non accettarlo per quello stronzo che era e metterci una pietra sopra.

*fine flashback*

Sono passati due anni, e oggi anche se non ho voglia di rivederlo, mi tocca per forza. Tra una settimana dovrà farmi l’intervento, non uno qualsiasi, ma quello definitivo, con la “I” maiuscola. La mia nuova vita si avvicina, e poco importa se sarà proprio lui a donarmela.

Finalmente dopo un’attesa di 2 ore e 40 minuti (solo? Forse oggi la fortuna mi assiste!) mi fanno entrare nella sezione dedicata alle visite e ai controlli chirurgici, ma la mia gioia svanisce presto quando vedo un’altra mini sala d’attesa al di fuori delle postazioni. Beh almeno questa ha solo 4 sedie, di cui soltanto una è occupata, molto meglio delle 36 piene al di fuori, le avrò contate 5 volte! E per 5 volte la mia pazienza diminuiva sempre di più, ma qui gira il detto che “non solo bisogna avere pazienza ma anche venderla!”

Mi siedo pronta mentalmente ad aspettare come minimo mezzora, quando vedo arrivare un trio vestito di bianco. Subito li riconosco, ormai sono una veterana: il prof. Schiaccianoci, da bravo primario conduce in testa, e a proposito di testa, la sua potrebbe fare concorrenza a quella di uno spaventapasseri, dietro seguono il Prof. Picone, che nei suoi quaran’anni di gloriosa carriera ha messo apparecchi a ben due generazioni di mezza Italia, non per niente egli stesso si definisce molto modestamente il “più bravo d’Italia” ( ma ciò non mi sorprende, tutti coloro che lavorano qui hanno un ego spropositato, quasi dovesse essere necessariamente presente nel curriculum!) e infine lui… Camossi, evito di chiamarlo professore, perché mi ha ferito e quindi mi vendico almeno mentalmente. Per lui gli anni non sembrano passati, è uguale a come lo ricordavo: un pezzo di legno, tanto per darne un’idea. Si avvicinano alla postazione che sta a fianco a me, ma è talmente piccola che soltanto i più svelti (ironicamente i due vecchi) riescono ad entrare e cominciano a confabulare a bassa voce. Camossi si limita ad appoggiarsi allo stipite della porta, scrutandoli contrariato del fatto che l’abbiano praticamente estromesso dal discorso. Ben gli sta…quanto ci godo! Almeno forse abbasserà un po’ la cresta!

Mi sto ancora godendo la scena quando lui si volta nella mia direzione e viene verso di me. Mi guarda dall’alto in basso e poi mi chiede: - Tu sei? Ti devo forse operare?-

Mi mordo la lingua per evitare di rispondergli:– Ma bravooo! Vuoi un applauso?- e mi limito a dire:- Sì, sono Anna Orievia.-

Già non lo sopporto, è venuto da me perché si annoiava di là? Ma cosa sono io? Un giocattolo? Un passatempo? Mi fa cenno di entrare a sedermi sulla poltroncina per le visite, posa le sue rudi manacce sul mio mento, mi dice di stare rilassata e comincia a farmi aprire e chiudere la bocca. Adesso mi sento tanto una bambola! O un cavallo dal veterinario? Beh forse assomiglio un po’ a tutti e due!

Dopo pochi minuti, come avevo previsto, chiama qualche dottorino più giovane e gli ordina di prendermi le impronte, poi mi dice:- Ci sono delle lastre da fare a pagamento nel centro privato di via Arnaldo, poi torni qua- e fa per andarsene, ma io lo fermo dicendo:- No un momento! Io non sono di queste parti, come faccio ad arrivare in Via Arnaldo?-

Lui prontamente mi sbatte in mano un fogliettino dicendo:- Ecco il nome del centro, sul retro c’è una cartina! Hai l’appuntamento fra un’ora!- e così dicendo sparisce a grandi falcate dalla mia vista.

Nel pomeriggio torno con le lastre, ma ovviamente i “capi” se ne sono già andati e rimango lì a parlare con gente dell’università che quasi non ha la minima idea di cosa io debba fare e a tutte le domande risponde:- Ti saprà rispondere il professore nel momento in cui ti spiegherà nei dettagli in cosa consiste l’intervento-

Avrei tanto voluto ribattere:- Certo come no! Lui è noto per la sua grande eloquenza e disponibilità!- ma fortunatamente riesco a trattenermi, dopotutto per loro è intoccabile nonostante li tratti come carta straccia. Manco fosse una divinità! Saluto educatamente (a differenza di qualcuno) e me ne vado. Ne ho avuto abbastanza per oggi di medici arroganti!
 
 
Ciaooooo raga! Vi prego ditemi cosa ne pensate…io personalmente mi sono divertita molto a scriverla…ma vorrei avere un piccolo parere…se è il caso di continuare, di modificare la punteggiatura, il linguaggio (l’intera storia si basa sui pensieri che frullano in testa ad Anna e credo sia giusto renderli un po’ diciamo sarcastici e contradditori!) Accetto qualsiasi tipo di commento, almeno UNO di voi…si sacrifichi please! Per quanto riguarda la trama…vi posso dire che l’ambiente sarà prevalentemente quello ospedaliero, ma prima o poi potrebbe anche cambiare. I due si conosceranno meglio, e nasceranno parecchi battibecchi, perché Anna non riuscirà sempre a stare zitta. Come avete visto il prof Camossi ha un duplice volto, sa essere dolce e gentile, ma anche freddo e distante. Qual è il vero lui? Sono veri entrambi o entrambi sono falsi?


 
  
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