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Autore: _Audii_    02/10/2012    5 recensioni
-Secondo te io ho qualcosa che non va?- corrugo la fronte, terribilmente spaventata dalla sua risposta. Il suo giudizio per me è importante.
-In che senso?- mi chiede, alzando un sopracciglio. Sbuffo. Che palle, i ragazzi sono così stupidi certe volte.
-Non vado bene così come sono?- gli chiedo, cambiando le parole e indicandomi.
Stretta in una semplice maglietta di cotone bianca, con scollo ampio e in un paio di jeans scuri che mi fasciano le gambe. Forse non sono abbastanza femminile.
Lo sguardo di Tom scivola lentamente sul mio corpo, mentre io sento un fuoco ardermi dentro.
Non lo aveva mia fatto. Dio, Tom non mi aveva mai guardato in questo modo.
-Sei apposto- esordisce lui, mettendosi a sedere ed alzando le spalle.
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
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* Ed eccomi con una nuova One_Shot!:D

Vi confesso che questa creaturina è frutto di innumerevoli notti trascorse davanti al pc.

È da parecchio che l’ho scritta e, continuamente, la rileggo pensando che qualcosa non vada.

A dire il vero in queste pagine c’è qualcosa che mi attira terribilmente.

Non saprei dirvi cosa, né saprei dirvi se vi piacerà.

Sono assolutamente convinta di una cosa, però: le sognatrici come me, coloro che ancora credono nelle illusioni, nell’amore, nella sensibilità di due cuori fatti l’uno per l’altra, l’adoreranno.

Ad ogni modo, spero susciti in tutte voi almeno la millesima parte delle emozioni che ho provato io scrivendola.

Buona lettura a tutte.

Un bacio, _Audii_ *

 

 

 

 

 

Tu non sei le altre, PICCOLETTA

 

 

 

[ELISE]

 

 

-È grazie all’attiva e partecipe conoscenza della cultura arcaica che la commedia acquista una propria consapevolezza artistica, che si evince chiaramente nell’eleganza formale e nella padronanza tecnica del- la voce della Shmitz, altisonante, chiara, decisa, viene interrotta dal suono della campanella.

Un deciso brusio si alza in aria, mentre tutti cominciano a rinfilare quaderni e penne nei propri zaini.

La professoressa sospira affranta, notando che nessuno ha intenzione di sentire una sola parola di più di quella spiegazione che, probabilmente, a lei sembrava piuttosto entusiasmante.

-Concludete la lezione a casa. Domani riprendiamo il discorso- mormora lei, conscia di non essere sentita da nessuno, e non tentando neppure di sovrastare il rumore che s’è alzato per la classe.

Chiudo il mio blocco degli appunti, infilandolo in borsa.

-Passi da me oggi?- la voce di Tom mi riporta alla realtà. Mi volto verso di lui e lo vedo chiudere la zip della sua tracolla e fissarmi col suo solito sorrisetto stampato sulle labbra.

Quel sorrisetto che manda fuori di testa le ragazze di metà scuola.

-Ho cinque capitoli di storia da recuperare- mormoro io con tono decisamente spento, alzandomi dalla sedia e mettendomi lo zaino rosa dell’Eastpack in spalla.

Lo vedo alzare le spalle e continuare a fissarmi con quella semplicità a cui sono perfettamente abituata.

-Credi che io stia messo meglio?- esclama lui, ridacchiando e appendendosi la tracolla blu in spalla.

Mi avvio verso l’uscita della classe al suo fianco.

-Studiamo insieme- mormora lui, sorridendomi.

Mi porto una ciocca dei miei lunghi capelli scuri dietro l’orecchio e gli sorrido.

-Ok- annuisco. –Anche perché mi servono i tuoi appunti- aggiungo io, ridendo.

-Non c’è problema. T’aspetto per le tre, allora- mormora lui, avvicinandosi alla mia guancia e lasciandomi un lieve bacio.

Gli sorrido di rimando, alzando poi una mano in segno di saluto mentre lo vedo allontanarsi lungo il corridoio.

Il mio migliore amico, Tom.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

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-Ci sei andata sabato scorso alla festa?- la sua voce velata di curiosità mi interrompe dalla mia lettura silenziosa.

Alzo lo sguardo dal libro di storia e prendo a giocherellare con la matita nella mia mano destra.

-Si- rispondo semplicemente, annuendo e fissando lo sguardo su Tom che sta sdraiato con la schiena appoggiata alla testata del letto e tiene il libro aperto sulle gambe.

È così che studiamo di solito noi.

Seduti sul suo morbido letto, interrompendoci ogni tanto e parlando di quello che ci passa per la testa.

Perché io e Tom non abbiamo segreti.

È così da parecchio tempo, da quando eravamo bambini, credo.

Lui sa tutto di me, io so tutto di lui.

Ed è la semplicità che domina nella nostra amicizia, quella spontaneità e quella chiarezza che ci rende tremendamente legati.

-Tu non sei venuto- mormoro io, sottolinenando di tanto in tanto qualche periodo nel paragrafo selezionato.

-No- mi conferma, mentre continuo a sentire il suo sguardo su di me. –Sono stato con Caroline- aggiunge poi, con tono evidentemente malizioso.

Alzo lo sguardo verso di lui e noto la sua espressione allusiva. Scuoto la testa, divertita.

-Hai cambiato le lenzuola, almeno?- chiedo io, fingendomi preoccupata e osservando il letto sul quale sono seduta.

Lo vedo ridere divertito.

-Ogni tanto devo pur stare con lei, non credi?- mi fa lui con aria beffarda.

Penso a quella povera minorata mentale che dalla vita ha avuto solo un paio di tette da panico e lunghi e fluenti capelli biondi.

Si renderà mai conto che Tom la usa soltanto?

-La sua stupidità mi sconvolge sempre di più- commento io, scuotendo la testa.

Il mio disgusto circa la loro relazione di puro sesso non è sconosciuto a Tom.

Lui sa benissimo come la penso al riguardo.

E sa anche che disprezzo enormemente il suo lato di puttaniere insensibile.

Ma finisce qui, visto che non ho mai avuto modo di conoscere la sua versione da bastardo.

-Eddai- mormora lui, alzando una mano e lasciandola ricadere sul libro aperto. –Evidentemente a lei sta bene così- mormora lui, ridacchiando ancora.

Nonostante Tom sia il mio migliore amico, lo trovo disgustoso quando ragiona in questo modo.

-Farsi scopare quando tu ne hai voglia e poi essere completamente ignorata?- domando io, retorica, alzando un sopracciglio in alto. Quella Caroline è un insulto alla dignità femminile. –O è tremendamente idiota- tento di dire io, bloccandomi.

-O io sono talmente bravo a letto che non sa resistermi- continua Tom con tono suadente.

Lo guardo in procinto di farsi una risatina delle sue, e non riesco a trattenermi.

Mi lascio andare ad una risata divertita anche io.

L’idea di come sia Tom a letto non  mi ha mai sfiorato.

Forse.

Scuoto la testa, come per scacciare quel pensiero, e torno a concentrare la mia attenzione sul libro che mi sta davanti.

-E tu? Con quel Leonard?- la voce di Tom mi interrompe ancora.

Sposto lo sguardo su di lui e lo vedo osservarmi curioso.

-Niente- mormoro quasi sottovoce, tornando a fissare la pagina intonsa.

-Niente cosa?- continua lui, fissandomi.

Sento il suo sguardo addosso, la sua attenzione, la sua voglia di sapere.

Tom e la sua mancata discrezione.

Lo conosco troppo bene per lasciare che la sua insistenza mi infastidisca.

So com’è fatto: continuerà a farmi domande finchè non gli racconterò tutto.

Ma peccato che non ci sia niente da raccontare.

-Non è successo niente degno di nota- commento io, con una punta di delusione nella voce, mantenendo il mio sguardo sulla pagina e fingendo di leggerla.

A differenza sua, non ho dettagli scabrosi circa notti di folle sesso da raccontare.

So cosa sta pensando in questo momento.

La sua amica verginella s’è lasciata scappare il giocatore di pallanuoto più figo della scuola.

Chissà quando mi ricapita uno come lui.

Addominali scolpiti nel marmo, capelli scuri, occhi chiari, sguardo seducente.

-E perché? Credevo che ti piacesse- tenta lui, con tono di voce leggermente incerto.

Punto il mio sguardo verde nel suo.

Come spiegarglielo?

Come spiegargli che Leonard trova in me soltanto un corpo da sbattersi e un bel faccino da guardare mentre geme?

È vero, m’ha invitata a quella festa per fighetti, ma solo per portarmi in camera sua.

E il fatto che sia un figo da paura con un corpo eccitante da morire e i modi di fare del dannato non mi ha convinta ad accettare uno squallore del genere.

-Infatti. È solo che non è andata come speravo- mormoro io, visibilmente dispiaciuta.

-Che vuoi dire?- mi chiede Tom, spostando il libro dalle sue gambe e prestandomi tutta la sua attenzione.

-Che voleva solo portarmi a letto, Tom- gli dico finalmente, puntando i miei occhi nei suoi.

Lo vedo trasalire appena.

-Sul serio t’ha invitata per questo?- mi chiede, quasi incredulo.

Come se lui non facesse la stessa cosa con tutte le ragazze che sono entrate qui, in camera sua.

Annuisco appena.

-M’ha portata in camera sua e c’ha provato. Ma  io me ne sono andata- dico alzando lentamente le spalle. –Ad essere la sua puttanella di turno proprio non ci tengo- continuo io, fissando Tom.

Lo vedo sorridermi teneramente ed avvicinarsi a me.

La sua mano accarezza piano il mio viso, come fa spesso quando siamo da soli.

È il suo modo di dirmi ‘Ti voglio bene’, è il suo modo di farmi capire che un po’ ci tiene a me.

-Hai fatto bene- mormora lui, sorridendomi dolcemente. –Hai fatto bene a non sprecare la tua prima volta con uno del genere- continua poi, allontanandosi da me.

Annuisco. Lo so che ho fatto bene.

Mi passo una mano tra i lunghi capelli castani e stringo le braccia attorno alle mie ginocchia.

-Ma non sei tu quello a cui girano le palle se una non gliela da la prima sera?- chiedo io, corrugando la fronte e ridacchiando appena.

Lo vedo ridere divertito e scuotere la testa.

-Il discorso non riguarda te- mormora, quasi in un sussurro, fissandomi allusivo.

Sorrido, mentre chiudo il libro e lo poggio accanto a me.

Di studiare oggi proprio non se ne parla.

Anche Tom sembra averlo capito, visto che ha appena rimesso a posto il suo volume di storia.

-Secondo me fai bene- comincia lui, stendendosi sul letto e posando le sua mani dietro la nuca.

Alzo le sopracciglia verso l’alto.

-A fare cosa?- chiedo, non capendo.

-A non fare sesso col primo che passa- mi dice lui, semplicemente.

Sorrido appena.

-L’esatto contrario di quello che fai tu- mi lascio sfuggire, con una punta impercettibile di amarezza nella voce.

-Appunto. Te lo dico per questo- conferma lui, fissandomi intensamente.

E, come sempre, finiamo a parlare per ore, scordandoci completamente dello studio, della storia, del mondo.

Io e lui, stesi sul suo letto, a parlare di tutto, di noi, degli altri.

Niente di più.

-Non credere che io sia felice di non essere mai stata a letto con nessuno a diciassette anni. A dire il vero mi sento terribilmente sfigata- gli confesso, poggiando il mento sulle mie ginocchia e fissando lo sguardo sulla finestra davanti a me.

Mi chiedo perché io debba ritrovarmi a confessare le mie cose ad un ragazzo.

Forse perché non ho amiche.

Non ho amiche con cui andare a fare shopping, con cui fare del gossip, con cui andare in cerca di ragazzi.

Forse perché la mia vita è tutta studio e l’unica persona con cui ho rapporti è proprio Tom, il mio migliore amico.

Lui è l’unico ragazzo con cui io abbia mai avuto a che fare, ma non conta in quel senso.

Io e lui siamo amici da sempre, stiamo ogni giorno insieme, passare ore chiusa in questa camera con lui è la cosa più naturale del mondo.

È semplicemente Tom.

-Un giorno arriverà quello giusto- tenta di dire lui, fissandomi e sorridendomi con aria di presa in giro.

-Si, come no- commento io, scuotendo la testa e assecondando le sue risate.

Sospiro pesantemente, stendendomi accanto a lui.

Fisso il soffitto bianco sopra di me, come ho fatto tante e tante volte.

-Forse sono io ad essere sbagliata- mi lascio sfuggire, in un sussurro.

-Che vuoi dire?- mi chiede lui, voltando il capo verso di me.

-Forse non sembro…- mi interrompo, leggermente in difficoltà. –Forse non sembro abbastanza donna- dico infine, con aria pensosa.

Volto la testa verso Tom e lo vedo osservarmi con la fronte corrugata.

-Credo di non essere la persona più adatta per fare questo tipo di discorso- esclama Tom, ridendo.

-Hai ragione- commento io, abbassando lo sguardo e tornando a fissare il soffitto, triste.

-Queste sono paranoie che si raccontano alle amiche, di solito- continua Tom, evidentemente stranito.

È vero, io e Tom non parliamo quasi mai di queste cose.

È un tantino imbarazzante confessare ad un ragazzo, seppur sia il mio migliore amico, le mie ossessioni da diciassettenne.

Mi giro di lato, poggiando la testa sulla mia mano.

-Ma io non ce le ho le amiche, lo sai- mormoro, mettendo un leggero broncio.

Tom ride, ride divertito, come fa sempre quando sta con me.

-Posso fartela una domanda?- tento io, visibilmente insicura, fissandolo.

Pochi centimetri ci separano.

Lui steso, con la testa girata verso di me, io di lato, con lo sguardo fisso su di lui.

-Certo- annuisce lui, semplicemente.

-Ma mi prometti che mi rispondi sinceramente?- mi accerto, corrugando leggermente la fronte.

-Te lo prometto- mi assicura lui, continuando a guardarmi.

-Ok- mormoro io, torturandomi il labbro inferiore con i denti.

I capelli mi ricadono ai lati del viso, fino a toccare il materasso, sfiorandolo.

Sospiro appena, cercando di formulare nel modo meno ambiguo possibile quella domanda che mi gira in testa da tanto, tanto tempo.

Sento lo sguardo deciso di Tom su di me, cosa che mi mette ancora più in imbarazzo.

All’improvviso, il suo indice si posa sul mio labbro inferiore, e con una leggera pressione lo sottrae alla morsa dei miei denti.

-Te lo stai torturando- mormora lui, ridendo.

Arrossisco al volo, presa alla sprovvista da quel gesto così…strano.

Il suo dito scivola via dal mio labbro, dolcemente, facendo scomparire all’improvviso anche quella sensazione di calore che si era improvvisamente impossessata di me.

Non so perché, sento il cuore arrivarmi in gola.

-Dai, qual è questa domanda?- mi chiede lui, con la sua solita semplicità.

Mi guarda sorridendomi, come se non avesse fatto nulla di particolare.

Forse, anzi, sicuramente sono io a vedere cose che non esistono.

-Ehm…-balbetto, riprendendo possesso delle mie idee. –Ok- ripeto. Si, mi sto incartando. E anche di brutto. Prendo tutto il coraggio che ho in corpo e glielo chiedo. –Secondo te io ho qualcosa che non va?-

Corrugo la fronte, terribilmente spaventata dalla sua risposta.

Il suo giudizio per me è importante.

-In che senso?- mi chiede, alzando un sopracciglio.

Sbuffo.

Che palle, i ragazzi sono così stupidi certe volte. Proprio non capiscono.

Mi metto a sedere, incrociando le gambe.

Sospiro profondamente.

-Non vado bene così come sono?- gli chiedo, cambiando le parole e indicandomi.

Stretta in una semplice maglietta di cotone bianca, con scollo ampio e in un paio di jeans scuri che mi fasciano le gambe.

Forse non sono abbastanza femminile.

Anzi, so di non avere un briciolo di sensualità o di fascino.

Io non sono una di quelle che attirano i ragazzi con un solo sguardo.

Io non so nemmeno che cosa voglia dire essere sexy.

Lo sguardo di Tom scivola lentamente sul mio corpo, mentre io sento un fuoco ardermi dentro.

Non lo aveva mia fatto.

Dio, Tom non mi aveva mai guardato in questo modo.

Di solito usa questa malizia nel guardare quelle che poi decide di portarsi a letto, non me.

Il suo sguardo s’è sempre puntato solo nei miei occhi.

-Sei apposto- esordisce lui, mettendosi a sedere ed alzando le spalle.

Sbuffo, passandomi una mano tra i capelli nervosamente.

-Che cosa vuol dire che sono apposto?- gli chiedo, in preda ad una delle mie solite crisi paranoiche.

Crisi che non avevo mai mostrato a lui, però.

-Che sei apposto- mi ripete, fissandomi intensamente.

Perché cavolo gliel’ho chiesto?

Idiota, idiota, idiota.

Che m’aspettavo? Che mi dicesse forse ‘sei bellissima’?

Io sono la sua migliore amica, punto e basta.

Respiro profondamente, toccandomi nervosamente una ciocca di capelli.

-Che hai, Elise?- mi domanda Tom, avvicinandosi appena e mettendomi una mano sulla spalla.

Lui non capisce, non capisce e basta.

È come tutti i ragazzi di diciassette anni, d’altronde.

Insensibile e ottuso.

-Niente- mormoro io, incontrando il suo sguardo per un attimo. – È che io devo capire che cos’ho che non va. In diciassette anni non ho mai avuto un ragazzo. Poi mi si presenta uno come Leonard e io…- mi interrompo, visibilmente imbarazzata. -…e io mi blocco. Lo capisci che c’è qualcosa che non va?- esclamo io, concitata.

-Ehi- mi sussurra Tom, posando entrambe le mani sulle mie spalle. Cerca il mio sguardo, fino ad incontrarlo. –Io non so che ti prende. Forse è normale che voi ragazze vi facciate tutti questi problemi assurdi. Ma tu non hai niente che non va- mormora lui, con quella dolcezza nella voce che gli ho sentito solo poche volte.

Gli sorrido appena, preoccupata del fatto di sembrargli un’idiota in questo momento.

-Noi siamo amici, Tom. Posso farti un’altra domanda?- gli chiedo, incerta.

-Tutte quelle che vuoi- mi risponde lui, ridendo.

So perfettamente che, dopo questa, mi considererà ancora più sfigata di ora, ma…non mi importa.

A volte basta solo seguire il proprio istinto e abbandonarsi a quelle assurde necessità di sapere.

Un sapere irrazionale, alogico, insensato; ma necessario.

-Se io non fossi la tua migliore amica- comincio io, con tono di voce basso ed incerto. –Se io fossi…una qualunque e noi non ci conoscessimo- continuo, reggendo a fatica il contatto visivo con Tom. –Tu- mormoro, ancora più incerta. –Penseresti di…- mi interrompo, con voce flebile ed incerta.

Abbasso lo sguardo.

Ok, non posso chiedergli una cosa del genere.

-Penserei di?- mi chiede Tom, esortandomi a continuare.

Lo guardo, balbettando appena.

Sono ridicola più che mai.

-Te la porteresti a letto una come me?- chiedo tutto d’un fiato, arrossendo terribilmente.

Lo vedo sobbalzare appena, colto di sorpresa dalla mia domanda.

-Ok, sono una stupida- mormoro immediatamente, coprendomi il viso con le mani.

Come cazzo m’è passato in mente?

-Non sei stupida, Elise- mormora Tom, ridendo e stringendomi i polsi per scoprirmi il viso.

Tengo lo sguardo basso, terribilmente imbarazzata.

-Tu ti porti a letto chiunque. Non sei la persona giusta per una domanda del genere- mi lascio sfuggire, osservandolo insicura.

-Tu non sei chiunque- precisa lui, incatenando il mio sguardo al suo.

Rimango in silenzio per qualche secondo.

La sua mano scivola via dal mio polso, e si posa nell’interno della mia coscia.

I nostri sguardi incollati.

Quella frase incomprensibile sospesa in aria.

Che cosa vuole dire?

-Misà che è meglio che io torni a casa- mormoro io, distogliendo lo sguardo da lui.

Situazione assurda da cancellare al volo.

-Sono ancora le sette. Se ti va puoi restare a cena- mi richiama lui, mentre io scendo dal letto e cerco le mie scarpe sparse per la stanza, come sempre.

-Magari un’altra volta. Stasera è meglio che io torni a casa- ripeto, preda di una strana situazione.

-Come vuoi. Ti chiamo dopo?- mi fa lui, osservandomi mentre mi muovo per la stanza.

-Tranquillo. Ci vediamo domani a scuola- dico, abbozzando un sorriso.

Mi appendo la borsa in spalla e lo guardo ancora.

Forse si starà chiedendo che diavolo mi prende.

Non lo so nemmeno io, a dire il vero.

Lo vedo scendere dal letto e venirmi incontro, avvolto da un paio di pantaloncini extra-large da basket e una t-shirt oversize bianca.

-Ciao, piccoletta- mi sussurra, mentre mi lascia un bacio sulla guancia e mi sorride.

Gli sorrido anch’io ed  ignorando quella strana sensazione nel petto, esco dalla sua stanza.

 

 

 

 

 

*

 

 

Lunedì 16 Aprile

Ore 22:32

 

 

Caro diario,

sono un’idiota, un’imbarazzante, patetica idiota.

Non so che diavolo mi prenda, non so il perché di quel nodo che mi stringe la gola in una morsa fastidiosissima. E non so neppure il perché di quella strana sensazione alla bocca dello stomaco.

Oggi sono stata da Tom. Avremmo dovuto studiare storia per il compito della settimana prossima, ma, come sempre, ci siamo lasciati andare alle nostre solite chiacchierate miste a confidenze.

Oggi, però, è stato diverso. Non so come spiegarlo, ma oggi è stato strano.

Mi sono lasciata andare alle mie sconfortanti paranoie, e non sono riuscita a contenermi.

Avrei dovuto controllarmi, almeno davanti a lui.

Adesso gli sembrerò una sfigata tremenda.

Se ripenso all’imbarazzo di questo pomeriggio, mi chiedo come io abbia fatto a comportarmi così da idiota.

Io e Tom siamo solo amici. Devo smetterla di immaginarmi cose che non esistono.

Devo smetterla di sognare che un giorno le cose possano cambiare.

Lui continuerà sempre a portarsi a letto le più fighe della scuola, e io continuerò sempre ad essere la diciassettenne sfigata che non ha il ragazzo.

Forse è arrivato il momento di allentare il nostro rapporto; non è più tempo di passare interi pomeriggi sdraiati sul suo letto a parlare.

Non è più tempo di stare ad un soffio di distanza l’uno dall’altro a confessarsi i propri segreti.

Funzionava quando eravamo ragazzini. Ma si cresce, le cose cambiano.

Abbiamo diciassette anni. Lui è un ragazzo, io sono una donna.

Certe sensazioni non si posso contenere così facilmente.

Ormai è difficile stargli vicino e rimanere indifferente.

Se prima quando lo stringevo sentivo semplicemente un forte affetto fraterno, adesso mi batte il cuore all’idea di avere il suo corpo contro il mio.

L’idea che lui mi guardi mi imbarazza e sentire le sue labbra sulla mia guancia mi fa venire i brividi.

Tom è sempre stato il mio migliore amico, è vero.

Ma è da tempo che lo guardo diversamente. È da tempo che mi chiedo se lui ci abbia mai pensato a me in quel senso.

Certe volte mi ritrovo ad invidiare le ragazze che si porta a letto: almeno loro godono della sua considerazione da “uomo”. Lui le guarda come delle donne, come dei corpi eccitanti con cui fare l’amore.

A me, invece, guarda come l’amica d’infanzia a cui volere semplicemente bene.

Come può sembrargli attraente una come me?

Una che non ha mai fatto sesso in vita sua?

Se penso a quanto io sia illusa, mi trovo patetica da sola.

L’unica cosa da fare è smettere di pensare che un giorno le cose cambieranno.

Noi siamo amici, e così sarà.

Continuare a sognare che un giorno arrivi a casa mia e mi baci, dicendomi che per lui non sono solo un’amica, mi fa solo male.

Perché tanto è inutile.

È completamente inutile.

 

 

                                                                                                                    Elise

 

 

 

Sospiro, mentre scrivo il mio nome in fondo alla pagina.

A dire il vero, è inutile pure questo schifo di diario.

È inutile pure continuare a scrivere le mie illusioni su pagine che nessuno leggerà mai e di cui io stessa un giorno mi scorderò.

Avere un diario tra le mani e scriverci ogni sera i miei sogni mi fa tanto quattordicenne immatura.

Lo chiudo con forza e lo infilo sotto il materasso, al suo posto.

Seduta sul mio letto, con le gambe incrociate, e con addosso il mio solito pigiama rosa chiaro, guardo il mio riflesso nello specchio alla parete.

Una smorfia di disgusto nasce sul mio viso.

Come posso pretendere di piacere a Tom così?

Come posso pretendere che lui rinunci a scoparsi le bombe sexy della scuola, per una come me?

Un’insulsa diciassettenne che, per dormire, mette ancora il pigiama di quando aveva sette anni.

Sospiro, stendendomi sulla trapunta morbida.

Chiudo per un attimo gli occhi, sperando che la giornata di oggi si cancelli, sperando che Tom dimentichi le mie parole.

Chissà che cosa penserà adesso di me.

I miei pensieri vengono interrotti dalla vibrazione del mio cellulare.

Lo afferro velocemente, con quell’impazienza che precede ogni chiamata o messaggio di Tom.

Noto che si tratta di un SMS, ed il mittente è lui.

Apro in fretta la pagina e scorro con lo sguardo su quelle parole.

 

 

 

Ehi, Elise, come stai? Non so che ti sia preso oggi, per essertene andata via in quel modo.

Sappi solo che, di qualsiasi cosa si tratti, mi dispiace. E puoi contare su di me.

Se hai bisogno, di qualunque cosa, io sono qui.

Buonanotte piccoletta;)

Ricordati sempre che io ti voglio bene.

 

 

 

Un sorriso mi nasce spontaneo, nel leggere quelle parole così dolci.

Un sorriso velato di tristezza.

Un sorriso velato di quella consapevolezza che il sentimento che sta nascendo dentro di me è destinato ad essere soppresso.

Mi stringo il cellulare al petto, infilandomi lentamente sotto le lenzuola.

Non ho voglia di rispondergli, di dargli spiegazioni.

Ho solo voglia di addormentarmi col pensiero di lui in mente.

Ho solo voglia di pensare al modo in cui mi abbraccia, al modo in cui mi sorride, e al fatto che, dolcemente, mi chiami ‘piccoletta’.

Perché, in fondo, non è detto che tutti i sogni debbano realizzarsi.

Certe volte è bello anche che alcuni rimangano tali, senza divenire realtà.

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

-Ehi, Elise- sento la sua voce sovrastare il chiasso che si perde nel corridoio.

Mi volto e lo vedo venire a passo spedito verso di me.

-Tom- esclamo io, sorridendogli.

-Ciao- mormora lui avvicinandosi e salutandomi con un semplice bacio sulla guancia.

Gli sorrido, riprendendo a camminare.

-Ieri sera non m’hai risposto- mi fa notare lui, alludendo al messaggio che mi ha inviato.

Ripenso al momento in cui l’ho letto e a come mi sono sentita.

-Si, scusa, stavo dormendo- gli dico io, mentendo. Se la notte porta consiglio, io stamattina ho capito una cosa. Devo smetterla, smetterla di immaginarmi l’impossibile, smetterla di sognare Tom come ‘ragazzo’, smetterla di soffrire.

Ieri sono stata tremendamente patetica.

È giunto il momento di fare finta di niente ed andare avanti.

-L’ho letto stamattina. Ho apprezzato molto, Tom- mormoro io, sorridendogli. –Ma è tutto apposto, davvero- gli assicuro io, abbozzando un sorriso che tenta disperatamente di essere convincente.

Lo vedo sorridermi dolcemente.

-Se c’è qualche problema, sai che a me puoi parlarne, vero?- mi fa lui, guardandomi dritto negli occhi.

Annuisco, sorridendogli.

Dio, se non mi sorridesse così, sarebbe più facile far finta che lui sia uno qualunque.

-Elise- sento il mio nome perdersi in lontananza.

Quella voce conosciuta mi fa quasi sobbalzare.

Mi volto all’istante e vedo la figura di Leonard richiamarmi con un cenno della mano.

Il cuore mi perde un battito.

Che cosa vuole da me, ancora?

Vedo Tom girarsi insieme a me e rimanere a fissarlo.

-Elise ce l’hai un minuto?- mi chiede Leonard, avvicinandosi a me, quasi col fiatone.

I suoi occhi ghiaccio si puntano nei miei, fissandomi.

Da vicino è tremendamente bello.

-Veramente stavo andando in classe- mi sforzo di dire, lanciando un’occhiata a Tom, in richiesta d’aiuto.

-Solo un attimo. Devo dirti una cosa importante- mi fa lui, quasi dolcemente.

La miseria; un tipo palestrato e sexy come Leonard che usa dolcezza con me.

Dev’essere veramente qualcosa di importante.

Guardo per un istante Tom, poi guardo Leonard ed annuisco lievemente.

-T’aspetto in classe- mormora Tom, abbozzando un sorriso e lanciando poi uno sguardo poco convinto al ragazzo che mi sta di fronte.

Lo vedo allontanarsi lungo il corridoio con la tracolla in spalla e, finalmente, concentro la mia attenzione su Leonard.

-Sono giorni che ti penso, Elise- mi fa lui, fissandomi intensamente.

-Si, pensi a come sia stato possibile che io non sia venuta a letto con te- mi lascio sfuggire io, amaramente, distogliendo lo sguardo da lui.

-No- controbatte prontamente lui. –Penso a quanto io sia stato idiota- esclama lui, fissandomi.

Concentro il mio sguardo su di lui.

Che cosa sta dicendo?

-Sono stato un coglione la sera della festa. Pensavo che tu fossi come le altre, invece mi sbagliavo- mormora lui, prendendomi una mano delicatamente. Guardo le sua dita che si intrecciano piano con le mie e rimango completamente stupita da quel gesto. –Tu mi piaci, Elise. E mi dispiace per come mi sono comportato- continua lui, alzandomi il viso con la mano, dolcemente. –Ti va se ci riproviamo?- mi chiede infine, con una dolcezza sconvolgente.

Mi lascio sfuggire un sorrisino lusingato.

Sa essere estremamente affascinante, devo ammetterlo.

-Ti prometto che stavolta sarà diverso- mi sussurra lui, lasciandomi un lieve bacio sulla guancia.

Arrossisco appena, notando che tutti ci stanno osservando.

Gli sorrido timida, portandomi una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

-Ti va stasera da me?- mi chiede con cautela, guardandomi con quello sguardo terribilmente penetrante.

Annuisco lievemente.

Lui lascia la mia mano e, sotto gli occhi di tutti, mi lascia un lieve bacio sulle labbra.

Un bacio a stampo, un bacio dolce.

Sorrido, preda del più sconvolgente turbinio di emozioni localizzate alla bocca del mio stomaco.

Forse, Leonard è la persona migliore che mi sia potuta capitare in questo momento.

Il ragazzo giusto al momento giusto.

Come non perdonare uno stupido errore ad un ragazzo fantastico e bello come lui?

Ne sono sicura: se me lo lasciassi scappare per continuare a fantasticare sul mio migliore amico, me ne pentirei a vita.

Con la testa fra le nuvole, mi avvio verso la mia classe.

Dimenticare.

Dimenticare ed andare avanti.

 

 

 

 

 

 

*

 

Prendo Tom per un braccio, stringendolo forte.

-Oggi ho bisogno di te- esclamo io, guardandolo con gli occhi luccicanti.

-Ah si? E per fare cosa?- mi chiede Tom, curioso, mentre si accende una sigaretta e se la porta alle labbra.

Mi avvicino a lui e sorrido emozionata.

-Leonard- dico semplicemente, sorridendo.

-Leonard cosa?- mi chiede lui alzando un sopracciglio in aria.

-M’ha invitata a casa sua stasera- gli dico, abbassando appena il tono di voce.

Mi appoggio al muro della scuola, con lo sguardo perso nel vuoto.

-Davvero?- mi chiede lui stupito, espirando una boccata di fumo.

Annuisco.

-Ha detto che ci vuole riprovare perché gli piaccio- gli spiego io, ripensando alle sue parole.

-Davvero?- mi fa di nuovo lui, con stessa intonazione di voce.

Annuisco ancora.

-M’ha pure baciato, prima, in corridoio- aggiungo, mordendomi di poco il labbro inferiore.

-Baciato baciato?- mi chiede lui, leggermente incerto, fissandomi.

-Non proprio baciato baciato- mormoro io, con un leggero imbarazzo nella voce. –Baciato a stampo- gli spiego.

Vedo Tom sorridere.

-Ed io a che ti servo?- mi chiede, tirando un’altra boccata di fumo.

-Oggi devi venire da me. Non ho la minima idea di come vestirmi e tutto il resto. E visto che non ho un’amica, ho bisogno del tuo aiuto- gli dico, osservandolo con aria implorante.

Lo vedo ridere, divertito e scuotere la testa.

-Va bene- esordisce infine, annuendo.

Sospiro soddisfatta.

Dimenticare.

Dimenticare ed andare avanti.

 

 

 

 

 

*

 

 

[TOM]

 

 

 

 

Busso lentamente alla porta della sua stanza.

Alla porta di quella stanza che conosco alla perfezione.

Quella stanza in cui abbiamo passato intere notti a parlare, a ridere e a prenderci in giro, fino ad addormentarci abbracciati.

Come fratello e sorella, perché è questo che siamo sempre stati, d’altronde.

Dopo qualche istante di silenzio sento la sua voce perdersi nell’aria.

-Entra, Tom- esclama lei.

Sorrido appena, abbassando la maniglia della porta e facendomi spazio all’interno della stanza.

La cerco con lo sguardo, finchè non la trovo che sbuca dall’anta destra del suo armadio.

-Elise- esclamo io, stranito, vedendola sommersa in un mare di vestiti sparsi ovunque.

-Sto in crisi, Tom!- esordisce lei, alzando le mani in aria, con fare isterico.

Con quel nervoso sempre a fior di pelle, quelle reazioni nevrotiche ed inspiegabili che dominano la gran parte della sua giornata.

Quell’irascibilità che io trovo stranamente adorabile.

Rido divertito, nel vederla in quello stato di totale delirio.

-Qual è il problema?- le chiedo, trovando un po’ di spazio sul suo letto e sedendomici sopra.

-Non so da dove cominciare- mormora lei, sull’orlo di una crisi di pianto.

Mi alzo e le vado incontro.

-Primo, calmati. Secondo, ci sono io qui apposta, no?- le dico dolcemente, sorridendole.

Lei annuisce, chiudendo appena gli occhi.

-Non so che diavolo mettermi- piagnucola lei, indicandomi il suo armadio in completo disordine.

Lo guardo, corrugando leggermente la fronte.

-Non ce l’hai un vestito?- le chiedo, trovandomi evidentemente in difficoltà nei panni del consulente di moda.

-No!- risponde lei, sbuffando. –Nessuno che vada bene, per lo meno- si corregge.

-E chi ti dice che non vada bene? Per accontentare noi ragazzi basta poco, sai?- le faccio io con aria allusiva.

Lei mi guarda con aria contrariata, mettendosi le mani sui fianchi.

-Se credi che io mi vesta come una prostituta per accendere le fantasie sessuali di Leonard ti sbagli alla grande, Tom- controbatte lei, convinta.

Rido, scuotendo la testa.

-Non dico questo. Ma se vuoi essere sexy almeno un minimo di scollatura ci vuole- le dico io, lasciando cadere inconsapevolmente il mio sguardo sul suo seno.

Quel seno non troppo grande, sodo, attraente, che troppo spesso nasconde.

Quel seno perfetto, invitante, sensuale.

Lei forse non lo sa, ma è terribilmente sexy nei suoi modi di fare; nella sua dolcezza, nella sua riservatezza.

-E dovrai mettere una gonna, perché più scopri le gambe, meglio è- aggiungo poi con aria maliziosa, distogliendo il mio sguardo dal suo corpo sinuoso che cattura troppe volte la mia attenzione.

-Un paio di jeans non vanno bene?- tenta lei, corrugando la fronte.

-Eddai. Poi ti lamenti di non sentirti donna- la prendo in giro io, ridendo.

Lei si ammutolisce, arrossendo appena.

-Non avrei dovuto raccontarti le mie paranoie- mormora lei, incrociando le braccia sotto il seno.

Mi giro e la guardo.

-Se uno come Leonard t’ha puntata significherà pure qualcosa no? Quello c’ha sempre visto lungo- mi lascio sfuggire.

Dannata boccaccia.

-Che vuoi dire?- mi chiede lei, non capendo.

-Quello che ho detto- commento io, infilando la testa dentro l’armadio alla ricerca di qualcosa di adatto.

Vorrei dirle altro, ma non posso.

Vorrei dirle che lei è la ragazza più bella e dolce che io abbia mai avuto davanti.

Ma non posso.

Vorrei essere al posto di Leonard stasera, e non essere il semplice amico che l’aiuta a farsi bella per farsi sbattere da un altro.

Ma è meglio che lei non lo sappia questo.

Data la considerazione che ha di me in quel senso, senz’altro mi manderebbe al diavolo.

-Tom- mi chiama lei con voce leggermente incerta.

-Che c’è?- esco dal suo armadio con un paio di abiti in mano. Ma nessuno dei due sembra adatto.

-So che può essere imbarazzante ma…- tenta di dire lei, torturandosi le mani.

-Niente può essere più imbarazzante di fare il tuo consulente di moda- commento io, ridendo.

Lei fa lo stesso, poi prende fiato.

-Secondo te, che dovrei indossare…sotto?- mi chiede con voce flebile.

Sotto? Che cazzo vuol dire ‘sotto’?

La guardo per qualche secondo, non capendo.

Poi ricollego all’istante.

La vedo arrossire prepotentemente.

La mia piccoletta.

-Vuoi dargliela?- le chiedo, leggermente incredulo.

La vedo alzare le sopracciglia verso l’alto.

-Ho diciassette anni, Tom. E Leonard è davvero carino. Se stasera capitasse l’occasione…- tenta di dire, visibilmente imbarazzata.

-Gliela daresti?- la interrompo.

La vedo alzare appena le spalle.

-Ho paura- mi confessa, con un filo di voce.

Sorrido leggermente.

Non lo nascondo: l’idea che lei non sia stata a letto con nessuno mi piace.

È come se, inconsciamente, io sperassi che un giorno lei perda la verginità con me.

È un desiderio di possesso che ho dentro da parecchio.

Pensare che lei faccia sesso per la prima volta con uno stronzo come quello mi da tremendamente fastidio.

Ma io faccio continuamente sesso con le altre, non posso pretendere nulla da lei, in fondo.

-Se ne sei sicura, verrà naturale- mormoro io, sedendomi accanto a lei. La guardo negli occhi, sorridendole. –Se lui è la persona giusta, non avrai paura, ma solo la voglia di lasciarti toccare senza mai smettere- le sussurro io, guardandola negli occhi.

Quant’è difficile dire certe cose che…Certe cose che senti tu.

Ma anche questo è meglio che lei non lo sappia.

La vedo sorridere.

-Ne terrò conto- mormora lei, sorridendomi ancora. –Io avrei preso una cosa- esclama poi, cambiando tono ed alzandosi dal suo materasso. –Ma è davvero imbarazzante parlarne con te, Tom- comincia lei, afferrando una bustina bianca in plastica e mostrandomela.

-Di che si tratta?- le chiedo io, voltandomi meglio e osservandola che infila le mani nella busta.

Ne tira fuori un completino intimo di quelli quasi invisibili.

Brasiliana e reggiseno neri, decorati con vistosi fiocchi e fantasie floreali.

Deglutisco a fatica, non riuscendo a staccare gli occhi da quel coso.

-Non va bene?- mi chiede lei, corrugando la fronte, timorosa.

Incollo di nuovo gli occhi sull’intimo ed annuisco a fatica.

Pensare che un altro la veda con quella roba addosso mi fa salire il sangue al cervello.

Ho pur sempre un certo diritto di possesso su di lei, no?

Dovrei vederla io con quello addosso, nessun altro.

-Hai intenzione di metterti quel coso?- le chiedo io, abbastanza scettico.

Lei alza le spalle.

-Qualora tu non te ne sia accorto, sono anch’io una donna- mi risponde piccata lei.

Cazzo se me ne sono accorto.

Me ne sono accorto pure da tanto, ma meglio sorvolare.

-Certo- annuisco, visibilmente in difficoltà. –Provalo, dai- le dico io, esortandola ad indossarlo.

-Cosa?- esclama lei, sgranando gli occhi. –Non davanti a te, Tom- aggiunge, arrossendo visibilmente.

-Non ti vergogni a farti vedere da Leonard, ma ti senti in imbarazzo davanti a me? Ci conosciamo da una vita, Elise- esclamo io alzando le mani in aria. –Da piccoli facevamo il bagno insieme- aggiungo io, ridendo.

-Ma adesso è diverso Tom- mormora lei, alquanto imbarazzata. –Mi vergogno- sussurra infine, abbassando la testa.

Quanto è tenera.

Sorrido inconsapevolmente e mi avvicino a lei.

Le alzo la testa con le mani e le sorrido da vicino.

Quegli occhi verdi perforanti, contornati da quelle ciglia lunghissime.

Passo una mano tra i suoi capelli scuri e setosi.

-Non fa niente. Tanto sicuramente ti starà nel modo giusto- mi lascio sfuggire io, mentre in testa ho già l’immagine del suo corpo avvolto da quel semplice completino.

La vedo mordicchiarsi il labbro inferiore come fa sempre quando è insicura ed ha paura.

Ed è più forte di me.

Il mio pollice fa pressione sul suo labbro, fino a sottrarlo ai suoi denti.

Con dolcezza le lascio dischiudere le labbra morbide, poi abbandono quel contatto.

-E smettila di torturarti il labbro- le dico io, sorridendo lievemente.

Le sue braccia si allacciano all’istante dietro il mio collo.

Il suo corpo si stringe al mio, mentre io faccio scorrere le mie mani sulla sua schiena.

Quella schiena liscia e sottile che ho immaginato troppe volte di accarezzare nuda.

Elise sta diventando un’ossessione per me.

-Grazie Tomi- mi sussurra in un orecchio, continuando a stringermi.

Sorrido impercettibilmente.

Il nostro ultimo abbraccio d’amore, di speranza, di sogno.

La prossima volta che la stringerò non sarà più come adesso.

Sarà donna, avrà fatto sesso, il suo corpo sarà come diverso.

E mentre la stringerò non potrò più immaginare che un giorno sarò io a farle vivere la sua prima vera volta.

 

 

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

 

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Sento un lieve rumore di tacchi e mi volto immediatamente.

La vedo immobile sulla soglia della porta, fissarmi con un lieve sorriso sulle labbra.

Deglutisco a fatica e lascio scorrere il mio sguardo sul suo corpo.

Non mi è mai sembrata così sexy ed attraente come stasera.

Stretta in quel vestitino nero che ho trovato praticamente in fondo al suo armadio, che la fa sembrare così…donna.

Il seno sinuoso ben visibile attraverso la scollatura, le lunghe gambe magre completamente scoperte da quell’abitino che le arriva praticamente sotto il sedere.

Ai piedi un paio di decolletè tacco dieci che non le ho mai visto in vita mia.

I capelli scuri sono lasciati sciolti sulle spalle, perfettamente lisci.

La vedo fare qualche passo verso di me e sorridermi.

-Come sto?- mi chiede avvicinandosi a me.

Eh, come sta?

Sta che se potessi la prenderei e la bacerei all’istante.

Punto il mio sguardo nei suoi occhioni chiari più brillanti del solito. Le sue labbra sono rosee, lucide, dolci.

-Stai bene- dico tutto d’un fiato, limitandomi.

Se potessi le confesserei che è bellissima.

Il suo sguardo deluso non mi sfugge.

La vedo che s’allontana e si posiziona davanti allo specchio.

Sbuffa.

-Lo sapevo che questo coso non sarebbe andato bene- mormora lei, scrutandosi attentamente e toccando appena il bordo del suo vestito.

Sospiro; proprio non lo capisce che è bella da mozzare il fiato.

Mi avvicino lentamente, fino a mettermi dietro di lei.

Osservo il suo riflesso nello specchio e ancora una volta desidero con tutto il cuore che lei sia mia, solo mia.

-Non c’è niente in te che non vada, stasera- le dico, accarezzandole appena i capelli.

Li annuso appena: quel profumo di pesca non li abbandona mai.

Standole vicino per anni come amico, ho imparato a conoscere certi aspetti di lei che non ho mai notato in nessuna delle ragazze che mi porto di solito a letto.

Ho imparato ad amare questi aspetti e poi a non poterne fare più a meno.

Ora sono per me una droga, l’unico modo per starle vicino, anche se non nel modo in cui vorrei.

-Secondo te gli piacerò?- mi chiede, insicura.

La fisso attraverso lo specchio.

“Fin troppo” vorrei dirle.

-Perché non dovresti?- le dico io, sorridendo.

I nostri sguardi vengono interrotti dal suono del suo cellulare.

All’istante lei si allontana da me e lo afferra.

Dopo qualche secondo stacca gli occhi e sorride.

-È Leonard. Dice che mi sta aspettando e che non vede l’ora di vedermi- mi informa lei con un’eccitazione tangibile nella voce.

Annuisco, sforzandomi di sorridere.

La vedo afferrare un cardigan scuro e la borsa di Chanel e appendersela in spalla.

Mi osserva emozionata, ma motore di quello sguardo non sono io.

È un altro.

Poi, mi sfugge.

Quel pensiero che mi perseguita da ieri.

-Comunque si- esalo io, pentendomene subito dopo.

-Si cosa?- mi chiede lei, inclinando di poco la testa.

Punto il mio sguardo nel suo vellutato.

-Ieri non ti avevo risposto alla domanda che mi avevi fatto- le dico io, enigmatico. –Beh, la mia risposta è si- esalo infine, osservando il suo sguardo sempre più confuso.

A dire il vero, andrei a letto con lei anche in questo momento.

Non mi serve che sia una sconosciuta.

La vedo osservarmi con una strana luce negli occhi.

Avrà ricollegato, forse.

O magari non si ricorda nemmeno qual era la sua domanda.

-Buona serata, Elise. Ci vediamo- mormoro io, rompendo quel silenzio ed uscendo dalla sua stanza.

Percorro lentamente quel corridoio che conosco come le mie tasche, ma che stasera mi sembra così diverso.

Nel giro di un secondo, può darsi che le cose cambino.

Basta un solo sguardo per far sembrare diverso un momento solito.

Basterebbe un solo suo bacio per rendere diversa tutta la mia vita.

 

 

 

 

 

 

*

 

 

 

 

 

È mezzanotte e mezza, ed io sono qui, steso sul letto della mia camera a pensare.

A dire il vero, non sto neppure pensando, sto semplicemente assecondando i miei pensieri.

Mi trovo tremendamente insulso e patetico a stare disteso qui ad immaginarmi insieme a lei.

Porto l’ennesima Marlboro rossa alle labbra, inspirando profondamente una boccata di fumo.

Socchiudo leggermente gli occhi, lasciando scivolare una mano sul mio petto liscio e nudo.

Indosso solo un paio di pantaloncini corti da basket, mentre fumo con disperazione e sto disteso sul mio letto a fissare il vuoto.

Non mi sono mai trovato in una situazione del genere.

Non sapere cosa fare, come comportarsi, se decidersi a parlare o meno è devastante.

L’idea che lei è in questo momento stia con quello e ci stiano dando dentro alla grande mi manda fuori di testa.

Ho sempre sognato che io sarei stato il primo a toccare il suo corpo, il primo a possederla.

Invece non è andata così.

Lei domani tornerà da me e con i luccichini agli occhi mi racconterà che è stato fantastico e tutte le altre cazzate a cui danno importanza di solito le ragazze.

Se prima avevo anche solo una remota possibilità di conquistarla, un giorno, adesso sto praticamente sotto zero.

Ormai la mia possibilità è volata via, se n’è andata a ‘fanculo.

Ed è orribile provare questo fastidiosissimo vuoto all’altezza dello stomaco al pensiero che lei non sarà mai mia.

Confessarle tutto?

No, sarebbe suicidarsi.

Non vorrebbe più vedermi e perderei anche la sua amicizia.

Davanti a lei ho sempre vestito i panni dello stronzo, di quello che le ragazze le usa soltanto.

Come potrei convincerla che con lei sarebbe diverso?

Come potrei convincerla che lei per me sarebbe diversa da tutte quelle che mi sono scopato finora?

Averla vicina ogni giorno, sul mio letto, è una tortura.

Averla vicina e sapere di non poterla stringere e baciare in quel modo è struggente.

Spengo la sigaretta in un apposito posacenere e sospiro, passandomi con rudezza una mano sul viso.

Forse dovrei scordarmela.

Ma come cazzo faccio?

Lei è…Lei è dentro di me, ormai.

Sento un lieve tremore provenire dai vetri della mia finestra.

Immediatamente sposto il mio sguardo su di essa, nascosta dalla tenda chiara.

Un altro rumore proviene dalla stessa direzione.

Mi alzo all’istante, e mi avvicino.

Con un gesto deciso tiro le tende.

Attraverso i vetri vedo la sua immagine sorridermi affannata.

Apro al volo la finestra e me la ritrovo davanti, coi capelli leggermente scompigliati ma ancora più bella di questo pomeriggio.

-Elise- esclamo io sorpreso, fissandola attentamente.

La vedo respirare col fiatone.

-Che ci fai qui a quest’ora?- le chiedo io decisamente stranito.

-Mi fai entrare?- mi chiede cercando di regolarizzare il suo respiro.

Annuisco appena e le faccio spazio.

Con un gesto decisamente impacciato scavalca la finestra ed atterra nella mia stanza.

Si sistema con fare imbarazzato il bordo di quel vestitino mozzafiato che indossa ancora.

Tiene le sue decolletè in mano e mi guarda in modo strano.

-È tardi, mi dispiaceva svegliare tua madre, perciò ho deciso di salire direttamente da te- mi dice lei, abbandonando le scarpe sul pavimento.

-C’è qualche problema?- le chiedo io, facendo un passo verso di lei, alludendo al fatto che s’è presentata qui a quest’ora.

Il suo sguardo cade sul mio petto scoperto e vi si sofferma per qualche secondo.

Poi sembra riprendersi ed arrossire leggermente.

-No- scuote la testa. –Volevo solo parlare un po’ con te- mi dice lei dolcemente.

Sorrido, vedendola così innocente e tenera.

Quell’innocenza che sembra conservare ancora, nonostante si sia appena data ad uno stronzo.

Mi avvicino a lei e le scompiglio appena i capelli lisci, ridacchiando.

-Puzzi di fumo- mi fa notare prontamente lei, arricciando il naso.

Rido, ignorando la sua osservazione e mi stendo di nuovo sul letto, poggiando la schiena al muro.

-Hai fumato, Tom?- mi chiede lei, insistente.

Alzo di poco le spalle e annuisco.

-Perché?- mi fa lei, avvicinandosi con aria di rimprovero. Odia il fatto che io fumi.

Non lo ha mai sopportato.

Ma quando fa così è ancora più sexy.

-Ne avevo voglia- dico semplicemente io, reggendo il suo sguardo.

-Di solito fumi quando Caroline ti manda in bianco perché ha il ciclo- mi ricorda lei, sedendosi accanto a me, fin troppo vicina.

Riesco quasi a vedere il movimento ritmico del suo seno a causa del battito cardiaco.

-Lei non c’entra stavolta- le dico, abbozzando un sorriso. Prima che lei possa chiedermi altro, mi decido a farle la fatidica domanda. –Com’è andata con Leonard?- le chiedo, fingendomi positivamente interessato.

La vedo cambiare completamente colore e sospirare appena.

-Non è andata- mormora lei, poggiando, forse inconsapevolmente, una mano sul mio ventre e appoggiandovisi.

Quel gesto così naturale mi manda fuori di testa.

-Non t’è piaciuto?- le chiedo io, speranzoso.

Silenzio.

-Non abbiamo fatto sesso- esordisce lei, fissandomi intensamente.

Quel nodo alla bocca dello stomaco si scioglie all’istante.

Quel senso di nausea che mi tortura da ore scompare immediatamente.

Sgrano gli occhi, non nascondendo il mio stupore.

-Non ce l’ho fatta- continua lei, distogliendo lo sguardo da me. –Non è così che l’avevo sognata la mia prima volta- mormora con tono basso e sognante.

La guardo, guardo ogni singolo particolare di quel viso che conosco a memoria.

Ma che stasera è ancora più bello.

-Raccontami dai- le dico io, tirandola a me per un braccio e lasciando che si appoggi al mio petto.

La sua testa si posa sui miei addominali appena accennati, e i suoi lunghi capelli mi solleticano le spalle.

Passo le mie mani attorno alla sua vita, stringendola a me con troppo desiderio, forse.

Le sue mani si posano sul mio petto, riscaldandolo.

E in questo momento anche solo il sogno che lei, un giorno, potrà essere mia mi basta.

Sapere di averla qui, accanto a me, ancora vergine è tutto quello che desidero.

Lei non lo sa, ma è mia; mia e basta.

-È stato strano- comincia lei, quasi in un sussurro. –Quando m’ha infilato le mani…- la sua voce si affievolisce all’istante. -…sotto il vestito m’è presa una paura tremenda- sorrido a queste parole. L’idea che qualcuno la toccasse proprio lì sarebbe stata insopportabile per me. -E allora ho ripensato a quello che mi avevi detto tu. Se è la persona giusta non hai paura. E lì ho capito che non dovevo farlo- mormora lei, accarezzando leggermente il mio petto con un dito.

Dolcemente, come solo lei sa fare.

Sorrido nel sentire quelle parole.

La mia dolce, tenera Elise.

-Non ti eccitava avere le sue mani sul tuo corpo?- le chiedo, in un sussurro, accarezzando la sua spalla teneramente.

La sento sospirare appena e il suo respiro mi solletica la pelle.

-Mi faceva sentire in imbarazzo- mi confessa lei.

-Ma vi siete baciati?- le chiedo io con un certo timore.

-Beh, si- mi fa lei con fare ovvio.

Almeno non le ha infilato la mano dentro le mutande.

-Pure troppo- aggiunge poi, alzando la testa verso di me. –Mi ha morsa- esclama ridacchiando e mostrandomi il labbro inferiore leggermente arrossato in un punto.

Porto la mia mano sul suo viso e tocco il suo labbro col pollice, delicatamente, quasi con timore reverenziale.

Non farei mai del male alla mia Elise.

I nostri respiri si mischiano, mentre i nostri sguardi si cercano.

Quest’irrisoria distanza che ci separa inizia a diventare insopportabile.

Il suo corpo sul mio, le sue mani che premono sul mio petto, le sue labbra così vicine.

Il suo profumo che non mi fa capire più niente.

Quanto la vorrei.

Quanto vorrei dirle che se solo lo volesse, io mi prenderei cura di lei come non ho fatto con nessuna.

La bacerei quasi con la paura di rovinare quelle labbra morbidissime che ho solo sognato, la toccherei con la paura di andare troppo oltre.

Lascerei scorrere le mie mani tra i suoi capelli con dolcezza, sussurrandole che desideravo farlo da sempre.

Le sue ciglia sbattono appena, mentre io lascio scivolare il mio pollice dalle sue labbra e le accarezzo delicatamente il viso.

Le sue labbra leggermente dischiuse, il suo seno che preme sul mio petto.

Mi sembra così bello averla qui che ho una tremenda paura che mi sfugga via all’improvviso.

-Hai paura adesso?- le chiedo in un sussurro non smettendo neanche per un attimo di guardarla negli occhi.

La vedo osservarmi con quel visino a forma di cuore e quegli occhioni umidi e verdi.

-Con te non ne ho mai avuta- sussurra lei muovendosi leggermente nel mio abbraccio.

Lascio che la mia mano scenda, in basso, sulla sua schiena, senza andare oltre.

E poi, è un attimo.

Un attimo in cui non esiste altro che quel frammento d’aria, quel pezzetto di respiro, condiviso da due persone che si vogliono.

Due persone che si desiderano da sempre, forse.

Chiudo lentamente gli occhi e lo faccio.

Faccio quello che avrei voluto fare da tanto, troppo tempo.

Se questo momento fantastico dovrà svanire, che lo faccia portando via anche il ricordo di un bacio.

Poggio delicatamente le mie labbra sulle sue.

Un calore spaventoso si impossessa di me, quando finalmente le sento.

Quelle labbra che ho sempre solo immaginato.

Le ho immaginate morbide, dolci, tenere.

Ma lo sono ancora più di quanto pensavo.

Lascio che si dischiudano, prima di morderle con dolcezza.

Le assaporo, come avrei sempre voluto fare, le succhio con delicatezza.

La mia lingua va ad accarezzare la sua, dolcemente, con tenerezza, assaporando ogni centimetro delle sue labbra.

Godendomi un momento che forse non ritornerà più.

È la magia di una notte sola, la magia di un solo ed unico bacio.

I nostri sospiri beati si mischiano, riscaldando questa notte che ci avvolge, addensando i nostri sguardi.

Un bacio umido, dolcissimo, lento.

Un bacio condito da una tenerezza spaventosa, trasportante.

Un bacio che sa di lei, di me, di noi, di quel desiderio che ho sempre nascosto.

Un bacio che sa di mancanza, bisogno, necessità, obbligo.

Un bacio necessario.

Le sue mani accarezzano delicatamente il mio petto, mentre io la stringo quasi come per evitare che possa sfuggirmi.

La mia piccola Elise.

Notti intere passate su questo letto a parlare.

Notti in cui ho represso l’immane desiderio di prenderla, stringerla a me e baciarla, come adesso.

Notti in cui l’ho osservata dormire e l’ho accarezzata segretamente.

L’idea che io ora ce l’abbia davvero tra le mie braccia e che le nostre lingue si stiano finalmente sfiorando mi fa sentire la completezza della perfezione.

Sento il suo nasino sfiorare appena la mia guancia, mentre le sue labbra mordono dolcemente le mie, con quella delicatezza che ho sempre immaginato appartenerle.

Un bacio lungo, lento, dolce.

Poi, le sue labbra si allontanano lentamente dalle mie.

Incontro il suo sguardo lucido, e con una mano le accarezzo i capelli, stringendola a me.

Lascio scorrere il mio sguardo sulle sue labbra umide, gonfie, ancora più attraenti.

La vedo chiudere lentamente gli occhi.

-Che cos’abbiamo fatto?- mormora con un sussurro quasi impercettibile, riaprendo gli occhi e fissandomi.

Le accarezzo una spalla con la mano, dolcemente.

-Quello che desideravo fare da troppo tempo- le sussurro in un orecchio, accarezzando con le dita la sua pelle liscia.

All’improvviso, come la più fragile delle creature, mi sfugge dalle mani.

Si allontana rapidamente, mettendosi a sedere sul letto.

Si passa nervosamente una mano tra i capelli, sospirando.

-Io non posso, Tom- mormora lei, con la voce leggermente incrinata.

-Non puoi cosa?- le chiedo io, dolcemente, alzandomi ed avvicinandomi a lei.

-Lasciarmi andare con te- incrocio il suo sguardo lucido, ancora più luminoso. –Io ti conosco. So perfettamente che per te le ragazze sono tutte uguali- continua lei, abbassando lo sguardo, amaramente.

-Non tutte- mormoro io, non ottenendo però alcuna reazione da parte sua.

-Si, invece- esclama lei alzando appena la voce. –Tu non sai come mi sento quando mi racconti tutti i dettagli delle tue scopate con le più fighe della scuola- inizia lei, alzandosi in piedi e trattenendo a stento le lacrime. –Tu sei il classico stronzo Tom, sei il classico tipo per cui una donna è soltanto un corpo da portarsi a letto. Come faccio io a fidarmi? TU FAI COSÌ CON TUTTE LE ALTRE- urla infine, lasciando che una lacrima le righi il viso.

-Elise, aspetta- mormoro io, cercando di fermarla.

Lei si divincola dalla mia presa e con un gesto deciso esce dalla finestra, così come c’era entrata.

Mi rimane solo il vuoto.

Sferro un pugno al muro, stringendo poi la mano per il dolore.

Chiudo gli occhi, strizzandoli.

E non so in questo momento cosa faccia più male.

Se la mia mano o il vuoto che ha lasciato.

Il vuoto del suo profumo sul mio corpo, del suo sapore sulle mie labbra, delle sue lacrime che bruciano.

Lei non è come le altre per me.

Non lo è mai stata e non lo sarà mai.

 

 

 

 

 

 

*

 

[ELISE]

 

 

                                                                                                                                                              Domenica 22 Aprile

Ore 01:30

 

Caro diario,

un’altra notte in bianco.

Un’altra notte di pianti, di angoscia, di nostalgia.

Un’altra notte senza di lui, senza la sua compagnia, senza il suo sorriso, senza le sue mani che mi stringono.

Non ce la facevo più a stare a letto. Il mio cuscino è fin troppo bagnato.

Il silenzio può distruggere: è per questo che ho deciso di sfogarmi, di urlare a queste stupide pagine quanto io stia male.

Mi sembrava inutile dirlo, è fin troppo evidente che io senza Tom non ci so stare.

Che sia soltanto mio amico o che sia il mio ragazzo, io senza lui sono morta.

Sono giorni che non vado a scuola, giorni che non lo vedo, giorni che non lo sento, giorni che sto chiusa qui,  completamente distrutta dalla mia follia.

Ho desiderato Tom per così tanto tempo che quando ce l’ho avuto, l’ho mandato via.

Ho immaginato di assaporare le sue labbra per così tanto tempo che quando le ho sentite sulle mie non mi è sembrato possibile.

Ho ancora il ricordo di quella sera nel cuore.

Il ricordo del nostro abbraccio e del nostro dolcissimo bacio.

Forse avrei dovuto dirglielo: dirgli che con Leonard mi sono fermata perché avevo in testa lui, Tom.

Non sono riuscita ad andare avanti perché il suo profumo non era quello di Tom, perché le sue mani non erano ruvide come quelle di Tom, perché le sue labbra non erano come m’ero sempre immaginata quelle di Tom.

Sono una stupida, lo so. Uno come lui non mi ricapiterà più.

Ma preferisco continuare a sognare la mia prima volta con Tom, e non realizzarla mai, piuttosto che averla con uno di cui non mi importa niente.

Se ripenso al modo in cui LUI mi stringeva quella sera mi vengono i brividi.

Il modo in cui mi accarezzava, mi sussurrava, mi baciava non me lo scorderò mai.

Non credevo che potesse essere tanto dolce nel baciare.

Me lo sono sempre immaginato irruento, deciso, voglioso con quelle che si porta di solito a letto.

Invece l’ho sentito dolce, tenero, cauto.

E quella sensazione me la porterò per il resto della mia vita.

Perché so che non ci sarà un secondo bacio tra noi. Noi siamo i classici migliori amici destinati a restare tali.

Forse è stata la magia di quella notte a spingerci a fare un passo del genere.

Forse è stato il fatto che io indossassi un vestitino molto simile ad una maglietta a spingerlo a infilarmi la lingua in bocca.

In fondo, lui farebbe sesso con chiunque essere femminile dotata di arti.

 

 

I miei pensieri vengono interrotti dalla vibrazione del mio cellulare.

Per giorni ho creduto che fosse morto.

È stato così desolante e triste non ricevere più le sue chiamate ed i suoi messaggi.

Lo afferro velocemente e il cuore mi perde un battito.

È un messaggio, ed è di Tom.

Con gli occhi leggermente lucidi lo apro.

 

 

 

So che non stai dormendo. Vedo la luce dalla tua finestra.

Sono giorni che non dormo neanche io.

Mi manchi, Elise.

Affacciati alla finestra, voglio che tu sappia solo una cosa.

 

 

Il cuore prende a battermi furiosamente, e immediatamente scatto dalla mia sedia.

Mi alzo e mi dirigo verso la finestra della mia stanza.

Lo sguardo mi cade sulla strada buia.

Attraverso la luce fioca del lampione sotto casa mia si intravedono delle lettere.

Lettere realizzate con vernice spray bianca che risaltano sul nero pece dell’asfalto.

Lettere che compongono una frase.

E il fiato mi si mozza.

 

 

 

 

Tu non sei le altre, piccoletta

 

 

 

Il cuore mi si ferma, e, inconsapevolmente, mi porto una mano alla bocca.

Lo vedo comparire sotto la luce fioca del lampione, e alzare la testa verso la mia finestra.

Gli occhi mi si riempiono di lacrime e lascio che ancora una volta il mio sguardo scorra su quelle lettere cubitali che tra qualche ora leggerà tutta Magdeburgo.

Non ci posso credere.

Non posso credere che Tom abbia fatto una cosa tanto dolce per me.

-Mi fai salire?- mi chiede alzando la voce per farsi sentire.

Lo osservo per qualche secondo, poi lascio scivolare una mano sul mio petto.

Sento le pulsazioni instancabili del mio cuore.

Una sensazione di tremendo calore si impossessa di me.

Quant’ho desiderato che venisse qui.

Ho desiderato rivederlo anche solo per un attimo.

Mi sarebbe bastato il suo sguardo e un suo abbraccio, anche da semplice amico.

Annuisco con decisione, asciugandomi una lacrima che è appena scesa veloce sulla mia guancia.

Faccio sparire al volo il mio diario, dandomi un’occhiata rapida nello specchio.

In questo momento sembrargli attraente è un’impresa piuttosto impossibile.

Lo vedo scavalcare il balcone e avvicinarsi alla soglia della mia finestra.

Il suo profumo mi arriva chiaro alle narici.

Incontro finalmente i suoi occhi leggermente lucidi.

Cerco di trattenere le lacrime, e mi porto una ciocca di capelli dietro l’orecchio.

Con un salto, atterra nella mia stanza, con un leggero fiatone.

-Non ce la facevo più senza vederti- mormora, avvicinandosi a me e infilando dolcemente una mano tra i miei capelli lunghi e scompigliati.

Non riesco a smettere di guardarlo in quegli occhi ambrati che non ho mai visto tanto arrossati e lucidi.

-Ci credi adesso che per me sei diversa?- mi sussurra lui, mantenendo le sue mani tra i miei capelli.

Il respiro sembra mancarmi.

Sentirgli pronunciare quelle parole non può essere più emozionante.

Vederle scritte sull’asfalto è da brivido.

Ma sentirle dalla sua voce calda e melodiosa è pura adrenalina.

La sua mano calda scende sul mio viso, accarezzandomelo dolcemente.

Mi sento, per la prima volta, terribilmente sua.

Chiudo gli occhi per un attimo.

Mi erano mancate le sue carezze.

Mi era mancato tutto di lui.

Fa scendere le sue mani dal mio viso ai miei fianchi.

Si poggiano dolcemente sulla mia pelle lasciata scoperta da una semplice canottiera bianca fin troppo striminzita.

Il suo contatto mi manda fuori di testa.

-So che forse non dovrei dirtelo, ma sono tremendamente contento che tu non sia andata a letto con quello- se n’esce all’improvviso, sorridendo lievemente. Corrugo leggermente la fronte, non capendo. –La tua prima volta dev’essere speciale, con uno che ti voglia veramente- mi sussurra, col respiro irregolare.

Il cuore accelera all’istante i suoi battiti.

-Tu non lo sai, ma non c’è volta in cui ti stringo tra le mie braccia che non desideri di farti mia- mi sussurra, accarezzando lievemente il mio viso.

Il cuore mi batte velocemente nel sentire quelle parole che sembrano realizzare un sogno.

Un sogno che credevo essere pura illusione.

Non sa quante volte ho desiderato che la mia prima volta fosse proprio con lui.

E non sa quante volte mi sono sentita una cretina anche solo a pensare una cosa del genere.

Un lieve sorriso increspa le mie labbra secche.

-Quando quella notte ci siamo baciati, mi sono sentito come non m’ero mai sentito con nessuna di quelle che mi porto a letto. Sono un coglione, lo so. Ma io ti giuro che con te è diverso- la sua mano si infila di nuovo tra i miei capelli, dolcemente.

Mi lascio sfuggire un sorrisino.

Perché non riesco a dire nulla?

Perché mi sembra così sincero?

Non dovrei credere alla sue parole, lui è uno che si scopa chiunque.

Ma non ci riesco.

-In questi giorni mi sei mancata da morire, Elise. Non ho fatto altro che ripensare alle tue labbra-  mi sussurra quasi impercettibilmente. Con un dito scorre dolcemente sulle mie labbra asciutte. Gesto che ha fatto diverse volte, ma mai mi è parso tanto eccitante. –Al modo in cui le tue mani mi accarezzavano- afferra delicatamente le mie mani e incrocia le sue dita con le mie. –E al nostro bacio- si avvicina spaventosamente, guardandomi negli occhi. –Tu non sei solo un’amica per me. Non lo sei mai stata, forse. Io ti desidero con tutta l’anima e con tutto il corpo, Elise- mi sussurra infine, lasciando scorrere una mano sulla mia spalla nuda.

Un gesto così dolce e sensuale.

Soltanto un paio di pantaloncini inguinali e un top a spalline strette mi coprono.

Ma non sento il minimo imbarazzo.

Sentire le sue mani che scivolano sulla mia schiena mi fa sentire preda della più completa perfezione sensoriale.

Sentirlo vicino che mi tocca è tutto quello che desideravo da sempre.

Il mio sguardo rimane fisso nel suo, finchè non intreccio le mie mani dietro la sua nuca e mi avvicino lentamente.

È un istante.

I nostri respiri condivisi, i nostri corpi attaccati, le nostre anime impazienti.

Le sue labbra si posano sulle mie, facendo una lieve pressione, le accarezzano, le stuzzicano, le mordono.

Le dischiudo leggermente, lasciando che la sua lingua me le inumidisca e si infili all’interno della mia bocca.

Chiudo lentamente gli occhi e sospiro, presa da quel bacio enormemente trascinante.

La sua lingua accarezza la mia, mentre le sue labbra mordono le mie con dolcezza e passione.

Il nostro secondo bacio.

Un bacio voluto, deciso, consapevole.

Un bacio più dolce, più morbido, più umido.

Le sue mani si stringono sui miei fianchi, tirandomi completamente a lui.

Sento il suo respiro solleticarmi le pelle e il suo naso sfiora la mia guancia.

Sento il desiderio nascere ed esplicarsi in lui.

Senza bisogno di altro, il nostro bacio si trasforma in qualcosa di più veloce, impaziente, eccitante.

I suoi sospiri eccitati fanno aumentare a dismisura i battiti del mio cuore, mentre i suoi polpastrelli ruvidi salgono sulla mia pelle, infilandosi di poco sotto il mio top.

Le sue mani sul mio corpo non mi erano sembrate mai tanto eccitanti.

Ci stacchiamo per qualche secondo.

Il tempo di guardarci negli occhi e, senza bisogno di alcuna parola, capire che non è abbastanza.

Le sue mani si posano sulla mia vita e mi spingono verso il mio letto.

Senza opporre resistenza, lascio che lui si stenda sopra di me.

Poggia una mano sulla mia coscia, facendo in modo che io divarichi di poco le gambe.

Si posiziona al suo interno e si rimpossessa delle mie labbra.

Averlo così vicino a me, che mi accarezza con decisione e mi bacia con trasporto è quanto di più eccitante io abbia mai provato.

Quando sognavo di fare l’amore con lui non pensavo che sarebbe stato così travolgente.

La sua lingua stuzzica abilmente la mia, mentre le sue mani si infilano sotto la mia maglietta, accarezzandomi la pancia piatta.

Mi lascio sfuggire un sospiro eccitato, mentre scende a baciarmi il collo, fino ad arrivare sul mio seno.

Una lieve incertezza mi prende in contropiede.

Svanisce nell’esatto momento in cui lo sento strusciarsi su di me e toccarmi furiosamente.

Non riesce a contenere i sospiri di eccitazione che mi si infilano nelle orecchie con troppa decisione.

Una strana voglia si impossessa di me.

Voglia di fare l’amore.

Voglia di farlo con lui.

Incrocio le dita delle mie mani con le sue e le conduco fino all’elastico dei miei pantaloncini.

Tom punta il suo sguardo velato di eccitazione nel mio.

Un piccolo dettaglio vale più di un’immane dimostrazione.

Capisco che per lui non sono le altre, davvero.

Mi guarda negli occhi come per chiedermi il permesso; come se lui non avesse avuto intenzione di arrivare a tanto.

Mi avvicino alla sua bocca e mordo delicatamente il suo labbro inferiore.

Lo sento mugugnare eccitato, mentre le sue dita si ancorano sull’elastico dei miei pantaloncini.

-Tu sei il primo- gli sussurro sulle sue labbra con tono roco.

Lo sento sorridere sulle mie labbra e baciarmi con voglia.

Quel sorriso di orgoglio, quel sorriso di vittoria.

Una vittoria che è anche la mia.

Con un gesto deciso, di una sensualità estenuante, mi sfila l’indumento, osservandomi con addosso i miei classici slip bianchi di microfibra.

Tom non mi aveva mai vista così, direttamente.

Posa le mani sulla mia vita, riprendendo a baciarmi e, con un gesto estremamente lento, mi sfila anche la canottiera, facendomi restare in reggiseno.

Il suo sguardo si punta sul mio seno compresso in un balconcino bianco semplicissimo che, a quanto pare, sembra piacergli.

Mi sorrido malizioso, prima di sporgersi verso il muro e spegnere la luce con un gesto veloce.

Il buio ci avvolge all’istante, diminuendo quel briciolo di imbarazzo inevitabile.

Le sue mani scorrono instancabili sul mio corpo, scendendo fin sui miei slip e infilandosi lentamente all’interno.

E poi, gemo.

Gemo incontrollatamente al movimento delle sue dita, lasciando che i suoi baci bollenti mi eccitino ancora di più.

Un intreccio di sensazioni mi coinvolgono; un viluppo di desiderio misto ad eccitazione mi rende instabile.

Il suo corpo ormai seminudo sul mio, la sua pelle che struscia contro la mia, i suoi baci, il suo profumo.

Non ha alcun senso aspettare qualcosa per cui si è fin troppo aspettato.

Io lo voglio e voglio che lui mi possieda come ho sempre sognato.

Sento le sue labbra sfiorare il mio collo e baciarlo dolcemente, fino a salire al mio orecchio.

-Non sai quanto ti voglio- mi sussurra in un orecchio con voce roca ed eccitata.

Sorrido maliziosa, sentendo il suo corpo completamente sul mio e le sue mani là dove nessuno s’era mai spinto.

E non desidero altro in questo momento.

Mi bastano i suoi baci, le sue carezze, il suo corpo.

Io e lui: la compiutezza.

Quella compiutezza che potrebbe essere ancora più compiuta con l’unione dei nostri corpi.

Un’unione cercata, sognata per troppo tempo, inevitabile.

-Non ho paura, con te- gli sussurro in un orecchio, stringendomi al suo petto nudo e accarezzandolo dolcemente.

Il suo sguardo si punta dritto nel mio, attraverso il buio della stanza.

-Vuoi farlo?- mi domanda sulle mie labbra, non smettendo di baciarle neppure per un secondo.

Sospiro eccitata.

Le sue mani sul mio corpo non mi imbarazzano; mi eccitano.

Annuisco convinta, percorrendo il suo petto liscio e glabro con le dita.

Quant’è eccitante il suo corpo.

Non avrei mai creduto che potesse finire così col mio ‘migliore amico’.

-Non sai quant’ho aspettato questo momento- mi confessa lui, stringendo le mie labbra tra le sue.

Sorrido impercettibilmente, sentendomi desiderata.

Desiderata per la prima volta dall’unico da cui avrei voluto sentirmi tale.

Sentire l’eccitazione del suo corpo sul mio e sentire i suoi sospiri tremendamente impazienti è esaltazione estatica per me.

-Ce l’hai?- chiedo con voce tremante.

Lui annuisce, ma prima di prenderlo dalla tasca dei suoi jeans si avvicina al mio viso e lo accarezza dolcemente.

Ecco cos’è il sesso: la congiunzione di erotismo e sentimento, l’unione sintetica di passione incontrollabile e sconvolgente intelletto.

La sintesi perfettamente compiuta di mente e corpo.

E rendersi conto che è questo tutto ciò che ti mancava.

Portare a compimento quel sentimento sempre esistito; ma semplicemente in forma diversa.

  
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