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Autore: tartufo    02/10/2012    1 recensioni
Blaine osservò per vari secondi il ragazzo che gli stava davanti, un unica domanda gli martellava nella testa.
“Cosa sei?” chiese guardandolo in volto.
Il ragazzo sorrise dolcemente, e prima di cadere al suolo svenuto, disse solamente una parola.
“Aiutami”.
Genere: Malinconico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt, Brittany/Santana
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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C’erano giorni in cui poteva rimanere ore a contemplare la foresta, sentiva qualcosa, come se una forza misteriosa lo chiamasse, lo attirasse nei meandri di quel fitto e oscuro bosco, oscuro come i sentimenti che continuavano a scontrarsi dentro di lui, sapeva che non poteva, non doveva essere così affascinato da quel luogo, eppure non poteva farne a meno.

Quel giorno non era diverso dagli altri, le fronde degli alberi si tendevano, allungavano i forti e antichi rami verso di lui, il vento sussurrava una delicata preghiera che, non trovava risposta, era sempre così, il vento lo circondava, gli parlava per ore, ma quella lingua, lui non la conosceva, era inaccessibile, mai conosciuta? Dimenticata? O forse perduta.

Lui adorava quella sensazione, gli sembrava di essere accarezzato da quelle parole, se chiudeva gli occhi, sembrava così reale, come se niente fosse accaduto, come se non li avesse persi per sempre, come se la mano di sua madre fosse ancora poggiata sulla sua guancia per confortarlo, o quella di suo fratello sulla sua spalla per dargli coraggio.

Fu mentre il vento lo corteggiava e osservava attraverso il buio che qualcosa attirò la sua attenzione, la creatura si spostava leggera e silenziosa, tradita dai bassi cespugli che si muovevano al suo passaggio, dovette aguzzare la vista perché il suo manto si mimetizzava perfettamente con il paesaggio, candido come la neve che per tutto il giorno era caduta, rendendo quel luogo ancora più misterioso e mistico.

Blaine allungò il braccio cercando di fare meno rumore possibile, poteva essere silenzioso come la creatura se voleva, stare immobile per ore nell'attesa del momento perfetto, con la mano afferrò l’arco e la faretra che giacevano abbandonati al suo fianco, con un movimento fluido e veloce, dovuto agli assidui allenamenti, l’arco era teso e la freccia pronta per essere scagliata.

Mentre le orecchie si muovevano impercettibilmente per captare eventuali rumori, la creatura sollevò lentamente il capo, spavalda fissò i suoi profondi occhi azzurri in quelli dorati di Blaine, e senza paura iniziò ad avanzare.

Il cuore di Blaine prese a battere più veloce, non era la prima volta che si trovava così vicino a un membro del branco, non avrebbe mai scordato il fiero esemplare che aveva tolto la vita a David, i suoi occhi, non li avrebbe mai scordati, l'angoscia per essere stato circondato, o forse, chissà quale oscuro segreto nascondeva, ma Blaine sapeva cosa doveva fare, era stato addestrato per quello, doveva provare odio per le creature che avevano distrutto la sua famiglia, aveva perso sua madre e suo fratello, eppure quel pensiero non lo distolse dal fatto che l’animale che gli stava venendo incontro era la cosa più bella che avesse mai visto.

Rimase troppo tempo a contemplare quella splendida creatura, come al rallentatore la vide correre e balzare, pronta a morderlo, e anche in quel momento l’unica cosa che riusciva a pensare era come il suo corpo, i suoi movimenti fossero così sinuosi, eleganti, poteva vedere come i muscoli delle zampe posteriori si contraessero, accumulassero energia e distendendosi gli facevano acquistare forza e velocità, come le zampe anteriori, si posavano a terra con grazia, senza sollevare un solo fiocco di neve, come se nemmeno la sfiorasse, e nonostante stesse per sbranarlo, era stupendo, fu questo pensiero, a riscuoterlo dallo strano stato di torpore in cui era caduto, l’istinto di sopravvivenza che si faceva largo in quel vortice di pensieri malsani ebbe la meglio.

Blaine scocco la freccia, per la distrazione non era stato preciso come sapeva di poter essere, ma colpì comunque il bersaglio, la freccia penetrò la carne del bellissimo lupo all’altezza del fianco facendolo cadere rovinosamente a terra, un ululato si levò alto nel cielo, come un richiamo, una richiesta d’aiuto, poi come era iniziato l’ululato cessò di riecheggiare, sostituito da bassi guaiti.

Il manto dell’animale, ora era macchiato da un denso liquido rossastro che contrastava nettamente con il bianco splendente del suo fulgido pelo, Blaine si avvicinò cauto, non avrebbe dovuto, col passare delle ore, il freddo avrebbe completato la sua opera, mettendo fine alla vita di quell'essere, eppure sentiva di aver commesso un atto tremendo, si guardò attorno in cerca di un bastone, non voleva che soffrisse inutilmente, voleva porre fine alle sofferenze del lupo che continuava a scrutarlo, senza muoversi, senza ringhiare, senza provare a scappare o attaccarlo, era strano, non si comportava come sapeva facesse un normale lupo, si chiese se l’animale avesse voluto realmente sbranarlo, o fosse stato solamente frutto della sua immaginazione, alimentata per anni dai racconti del padre e del suo villaggio.

Trovato il bastone Blaine si mise in ginocchio di fronte all’animale, era pronto a colpirlo quando quest’ultimo cogliendolo di sorpresa, si sollevò e con un balzo gli si scagliò contro inchiodandolo al terreno, l’unica cosa che il giovane riuscì a pensare fu, “per favore, fa che sia veloce”.

Blaine rimase così, immobile ad occhi chiusi, serrati per la paura, in attesa di sentire le fauci del lupo divorargli la carne e togliergli la vita, lo sentiva respirare sopra di lui, e doveva aver perso la testa perché non sembrava affatto un respiro animale, i secondi passarono, così come i minuti senza che il lupo attaccasse, si chiese se non fosse morto a causa della ferita, sentiva il sangue caldo che gli imbrattava i pantaloni, ma era impossibile, percepiva ancora quello strano respiro che gli scaldava la pelle esposta del collo, poi capì, stava aspettando il branco, lo aveva chiamato poco prima e ora aspettava per dividere la preda.

Aprì gli occhi, le pupille dilatate per la paura, terrorizzato dall’idea di quello che gli avrebbero fatto, cosa sarebbe rimasto di lui, forse nulla, anche lui, come i suoi cari, persi per sempre, nessuno avrebbe pianto sulla sua tomba, solo un lontano ricordo custodito in fondo al cuore, ma quello che vide lo lasciò senza parole.

Il lupo che lo aveva attaccato era scomparso, lasciando il posto a un androgino essere che lo scrutava con i suoi meravigliosi occhi cerulei, occhi spaventati e indecisi, colmi di dolore, eppure occhi familiari che aveva incrociato solo pochi minuti prima, ma in un primo momento non ci fece caso.

Blaine arrossì appena sotto lo sguardo ipnotizzato di quella visione, era qualcosa che non aveva mai visto, la perfezione di quella pelle così candida, la sua morbidezza, la sua natura così incomprensibile, sgusciò velocemente da sotto il suo corpo con poca grazia facendolo rotolare a terra, quando si accorse che era un ragazzo e che era nudo, il suo volto assunse le meno conosciute sfumature di viola.

Un leggero gemito lo riscosse dal suo imbarazzo, il ragazzo tremava dal freddo, la mano che teneva sul fianco era imbrattata di sangue.

“Sei ferito …”.

Si levò la maglietta incurante della morsa del gelo, per tamponare la ferita e cercare di arrestare il flusso copioso quando un ringhio alle sue spalle lo costrinse a voltarsi.

Tre lupi, distanti una decina di metri lo fissavano minacciosi, quello al centro era una femmina, poteva dedurlo da come muoveva la coda, quasi a pavoneggiarsi, (e non aveva dubbi sul fatto che li stesse guidando, comandava in un certo senso quel gruppo ristretto, perché lo sapeva, c'era un unico capo) da come teneva sollevato il muso, fiero e senza timore, il suo manto nero e lucente accompagnato da due occhi come pietre d’onice avrebbero messo in soggezione l’animale o l’uomo più spavaldo.

Gli altri due erano maschi, le code dritte, il muso rivolto verso il terreno, immobili, in attesa di colpire, il primo aveva un manto inusuale, non tanto per il colore, un bellissimo marrone scuro identico alle foglie che cadono nel pieno dell’autunno, quanto per il pelo che sembrava rado ai lati e molto fitto al centro, come se avesse una specie di cresta, gli occhi potevano dire tante cose, ma in quelli Blaine scorse furbizia, subdola furbizia, il secondo teneva lo sguardo sul ragazzo ferito, il suo manto grigio mutava ogni volta che un raggio di sole gli si posava sopra, gli occhi di un delicato marrone chiaro simili al cuore di un antico albero sembravano tristi e preoccupati, ma anche colmi di rabbia.

Soggezione, furbizia, preoccupazione, rabbia?

Ora era davvero certo di aver perduto la testa, erano lupi dannazione, non provavano sentimenti, non erano umani non seguivano la ragione, agivano d’istinto, e quello li avrebbe portati ad attaccarli.

L’arco e le frecce erano fuori portata, li aveva abbandonati nel momento in cui aveva provato pietà per la creatura, l’unica arma che aveva a disposizione era il bastone trovato poco prima, forse non sarebbe servito a nulla, ma almeno avrebbe provato a difendere se stesso e il ragazzo uscito dal nulla. Non sarebbe morto senza combattere.

Quando il ringhio della femmina diede il comando e i due lupi iniziarono pericolosamente ad avanzare, Blaine si portò davanti al ragazzo ferito, in modo da fargli da scudo e proteggerlo per quanto fosse possibile con il suo corpo, poi si mise in posizione, pronto a colpire.

“No!”.

Con chi stava parlando il giovane? Voleva forse evitargli di colpire le creature?

“In qualche modo dobbiamo pur difenderci, posso capire che le trovi … bellissime … ma …”.

“Non stavo parlando con te …”, disse interrompendolo, “Ho detto no!!”, incuranti del comando ricevuto i lupi continuarono ad avanzare, senza alternative il ragazzo iniziò a ringhiare basso e minaccioso inchiodando le creature al suolo.

Non lo aveva mai fatto, soggiogare così i suoi amici, eppure in quel momento non aveva trovato altro modo che costringerli al suolo, i suoi poteri erano minimi, eppure abbastanza per fermarli, solo per il tempo necessario per farli desistere, li conosceva, conosceva i motivi che li spingevano a detestare gli umani, le loro vite, frantumate da quegli umani che avrebbero dovuto essere le loro speranze.

Il lupo grigio provò a divincolarsi con tutte le sue forze senza risultati, si agitava e digrignava i denti nello sforzo di liberarsi, era solo una cosa mentale, lo sapeva, se si concentrava poteva farcela, dopotutto non poteva essere già così forte, anche se era possibile, quando voleva una cosa, era quella e basta, forse, grazie alla sua testardaggine riusciva a controllarli.

Provò ancora e ancora, fino a sentire il tradimento nel cuore, bassi uggiolii riempirono l'aria.

“Mi dispiace, ma non è lui che deve pagare per quello che è successo... Io non posso lasciartelo fare... Perdonami...”.

“Si, penso tutti i giorni a lei... ma spargere sangue innocente non la porterà indietro, trasformerà solo te in un mostro... Non voglio perderti...”.

La femmina iniziò a latrare in modo concitato.

“… Ero sconvolto, deluso, arrabbiato e spaventato …”.

“E’ stata colpa mia, ha frainteso … ascoltami … no, non ci credo … ti sbagli …”.

A ogni frase del ragazzo seguiva un latrato della lupa, come se stessero dialogando.

“Ci ho provato, non riesco, credo a causa di questa”, disse indicando la ferita.

Il ragazzo sorrise dopo l’ennesima risposta sconosciuta della lupa.

“Come sempre … ora però andate …”.

A quelle parole i tre lupi indietreggiarono fino al limitare della foresta e poi scomparvero alla vista.

Blaine per l’intero scambio di battute era rimasto in silenzio, confuso guardava prima il ragazzo e poi la lupa, possibile che avesse realmente assistito a una conversazione tra i due?

Poi finalmente il suo cervello si mise in funzione, gli occhi erano identici e la ferita nel medesimo punto, possibile?

Blaine osservò per vari secondi il ragazzo che gli stava davanti, un unica domanda gli martellava nella testa.

“Cosa sei?” chiese guardandolo in volto.

Il ragazzo sorrise dolcemente, e prima di cadere al suolo svenuto, disse solamente una parola.

“Aiutami”.

 

“Quando credi che avverrà?” chiese pensieroso.

“Non lo so, non sapevo nemmeno fosse possibile, quando mi hai trovata... pensavo che ti avessero trasformato, non so come funziona, non sperare troppo nel suo arrivo, potresti rimanere deluso...”, disse pur desiderando con tutto il cuore che avvenisse il contrario.

“No, sono sicuro che ci troverà presto...”.

“Cosa ti fa essere così ottimista?” chiese, sperando di trovare conforto in quelle parole.

“Perché non mi ha mai deluso, e non lo farà nemmeno questa volta...”.

Chiuse gli occhi, lasciandosi accarezzare dal dolce tepore che quel riparo sotto la neve gli regalava, lei lo osservò ancora per un momento, si rese conto che si erano scambiati i ruoli, avrebbe dovuto essere lei a confortarlo, dirgli che sarebbe andato tutto bene, ma la sua vita le era scivolata di mano tanti anni prima, e adesso sentiva solo un enorme squarcio nel petto.

Gli mancavano così tanto, nonostante tutto.

 

“Come va la ferita?” chiese avvicinandosi con buone intenzioni, ma si fermò all'istante quando il cucciolo si frappose tra lui e la ragazza che si trovava rannicchiata nell'angolo della stanza.

“Non rispondi perché non vuoi o perché hai perso la voce? Ti avevo detto che era inutile urlare, quaggiù non ti sentirà nessuno...”.

Il cucciolo continuò a ringhiare finché la ragazza non lo attirò a se in un abbraccio, allora nascose il muso nel suo collo uggiolando piano.

“Lo so, stai tranquilla... andrà tutto bene...”.

“Perché ci tieni qui?” chiese all'uomo che le guardava in silenzio.

“Voglio fare del male alla tua specie, come ne è stato fatto a me...”.

“Perché non ci uccidi?”.

“Ci sto pensando...”.

“Potrei ucciderti, potrei trasformarmi e sbranarti...”, disse con una sicurezza che non possedeva.

“Vi conosco più di quanto immagini, non mentirmi...”.

Detto questo appoggio sul pavimento dei nuovi vestiti e del cibo, le voltò le spalle e prese a salire i gradini che portavano al piano superiore, la vide trasformarsi in quelle creature che tanto odiava, non sapeva perché le aveva risparmiate, e sinceramente non voleva pensarci.

 

“Oh andiamo, è davvero stupido, perché si dovrebbero trasformare con la luna piena?” chiese divertito.

“Per natura?Per istinto? Non lo so, va bene, basta, non ti permetterò più di rovinare i miei racconti preferiti... sei senza cuore...” disse girandogli le spalle offeso.

“Per istinto dici?” sussurro avvicinandosi pericolosamente al suo orecchio.

“Per natura io ho trovato te, e mi sono trasformato per te...” disse costringendolo a voltarsi e a guardarlo in volto.

“E per istinto...” non terminò nemmeno la frase che le sue labbra erano andate a catturare quelle dell'altro in un bacio prima delicato e gentile, lento, come se ci fosse stato tutto il tempo del mondo, poi l'aveva costretto ad aprire la bocca e con movimenti circolari aveva iniziato ad accarezzare la sua lingua, ottenendo come risposta un gemito di piacere.

“... faccio questo”.

“Credo che tu abbia ragione...” disse senza fiato.

“Le tue argomentazioni mi hanno convinto, quel racconto è davvero stupido...”.

Sollevò il muso e un triste ululato si diffuse per tutta la foresta, non avrebbe dovuto rivivere quei ricordi, avrebbe dovuto chiuderli in un angolo del suo cuore e gettare via la chiave, ma era così facile perdersi in essi, gli sembrava quasi di tornare a vivere in quei momenti.

 

“E' colpa mia... avrei dovuto cambiare queste stupide regole da tempo...”.

“Non dire così...” la interruppe la compagna con convinzione.

“Ma hai visto cos'è diventato lui, prima un lupo Omega, poi un Solitario... se accadesse anche a Kurt...”.

“Non è stata colpa tua, non era mai accaduto, non eravamo a conoscenza di questo, pensare che ci Abbia fatto questo, non accadrà di nuovo... faremo in modo che non succeda...”.

“Finché non si risolve questa situazione, i cuccioli non potranno più andare nella foresta, cambierò le regole, per noi, e per gli umani...”.

 

“Quando ti ho visto con lui, non puoi immaginare la gioia che ho provato... non puoi immaginare il primo pensiero che ha attraversato la mia mente, di nuovo insieme, io e te, e non avrei avuto paura di confessarti perché ti avevo lasciato, perché tu avresti capito, e avresti perdonato il mio gesto, perché non avevo alternative... Avresti saputo per certo, che non avevo avuto scelta, che il richiamo, mi aveva costretta a lasciarti andare... E quando ti ho visto con lui, non potevo immaginare...”.

Col muso coperto di terra e gli occhi colmi di lacrime, la lupa apriva il suo cuore al figlio, che di certo, in qualche modo, ascoltava.  

  
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