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Autore: __21century    04/10/2012    2 recensioni
Irene Adler ha una figlia.
Sua figlia vuole sapere che lavoro fa.
Quindi, Irene, che lavoro fai?
--- possibile ooc.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Irene Adler
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Meretrix

“Mamma, mamma!” urlò la bambinetta dai capelli corvini.
La madre sorrise, aprì le braccia e ce la circondo. Le prese lo zainetto azzurro e le chiese della sua giornata.
“Tutto bene, mamma! Però mi hanno dato un compito difficile.”
La bimba nascose il suo sorriso sdentato e guardò sua madre negli occhi. La donna aggrottò la fronte.
“Che compito?” chiese.
“Mi hanno chiesto che lavoro fate tu e papà, ma io non lo so. Papà non lo so chi è.” La bimba, più che triste, sembrava confusa.
Le due stavano camminando per le vie di una cittadina alla periferia di Milano.
La donna era in una situazione scomoda: come poteva lei, Irene Adler –ora Laura Gadoli– , dire a sua figlia del suo lavoro?
Sospirò. Se doveva essere sincera avrebbe dovuto dirle che era la più grande e famosa prostituta di sempre. E non era il caso.
Aveva smesso da sette anni, ad ogni modo. Viveva di rendita, grazie a Jim. Si era rifatta una vita, aveva delle amiche, degli spasimanti e una piccola casa nel centro di quel piccolo paese. Ogni sabato sera lei e sua figlia –Mery– uscivano e andavano in pizzeria mentre la domenica pomeriggio era dedicata al cinema. Le sue amiche si fermavano spesso da lei per il “tè delle cinque”, nonostante non prendessero la cosa tanto seriamente quanto lei. Un vero inglese non dimentica mai il tè. Stava inoltre cominciando a sentirsi con un uomo –Gianluca– e tutto andava bene.
“Mery, la tua mamma ora non lavora, ma prima era un’impiegata.”
Irene si morse il labbro e si guardò nella vetrina di un negozio: quella non era lei, non era lei e mai lo sarebbe stata. Indossava degli scialbi pantaloni beige e un maglione che neanche John Watson avrebbe osato acquistare. E i capelli? Lunghi, ma insulsi, insignificanti. Le scarpe, da ginnastica, senza un centimetro di tacco. Si sentiva più a suo agio nuda.
Era felice, questo sì, ma non era di più quando prendeva per il naso i reali d’Inghilterra, quando giocava con Sherlock e scappava senza riuscire a farsi prendere? Eppure stava giocando ancora, a nascondino. Era nascosta dal Governo Britannico, da quello Americano e da almeno altri sette Stati vagamente potenti. Se l’avessero trovata, la sua vita sarebbe terminata lì. E Mery?
L’unica cosa che la stoppava era Mery. Nata da un amore sconosciuto, non voleva perderla e non voleva che per lei finisse male.
Non pensava a quella che era stata prima da tantissimo tempo e ora si sentiva il mondo crollare addosso. Aveva una vita monotona ma normale, sicura e tranquilla. Beh, sicura, non del tutto. Avrebbe dato un braccio per tornare da Jim, da Sherlock e all’essere la dominatrix.
S’era fatta strada con le unghie e con i denti, lottando per avere il potere e tutto si era dissolto, come u na nuvola di fumo passeggera.
Mery tirò la manica a Irene.
“Mamma, mamma, io da grande voglio fare come Sherlock Holmes.”
“Come, piccola?”
“Sherlock Holmes, mamma, combatte contro i cattivi e li batte sempre. E’ come un supereroe.”
“Già, Mery, combatte contro i cattivi, ma non vince sempre.”
Contro di lei non aveva vinto. Lei era La Donna Che L’Aveva Battuto, la sola e l’unica.
In fondo non contava che la vita avesse battuto lei.
Era la donna e sarebbe rimasta sempre la donna. Sorrise.
“Invece sì.” Urlo la bimba e Irene aprì la porta del loro piccolo appartamento.
Non era importante, lei stava ancora vincendo.



  
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