Note dell'Autrice:
Finalmente dopo tanto, riesco a pubblicare anche questo capitolo e devo dire la
verità, è stato spossante non poter scrivere per un po' di tempo. Uff. spero non
capiti più. Eppure siamo arrivati alla fine, questo è l'ultimo capitolo
prima dell'epilogo. Vorrei ringraziare tutti quell iche mi hanno letto e che
ringrazierò rispondendo ad ogni commento che mi hanno fatto.
Grazie!
Sherry Birkin
stava davanti a Claire osservandola con il visino piegato su un lato. Le mani
erano incrociate dietro la schiena, mentre dondolava leggermente sui
piedi.
Claire non riusciva a credere ai propri occhi e ancora era inebetita
dall’apparizione così particolarmente strana. Eppure aveva visto Sherry tempo
prima, quando aveva incontrato Leon. L’aveva trovata nella stazione di polizia
ed erano scappate da Racoon City con il treno, ma sinceramente che fine avesse
fatto dopo non se lo era mai chiesta. Claire aveva creduto che fosse tornata con
i genitori.
Sherry continuava a guardarla con aria innocente. Aveva ancora la
divisa scolastica che le aveva lasciato, ma quegli occhi rossi rendevano la
piccola troppo somigliante a quella bestia che l’aveva portata
lì.
-Sherry…
La bambina
sorrise e si voltò verso un punto imprecisato della stanza, come se stesse
guardando qualcuno e un largo sorriso le si disegnò sulle
labbra.
-Sai, mi sei
mancata Claire.
La voce così
gentile ed innocente faceva apparire tutto grottesco e Claire non sapeva neanche
cosa rispondere. Non aveva parole e si sentiva stringere la gola da qualcosa di
invisibile e maledettamente forte. La donna portò le mani al collo, serrandolo
come a voler ricercare quella forza insostenibile.
La cosa strana
era che Sherry sorrideva e non mostrava nessun segno di paura. Guardò nuovamente
verso quel punto imprecisato e continuò a sorridere, per poi mettersi a
saltellare come se qualcosa le desse gioia, se in quel che stava succedendo a
Claire ci fosse del positivo e del meraviglioso.
Improvvisamente
Claire si sentì ritornare il fiato e l’aria nei polmoni, che erano rimasti senza
per troppo tempo e arrancavano aria talmente erano contratti. La donna fece
profondi respiri e lenti.
Forse anche
perché cercava qualcosa da dire alla bambina, qualcosa che potesse somigliare ad
una cosa più normale di tutto quello che stava succedendo.
-Perché sei
qui?
Sherry la guardò
sorpresa e il largo sorriso che le sue labbra avevano assunto, scomparve
improvvisamente. Portò lentamente una mano alla bocca per poi poggiarci il dito
indice nell’atto del pensare qualcosa.
Sherry imbronciò
il viso e posò entrambe le mani sui fianchi, sbattendo una volta il piede a
terra e provocando un rumore sordo.
-Non te l’ha
detto. Cattivo.
Claire era
sconvolta e sentire quella voce così pura, in un corpo ormai divorato dal virus,
le veniva ancora di più il senso di affannamento. E dire che il padre voleva
solo aiutare la figlia. Il dottor Birkin aveva iniettato il vaccino del virus
all’interno della figlia, ma a quanto pare Wesker aveva trovato il modo di
iniettarle qualcosa che superasse anche l’antidoto insito nel corpo della
bambina.
A Claire la
colse nuovamente l’affanno e portò le mani nei capelli, stringendo le ciocche
più che poteva.
Era come se la
stesse divorando dall’interno lentamente, pezzo per pezzo. Con un ultimo sprazzo
di lucidità, guardò Sherry che ancora aveva il viso imbronciato e l’aria da
bambina viziata. Eppure non se la ricordava così, non era la Sherry che aveva
lasciato dopo Racoon City.
Claire si sentì
la testa pesante, il corpo era un macigno che non riusciva a sollevare e la
vista si era annebbiata. Sentiva in cuor suo che non sarebbe mai riuscita ad
avvicinarsi alla via d’uscita. Non sarebbe mai riuscita a scappare da
quell’inferno dove Wesker era il sovrano.
Si risvegliò
improvvisamente, rialzandosi di scatto come se nulla di tutto quello era
successo fosse reale.
Sentiva fremere
le proprie mani, sentiva i muscoli rigenerati. Ma si sentiva ancora spaesata.
I giramenti di
testa le fecero portare entrambe le mani alla testa, lamentandosi. Aveva
sicuramente dormito per giorni e giorni, perché il corpo era riposato e i lividi
erano scomparsi dal suo corpo. Ma ancora non si sentiva al
sicuro.
Si guardò
intorno e niente era come prima. Il grigiore della stanza si trasformò in un
tenue color sabbia, dove le finestre inondavano di luce elettrica l’interno
della stanza. Tutto era in penombra, quella luce bianca così forte ed estenuante
era scomparsa, lasciando tutto come se nulla fosse mai successo. Come se tutto
fosse stato solo un orribile incubo.
Forse era così,
perché altrimenti non si sarebbe sentita così piena di vita e così strana al
tempo stesso. Però Sherry sembrava così reale. Forse il rimorso inconscio di non
aver più chiesto di lei le aveva fatto pensare che tutto per la bambina fosse
cambiato.
Si rialzò e,
tastando con mano ferma il suo giaciglio, si accorse che era nient’altro che un
semplice divano e questa la rincuorò fino a farla piangere. I singulti
arrivarono da soli e la pesantezza al cuore, che aveva avuto all’interno
dell’incubo, era semplicemente scomparsa.
Si mise a sedere. Claire prese un
profondo respiro, posando la mano sul cuore. Eppure si era sentita così fuori
luogo appena risvegliata, ma sicuramente era stato solo l’effetto narcotico di
qualche sonnifero che aveva preso la sera prima.
Si portò verso
la lampada. Sapeva che era lì e sapeva anche dove era posizionato il pulsante
per accenderla. Ed era proprio lì, come lei sapeva. Questo la fece piangere di
nuovo e con gli occhi pieni di lacrime, guardò con crescente emozione il suo
salotto.
Non era cambiato
nulla e tutto ciò che era stato distrutto dalla colluttazione con Wesker, tutto
frutto della sua immaginazione, era tutto sistemato, poiché non era successo
nulla. Nulla.
Claire si
accarezzò il volto, asciugando le lacrime ancora rimaste sul viso. Voleva
toccare tutto con propria mano, tutte le cose che pensava avesse lasciato per
sempre.
Voleva fare un
giro in casa. Voleva vedere con i propri occhi tutte quelle cose che aveva
comprato con i propri risparmi e con il sudore della
fronte.
I passi di
Claire erano sicuri essendo in un ambiente familiare. Improvvisamente un
pensiero le sfiorò la testa, sovvenutole proprio in quell’istante.
Cosa
voleva dirle Sherry?
Claire sorrise
innocentemente. Ma che pensieri mai le venivano in testa in quel
momento?
Aveva lasciato il sogno dov’era, riposto in un angolo del proprio
cuore come un avvertimento. Un ammonimento alla sua
ossessione.
Sherry era solo
una via di fuga e un modo per poter rendere l’incubo più spiacevole di quanto
potesse essere.
Claire girava
per casa trovando tutto quello che aveva lasciato esattamente al proprio posto.
Non riusciva a smettere di piangere, poiché l’incubo era stato troppo reale,
troppo vero per averlo veramente sognato. Quella spossatezza, quella paura era
ancora dentro di lei che la soffocava e le stringeva la gola come una morsa, ma
cercava di non pensarci. Era tornata alla vita reale.
Avrebbe chiamato
immediatamente Chris se avesse trovato il telefono, o Leon per potergli dire di
Sherry.
Claire strinse
le labbra con i denti chiedendosi il perché quel senso di essere controllata non
se ne andava via. Perché si sentiva ancora degli occhi addosso, senza riuscire a
togliersi quella sensazione di vuoto e di angoscia?
Riprese a
respirare pesantemente, portando le proprie mani sul volto sentendolo più freddo
del solito oppure erano le sue mani. Sicuramente.
Claire si
avvicinò tremante ad uno degli specchi. Le gambe le tremavano e riusciva a stare
a stento in piedi. Aveva il respiro pesante e ogni sospiro era un’agonia. I
polmoni sembravano scoppiarle nel petto e il suo cuore, talmente batteva forte,
che lo sentiva nelle orecchie.
Eppure non c’era
nessuno, il suo corpo rispondeva ad ogni stimolo da parte sua, ma faceva
qualsiasi cosa con incertezza.
Ma la
rivelazione l’ebbe quando si mise davanti allo specchio. Le mani scivolarono sul
viso, accarezzandolo. Accese infine la luce e sgranò gli occhi. Non riusciva a
credere a quello che vedeva.
-La trasformazione sta avendo
atto.
Una voce calma,
serena e fastidiosamente appagata. Una voce da uomo e familiare, come se
l’avesse sentita miliardi e miliardi di volte nella sua testa.
Sentì
risuonare dei passi dall’altra stanza, lenti e misurati. Con una lentezza
esasperante e un terribile suono sordo, come di anfibi sul marmo. Cadenzati a
questi, passi più leggeri e delicati, aritmici e saltellanti. Ma Claire non si
mosse dalla sua immagine riflessa, neanche quando aveva sentito la voce di
Wesker che aveva rotto il silenzio creatosi.
-Cosa mi hai
fatto?
La voce di
Claire era calma, ma una calma diversa da quella del solito.
-Finalmente!
Una voce di
bambina ruppe nuovamente quello spazio che si era creato. I passi si fecero più
saltellanti e le risate giocose sembravo alquanto fastidiose. Sherry infatti si
avvicinò a Claire e le allungo le braccia per stringerla a sé, ma Claire
continuava a non muoversi da quella posizione.
Era rimasta
inchiodata alla sua immagine. Al mostro dagli occhi rossi che si era appropriato
del suo volto.
Wesker si avvicinò, portando una mano sul capo di Sherry,
rimasta delusa dalla poca attenzione che la donna le aveva dato. Imbronciò la
bocca e si allontanò per la casa in cerca di qualcosa.
Wesker sfiorò le
spalle di Claire con una calma che rasentava la follia e si avvicinò
pericolosamente al suo orecchio.
-Davvero pensavi
che ti avrei lasciata vivere?
L’uomo sospirò
sull’orecchio della donna che ebbe un tremito e se non ci fosse stato il mostro
a sostenerla, sarebbe caduta a terra con un tonfo sordo. Prontamente Wesker
l’afferrò e la strinse a sé.
Claire guardava
riflessa l’immagine di Wesker, ma adesso non sapeva cosa fare. Non sapeva come
comportarsi. Alla fine aveva vinto lui.
Avrebbe
preferito morire.
-Lasciami
andare.
La voce di
Claire tremò, ma non ebbe la forza di opporsi a quell’abbraccio che non voleva.
A quella vicinanza che la disgustava più di ogni altra cosa al
mondo.
-Sono il solo
che può starti vicino adesso, Claire.
Aveva ragione,
tremendamente ragione. Ma lei non voleva arrendersi al destino che qualcun altro
aveva deciso per lei. Non voleva assolutamente poggiarsi all’unico uomo che
odiava più di qualsiasi cosa.
-Ora vivremo sempre insieme come una
famiglia?!
La voce della
bambina irruppe come una cascata di acqua gelata sulla pelle, infatti a Claire
vennero i brividi al solo pensiero di poter passare la sua vita insieme a
lui.
Allora Wesker la
strinse più forte, ma Claire non sentiva alcun dolore e più stringeva e più non
sentiva che il corpo era stritolato in una morsa. E la guardava, l’uomo la
guardava come mai aveva fatto. Aveva gli occhi rossi puntati su di lei, dentro
di lei. Claire ebbe un fremito improvviso di voler scappare, ma non si mosse.
Voleva solo piangere, ma non riusciva a fare neanche quello. Le aveva tolto la
capacità di sentire sentimenti umani.
-Avevi davvero
pensato che fosse solo un sogno? Tutto quello che hai vissuto è la realtà. Una
verità che ti sta scomoda, ma è la cruda e fredda realtà che ti avvolgerà per
tutta la tua esistenza.
Claire non
riusciva a respirare, anche se la presa di Wesker si era allentata. Ma il suo
viso permaneva poggiata sulla sua spalla.
-Sei un
mostro!
Wesker sorrise,
senza scomporsi più di tanto. Mostrò soltanto la dentatura bianca e perfetta,
scuotendo leggermente il capo.
-No. No, mia
cara. Siamo dei mostri. I più forti che l’umanità abbia mai creato e adesso tu
ne fai parte.
La sua voce era
come una droga per la mente di Claire che si sentiva spossata e annebbiata.
Aveva combattuto
così tanto per aver perso su tutti i fronti. Aveva resistito fino alla fine per
poi dargliela vinta e trasformarla in quello che ormai era diventata.
Ma le ultime
parole che lui le disse la lasciarono di stucco e le fecero salire quella rabbia
che non avrebbe mai più usato contro di lui. Alla fine Claire si era
arresa.
-Hai vinto,
Wesker.
-Lo so,
Claire.