Un letto sfatto.
Leggere lenzuola bianche intrise di sangue.
Una donna giaceva a terra con una lama in mano, un pugnale affondato nel petto e un sottile rivolo vermiglio che le solcava lentamente le labbra.
Poco più in là v'era un giovane, ferito sia nel corpo che nell’anima.
Era stato ingannato e tradito, di nuovo.

« Tsk. »

Appoggiò le spalle al muro e sollevò il viso verso il soffitto, mentre i capelli gli scivolarono sulle guance pallide e quasi scarne, lerciandosi di quel colore rossastro. 
Sospirò osservando il soffitto che lo sovrastava. Era bianco, pulito, quasi lucente; a confronto le sue mani erano tinte di rosso, grondanti di sangue.
Sangue della donna che aveva appena privato della vita o sangue proprio?
Non aveva una risposta.

Quella donna era andata da lui spontaneamente, senza la paura, il timore palese di tutte le persone che lo avvicinavano. Avrebbe dovuto sospettare di lei solo per questo. Ma, purtroppo, non l’aveva fatto. Anzi: avevano iniziato a parlare, a prendere confidenza l’uno con l’altra. 
Lei, con abilità, sviava ogni domanda personale che lui le poneva.
Anche questo era sospetto. Ma Dimitri non se ne era accorto; o meglio, ostinatamente non voleva accorgersene.

« Quanto sono stato idiota. »

Si rese conto del proprio errore.
C’era un motivo se aveva deciso di non fidarsi più delle persone; era troppo semplice ferire per poi fuggire, fingendo che non fosse accaduto nulla.
Esalò nuovamente un sospiro per poi passarsi una mano sul volto.
Troppo sangue.
C’era troppo sangue in quella dannata stanza, era troppo; quell’odore metallico che percepiva con l’olfatto s’infilava con prepotenza nei suoi pensieri destando una sorta di attrazione e repulsione. 
Aveva voglia di uccidere ancora, di ammirare il colore vermiglio del sangue scorrere lentamente, ma l’idea di doversi nuovamente avvicinare a delle persone lo ripugnava.
Si portò una mano al petto, estraendo da sotto il cappotto un piccolo stiletto d’argento; lo fece girare un paio di volte tra le dita, osservandolo con attenzione.
Dalle pesanti tende della camera filtrava un poco di luce.
Allungò lo stiletto sotto quel piccolo raggio luminoso, prendendo pochi secondi affinché l’incisione scritta a chiare lettere gli penetrasse nella mente.

- Забойстваў Arlovskaya. ( Uccidi, Arlovskaya. ) –

Le sue labbra si deformarono in un sorriso folle al ricordo di quella lama.
Era un semplice cimelio di famiglia passato da generazione in generazione, da primogenita a primogenita.
Ma Dimitri non era un primogenito.
Aveva sottratto quello stiletto a Natalia, la sua gemella, nata giusto qualche minuto prima di lui.
L’unica persona in cui lui aveva riposto la piena fiducia; l’unica, tra le molte, che non l’aveva mai tradito.
Sovrappensiero, strinse la mano in un pugno: il filo affondò nella carne, provocando un taglio abbastanza profondo.
Sapeva cosa doveva fare.
Sarebbe andato da lei e l’avrebbe raggiunta a qualsiasi costo.
Sapeva che la sorella avrebbe cercato di ucciderlo, e la cosa lo divertiva parecchio.
Ripose lo stiletto tra le pieghe del cappotto, poi si rialzò ed abbandonò la stanza con un ghigno stampato in volto.
Aveva già dimenticato il nome della donna che l’aveva ingannato, e che per questo era morta con il cuore trafitto.
Aveva una sola persona in mente: Natalia.

« Che il gioco abbia inizio. »