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Autore: U N Owen    04/10/2012    0 recensioni
Dieci ragazzi si riuniscono a Dreadpeak Lodge, una lussuosa baita di montagna, ma non tutto andrà come previsto.
A cena, una voce rievocherà l'oscuro passato che li accomuna, per poi recitare un'inquietante filastrocca:
"Dieci piccoli indiani andarono a mangiar,
uno fece indigestione, solo nove ne restar
[...]
Solo, il povero indiano, in un bosco se ne andò,
ad un pino s’ impiccò e nessuno ne restò"

Ispirata a "Dieci Piccoli Indiani" di Agatha Christie, questa storia è scritta a quattro mani da U N Owen e Belfagor, il cui profilo è qui consultabile: http://www.efpfanfic.net/viewuser.php?uid=51754
Genere: Mistero, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 4
 
I superstiti decisero di tornare in salotto per mangiare qualcosa e calmarsi prima di affrontare nuovamente la questione. Mangiarono con lentezza, facendo un'espressione sospetta ad ogni boccone: il ricordo di ciò che era successo a Carl era fin troppo vivido nella loro memoria.
Dopo aver bevuto un sorso d'acqua per mandare giù l'ultimo boccone, James disse: «C'è una cosa che Onym non ha considerato».
«Quale?» domandò Eveline, che si sforzava di mantenere un tono di voce altezzoso sebbene fosse ancora scossa.
«Finché noi siamo bloccati in questo rifugio, lo è anche lui».
«È vero» riconobbe Robert «E siamo pur sempre otto contro uno».
«Già, però noi siamo disarmati, mentre lui non è certo privo di risorse» fece presente Isabel.
Robert insisté: «Ma James conosce bene questo rifugio e se stiamo uniti non c'è nulla da temere. Onym compie i suoi omicidi ispirandosi alla filastrocca, di sicuro non tenterà di ucciderci tutti nello stesso momento».
Si rivolse a James: «C'è una stanza in questa baita che potrebbe essere usata come un nascondiglio?»
A James non servì troppo tempo per riflettere. «Credo di no. La pianta è semplice e ogni stanza comunica bene con le altre. Sapete, in caso di emergenza».
«Questo gioca a nostro favore» disse Desmond «Ma ci vorrà un sacco di tempo per ispezionare tutte le stanze, e Onym potrebbe approfittarne per tendere una trappola in un punto della casa mentre noi lo stiamo cercando in un'altra parte.»
«Ci divideremo in coppie» disse Robert «Anche se siamo in due, siamo pur sempre in grado di difenderci.»
Gli altri rimasero a ponderare in silenzio sulla proposta. Alla fine, Isabel disse: «Se Onym è davvero intenzionato ad ucciderci, tanto vale rendergli il gioco difficile. Ci sto».
«Anch'io» disse Alexis. Eveline si limitò ad annuire, e così fece anche Kurt.
Dover prese un mazzo di carte da poker dal mobile e lo passò velocemente in rassegna, estraendo otto carte che dispose sul tavolo a faccia in giù.
«Una a testa» spiegò agli altri «Quelli con le carte dello stesso seme formano la coppia».
Isabel fu la prima a raccogliere una carta, seguita a ruota dagli altri. «Regina di quadri».
Quando anche gli altri ebbero mostrato la propria carta, Robert decise di assumere il controllo dell'operazione: «Allora, Alexis e Kurt ispezioneranno l'esterno, Dover e James penseranno alla soffitta, Isabel e Desmond le camere. Io ed Eveline penseremo al piano terra.»
 
«È orribile» commentò Desmond. Lui e Isabel avevano appena finito di controllare la camera di Carl. Il corpo era disteso sul letto e coperto con un lenzuolo.
«Forse dovremmo aprire le finestre per far scendere la temperatura» disse Isabel con noncuranza «Presto inizierà a decomporsi».
Desmond era sempre più disgustato. «Certo, perché non lo seppelliamo direttamente sotto la neve?» domandò con fare sarcastico.
«Non scherzare, potrebbe essere necessario. O preferisci portarlo nella cella frigorifera? Grazie al cielo non aveva ancora iniziato a digerire, non oso pensare a cosa sarebbe successo col rilassamento degli...»
«Va bene, smettila. Sto per vomitare».
«Era solo una considerazione medica».
«Chissà perché, tutte le considerazioni mediche che fai sono disgustose» commentò Desmond aprendo la finestra per prendere una boccata d'aria. Rimase ad osservare la distesa innevata davanti a lui mentre Isabel continuava ad ispezionare la stanza, poi domandò: «Chi pensi che sia?»
«Chi?»
«Onym, ovviamente».
«Non ne ho idea» rispose laconica la ragazza «Ma, chiunque sia, conosce fin troppe cose sul nostro conto».
«Non sembra che la cosa ti preoccupi».
«Beh, fra poco lo troveremo e gliela faremo pagare, no?»
Desmond si limitò ad annuire mentre richiudeva la finestra.
«Bene» disse Isabel «Mi sembra che abbiamo controllato tutto qui».
 
Alexis dubitava che Onym potesse nascondersi all'esterno della baita, meno che mai trascorrervi un'intera notte. Tuttavia, l'idea di fare due passi non le dispiaceva, inoltre in questo modo aveva la possibilità di controllare l'arrivo di eventuali soccorsi.
«Non penso che arriverà qualcuno» disse Kurt con voce piatta, vedendo l'amica che guardava per l'ennesima volta in direzione della funivia.
«Immagino che, nonostante la tempesta di ieri sera, nessuno si sia allarmato».
«Non è questo che intendevo».
Alexis sospirò. Kurt si comportava in modo strano da quando erano arrivati, ma in quel momento stava diventando davvero seccante. Sembrava un fantasma.
«In ogni caso» disse lei, sforzandosi di apparire sicura di sé e controllata «Vogliamo tutti andarcene il prima possibile».
«Perché siamo tutti degli idioti».
Alexis fu colta alla sprovvista da quel commento. «Che vuoi dire?»
«Voglio dire che c'è un solo modo per lasciare questo posto: morire».
Quell'ultima parola fece rabbrividire Alexis. «Non è vero».
«Sì, invece. Lo sai anche tu» la voce di Kurt era pacata e sicura «E sono sollevato che sia così».
«Che stupidaggini» ribatté Alexis «Noi ci salveremo e ce ne andremo. Come si può essere stanchi della vita?»
«Può capitare» rispose Kurt «Vivere nel rimorso è peggio che non vivere affatto.»
La ragazza rimase in silenzio. Lo sguardo di Kurt era perso nel bianco della neve, come se stesse aspettando l'arrivo di qualcosa che lei non poteva vedere. Alexis si sentì cogliere dallo sconforto. Sebbene si trovasse all'esterno della casa per la prima volta da quando erano arrivati, si sentì davvero in una prigione.
«Arriverà il momento per ciascuno di noi» disse infine il ragazzo.
Alexis ebbe un moto di rivolta. «Cosa stai dicendo?»
«Quando succederà, capirai che non è così terribile. In fondo, meritiamo di essere puniti. Ma meritiamo anche di trovare la pace, no?»
Alexis non sapeva più come rispondere. Morire? Come si poteva accettare una simile idea? Non aveva alcun senso buttare la propria vita per uno stupido errore del passato. Lei non lo avrebbe fatto. No, lei non sarebbe diventata una vittima.
 
La soffitta era piena di attrezzature per scalate, batterie, sacchi a pelo, libri ricoperti da un sottile strato di polvere, viveri inscatolati.
«C'è veramente tutto qui» commentò Dover «Manca solo l'assassino».
«Qualcuno potrebbe nascondersi qui per giorni, forse anche settimane» spiegò James «C'è anche un piccolo bagno».
«Questa baita assomiglia sempre più ad un bunker».
«E non hai ancora visto il meglio».
James armeggiò con la combinazione di una cassaforte alta e stretta. Quando aprì lo sportello, Dover vide tre fucili a canna liscia e una notevole quantità di munizioni.
«Niente male, eh?» commentò James, prendendo un fucile e una scatola di proiettili prima di richiudere lo sportello.
«E mi lasci a mani vuote?» protestò Dover «So come si maneggia un fucile».
«Non ce ne sarà bisogno. Non appena avremo trovato Onym, provvederò a tutto io. Mi sembra di aver già dimostrato quanto sono bravo a salvarvi il culo, no?»
«Non è affatto divertente».
«Ah, non essere così altezzoso. Siamo tutti sulla stessa barca, non ti conviene denigrare il mio aiuto. L'ultima volta non l'hai fatto».
Dover non rispose e continuò ad ispezionare il resto della soffitta. James non aveva mai trovato niente di particolarmente apprezzabile in lui, e sapeva che era un sentimento del tutto ricambiato. «Sai, non ho mai capito esattamente cosa ti abbia spinto a prendere parte allo scherzo. A malapena conoscevi Wes».
«Ho partecipato perché Wes non era un santo. I suoi scherzi erano pesanti, mi prendeva continuamente in giro...»
«Ah, è vero» James fece un ghigno divertito «Com'è che ti chiamava?»
«Lo sparuto irlandese».
«Esatto! Beh, capita quando non riesci a farti rispettare».
Dover gli rivolse l'ennesimo sguardo insofferente. «Grazie per la lezione, ne farò tesoro» commentò sarcastico «Ora vuoi aiutarmi a cercare Onym?»
«Sì, sì...» James indugiò prima di aprire la porta del bagno «Non mi è chiaro quello che ha detto la voce sul tuo conto».
«Che vuoi dire?»
«Ti accusa di non aver avvertito Wes pur avendone la possibilità. Non è che, all'epoca, hai raccontato dello scherzo a qualcuno, vero?»
Dover deglutì, tradendo una notevole ansia. «Non ne ho parlato a nessuno» rispose.
«Lo spero bene».
 
«Tutto questo è ridicolo» commentò Eveline, chiudendo con un brivido di freddo la cella frigorifera «Anche se Onym è chiaramente un pazzo, non credo affatto che possa nascondersi qui».
Robert la osservò divertito. «Tentar non nuoce».
«Certo, non sei tu quello che rischia la polmonite».
«Siamo tragici, eh?».
«Due dei nostri amici sono morti» replicò Eveline mentre si spostavano in cucina «Essere tragici fa ormai parte del nostro esprit».
«Ah, con me puoi anche abbandonare quell'accento» commentò Robert «Non ho mai abboccato».
Eveline gli rivolse una smorfia di disprezzo e cambiò argomento: «Parlando di cose più serie, non pensi che ci sia la possibilità che Onym agisca per procura?».
«In che senso?» domandò Robert, mentre riponeva nel cassetto i coltelli che avevano scelto come strumento di difesa.
«Sarà sicuramente un pazzo, ma mi sembra che sia anche intelligente. Probabilmente si è reso conto del rischio che avrebbe corso se fosse venuto qui di persona e ha deciso di agire in modo indiretto. Un po' come la caduta delle tessere di un domino: si è assicurato che ascoltassimo le accuse, dopodiché il resto è stata una caduta libera».
«Quindi, secondo te, Carl si è suicidato?»
«Esatto».
«Ed Erin, invece?» Robert fece un sorriso sardonico «Si è soffocata da sola?»
«Idiot» replicò Eveline «Stavo pensando che forse c'è qualcuno nel nostro gruppo che teme che il nostro piccolo segreto possa venire a galla e ha colto al volo quest'occasione per... diciamo per tagliare qualche ramo secco».
Improvvisamente, Robert apparve interessato a quello che stava dicendo Eveline. «Quindi pensi che sia un test per vedere chi riesce a tenere la bocca chiusa?».
«Mais oui».
«E scommetto che stai pensando a James».
«Dico solo che non gli mancherebbe la determinazione per farlo».
Robert preferì cambiare argomento: «In ogni caso, qui non c'è nessun Onym. Spero che gli altri abbiano scoperto qualcosa di utile».
 
Kurt aveva lasciato Alexis nella sua stanza e stava pensando di andare a dormire prima di tornare in sala da pranzo. Non avevano trovato nulla e aveva il presentimento che anche gli altri sei avrebbero detto la stessa cosa. Non c'era nessun altro in quella baita. Erano soli...
Un rumore ovattato attirò la sua attenzione. Proveniva dalle scale. Con cautela, Kurt si avvicinò per capire quale fosse l'origine.
«Ah, sei tu» disse, una volta raggiunta la sommità della rampa «Per un attimo ho creduto che fosse...»
 
Improvvisamente vi fu un grido. In preda alla confusione e all'istintiva paura, gli ospiti accorsero da ogni angolo della baita. Quando arrivarono in fondo alle scale, videro uno spettacolo orribile: Alexis, bianca come un fantasma, cercava di rianimare Kurt, che giaceva scomposto e con la fronte insanguinata.
James allontanò prontamente la ragazza dal corpo, mentre a Isabel non rimase che constatare l'ovvio: Kurt era morto per un evidente trauma cranico.
I sette ospiti si radunarono in sala da pranzo, dove ebbero un'ulteriore conferma dell'incubo che stavano vivendo.
«Gli indiani» disse debolmente Alexis, ancora sorretta da James «Sono solo sette...».
Tutti si sedettero attorno al tavolo. Fuori aveva ripreso a nevicare. Robert prese la parola: «Solo sette ne restar... Mi sembra chiaro in che situazione ci troviamo, a questo punto. Ormai non si può più parlare di suicidi o di incidenti. Kurt è stato ucciso, e così anche Carl ed Erin».
«Questa è chiaramente opera di Onym» riconobbe Desmond «Il problema è che lui non si trova in questa baita. L'abbiamo esaminata da cima a fondo».
«Io invece sono convinto che Onym sia effettivamente qui» replicò Robert «Prima non avevamo motivo di pensarci, ma ora è l'unica soluzione possibile. Siamo isolati dal resto del mondo, nessuno può raggiungere o lasciare questo posto. L'assassino conosce dettagli che nessuno aveva mai raccontato a persone esterne al nostro gruppo. Stando così le cose, c'è solo un modo in cui Onym può trovarsi qui».
Stava per parlare, ma James lo anticipò: «Ma certo. Il signor Onym è uno di noi».


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Messaggio degli autori
Bentornati, cari/e lettori/rici, per questo quarto capitolo finalmente giunto. Speriamo che la storia vi stia appassionando, ma speriamo anche di migliorare nell'iter, quindi non esitate a recensire! Detto questo, grazie a coloro che ci leggono, che ci seguono, che ci hanno recensito e recensiranno. E, per chi avesse notato e letto questo messaggio prima del capitolo, buona lettura!
Infine, aggiungo una "comunicazione di servizio": il presente capitolo è pubblicato a nome del sottoscritto, Owen, ma in realtà è stato scritto da Belfagor e corretto da me. Ciò per un semplice e banale motivo, ovvero che risulta impossibile abilitare il Roundrobin, la funzione finora utilizzata. Di conseguenza, i credits vanno a lui.
  
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