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Autore: Thebrightsideofthemoon    04/10/2012    1 recensioni
One shot Klaine su uno dei temi più temuti di sempre: il momento dell'addio, seppur momentaneo. Una visione ottimistica della storyline della coppia più amata di Glee in un momento in cui, paradossalmente, è più facile shippare la CrissColfer piuttosto che la Klaine (ansiapre4x04 ç____ç)
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Dunque, vediamo un po’ di ricontrollare un’ultima volta..”
“Oh no, Kurt, non di nuovo!”
Blaine se ne stava comodamente steso sul letto, le braccia riunite dietro la nuca, in estatica contemplazione del suo ragazzo, il quale si adoperava negli estenuanti preparativi della sua imminente partenza alla volta di New York. Osservandolo non poteva fare a meno di sorridere, poiché aveva carpito la sua impazienza di gettarsi a capofitto nella sua nuova vita da matricola nella Grande Mela, nonostante grandi fossero l’insicurezza e la paura di affrontare gli eventi che di lì in poi avrebbero costellato il suo cammino con le sole proprie forze. Ma soprattutto, senza di lui.
“Post it rosso, da buttare”
Kurt ripassava a voce alta la legenda che aveva artisticamente attribuito ai foglietti di carta colorati con i quali aveva tappezzato gli oggetti che si trovavano nella sua stanza di Lima. Rosso: da fiondare nel primo cassonetto disponibile. Verde: via libera, da portare con sé a New York. Giallo: da lasciare a Blaine o, comunque, nella sua stanza di Lima. Blu: da conservare sottovuoto in ambiente appositamente sterilizzato, nell’attesa di poter rivendere qualsiasi cosa fosse stata contrassegnata da quel post it alla sua prima vera asta da star di Broadway. Nella fattispecie, il maglioncino di Alexander McQueen di tre anni prima era decisamente destinato alla spazzatura.
“Obsoleto” – sospirò, mentre lo lasciava cadere in una delle buste ai piedi del letto. Blaine si lasciò sfuggire una risatina divertita, lanciandogli un’occhiata sarcastica. Kurt alzò lo sguardo, rivolgendolo verso di lui, e si incantò per un secondo buono, prima di scoppiare in una risata argentina. Sprofondò a peso morto sul copriletto color pervinca, accanto a Blaine, esausto. Tutto quel catalogare, riporre e poi imballare lo aveva stremato. Blaine si assicurò sui gomiti appena a pochi millimetri da quest’ultimo, facendo in modo che il proprio volto andasse a combaciare con quello del suo ragazzo e scoccandogli un sonoro bacio sulle labbra.
“Sei maniacale, davvero” - gli fece con aria provocatoria, soffiandogli sul volto.
“Andiamo, si tratta solo di lungimiranza!” – rispose Kurt, con finta aria offesa.
“Certo, lungimiranza..”
In tutta risposta alla sua insolenza , Kurt lo fece vacillare, privandolo del sostegno dei gomiti appuntati approssimativamente sul materasso e, in una efficace combinazione di divincolamenti e colpi di reni, si ritrovò issato ginocchioni su di lui, le dita saldamente avviluppate ai polsi di Blaine.
“Attento, Blaine Warbler Anderson:” – gli sussurrò maliziosamente all’orecchio – “sappi che non sono disposto a passare sopra ad alcuni atteggiamenti strafottenti. Prova a ripensare alla tua impertinenza e pentiti in fretta, o sarà troppo tardi”
Detto ciò, gli morse il lobo dell’orecchio con esagerata veemenza: Blaine iniziò a contorcersi, divertito, implorando il ragazzo di risparmiarlo e, alla sua voluta non curanza delle preghiere da lui offertegli affinché la smettesse, rispose con una generosa dose di solletico. Kurt riuscì giusto ad afferrare il proprio cuscino e a sferrare alcune cuscinate a vuoto, prima di rassegnarsi all’impotenza e alle risate. Si lasciarono cadere all’indietro ognuno sui rispettivi cuscini, Blaine a sinistra e Kurt a destra, il sorriso stampato sulle labbra. Dopo pochi minuti passati in quella posizione, il primo si mise a sedere e, con lo sguardo ancora fisso davanti a sé, perso in un punto indistinto della parete opposta, sospirò.
“Mi mancherai” – disse con un filo di voce, come se ammetterlo gli fosse costata una fatica sovrumana.
Kurt si tirò su a sedere, per poi posargli il capo in grembo: l’altro gli carezzò distrattamente la guancia, soffermando il proprio sguardo in quello lucido di lui.
“Credo di averti già ripetuto almeno un milione di volte, da una settimana a questa parte soprattutto, che non mi perderai mai. E che io non ti dirò mai addio. Non potrei, Blaine; andrei contro la mia stessa volontà se ti lasciassi andare via da me. Lo sai, sarai il mio unico pensiero, una volta arrivato a New York..”
“Non sono abbastanza forte, Kurt..”
“Oh, si che lo sei: forse persino abbastanza per entrambi! Non hai esitato neanche per un solo attimo a cambiare scuola per me, a lasciare certezze per un futuro ancora sospeso, all’epoca. Ce la faremo. Andrà tutto bene, ne sono sicuro. Certo, ci saranno sicuramente momenti in cui ci mancheremo a vicenda più dell’ossigeno nell’aria e anche attimi in cui le cose sembreranno sfuggirci di mano. Ma ci saremo. Noi saremo lì, ad affrontare le difficoltà che ci si porranno davanti nel nostro cammino. Mano nella mano. Non ti dirò mai addio, Blaine.”
I due ragazzi si abbracciarono, subito dopo essersi specchiati l’uno negli occhi dell’altro, entrambi scossi dai singhiozzi e attanagliati dalla tristezza dell’imminente distacco; non erano pronti ad abituarsi alla solitudine.
“Ti ho già detto che sei l’amore della mia vita, Kurt?”
“Uhm” – fece dubbioso il ragazzo, facendo finta di riflettere sulle parole del suo ragazzo – “credo di ricordare che tu mi abbia detto qualcosa del genere, una volta..”
Blaine proruppe in una fragorosa risata, e lo stesso fece Kurt. In fondo sapevano entrambi che niente e nessuno avrebbe potuto tenerli lontani.
*
“Il treno diretto verso New York è in partenza dal binario 15 fra dieci minuti. Ripeto: il treno  con destinazione New York è in partenza dal..”
Binario quindici. Ore 16.20. Avventori: Kurt Hummel, suo padre Burt e Blaine.
Burt Hummel continua a togliere e mettere il berretto con la visiera. Non trova pace.
Kurt Hummel continua a sedersi e ad alzarsi dalla panchina della pensilina. Non trova pace.
Blaine Anderson continua a tamburellare nervosamente le dita sulla ringhiera alla quale è appoggiato. Non trova pace.
Uno spettacolo degno della migliore sceneggiatura di un thriller. Chi perderà per primo la pazienza?

 
“Beh, figliuolo..” – si schiarì la gola Burt, togliendosi nuovamente dal capo il berretto – “credo sia arrivata l’ora di salutarci..”
Kurt alzò lo sguardo, titubante. Era arrivato il momento di salutare l’unica persona ad essergli stata sempre vicina nella vita dopo la morte di sua madre: suo padre.
“Papà..”
“Ascoltami” – lo zittì bruscamente – “o temo di non riuscire mai più a dirti quello che voglio tu sappia. Sei il mio orgoglio, Kurt. Non importa che non abbiano saputo riconoscere il tuo talento alla NYADA: problemi loro. Sono ancora una volta gli altri a rimetterci. Nessuno potrà mai fermarti,  figlio mio, ne sono più che convinto. E voglio che tu sia a conoscenza anche di un’altra cosa: sono grato che il destino abbia deciso di affidarmi la tua vita, almeno finché tu non fossi stato in grado di prendertene cura da solo e di spiccare il volo, come ora stai facendo. Sei migliore di me, Kurt Hummel. E io sono così fiero di essere tuo padre!”
A queste parole, Kurt gli gettò le braccia al collo, senza dare accenni di volersene staccare.
“Spacca tutto, figliolo” – mormorò Burt, tra le lacrime.
“Ti voglio bene, papà” – rispose il figlio, carezzandogli la schiena.
Burt si liberò dall’abbraccio pochi minuti dopo, quando la sua indole solitaria e brusca da orso marsicano riaffiorò in superficie: nonostante ciò non poté fare a meno di pensare che suo figlio fosse l’unico in grado di superare la corazza in cui, negli anni, aveva fatto in modo di ritirarsi in cerca di protezione dalle cattiverie e dall’ostilità del mondo esterno. Sorrise a quel pensiero e gli diede un’energica pacca sulla spalla.
“Io, credo..ecco, andrò a fumarmi una sigaretta lì in fondo, mentre.. ehm, Blaine?”
Si allontanò con finta nonchalance, mentre il fidanzato di suo figlio, sino a quel momento rimasto rispettosamente in disparte, si avvicinava a Kurt per sistemargli il bavero della giacca.
“Ecco, ora va decisamente meglio” – esclamò fra sé e sé, con vistoso imbarazzo. Il suo volto era paonazzo e non nascondeva la sua incertezza sul da farsi, come Blaine avrebbe invece voluto che accadesse. Odiava sentirsi inadeguato o dubbioso, e Kurt lo sapeva bene. In quel momento, soprattutto, avrebbe voluto dire di più, lasciargli un ultimo memorabile ricordo prima della partenza; di certo non aveva immaginato di limitarsi a sistemargli semplicemente il colletto della camicia o di non riuscire nemmeno a guardarlo negli occhi, per paura di scoppiare a piangere da un momento all’altro.
Kurt sfilò la mano tiepida dalla tasca della giacca leggera e la posò su quella esitante di Blaine, ancora alla ricerca di dettagli da rendere impeccabili e da risistemare. Al contatto con la mano del suo ragazzo, quest’ultimo alzò lo sguardo e sorrise debolmente; fu allora che Kurt la spostò lentamente, accompagnando il suo palmo aperto a sinistra, sul suo cuore e applicandovi una leggera pressione.
“Io ti porto con me, qui dentro”
Lo sguardo di Blaine si illuminò di una luce nuova: come era possibile che un ragazzo che conosceva appena da due soli anni – niente, in una vita – potesse comprenderlo meglio di quanto facesse lui con se stesso?
“Non importa se non sai cosa dire.” – riprese Kurt, comprensivo – “Ci siamo già detti tutto, il tuo sguardo lo ha fatto per te. Mi mancherai, Blaine Anderson. A dirla tutta, mi manchi già da adesso, mentre me ne sto qui davanti a te. E sto per piangere, se vuoi saperlo: pensare che chiunque in questo minuscolo buco di cittadina nell’Ohio possa, potenzialmente, starti accanto più di quanto potrò io durante quest’anno mi getta nello sconforto. Promettimi solo una cosa..”
“Qualunque cosa”
“Promettimi che non ti dimenticherai di me, anche se sono lontano. Promettimi che non faremo lo stupido errore di pensare alla nostra presenza l’uno per l’altro come scontata e sicura.”
Le lacrime salivano agli occhi di Kurt, annebbiandogli la vista. Blaine gli prese il viso fra le mani e glieli asciugò con i pollici; poi premette la sua fronte su quella dell’altro e scosse flebilmente la testa.
“Mai”
“Il treno, Kurt!”
Burt Hummel li aveva lasciati da soli per il tempo di ben tre sigarette. Ora stringeva la quarta fra indice e medio, indeciso se accenderla o meno.
“Ancora un secondo, papà”
I due ragazzi si abbracciarono: Blaine accostò delicatamente le sue labbra a quelle di Kurt e le dischiuse nel più dolce dei baci.
“Figliolo, non vorrei insistere..”
Blaine si staccò con fatica dal ragazzo; Kurt gli tenne la mano, mentre con l’altra recuperava il trolley e la cartella. Si avvicinarono alla carrozza e le loro dita si sciolsero dalla stretta che le legava, riluttanti. Kurt sparì, inghiottito dal vagone e riapparve non appena si fu seduto dal lato del finestrino. Le porte si chiusero e il treno iniziò, adagio, la sua corsa. Blaine, come tutti gli innamorati, gli corse dietro, agitando la mano in segno di saluto, finché il convoglio ferroviario non scomparve all’orizzonte.
  
   
 
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