Dico se vera la riprova, di fronte ad una giuria distorta, di una mia innocenza brava disposta alla vile ribalta. Porto del mio Io è la fuga, disposta al sonno in eterni boschi, disposta al digiuno di parole e ombre presenti ancora nella memoria tenace. Il fardello della vergogna incombe silenzioso sulla via già designata da sguardi incerti, e da fremiti e da gemiti. L’aria soffocante si spande all’incalzare del tamburo, colmo di fierezza e segreto amante delle lacrime. Umana è la sentenza, divina è la condanna. E scalpito, e corro, e urlo.