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Autore: Flames Lil    05/10/2012    1 recensioni
-Senti, non vorrei essere indiscreta ma. . .Cosa sono quelle cicatrici sulle tue braccia?-
-Eh? Ah. .le hai notate. . .Aspetta, le hai notate?!- chiese allibita la ragazza.
-Ehm. .sì, sono ben visibili. . -rispose Ariel, timorosa.
-Gli umani non possono vederle. . .se tu sei un'umana. . .come fai a vederle? Ma. . .non è che. . .-lasciò la frase sospesa in cerca di una risposta plausibile a quel ''fenomeno''.
-Cosa!?-chiese l'altra allarmata per poi strattonarla per un braccio nel vederla imbambolata nei suoi pensieri, tanto che l'auto rischiò di andare fuori strada.
-Ma sei scema!?! Sto guidando! Vuoi morire prima del tempo?-rispose la mora furiosa.
-Dimmi cosa dovrei essere, allora!-insistette, Ariel.
-Uhm. .secondo le teorie del Codice dovresti essere una Nephilim o un qualcosa di simile.- e furono le ultime parole.
Genere: Fantasy, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bill Kaulitz, Nuovo personaggio, Tom Kaulitz
Note: OOC | Avvertimenti: Incompiuta, Triangolo
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Le aveva promesso che da lei non si sarebbe mai allontanato, che l'avrebbe sempre protetta, qualunque cosa le fosse successa, eppure era sparito, in una sera d'inverno. Se ne andò in fretta, con la stessa velocità con cui era piombato nella sua vita.

Lo chiamò a lungo in quel bosco buio e freddo, dove si incontravano ogni giorno, al calar del sole, nel momento in cui i raggi muoiono dietro i monti. Lui si faceva trovare lì, sotto la quercia. Quegli occhi caldi, dello stesso colore dei gusci di nocciole, la scrutavano luminosi e le sue labbra, che per tanto tempo ella desiderò di baciare dopo la sua “partenza” improvvisa, si distendevano scoprendo i denti bianchi come perle. I dreadlocks biondo scuro ricadevano sulle sue spalle, raccolti in una grossa coda che spuntava dal cappellino.

Lei gli si buttava tra le braccia e lui la stringeva con affetto, come se fosse la cosa più preziosa al mondo. E lei si sentiva protetta e desiderata in ogni abbraccio che lui ricambiava. Respirava a pieni polmoni il suo profumo che non avrebbe mai saputo definire. Avevano soltanto quindici anni allora, ma lei continuò ad aspettarlo perché sapeva che sarebbe tornato un giorno, probabilmente molto lontano e poi glielo aveva scritto in un biglietto, prima di sparire. Quel bigliettino immacolato, macchiato solo dell'inchiostro nero di una penna e su quel biglietto c'era semplicemente un: ''Aspettami'' scritto con una calligrafia ordinata e curata. E così fece, per otto lunghi anni, che le sembrarono un'eternità. Nonostante sapesse che non lo avrebbe di certo rivisto, ogni giorno si recava nel bosco, sotto la loro quercia.

Una volta ogni tre mesi, però, trovava centinaia di piume nere e lucenti. Erano suddivise per grandezza, come quelle di un corvo e avevano lo stesso colore: un bel nero corvino con le sfumature verdi e blu. Non aveva idea di quale tipo di uccello potesse avere delle ali tanto grandi. Molte le raccolse e le custodì in una scatola. Era una piccola scatola rossa, di velluto, rettangolare, che lui le aveva regalato per il suo quindicesimo compleanno. Inizialmente lo scopo di quella scatola era contenere il ciondolo che il ragazzo aveva comprato per lei. Le disse che il simbolo che il ciondolo rappresentava era una runa protettiva. La sagoma del pendente somigliava ad una gabbia vuota, con quattro sbarre e una quinta che attraversava a metà le altre. Ariel non credeva in cose come rune magiche, rune protettive e quant'altro, ma accettò lo stesso il regalo. Dopotutto era stato così carino con lei.

Non si separava mai da quel ciondolo. Era tutto ciò che le rimaneva di lui e non aveva intenzione di sfilarselo finchè non fosse ritornato da lei, un giorno. Ma lei continuò ad aspettare e dopo i primi otto anni iniziò a pensare che probabilmente si era illusa di una promessa fatta da un ragazzino che senz'ombra di dubbio ora se ne stava beato e fidanzato mentre lei se ne stava lì ad aspettare, con un peso sul cuore e si sentiva patetica. Smise, poco a poco, di aspettarlo, smise di tornare ogni singolo giorno, come fosse in attesa di un miracolo, sotto la quercia e si lasciò un pezzo della sua vita alle spalle.

Ariel non era mai stata una festaiola o una di quelle ragazze che incontri il sabato sera, ubriache fuori dalle discoteche ma be', alla fine non è detto che non ci sia mai una prima volta.

Una sera di un altro freddo dicembre decise di recarsi all' ''Apocalypse'', uno dei tanti pub della città. Appena varcò la soglia della porta a battenti del locale, un'ondata di fumo la investì. L'aria era pesante e la cappa di fumo era dovuta a tutti i fumatori all'interno del locale. Nel tentativo di avvicinarsi al bancone, venne spintonata a destra e a sinistra da chiunque le passasse accanto, tanto che le spalle le dolevano per tutti gli urti ricevuti. Raggiunse il bancone: era di legno laccato, lucido tanto che ci si poteva specchiare. Accanto a lei era seduta una ragazza, probabilmente più giovane di lei. Sui diciott'anni.

I capelli corvini erano stati raccolti in un chignon alto sulla testa, fissato da due bacchette e il ciuffo ricadeva sull'occhio destro. Indossava un top blu notte che scopriva le braccia pallide. Ariel notò alcuni particolari su quelle braccia diafane: aguzzando appena la vista si potevano notare tante piccole cicatrici distribuite omogeneamente su tutte le braccia fino all'altezza delle spalle. Vide che le cicatrici avevano forme precise: alcune erano circolari, altre rettangolari e alcune erano semplici righe sovrapposte. . .sovrapposte come la runa che portava al collo. La ragazza la guardò e i suoi occhi caddero sul ciondolo e un'espressione di disappunto comparve sul suo viso. Ariel strinse il ciondolo nel palmo della sua mano e lo nascose all'interno della scollatura del suo vestito. La runa iniziò a scaldarsi, e Ariel potè sentire la pelle bruciare sotto la forma regolare del pendente. Si alzò dalla sedia girevole e cercò il bagno che si trovava dietro una porticina nera. Corse al lavandino e sfilò la collana: il ciondolo era sempre più caldo, ustionante. Provò a raffreddarlo con l'acqua ma essa evaporava poco dopo per via del calore.

Si sentì mancare. Si appoggiò al lavandino e sporgendosi la scollatura mostrò parte del petto e, allo specchio, notò che la runa, che prima si trovava in quel punto, aveva lasciato un'ustione. La runa di protezione si era stampata sulla sua pelle come un marchio a fuoco. Provò a toccare il ciondolo che poco a poco si stava raffreddando. Si guardò allo specchio, allibita: aveva una pessima cera. La frangetta bionda era incollata alla fronte per il sudore e il suo viso lentigginoso era pallido. Aprì il rubinetto del lavandino e si sciacquò il viso. Il contatto con l'acqua fredda le fece riprendere i sensi. Chiuse il rubinetto e si accorse che del pendente, che poco prima aveva lasciato lì sul lavandino, ne rimaneva solo un mucchietto di cenere.

La ragazza seduta al bancone entrò nel bagno. La osservò, puntando le mani sui fianchi. Gli occhi verdi rilucevano come due smeraldi:

-E tu cosa ci facevi con quel ciondolo al collo?- Ariel alzò lo sguardo e incontrò i suoi occhi.

-Ecco. . .quel ciondolo era un regalo. Ma, scusa eh! Perché dovrei darti delle spiegazioni riguardo a quel ciondolo?- si asciugò le labbra col dorso della mano.

-Quei ciondoli non si vedono in giro tanto spesso. O meglio, non indosso a comuni mortali.-

La ragazza la squadrò. Ariel si sorreggeva, appoggiata al lavandino, incredula di tutta quell'assurda situazione:

-Ok, senti. .Non so chi diamine tu sia e che cosa tu voglia da me. Sappi solo che non ci sto capendo assolutamente niente. Fino a cinque minuti fa avevo un ciondolo al collo, adesso è ridotto a un mucchietto di cenere senza una spiegazione plausibile. Visto che a quanto pare, ne sai così tanta su queste rune, esigo delle spiegazioni.- stava impazzendo. Chi era quella? Cosa voleva da lei? E perchè quel ciondolo?

-Non sono tenuta a fornirti alcuna spiegazione.-rispose la mora, intenta a controllarsi le unghie laccate di nero.-Anzi, forse una sì. .-disse, con nonchalance, puntando gli occhi verdi contro di lei.

-Su, avanti!- Ariel rischiava di impazzire. Doveva sapere e quella stronzetta la teneva sulle spine.

-Se quella runa si è attivata. . .sei in grave pericolo, ragazzina.- sottolineò l'ultima parola con acidità.

-In che senso?. .C-che intendi dire?- la collera di Ariel si placò e lasciò posto all'ansia.

-Intendo dire che là fuori ci sono demoni che faranno di tutto per ucciderti.-disse come se fosse una cosa da nulla e scrollò le spalle.

-AHAHAH!-Ariel scoppiò in una risata. Ma che cavolo sparava quella? -Tu sei fuori! Demoni che vogliono uccidermi. Seh, nelle favole.- ritornò seria, rispondendole con una punta di acidità nella voce.

-Ok, non credermi, stupida. Quando ritroverò le tue ossicina spolpate per la strada riderò- disse seria e poi fece per andarsene. Ariel la fermò. Trovava tutta la faccenda assurda ma dopo quello che le era successo dieci minuti prima con il ciondolo, non era poi così sicura che la ragazza stesse sparando cavolate a destra e a manca. Perciò l'afferrò per un braccio e la bloccò.

-Dimmi di più. .Per prima cosa, come ti chiami?- chiese, cercando di utilizzare il tono più gentile possibile. La ragazza sospirò e con uno scrollone allontanò la mano di Ariel dal suo braccio.

-Mi chiamo Selene. Non provare nemmeno a trovarmi un nomignolo, intesi?-

-Intesi. Io invece sono Ariel.-

-Oh, come la Sirenetta, eh?- rise appena, la mora.

-Sì. Ma chi se ne frega. Al momento sono impegnata a cercare di capire di più su 'sta storia delle rune e dei demoni!- l'irritazione la portò ad alzare la voce, così Selene le tappò la bocca con una mano.

-Ehi! Cos'è, vuoi spiattellare al mondo intero che esistono rune e demoni. No, carina. Andiamo via di qui. Andiamo che ne so. .a casa tua. Di certo sarà più sicuro.- poi scostò la mano dalla bocca di Ariel.

-Sì, va bene. Ma credo che nessuno crederebbe ad una singola parola, se per caso dovesse sentirci-

-Zitta e portami a casa tua.- La ragazza la trascinò fuori dal bagno e poi subito fuori dal locale, nel freddo invernale. -Allora, dove abiti?-

-Dovremo camminare un po' mi sa, la mia auto non è vicinissima e poi non abito in città. Ma tu non hai freddo?- Ariel guardò Selene, che se ne stava accanto a lei, con le braccia scoperte e le gambe avvolte in un paio di leggins di cotone, leggeri.

-Nah, dopo quella volta in Siberia direi che questo freddino qui sia anche piacevole.-scrollò le spalle, con un sorrisino sulle labbra.-Su, portami a casa tua.-

Ariel non fece domande. Probabilmente le avrebbe raccontato tutto a casa sua.

Passarono per due viottoli poco illuminati per poi sbucare in un ampio parcheggio dove Ariel aveva parcheggiato la sua Wolkswagen. Controllò nelle tasche dei suoi vestiti alla ricerca della chiave per aprire il veicolo ma non vi trovò nulla. Cercò anche dentro la borsetta ma senza trarne risultati.

-Selene, sono nella merda.- disse con tono pacato ma disperato.

-Oh, sì, lo so. E infatti ce ne stiamo appunto andando prima che arrivi qualche figlio del demonio e ti faccia fuori.-

-Allora siamo seppellite del tutto nella merda, sai?- stava per scoppiare a piangere. Era lontana da casa, al freddo, con una quasi sconosciuta, i demoni alle calcagna e ora aveva pure perso le chiavi per la sua salvezza.

-Che intendi dire?- la ragazza inclinò il viso senza capire.

-Ho perso le chiavi dell'auto.- mormorò Ariel.

-Sì, a questo punto siamo nella merda tutte e due.-disse l'altra arricciando le labbra.- Però aspetta. .c'è sempre la mia auto!- si illuminò.

-Allora andiamo, su!- la incitò Ariel. Selene iniziò a correre e Ariel la seguì a ruota. Corsero per una decina di minuti e arrivarono in un vicolo. L'auto di Selene era parcheggiata in fondo al vicolo. Non si riusciva a vedere quasi nulla. Era un Audi r8 nera. Selene fece scattare le aperture con un click e le due ragazze salirono a bordo.

-Bene, Sirenetta, dove abiti?- disse la mora posizionandosi sul sedile e allacciandosi la cintura.

-In campagna: Wallaby Road. Si trova al limitare del bosco.-

-Mh, ho capito.-

-Senti, non vorrei essere indiscreta ma. . .Cosa sono quelle cicatrici sulle tue braccia?-

-Eh? Ah. .le hai notate. . .Aspetta, le hai notate?!- chiese allibita la ragazza.

-Ehm. .sì, sono ben visibili. . -rispose Ariel, timorosa.

-Gli umani non possono vederle. . .se tu sei un'umana. . .come fai a vederle? Ma. . .non è che. . .-lasciò la frase sospesa in cerca di una risposta plausibile a quel ''fenomeno''.

-Cosa!?-chiese l'altra allarmata per poi strattonarla per un braccio nel vederla imbambolata nei suoi pensieri, tanto che l'auto rischiò di andare fuori strada.

-Ma sei scema!?! Sto guidando! Vuoi morire prima del tempo?-rispose la mora furiosa.

-Dimmi cosa dovrei essere, allora!-insistette, Ariel.

-Uhm. .secondo le teorie del Codice dovresti essere una Nephilim o un qualcosa di simile.- e furono le ultime parole.

 

 

 


 

  
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