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Autore: Leyton_Nenny    05/10/2012    0 recensioni
Gli avevano sempre insegnato che non stava bene, leggere il diario delle ragazze. Ma infondo non era colpa sua: dopo la storica, eterna e tormentata relazione con Blair, non poteva fare a meno di ignorare quello che era a tutti noto come rispetto della privacy. Non che lui fosse un ragazzo irrispettoso, ma quando di era trovato tra le mani il diario di Jenny Humphrey, non era riuscito a resistere. Vi era in quella copertina, che un tempo doveva essere bianca splendente e ora era invece ricoperta dalla polvere e da altri disegni, un qualcosa di irresistibile.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jenny Humphrey, Nate Archibald | Coppie: Jenny Humphrey/Nate Archibald
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Caro diario,
oggi ho deciso di cambiare. Sì, perché è da stupidi continuare a negare l'innegabile. Che poi finisco per negare l'evidenza anche a me stessa, come se non lo sapessi. Infondo sono sorella di un brillante scrittore, no? E le sue frasi fatte o tutti i film visti in sua compagnia parlano chiaro: è stupido cercare di nascondere come realmente vanno le cose, la verità viene sempre a galla. Come si dice? Ah, sì. Le bugie hanno le gambe corte.
Partendo da questi presupposti, c'è solo una cosa che devo dire.
Io amo Nate Archibald, è più forte di me. Lui, come una calamita mi attira. Anzi, ti dirò di più: potrei tranquillamente annegare nel suo sguardo, senza cercare alcuna via di fuga.
Esso è il mio abisso, la mia alfa e la mia omega, l'inizio e la fine.
Nate è tutto ciò che desidero. Ora e sempre.

Gli avevano sempre insegnato che non stava bene, leggere il diario delle ragazze. Ma infondo non era colpa sua: dopo la storica, eterna e tormentata relazione con Blair, non poteva fare a meno di ignorare quello che era a tutti noto come rispetto della privacy. Non che lui fosse un ragazzo irrispettoso, ma quando di era trovato tra le mani il diario di Jenny Humphrey, non era riuscito a resistere. Vi era in quella copertina, che un tempo doveva essere bianca splendente e ora era invece ricoperta dalla polvere e da altri disegni, un qualcosa di irresistibile.
Doveva anche ammettere che, dopo aver casualmente – okay, non era proprio stato casuale – sbirciato il cellulare di Dan sul display del quale capeggiava a chiare lettere il nome di Jenny, non era riuscito a non aprire il messaggio, nel quale aveva chiesto al fratello di spedirle una copia del libro una volta concluso aggiungendo “spero di non trovarci frasi copiate dal mio diario o ti citerò per plagio”
Ovviamente, Nate non aveva mai preso in considerazione l'idea che Jenny potesse tenere un diario, né tanto meno che lo desse a Dan così che il fratello potesse prendere spunto per il proprio secondo libro.
Aveva ripensato a quel messaggio varie volte durante l'arco della giornata e alla fine si era detto che, bene o male, il destino esiste per una ragione e che, per una qualche ragione, quel messaggio era arrivato proprio perché lui potesse leggerlo.
Ammetteva anche che questa fosse solo una serie di elucubrazioni volte soltanto a giustificare l'indegna azione che si apprestava a svolgere.
Ma il destino aveva una forza maggiore, almeno nella sua mente.
La verità era che non riusciva a resistere alla curiosità – e come poteva farlo in quella società dove ogni cosa era chiaramente manifesta a tutti grazie all'anonima blogger? In fondo, se fosse stato capace di resistere al sapere tutto di tutti, non si sarebbe nemmeno registrato a quel sito. La verità era che, bene o male, a lui interessava sapere sia cosa gli altri pensavano di lui, sia poter curiosare tra le loro faccende torride. Come si dice, una specie di occhio per occhio. O qualcosa del genere.
Comunque, la vera ragione per cui alla fine aveva preso tra le mani quel diario, era perché l'opinione a cui teneva di più era proprio quella di Jenny Humphrey, di quella ragazza prima timida e spaurita divenuta poi forte e intraprendente. Perché, e questo era innegabile, da quando lei se n'era andata chissà dove ad Hudson, lui aveva iniziato a comporre centinaia di sms, sempre poi salvati tra le bozze e destinati a non essere mai inviati.
Ce n'era uno in cui le riversava tutto l'odio e il disappunto per essere andata a letto con Chuck, un altro in cui la pregava di tornare. Il più recente era il più breve di tutti ed esprimeva ogni cosa “non posso vivere senza di te”. Spesso, nella notte, si era ritrovato a leggere quelle due righe e aveva ripensato a tutte le volte in cui era corso in suo aiuto: “tu mi salvi sempre” gli aveva detto lei una volta sotto l'effetto della droga.
A quel ricordo, aveva fatto volare il telefono contro la parete. Per un qualche miracolo l'apparecchio si era salvato, lasciandolo con ottantatré bozze da rileggere e milioni di sentimenti a macerare. Forse un giorno sarebbero andati in putrefazione e lui avrebbe smesso di provare quel dolore che a volte non lo faceva respirare. E allora cosa sarebbe successo? Quella era una domanda a cui non riusciva a trovare risposta. Certo era che, senza Jenny Humphrey, non riusciva nemmeno a definirsi vivo.
Sbuffo maledendosi per quei pensieri che gli offuscavano la mente e si convinse a concentrarsi su quel diario per continuare a leggere.

Caro Diario,
Mi domando come possa essere bastato un solo bacio – che, per la cronaca, mi è stato dato credendo che fossi Serena – per farmi stare così. Non dormo, non mangio, scrivo su queste pagine. Dio, sembro una ragazzina isterica alle prese con la prima cotta. Okay, l'ultima parte è vera: sono alle prese con la mia prima cotta. Ma cavolo, non posso essere così isterica. Figuriamoci poi che, quando mi sveglio, la sua immagine si proietta sul soffitto – qualcuno mi vuole male, devo trovare questo proiettore o estrarmelo dal cervello, non lo so. Ecco, l'ho detto. Sono isterica. Dio, Nate finirà per portarmi al manicomio. Cioè, non in senso letterale. Non mi aspetto mica che venga sulla sua limousine splendente a prendermi per portarmi in un ospedale psichiatrico – questo sarebbe decisamente imbarazzante.
Intendo dire che il pensiero di Nate mi farà impazzire. Dio, non riesco a pensare ad altro, sono ossessionata.

Nate non poté fare a meno di sorridere difronte alla calligrafia ora così disordinata. Probabilmente aveva scritto questa pagina sotto le coperte, cercando di nascondere il bagliore della lampada ai propri familiari già tra le braccia di Morfeo.
Rilesse più volte la prima riga, arrossendo leggermente.
Cosa avrebbe pensato se avesse scoperto che adesso, mentre baciava Serena, non riusciva a non pensare a lei? Perché Serena forse era stata la sua prima cotta colossale – il fascino del proibito, non era proprio una cotta – ma Jenny era indubbiamente il suo primo amore.
Si passò una mano tra i capelli, probabilmente se ne sarebbero andati insieme, al manicomio.
Perché lui non avrebbe mai potuto ammettere che spesso lei era la ragione per cui passava notti insonni, forse una delle poche per cui si alzava al mattino. Ed era per lei che il suo cuore tamburellava nel petto ogni volta che Gossip Girl pubblicava un nuovo scoop: non riusciva a capacitarsi del fatto che se ne fosse andata per sempre.
E si sentiva un coglione per aver abbassato lo sguardo davanti a lei mentre Blair la bandiva. Se poi aggiungeva il fatto che, come l'idiota che era – ormai questo era appurato- , non andava a Hudson a riprendersela, il tutto assumeva una tonalità decisamente deprimente. Perché Blair non si sarebbe mai opposta una volta venuta a conoscenza dei sentimenti che l'ormai conosciuto come Golden Boy provava per la ragazzina di Brooklyn.
La cosa che spesso lo faceva infuriare poi era il fatto che Dan, dopo tutta la storia avvenuta con Blair, non avesse mai fatto pressioni per far tornare la sorella. Che cavolo gli prendeva, a quello? Cavolo, Jenny era pur sempre una di famiglia, nonostante tutti gli sbagli che aveva commesso. Poteva anche fare una leggera pressione per farla tornare in quella città che un tempo chiamava casa. Dio, era decisamente un fratello irresponsabile.
Nate poteva capire che in fondo lo facesse per il bene della ragazza, ma non riusciva a capire come il suo bene potesse essere quello di stare lontano dalla persona che amava – perché ormai da quelle righe era chiaro che la ragazza lo amava. E anche tanto. E lui, come un coglione, non si era accorto di quanto quel sentimento potesse essere forte. E l'aveva lasciata andare.
Per cosa poi?
Spesso questa domanda lo teneva sveglio, probabilmente era la causa alla base della sua insonnia: perché aveva fatto in modo che Jenny si allontanasse da lui?
Okay, aveva messo in ridicolo Vanessa.
Okay, non era un gesto che lui si sarebbe mai aspettato da lei.
Ma lui non avrebbe forse agito allo stesso modo? Sì, perché se avesse scoperto che la donna che amava, mentre lui era lontano, si era rifugiata tra le braccia di un altro, probabilmente sarebbe esploso per la gelosia. Come quando aveva scoperto di Chuck e Blair tanto, forse troppo, tempo prima.
Ma, come il coglione che era, non poteva tollerare che ciò che faceva agli altri venisse fatto a lui. Si maledisse per non esser rimasto al proprio posto durante quel ballo, di aver seguito Vanessa. Era stata lei a tramare per prima in fondo. Ma non era quello a fargli male.
Gli faceva male che, per un gesto avventato, lui avesse perso la persona che poteva realmente amare.
E non l'aveva fermata quando, al suo compleanno, lei l'aveva baciato. Non l'aveva stretta a sé, lasciandola libera di andarsene, ma infondo poteva anche essere lei, a restare. Okay, questa era una scusante: lui forse si sarebbe trattenuto in una situazione del genere? O più probabilmente, dato che era un eterno pessimista, se ne sarebbe andato credendo di non essere ben voluto? A malincuore dovette ammettere che la seconda opzione era quella più logica.
Tristemente, si costrinse a voltare pagina, raggiungendo le righe che più di tutte gli facevano male, riaprendo nuove ferite mai cicatrizzate. Sì, perché era almeno la centesima volta che rileggeva quel diario. L'aveva anche portato via da casa di Dan senza che l'amico si accorgesse di nulla.
E ora lo teneva ben riposto sotto il cuscino, concedendosi piccole frasi a seconda dell'umore.
Proprio come quel giorno: stava cercando Jenny tra quelle pagine – alcune righe erano sbiadite per le lacrime di lei miste a quelle di lui – ma non era riuscito a trattenersi. E aveva ricominciato da capo quell'apnea nell'anima tormentata e innamorata di Jenny.
“Sono un codardo” si ritrovò ad appellarsi mentre indugiava sul voltare pagina.
Sospirò, e riprese a leggere quella che era l'ultima pagina del quaderno.

Caro Diario,
perché non mi hanno mai detto che amare fa così male? E' così dannatamente doloroso. Ed è ancora peggio che regalare la propria prima volta a Chuck solo per non sentirsi sola. Perché per tutto il tempo, io non potevo fare a meno di pensare a Nate. E lui sicuramente pensava a Blair.
Il fatto è che lui alla fine l'ha avuta, Blair.
Nate non è venuto a salvarmi. Ha accettato il mio esilio a testa bassa, senza alzare lo sguardo. Non mi ha sfiorata.
L'ho deluso. Ma come fa a non capire che io mi sono sentita allo stesso modo vedendolo con Vanessa? No, non lo capisce. La differenza è una sola: io l'amavo davvero, il suo gesto mi ha distrutta completamente. Lui non mi amava, non l'ha mai fatto. Quindi, adesso, prova solo disprezzo, un disprezzo ancora più ceco di quello che provava prima.
Sì, perché ora Serena lo ha ammaliato. E io non posso competere. Non che prima potessi farlo. Ma adesso è davvero finita. Sono al capolinea, ormai. Non mi resta che afferrare le mie cose ed andarmene lontano da qui, senza una parola. Ho perso tutto, questo è il mio game over.
E mi attende Hudson, e là mia madre. Due donne col cuore spezzato, magari forse là mi sentirò a casa. Forse... certo è che, per queste strade, lascerò il mio cuore. Ma va bene così, forse un giorno sarò così forte da poter andare da lui e mentirgli a viso aperto “Io non ti ho mai amato” quella sarà la più grande bugia. Ma forse riuscirò ad essere convincente. Almeno lo spero.
Diventerò più forte, e lo affronterò. Solo quando sarò così forte da riuscirci, allora tornerò.

Così forte da riuscirci... ma lei era già molto più forte di lui, il fatto che a lui fosse stato sempre insegnato a mentire lo rendeva abile in quell'arte, ma certamente era più debole di lei. Sì, perché da quando lei era partita lui non poteva fare a meno di sottrarsi a quel supplizio, cercandola in ogni anfratto di quella gigantesca città.
Una volta si era addirittura trovato a fermare una passante – aveva una chioma bionda come la sua e indossava lo stesso profumo.
“Jenny” aveva sussurrato col cuore in gola. La donna si era voltata.
“Ha sbagliato persona” aveva sussurrato. E poi si era presentata: lui non ricordava più il suo nome. Ricordava solo che l'aveva invitata a bere qualcosa. E si era risvegliato la mattina dopo nel suo letto con quella donna al suo fianco.
“Non mi chiamo Jenny” aveva sussurrato non appena lui aveva aperto gli occhi.
E aveva subito capito cosa era successo: andare a letto con una donna solo perché aveva il suo profumo e il suo colore di capelli. E chiamarla Jenny solo per potersi illudere di averla al suo fianco.
Aveva capito di aver raggiunto il fondo. E si crogiolava in quella disperazione, in attesa che lei arrivasse e le gettasse una cima per poter risalire. Ma fino ad allora, si sarebbe crogiolato in quella situazione in cui si era lasciato precipitare, inerme.
Aveva raggiunto un livello noto solo a Chuck Bass. Ma a quello vecchio perché quello che era rinato dalle sue ceneri era forte. E, sopratutto, sapeva per cosa lottare, sapeva di amare e dava tutto ciò che poteva per potersi guadagnare un posto nel mondo, un posto che valeva la pena di essere vissuto. E quel posto era accanto alla persona amata.
Ed era il posto che, fino a qualche anno prima, spettava a lui. Ma non lo rimpiangeva, l'unico posto che voleva adesso era quello per cui non aveva il coraggio di lottare.
Come se il suo pensiero si fosse materializzato, udì un leggero bussare sulla porta della propria camera. Si affrettò a nascondere il diario sotto il proprio cuscino prima di biascicare un “avanti” che echeggiò debolmente nell'aria.
Chuck comparve sulla porta e lo osservò alzando un sopracciglio “Cosa ci fai vestito così? Dobbiamo andare all'inaugurazione del blog di Serena, SbyS nel caso te lo fossi dimenticato. Ricordi lo Spectator, il tuo giornale? ” lo riprese stancamente e ironicamente: dal suo sguardo era chiaramente intuibile quanto potesse essere in pensiero per lo stato del proprio amico che ormai trascorreva le giornate o chiuso nel proprio ufficio o chiuso in camera. Sospirò non vedendo alcuna reazione da parte di Nate e chiuse la porta congedandosi con un “tra venti minuti passa la limousine”
Nate si alzò stancamente del letto sentendo le gambe pesanti, non sapeva quanto tempo era rimasto sdraiato sul letto a leggere le pagine scritte da Jenny e i suoi pensieri opprimenti.
Aprì l'armadio afferrando un paio di pantaloni in tessuto nero, una camicia – si accorse di indugiare appena su quella celeste che le aveva dato quando, un anno prima, lei era rimasta a dormire da lui – ma alla fine ne afferrò una bianca con una giacca e una cravatta.
Sospirò e si vestì, continuando a pensare a quella ragazza debole e fragile che tanto tempo prima era uscita da quella stanza dopo aver concesso la cosa più importante che avesse a Chuck. Respinse un moto di odio nei confronti del proprio migliore amico – probabilmente se non fosse stato tale gli avrebbe già assestato un bel pugno sul viso. Oppure sui gioielli di famiglia che non riusciva mai a tenere dentro i pantaloni – e ignorò il prurito che sentiva sulle proprie nocche bramose del sangue che non avrebbe osato versare.
“Andiamo” sussurrò con la bocca impastata. Si concesse un bicchiere d'acqua nonostante l'amico gli stesse offrendo dello Scotch.
“Va tutto bene?” sussurrò Chuck leggermente titubante in quella domanda taciuta per un anno. Nate sospirò e annuì.
La sua abilità nel mentire sembrò non essere svanita, oppure Chuck finse soltanto di credergli. L'importante fu che non aggiunse altro.

Serena sorrideva radiosa, al suo fianco aveva Dan. Sembravano felici insieme.
La bionda si perse in un discorso lunghissimo che però Nate non parve ascoltare: la sua attenzione fu soltanto catturata da una frase “Bisognerebbe lottare per ciò che si ama. In fondo, la vita ha forse un qualche senso se si continua a nascondere perfino a noi stessi ciò che si prova? Nascondersi serve forse a qualcosa? E poi, continuando a credere e sperare in un destino solo per non impegnarsi è qualcosa di talmente stupido. Sono solo i rischi che rendono le emozioni veramente vere e intense” e aveva collegato il tutto alla sua relazione con Dan e alla sua imminente avventura come blogger. Ma quelle frasi avevano raggiunto il cuore di Nate.
“C'è un treno tra un'ora” Chuck aveva interrotto il suo malsano vagheggiare.
“Scusa?”
“Vai da lei, il treno per Hudson parte tra un'ora” aveva esplicato lui. Lo sguardo di Nate era sempre incerto. Chuck aveva sbuffato trattenendo una risata per quella sua espressione.
“Credi davvero che non me ne sia accorto? Credi che non sappia che controlli ogni volta Gossip Girl solo in attesa della notizia del suo ritorno? Credi ignori che dentro il tuo portafoglio, proprio sotto la carta d'identità, tieni una sua foto? Vai da lei, vai da Jenny Humphrey”
“Chuck tu hai la febbre...” cercò di negare.
“Io so cosa senti: io ho provato lo stesso per Blair. E tu sei il mio migliore amico”
“Tu sei un coglione” lo riprese lui sperando che fosse sufficiente per stroncare quella discussione.
“No, io sono Chuck Bass. E se non vai da lei, probabilmente te ne pentirai per il resto della vita.
Ci fu qualcosa nel modo in cui Chuck disse quella frase che gli riportò alla mente le ultime frasi del diario di Jenny.
Io non ti amo più.
Se leggerle gli aveva provocato dolore, cosa sarebbe successo se si fosse ritrovato a sentire? Era davvero pronto a quel futuro in cui lei non esisteva se non nella materia inconsistente e male organizzata dei suoi sogni? Nate era certo che sarebbe morto solo al suono della prima parola.
Sospirò e si alzò, sistemandosi il nodo della cravatta cercando di non dare nell'occhio e scrutando leggermente in sorrisino soddisfatto di Chuck.
“Prendi pure la limousine” lo congedò l'amico rendendo ogni suo tentativo di risultare invisibile vano.

“Mi porti all'Empire” sussurrò all'autista che lo condusse sotto l'enorme albergo. Nate sospirò prima di scendere e recarsi nella sua suite per afferrare il diario e una penna e tornare al piano di sotto.
“Alla stazione” chiese abbandonandosi stancamente sui sedili posteriori continuando a chiedersi quale fosse la cosa più giusta tra fare e combattendo l'impulso di fare marcia indietro solo grazie al ricordo delle parole incise su quel piccolo taccuino capaci di provocargli un dolore tanto grande.

Non credeva di poter amare tanto una stazione: mentre attendeva il treno non riusciva a fare a meno di fissare nella mente tutti i particolari che essa aveva, a cominciare dalla piccola crepa sul pavimento ai suoi piedi a cui nessuno avrebbe mai fatto caso, al fatto che un bambino in quel momento stava appiccicando una gomma da masticare sotto un tavolino accanto a lui. Sospirò e si alzò non appena gli altoparlanti annunciarono che il suo treno era in arrivo. Strinse forte il piccolo diario bianco e si diresse verso la banchina per attendere il mezzo e poi prendere posto.
Si sedette stiracchiandosi e cercando di ignorare il battito incessante e assordante del proprio cuore. Sospirò ancora una volta e afferrò la penna.

Caro diario non mio,
finalmente tornerai dalla tua proprietaria.
Forse anche a te è mancata, ma non quanto me. Non sai quanto mi sia sentito a pezzi ultimamente. Lei però lo sa, forse nella sua casa a Hudson ha provato lo stesso. Ci siamo fatti male a vicenda, sai? Forse siamo due masochisti, non so. Certo è che se non sentissimo tutto questo probabilmente ora non sarei qui.
Grazie, piccolo diario a cui lei a confidato tutto, ignorando che qualcuno potesse leggerti: se non fosse stato per quelle parole scribacchiate distrattamente o con cognizione di causa, io non sarei qui adesso, a vergare i mio pugno sentimenti mai espressi prima a causa della paura di perdere.
Sì, perché se non di gioca non si perde. Ma non si vince nemmeno.
E ora sono qui, a scrivere parole senza importanza, a cercarne alcune talmente possenti da poter esprimere tutto ciò che provo. Parole nuove o antiche, parole dal suono conosciuto o dimenticato.
Non so bene quale parola possa essere la più adatta. Per adesso me ne viene una sola: amore.
Perché è innegabile – non posso certo continuare a nasconderlo a me stesso come un coglione qualsiasi – io amo Jenny Humphrey, è più forte di me, non riesco a farne a meno.

Rilesse le proprie parole molte volte e prego di essere in tempo, pregò un dio della cui esistenza non era certo che lei lo stesse aspettando, che le cose non fossero cambiate. E nelle mente vorticarono le ultime righe di lei “Ma va bene così, forse un giorno sarò così forte da poter andare da lui e mentirgli a viso aperto “Io non ti ho mai amato” quella sarà la più grande bugia. Ma forse riuscirò ad essere convincente. Almeno lo spero. Diventerò più forte, e lo affronterò. Solo quando sarò così forte da riuscirci, allora tornerò.” sospirò pensando che, se lei non era tornata, forse aveva ancora una speranza. Ma quella mera illusione non riuscì a calmare l'ansia che gli attanagliava la gola. Incapace di riuscire a pensare qualcosa che mantenesse un barlume di filo logico e non fosse solo frutto delle sue deprimenti e malinconiche elucubrazioni, aggiunse alla sua confessione soltanto una riga.

Ps: dovresti stare più attenta. Qualcuno potrebbe accidentalmente prendere il tuo diario e leggerne il contenuto.

Sospirò e lesse ancora una volta ciò che aveva scritto: una voce catturò la sua attenzione distogliendolo dalla lettura, annunciava che mancava solo una fermata prima di Hudson. Una fermata a Jenny, una fermata a quello che avrebbe deciso se il futuro che tra poche ore si sarebbe disputato l'avrebbe portato a una gioia sempiterna o ad un eterno dolore. Un inferno o un paradiso che si sarebbe giocato prima del tempo.
Si alzò dirigendosi verso la porta del vagone tenendo in mano il piccolo diario e cercando di riordinare i pensieri: non sapeva bene cosa avrebbe fatto una volta davanti alla di lei porta.
Probabilmente, come un qualsiasi mendico, avrebbe bussato alla porta sperando che lei fosse così caritatevole – forse anche così masochista – da dargli una seconda possibilità. Perché, questo era chiaro persino a Nate, lui le aveva spezzato il cuore. Ma anche lei lo aveva fatto, non che ciò giustificasse il male compiuto, ma almeno era un'attenuante.

Raggiunse la porta di casa di lei dopo aver vagato per mezz'ora e aver capito che probabilmente lei non aveva cambiato numero e gli sarebbe bastato attivare il GPS che Gossip Girl teneva nel suo sito.
Ovviamente, non aveva tenuto in conto che il mirino di Gossip Girl non poteva arrivare fino a Hudson e si costrinse a ripiegare su un banale elenco telefonico, scoprendo così che la madre di Jenny aveva tenuto il cognome da sposata. Un sorriso si dipinse sul suo volto e si apprestò a raggiungere quella casa.
Una volta arrivato sotto il portone si decise a trovare un po' di coraggio che in quel momento sembrava essere amabilmente scomparso e, trattenendo il fiato, si costrinse a suonare cercando di darsi la parvenza di un contegno ben consapevole che, probabilmente, aveva l'esperienza di un pazzo stalker. Sospirò constatando che in fondo quelle parole non erano poi così lontane dal vero: non aveva forse letto Gossip Girl nella speranza di sapere qualcosa su di lei? Non aveva forse letto il suo diario come solo un maniaco avrebbe potuto fare? Solo un maniaco della peggior specie poi. E, infine, non era forse andato in quel paesino sperduto solo per poterla incontrare? Era certamente e incondizionatamente pazzo di Jenny Humphrey. E, per la prima volta, si scoprì a pensare che gli altri potevano pensare quello che volevano, ma per lui l'unica cosa importante era la ragazza che stava oltre quella porta e che non si stava decidendo ad aprire, probabilmente intenta ad assumere una parvenza di contegno che aveva perso non appena l'aveva scorto. Sorrise a quel pensiero e si decise a parlare a quella porta che, molto probabilmente, sarebbe rimasta chiusa per troppo tempo. E lui era così stanco di aspettare.
“Jenny Humphrey – si schiarì la voce – ti vuoi decidere ad aprire questa porta? Sono venuto qui per te”
Gli rispose solo un leggere eco delle proprie parole e un silenzio spettrale.
“Jenny Humphrey, sappi che non ho alcuna intenzione di andarmene” detto ciò si sedette sul marciapiede continuando a fissare la casa, come a confermare le proprie parole. Alzò anche il diario mettendolo ben in vista, sperando che lei lo ritenesse una specie di ostaggio.
Dopo quelli che gli parvero un infinità di minuti – era passo in realtà solo un quarto d'ora si decise a parlare di nuovo.
“Credevo fossi diventata più matura, Jenny Humphrey. Nascondersi dietro una porta...”
Ma il suo discorso che doveva apparire tanto minaccioso quanto offensivo, fu interrotto da una risata che proveniva oltre le sue spalle.
“Nate Archibald che urla contro una porta chiusa. Questo sì che è divertente” e riprese a ridere.
Il ragazzo non ebbe nemmeno il bisogno di girarsi per sapere a chi apparteneva quella voce, l'aveva ben registrata nelle proprie memorie. Subito si trovò boccheggiante.
“Jenny...”
La bionda lo superò soffocando le risa e si apprestò ad aprire la porta.
“Così pare. Ma dimmi, che ci fai da queste parti?”
Lui sospirò: la credeva intelligente; come se non fosse stato abbastanza chiaro che era venuto in quel posto solo per lei.
“Ho una cosa da darti – scelse di sfruttare il proprio vantaggio mostrandole il diario – credo che questo ti appartenga”
Le chiavi caddero dalle sue piccole dita. La ragazza si maledisse tra i denti combattuta: non sapeva se afferrare prima il proprio diario – dio doveva essere proprio idiota quel ragazzo a riportarle quell'oggetto. Senza contare che esso non sarebbe mai dovuto arrivare nelle sue mani – o le chiavi.
Dopo vari secondi si chinò afferrando quest'ultime e aprì la porta: infondo era meglio non dare troppo vantaggio a Nate. E afferrare il diario per prima cosa era una di queste.
“Accomodati” disse afferrando il taccuino e sfiorando leggermente la sua mano: si sentiva tesa come una corda di violino e quel semplice contatto ebbe il potere di farla sobbalzare. Nate annuì seguendola fino in cucina.
“Ti va un caffè?” ruppe lei il silenzio dopo poco, il ragazzo annuì continuando a osservarla, combattuto tra la voglia di abbracciarla e quella di tirarsi un pizzico per appurare che non fosse solo un sogno: ma il suo profumo era così inebriante che non poté fare a meno di convincersi della veridicità della situazione. Onestamente, non che fosse arrivato là solo per osservarla ammaliato come un comune ebete quale effettivamente era, ma non riusciva a trovare da che parte iniziare.
“Non sapevo tenessi un diario” si lasciò sfuggire.
Un brivido percorse le spalle della ragazza.
“Già. Quando non sapevo con chi parlare era utile” esalò cercando di darsi un contegno che, ormai era evidente, non possedeva, come nemmeno lui, del resto.
Seguì un altro silenzio eterno.
“L'hai letto?” chiese lei mentre poggiava davanti al ragazzo la tazza.
Lui, involontariamente, annuì.
“Capisco. Beh è tutto passato, adesso” si trovò a rispondere lei, tremante.
Lui la inchiodò con uno sguardo: i loro occhi si specchiarono gli uni negli altri. Come sempre, fu Jenny ad abbassarli per prima.
“Ho scritto una cosa” confessò lui non appena lei compì quel gesto “dovresti leggerla”
Sospirò e si alzò, andando a recuperare il diario e porgendoglielo per poi depositarle un bacio sulla fronte.
“Ci vediamo, Jenny”
Lei non rispose, aprendo debolmente le pagine e raggiungendo quella da lui scritta: lesse avidamente e attentamente ogni sua parola.
“Resta, ancora un po'” di trovò ad urlargli dietro.
E Nate si voltò, avvicinandosi a lei “Anche tutta la vita, se vuoi” disse stringendola nuovamente tra le sue braccia.

Caro diario,
erano passati anni. Credevo di essere più forte, di aver cancellato il passato e aver ricominciato. O quanto meno aver la forza per farlo
Solo ora mi accorgo di quanto potesse essere effimera e insignificante, non solo questa mia convinzione, ma, sopratutto, la mia vita, senza di lui. Solo ora che lo ho al mio fianco, capisco quanto sia bello amare. Sì, perché non l'ho mai dimenticato, nemmeno per un istante. Nemmeno quando abbassava lo sguardo e io venivo bandita ho smesso di amarlo. Ogni ferita si cicatrizza solo il suo tocco, il cuore smette di stillare lacrime d'amore. E tutto ha un senso, adesso.
Ringrazio anche il dolore, perché mi ha portata fino a questo punto. Ringrazio ogni singolo gesto che ho commesso e ho subito, siano essi giusti o sbagliati, perché se ora sono felice è anche grazie ad essi. E Nate è al mio fianco, combatteremo insieme, questa volta.
Non c'è niente che ci possa separare, non ci sono lacrime da versare. Non c'è più dolore. C'è solo un profondo senso di quiete. E di gioia.
E io mi sento viva. Forse è davvero questo, l'amore: è riscoprirsi viva dopo ogni difficoltà. È il sapere di appartenere a un posto, anche se esso non si trova in un luogo preciso. E il mio posto, è tra le braccia dell'uomo che amo. E che mi ama.
Da oggi, senza remore, potrà avere inizio la nostra vita insieme. E questo è abbastanza per rendermi felice.

Caro diario che forse ora un po' mi appartiene,
grazie. Grazie perché grazie a te non sono un contenitore vuoto. Grazie alle parole da lei confidate a te, ora sono felice. E sono amato e amante.
Perché io amo Jenny Humphrey, e lei mi ama. E non c'è niente di più perfetto al mondo. Stavolta non la lascerò andare. Questa volta non avrò paura di essere felice.
Seguirà un bacio, poi un altro fino al mattino. E non ci saranno spettri da nascondere nell'armadio: lei mi capisce, lei mi legge l'anima. E io non sento il bisogno di nasconderle niente. Sono Nate Archibald e sono follemente e inguaribilmente innamorato di Jenny Humphrey. Ora e per sempre.




Salve Upper East Siders e abitanti dei dintorni,
sembra che i miei contatti si stiano espandendo. Due piccoli uccellini – ops, piccioncini - sembrano infatti essere migrati fino a Hudson per costruire laggiù il proprio nido.
Avvistato Nate Archibald lasciare il lancio del blog che in teoria dovrebbe farmi concorrenza – cara S dovresti fare di meglio se vuoi raggiungere il mio livello, a quanto pare le soffiate non sono troppo interessate a raggiungerti per prima, nemmeno se si tratta dei tuoi migliori amici.
Tornando a noi, il nostro Golden Boy ha abbandonato questa cerimonia per raggiungere altri luoghi seguendo una piccola Cenerentola. Peccato che stavolta la ragazza non si sia lasciata alle spalle un'elegante scarpetta di cristallo – ammettiamolo, questo gesto sarebbe troppo da Blair – bensì quello che un tempo doveva essere un candido diario ormai polveroso che in teoria dovrebbe essere segreto. Ma sapete quanto alla nostra elite non piacciano i misteri e a ciò non fa eccezione il nostro Golden Boy che sembra aver curiosato tra quelle pagine: questo è davvero un colpo Bass-o.
Pare infatti che il nostro Chuck ci abbia messo lo zampino convincendo Nate seguire una riccioli d'oro: cara Blair, sarai costretta a revocare il tuo esilio, se non vuoi perdere un caro amico.

Attenta piccola J, in futuro potrei avere quel quadernetto tra le mani, chissà quali segreti nascondi.
Per ora, goditi la tua ritrovata quiete e bentornata nel mio mirino.
xoxo Gossip Girl
  
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