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Autore: AstridxAndros    06/10/2012    0 recensioni
avere un passato da "soldato" a quattordici anni non è affatto una cosa bella. non vivere, ma sopravvivere, riuscire ad avere un futuro "normale" questo è l'obbiettivo. ma gli orribili ricordi ti perseguitano... devi riuscire a superare tutto, e grazie ad una famiglia e ad alcuni amici con il tuo stesso passato puoi farcela...
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leggete! ne vale la pena!!! XD recensite mi raccomando! baci!
Genere: Avventura, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Camminavamo da qualche ora, ogni rumore poteva aiutare. La mia concentrazione era al massimo, le lacrime di Aurora non sarebbero state versate invano.
Ad un tratto sentii una voce flebile, forse portata dal vento. Feci segno ai miei compagni,
-capo… da quella parte?- sussurrò uno dei miei uomini, io aguzzai l’udito, poi annuii.
Eravamo davanti ad un burrone, al di sotto si sentivano distintamente le richieste d’aiuto di una bambina.
-ehi! siamo qui!- esclamai per farmi sentire,
-state bene?- chiesi, la risposta mi arrivò dopo qualche secondo,
-la piccola si ma il mio braccio no… non riesco ad arrampicarmi…- disse un giovane dalla voce strozzata per il dolore. Doveva essere Noha.
-state tranquilli, ora vi tireremo fuori da lì!- esclamò un mio compagno, io feci riunire tutti.
-possiamo trovare una corda qui?- chiesi, tutti scossero la testa,
-allora dobbiamo riuscire a portarli qui sopra senza quest’aiuto-
-qualcuno che porta la bambina, due che portano il ragazzo e due che aiutano- tutti erano d’accordo.
-io posso portare la bambina- si offrì una ragazzina, io annuii.
-noi faremo da supporto- si offrirono i due gemelli- acconsentii,
-io e Robin porteremo il ragazzo- il mio secondo mi lanciò un occhiata sicura.
-gli altri si divideranno in due gruppi, i più piccoli andranno ad avvisare gli altri l’altro gruppo deve aiutarci se succede qualcosa d’imprevisto-
-si, Signore!- un coro si alzò dal bosco.
Il ragazzo non era messo troppo male fortunatamente. Aveva salvato la bambina che si era persa, tenendola tra le braccia l’aveva protetta dalla caduta. Entrambi avevano i vestiti per metà strappati, ma complessivamente stavano bene.
Fasciai il braccio al ragazzo  con la sua maglietta prima di iniziare la scalata. Il giovane continuava a fissarmi,
-non dirmi che anche tu credi alla storia dei terroristi! Noi non lo siamo puoi stare tranquillo- sbuffai, il ragazzo scosse la testa,
-sono sempre stato d’accordo con mia sorella, tu sei un tipo apposto- risi sarcastico,
-oh certo, perché non lo dicevi ieri mattina- si appoggiò a me con il braccio ferito per scalare la montagna, Robin lo teneva dalle spalle.
-infatti l’ho detto- disse sicuro. Sorrisi. Lui e sua sorella erano strani!
Con non poche difficoltà riuscimmo ad arrivare fin sopra il pendio. La roccia era friabile e salire era più difficile ad ogni passo. Ma alla fine, grazie anche all’aiuto dei gemelli riuscimmo a salire.
Eravamo tutti con il fiatone,
-ma tu non hai una maglietta?- mi chiese sorridendo Noha, eravamo distesi sull’erba per riprendere fiato.
i miei compagni risero,
-certo, ma in questo momento la indossa tua sorella- ammisi senza l’ombra di scherno, lui mi guardò incuriosito,
-siete molto legati eh?- chiesi, ma sapevo già la risposta,
-si… da quando mio padre è morto…- ammise, non c’era ombra di tristezza nella sua voce, ma sapevo cosa celava.
Tornati alla “base” trovammo un ordine incredibile. Hanna aveva fatto un eccellente anzi un fantastico lavoro. Aveva diviso in spazi quel posto inospitale permettendo ai ragazzi e ai bambini di giocare per distrarsi un po’. Un grande fuoco era stato acceso per cucinare della carne.
E l’accoglienza non era stata da meno. Aurora era corsa incontro a me e Noha abbracciandoci, Hanna aveva fatto lo stesso.
-ho sentito del burrone, state bene?- ci chiese quest’ultima, io annuì,
-avete fatto un lavoro perfetto lo ammetto!- dissi continuando a guardarmi intorno,
-i ragazzi hanno collaborato. In teoria noi alla baita saremmo dovuti arrivare questa sera, quindi probabilmente fino a domani mattina resteremo qui…- mi informò la mia migliore amica. Io annuì, potevamo resistere ancora un po’.
Ero sdraiato sotto l’ombra di un albero, di certo non era proprio la gita che avevo pensato, ma tutto sommato non era troppo male. Nessuno si era fatto eccessivamente male, e avevamo cibo acqua e un riparo. Eravamo tutti giovani, potevamo resistere.
-non ti ho ancora ringraziato…- Aurora si era seduta accanto a me,
-ah no? penso che quell’abbraccio valga tutti i ringraziamenti possibili- lei arrossì, io risi. Era facile far arrossire quella ragazza, era più difficile capire cosa le passava per la testa.
-sei l’unica che mi ha rivolto la parola da ieri lo sai?- chiesi continuando a guardare le foglie degli alberi, lei annuì.
-perché ti comporti così?- quella domanda mi sorprese,
-così come?- chiesi,
-sei sempre serio o gelido o sarcastico o finto… non mostri mai te stesso, ho notato una piccola scintilla di paura nei tuoi occhi quando Alessandro è stato male. Ma sei rimasto serio… con quell’espressione imperturbabile… fingi di essere sempre calmo, e quando reagisci non perdi mai il controllo, per te è tutto calcolato…-
Aveva notato tutto quello solo in qualche ora, come aveva fatto? Neanche Hanna era mai riuscita ad arrivare così vicina alla verità. Rimasi in silenzio per qualche minuto.
-sono sempre stato il capo… quando ho iniziato l’addestramento i più grandi erano inesperti e sono morti molto velocemente… mi sono sempre occupato da solo di tutto. Ho pianto una sola volta da piccolo… quando ho dovuto uccidere il mio superiore… da quel giorno non ho più mostrato i miei veri sentimenti a nessuno. Ero il capo, il più forte, il punto di riferimento… mi sono sempre impegnato al massimo, ho sempre dato tutto me stesso… eppure ora che non sono più obbligato a farlo… non riesco a non fingere… non riesco a lasciarmi andare… so di essere solo un ragazzino, so di non avere più responsabilità, di essere libero… ma la mia anima è stata incatenata quel giorno sul fondo dell’oceano… senza occasione di uscita... né possibilità di appello…- sospirai, non c’era niente che io potessi fare.
Spostai lo sguardo verso di lei, teneva le ginocchia al petto, guardava avanti a se’ non accennava a parlare.
  
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