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Autore: Columbrina    06/10/2012    2 recensioni
Taichi aveva un compagno di giochi.
Tutti lo conoscevano come pallone, ma lui lo chiamava "amico".
Era sudicio e sgonfio.
Poi arrivò una valigetta che era bella, lucida e ordinata.
E Taichi e il pallone smisero di giocare insieme.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Taichi Yagami/Tai Kamiya
Note: Nonsense | Avvertimenti: nessuno
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Child
 

 
Taichi aveva un compagno di giochi.
Tutti lo conoscevano come pallone.
Ogni volta che gli chiedevano “Perché giochi sempre con quel pallone?”
Taichi storceva il naso, si grattava la nuca e rispondeva “Cos’è il pallone? Io sto semplicemente giocando con un mio amico”
Taichi e il suo pallone erano un duo inscindibile: il suo amico dormiva in uno spazio d’onore proprio accanto al letto del vispo bambino, che attendeva con trepidazione l’arrivo del pomeriggio per andare a giocare.
Durante le estati stavano sempre insieme, nella calura di un istante inatteso.
Con loro giocava anche una bambina, anche se poi se n’è andata.
Però Taichi e il suo amico continuavano a giocare, sempre più felici.
Andavano d’accordo, il pallone e Taichi.
Entrambi amavano l’odore dell’erba bagnata d’irrigatori del parco che rinfrescava la loro pelle e li insudiciava di esitazione, come se avessero paura di rovinarla. La preferivano al campo di calcio.
Avrebbero giocato e rotolato fino allo sfinimento ed era quello che già facevano.
Poi la mamma li rimproverava entrambi “Taichi, devi smetterla di perdere il tuo tempo dietro a quel pallone! Guardati, sei tutto sporco …”
E allora Taichi sorrideva, stringendo il pallone come se volesse proteggerlo dalle angherie incomprensibili degli adulti “Ti sbagli, mamma … Anche lui è tutto sporco”
Era in quei momenti che Yuuko non poteva far altro che storcere il viso in un’espressione interrogativa, che portava via gran parte della sua beltà materna “Lui chi, Taichi?”
“Il mio amico, mamma”
Il piccolo mostrava tronfio quel piccolo cimelio, insozzato d’umido e con i segni del deperimento, dell’usura dell’erba bagnata che aveva scolorito quello che era, una volta, un pallone rigonfio e lucido.
Allora Yuuko alzava gli occhi al cielo e preparava la vasca per il bagno.
A Taichi piaceva anche il momento del bagno perché la mamma gli permetteva di portarci il pallone, quindi insieme giocavano e ripensavano al loro primo incontro, avvenuto nel giorno del terzo compleanno del bambino.
E il pavimento si bagnava di quella complicità che mai sarebbe venuta meno.
 
 
 
 
 
 
 
Ora Taichi ha un altro amico, ma non è un compagno di giochi bensì un custode.
Custodisce alcuni dei suoi più reconditi segreti, si appesantisce e si svuota, ha più spessore in effetti. E’ più funzionale come dice sua madre.
Taichi va alle superiori, ha attraversato la transizione e si è ripulito dei cimeli che compongono il suo passato.
Il pallone, quindi, piange perché si è sentito tradito e un giorno, una delle poche volte che giocavano insieme, se n’è andato per protesta.
Taichi non l’ha neanche cercato perché ora aveva questo nuovo amico, o meglio amica.
Le femmine sono un brutto diversivo.
La valigetta era bella, lucida e ordinata. E il pallone sudicio e sgonfio era geloso.
Nei primi tempi la valigetta e Taichi si incontravano solo quando lui era appena sveglio e la portava a fare un giro in un edificio spaventoso, ma che piaceva tanto a lei.
Il pallone credeva che la valigetta fosse egoista; però allo scoccare del pomeriggio, Taichi la abbandonava in una coltre di dimenticanza e diffidenza perché andava a giocare.
Successivamente, il giorno del compleanno della loro amicizia, Taichi cominciò a sentire troppo stretti i ricordi dell’infanzia e iniziò a trascurare spudoratamente il pallone.
La valigetta prese il suo posto, in ogni senso.
Era custode e garante dei suoi ordini, dei suoi dissapori e pareva che riuscisse a sollevare Taichi sebbene la sua mestizia.
In poco tempo, la valigetta prese il posto del pallone accanto al suo letto.
Ogni mattina prendeva la valigetta, ogni pomeriggio la adagiava per bene sul posto d’onore e la sera la prendeva per nutrirla di libri, quaderni e nuove responsabilità.
“Perché non vai a giocare più a calcio?” le chiese Kari, una domenica mattina intrisa della calura estiva.
Taichi aprì lo sguardo e le sorrise mestamente. “Perché lo facevo quando ero piccolo. Adesso ho altro a cui pensare”
Per questo il pallone se n’era andato.
Taichi l’aveva portato fuori, insieme alla valigetta, perché credeva che volesse recuperare il loro rapporto.
Ma non fu così.
Giocarono solo per un po’, poi lo lasciò in balia di bambini scalmanati e da lontano non faceva altro che lucidare la valigetta e ricoprirla di premure.
Il pallone, piccato, se ne andò via e non fu mai più ritrovato.
 
Il pallone era l’infanzia.
La valigetta lo accompagnerà per il resto della sua vita.
Il pallone era sudicio, sgonfio, deperito dall’usura del tanto tempo trascorso insieme.
La valigetta era bella, lucida e ordinata. E funzionale.
Il pallone se n’è andato.
La valigetta è ancora lì… Ma Taichi sembra non farci caso.
 
   
 
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