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Autore: Nymeriah    06/10/2012    3 recensioni
Rachel in diciassette anni di vita non ha mai commesso un errore.
Jackie e Jamie sono gemelli, ma non si somigliano per niente.
Melanie è bella fuori; al dentro ci sta lavorando.
Sam vive in un mondo tutto suo, popolato da alieni e ippopotami viola (ancora per poco).
Naomi ne sa una più del Diavolo e ha solo quattordici anni.
Chi altri?
Un ex soldato russo che ha perso la vista nell’esercito, una violinista bambina dal talento eccezionale, un ladruncolo da quattro soldi, una combriccola di ragazzi più o meno randagi, un’italiana dalla sensualità disarmante, una tedesca con tendenze psicopatiche e un duca inglese.
Le loro vite si intrecceranno in una matassa di eventi e sensazioni e, se avrete la pazienza di ascoltare, il/la Raccontastorie vi illustrerà su come, quando e perché questi strani individui abbiano calpestato i suoli trafficati della Città Che Non Dorme Mai: New York.
Genere: Avventura, Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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1. The Awarding

 

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  I raggi spietati di quel cangiante sole estivo filtrarono attraverso il fogliame dei cipressi e colpirono il centro del campo da tennis: la terra rossa sembrava tremare nel calore di quel pomeriggio di inizio settembre e il giudice dovette tamponarsi per l’ennesima volta la fronte, ormai madida di sudore.
 
Era il set decisivo.
Con quel colpo avrebbe conquistato la vittoria.
 
Il pubblico era dalla sua parte; dalla parte di Rachel McCourtney, rappresentante della Hemingway High School alla finale del campionato di tennis delle scuole più prestigiose di New York.
Rachel si aggiustò il nastro azzurro, che raccoglieva i suoi lunghi capelli biondo cenere in un’alta coda di cavallo. Quel nastro era un regalo di suo padre: era stato il suo portafortuna fin dall’età di sette anni, quando era entrata nel tennis agonistico. Da allora non si era solo limitata a vincere ogni partita, ma si era impegnata a fondo per schiacciare i suoi avversari, e per umiliarli di fronte a quanto più pubblico possibile.
I suoi grandi occhi color del mare in tempesta si socchiusero lentamente, mentre scrutava l’avversaria con aria di sfida. Non che ce ne fosse bisogno; la ragazza dall’altra parte del campo tremava già come una foglia.
Rachel ruotò la racchetta, fece rimbalzare la pallina più volte con la mano sinistra. Era pronta, stava per battere.
Tra il pubblico calò un silenzio di tomba, mentre lei lanciava in aria la pallina e…
 
“Racy, sei la migliore!” urlò una squillante voce familiare alla sua destra.
 
Rachel si voltò con uno scatto nervoso in quella direzione e aggrottò le sopracciglia, indignata: seduto in prima fila, sugli spalti, c’era un ragazzetto di circa quindici anni che si sbracciava in modo esagerato. Aveva gli occhi di un brillante verde smeraldo, le guance arrossate per l’entusiasmo e un buffo caschetto di capelli castano scuro che gli copriva la fronte. Si agitava e urlava troppo forte per i gusti di Rachel, che a causa sua aveva perso la concentrazione facendo cadere a terra la pallina.
 
“Sam, se non stai zitto ti faccio ingoiare la racchetta.”
 
Rachel gli lanciò un’occhiata talmente affilata, che Sam non ebbe dubbi sulla sincerità di quella minaccia, quindi scrollò le spalle e tentò di contenere l’entusiasmo.
Sporgendosi in avanti per osservare meglio il gioco, notò che da quella posizione riusciva a sbirciare il reggiseno di una ragazza seduta nel posto davanti a lui e sogghignò, spingendosi sempre più avanti, finché non perse l’equilibrio rischiando di cadere. Si salvò solo grazie al pronto intervento di un altro ragazzo, seduto accanto a lui; che, dopo averlo afferrato per la maglietta e ritirato su, disse: “Vuoi stare più attento? È la terza volta che cadi!”
Sam alzò gli occhi sull’ amico: il sole gli colpiva capelli senza pietà facendo risplendere il biondo acceso della sua chioma, ma tutta quella luminosità contrastava fortemente con la sua espressione cupa, la fronte corrugata e il labbro rosso increspato dalla collera.

“Grazie, Jack!” gli sorrise Sam, con l’innocenza di un bambino.
 
Jackie e Samuel erano migliori amici fin dalla più tenera età, ma non avevano quasi niente in comune. Jackie era il tipico adolescente medio americano: odiava il mondo intero senza una precisa ragione e si sfogava rischiando la vita sul suo skateboard, ascoltando gruppi dai nomi impronunciabili a tutto volume e vestendosi sfacciatamente punk, mentre Sam di tipicamente americano aveva solo i giornalini porno nascosti sotto al letto.
 
“Ragazzi, Rachel ha battuto!” li richiamò un terzo ragazzo.
 
Capelli biondi come l’oro e occhi di un poetico nocciola: era Jamie Sage, il fratello gemello di Jackie. Fisicamente erano due gocce d’acqua, ma caratterialmente appartenevano a due mondi diversi; timido e insicuro l’uno, orgoglioso e cocciuto l’altro.
 
Rachel scambiò cinque battute con la sua avversaria, poi trovò la posizione giusta per un rovescio che fortunatamente andò a segno.
Il cronista sentenziò con entusiasmo: “Gioco, partita, incontro: Rachel McCourtney! La Hemingway High School vince il torneo!”
 
Ce l’ho fatta, pensò la tennista soddisfatta, ma non si scompose minimamente. Non era certo un risultato inaspettato: lei vinceva sempre.
Fece un veloce e pulito inchino verso il pubblico e si diresse agli spogliatoi con passo cadenzato, quasi stesse marciando. Si rinfrescò con una doccia ghiacciata e si spogliò della divisa da tennista, indossando nuovamente i suoi abiti di tutti i giorni. Quando era ormai pronta per uscire, Sam spalancò la porta dello spogliatoio e, ignorando gli urletti delle altre ragazze che si stavano ancora cambiando, si lanciò addosso all’amica in uno scoppio d’entusiasmo tipicamente samueliano.
 
“Racy, hai vinto!”

“Sam! Non ci puoi entrare qui, è lo spogliatoio delle ragazze!” urlò lei di rimando.

 Jackie entrò a passo spedito, afferrò Sam per il colletto e lo trascinò fuori di peso, mentre Rachel li seguiva ringhiando e Jamie fingeva di non
conoscerli.


“Razza d’imbecille! Non hai visto che c’erano delle ragazze impegnate a cambiarsi?!” lo rimproverò Jackie, dopo averlo piazzato in mezzo al corridoio.

“Oh, sì che ho visto!” sorrise lui furbetto.

Quell’affermazione gli costò uno schiaffo ben assestato da parte di Rachel: “Maniaco!”
 

***

 
  Il gruppetto uscì dall’area sportiva e attraversò un lungo sentiero ciottolato, fino a raggiungere l’edificio principale della scuola. Ad aspettarli, seduta sui gradini dell’entrata, c’era Melanie McCourtney: la cugina di Rachel.
Melanie era una ragazza di una bellezza strabiliante; aveva solo quindici anni, ma ne dimostrava di più, perché il suo fisico asciutto era già completamente formato. Le gambe lunghe e i seni tondi erano quelli di una giovane donna e lei non mancava di metterli in mostra con minigonne e magliette aderenti. Melanie non indossava nulla che non fosse firmato e rigorosamente alla moda, eccezion fatta per i suoi cappelli dal taglio a dir poco originale: quel giorno portava un buffo berretto alla francese, dai colori sgargianti. I capelli castano chiaro, sempre perfettamente in ordine, le arrivavano a malapena alle spalle e gli occhi brillavano di un azzurro intenso, un colore molto più acceso e sereno rispetto a quelli della cugina. Era bella anche nei gesti: si muoveva con un’eleganza che era rara nelle ragazze così giovani, ma lei stessa sembrava non rendersene conto.
 
Sam le corse incontro non appena la vide, inciampando un paio di volte e sbucciandosi le ginocchia; nessuno se ne stupì; tutti sapevano che non era capace di camminare su una qualsivoglia superficie, anche piana, senza inciampare. Quando raggiunse Melanie si chinò per posarle un bacio leggero sulle labbra e lei lo ringraziò con un sorriso.
 
Samuel Steer e Melanie McCourtney stavano insieme.
Tutto il mondo lo sapeva perché, quando Melanie aveva accettato di mettersi con lui, Sam aveva ritenuto opportuno riempire ogni bacheca della scuola con cartelloni colorati con sopra scritta la notizia. Lui stesso non poteva credere che la ragazza più desiderata della scuola avesse scelto proprio lui tra i tanti contendenti, e in effetti erano una coppia che faceva scalpore.
Ma del resto l’intero gruppo aveva gran fama nella scuola.
Rachel era anche detta la donna ghiaccio per il suo essere freddo e distaccato con tutti, tranne che con i suoi amici più intimi, a cui riservava un temperamento ardente e una risolutezza degne di un caporale d’esercito. Grazie alla sua media di voti in sostanza perfetta era vista di buon occhio da tutti i docenti, e il suo carattere carismatico le procurava il rispetto degli studenti. Era una studentessa modello ed una leader per natura, nessuno poteva tenerle testa.
Jackie era il suo esatto contrario: dopo essere stato bocciato due volte di fila, aveva preso l’abitudine di non presentarsi neanche in aula. E anche quando lo faceva, collezionava richiami su richiami per aver risposto maleducatamente agli insegnanti. Fuori dall’istituto il ragazzo aveva una fama spaventosa; adorava fare a botte, ma ormai non c’era rimasto più nessuno che avesse il fegato di sfidarlo.
Poi c’era suo fratello Jamie: un ragazzo dolce e generoso, anche se un po’ fifone. Era un ottimo amico, persino per i suoi stessi nemici, ed era dotato di una sensibilità rara, tipica degli artisti. A causa delle sue insicurezze sarebbe stato costantemente preso di mira dagli studenti più grandi, se non si fosse trovato ufficialmente sotto la protezione del fratello gemello.
 
“Ehi Jack, vieni a vedere le premiazioni del torneo o ti defili anche stavolta?” domandò Jamie, salendo gli scalini dell’entrata.
Il fratello alzò gli occhi annoiati su di lui: “Se vengo, più tardi devo sorbirmi un’ora intera di chimica con McPherson.”

“Anch’io vorrei scappare: odio le premiazioni” disse Rachel, accennando una smorfia.

“Ma sei la vincitrice, goditi il momento di gloria!” esclamò Sam, saltellando pericolosamente sui gradini.

“Sì, ma ormai sono quattro anni di seguito che vinco, non c’è nemmeno più gusto a salire sul podio. Quanto vorrei conoscere un avversario alla mia altezza…”

“Attenta a quello che desideri…” commentò Melanie con un tono sinistro, poi spostò l'attenzione su Sam e, con uno dei suoi repentini cambi di argomento, aggiunse: “Ad ogni modo sono curiosa, chissà cosa combinerà quest'anno il mio zuccherino.”

“Cosa vuoi dire?” chiese il ragazzo sdegnato, anche se aveva capito benissimo.

Rachel sospirò nel suo modo teatrale prima di spiegare: “Ogni anno ti assegnano l’incarico di rappresentante dell'
Hemingway High School come porta-premi, perché sei figlio di una celebrità, e come da copione ogni volta riesci a rovinare tutto. L’anno scorso sei inciampato in una quinta e hai fatto cadere la tenda addosso al preside, quello prima sei riuscito addirittura ad incendiare il palco.”


“Non lo faccio apposta!” si discolpò lui, sgranando gli occhioni verdi.

“Non devi scusarti, se non fosse per te sarebbe una noia mortale” gli sorrise la fidanzata.

“Ti piaccio anche se sono imbranato?” chiese Sam, assumendo un’aria da cane bastonato, studiata giustappunto per suscitare tenerezza nei cuori delle ingenue fanciulle.

“Tu mi piaci proprio perché sei imbranato!” rispose Melanie, unendo le labbra alle sue in un lungo bacio.

Jackie si affrettò ad allontanarsi, prima che le troppe smancerie gli facessero vomitare l’intera colazione, e i quattro si diressero al piccolo teatro scolastico, adibito per lo più a recite e altre occasioni importanti.
Rachel fu subito sequestrata da un paio di professori, che le ricordarono di comportarsi adeguatamente sul podio per assicurarsi di fare bella figura davanti ai rappresentanti delle altre scuole, mentre Sam si sentì afferrare per un braccio e in un attimo si ritrovò davanti il preside Armstrong, avvolto da un’aria minacciosa.

“Steer” lo apostrofò, le sopracciglia foltissime piegate storte per la tensione, “…cosa hai intenzione di combinare quest’anno? Bada che non ti lascerò rovinare tutto anche stavolta.”

“Ma…”

“Niente ma! C’è in gioco la reputazione della scuola, ti è chiaro? Ora promettimi che non distruggerai il teatrino, che non darai fuoco al palco, e nient’altro di simile!”

“Io…”

“Prometti!”

“Certo, signor preside…” mugugnò poco convinto lo studente, ma al professore sembrò bastare, perché mollò finalmente la presa.

Melanie e Jamie presero posto in prima fila e la cerimonia cominciò quando le tre tenniste finaliste salirono sul palco. A differenza delle altre due ragazze, che apparivano piuttosto emozionate, Rachel era fredda come il ghiaccio, anzi sembrava addirittura annoiata. Ci fu un lunghissimo e soporifero discorso del preside Armstrong. I presenti finsero di essere interessati, mentre giustamente ognuno pensava agli affari propri, poi le tre tenniste furono obbligate a pronunciare qualche parola di ringraziamento.

“Io… sì, cioè…” balbettò la seconda in classifica, Selene Parrey, una ragazzetta magra e scialba con dei drittissimi capelli mori e un paio d’occhiali ingombranti.

Rachel alzò gli occhi al cielo e le diede una gomitata per farle intendere che doveva sbrigarsi.

“Io… volevo solo dirvi grazie!” concluse Selene, arrossendo violentemente sulle gote e allontanandosi dal microfono.
La terza in classifica, Gloria Hever, era decisamente più sicura di sé.

“Io lo dichiaro! Il prossimo anno riuscirò a battere Rachel McCourtney! Dovessi morire a forza di allenarmi!” gridò rabbiosa.
Era molto più robusta rispetto alle altre due classificate e aveva una folta chioma di capelli ricci e ribelli che, unite al suo temperamento aggressivo, la facevano sembrare un leone.

“Speraci, perdente…” sussurrò Rachel tra sé e sé.

“Hai detto qualcosa, McCourtney?”

“Ho detto che ammiro la tua tenacia” mentì spudoratamente lei.

“Grazie, McCourtney! Ma non credere che sarò più clemente con te solo perché mi fai dei complimenti!”

“Ci mancherebbe!” sorrise glaciale la ragazza dai capelli biondo cenere e una ventata d’aria gelida sembrò attraversare la stanza.

Ci fu un breve silenzio prima che il preside annunciasse la consegna dei premi e l’attenzione dei presenti si risvegliò di colpo. Era chiaro il motivo per cui il teatrino si riempiva ogni anno; non certo per i noiosissimi discorsi di Armstrong, ma per assistere alle performance di Sam.
Il ragazzo entrò con una teca di vetro al cui interno erano conservate tre medaglie. Riuscì miracolosamente ad arrivare a destinazione senza inciampare e consegnò le tre medaglie alle rispettive vincitrici, il tutto sotto lo sguardo inquisitore di Armstrong.
Andò tutto a meraviglia fino a quando, nel tornare dietro le quinte, gli sembrò di intravedere un UFO e si voltò a guardare fuori dalla finestra. Inciampò e mentre cadeva si aggrappò ad un cavetto, parte integrante di tutto il sistema di luci, che cadde in testa al preside e, andando in tilt, cominciò ad illuminare il teatrino come una discoteca. Armstrong prese più volte la scossa e il parrucchino scadente, che copriva la sua pelata, si accese come una torcia.

“Ops…” commentò Sam, rialzandosi e rendendosi lentamente conto di avere ancora pochi attimi restanti di vita.
 

***

 
  David Steer e Britt O’Neil, i genitori di Sam, furono convocati nell’ufficio del preside quello stesso giorno. Al loro passaggio gli studenti si voltavano a fissarli incuriositi per il loro aspetto. Bastava un’unica occhiata per comprendere che Britt era una donna tanto bella quanto strana; dimostrava almeno dieci anni in meno della sua reale età, grazie al suo look da ragazzina ed al suo bel viso sempre sorridente. Aveva una capigliatura veramente assurda: capelli rosa shocking che le arrivavano alle spalle, con alcune ciocche più lunghe tinte di un viola scuro. Ma la cosa più strana era che quei capelli le donavano moltissimo.
David era un uomo incredibilmente alto, dalle spalle larghe e le braccia muscolose, una delle quali era interamente ricoperta da una lungo tatuaggio nero, che raffigurava un drago avvolto a spirale. Il suo fisico sembrava parlare di lui e dichiarare a tutti il suo passato da bodyguard.
Uno studente li avvicinò timidamente e afferrò una manica dell’uomo.

“Scusate… lei non è Britt O’Neil, la cantante dei London Underground*?”

David roteò gli occhi infastidito. Nonostante fossero passati ormai sedici anni dall’ultimo concerto dei London Underground, i membri del gruppo continuavano ad essere riconosciuti e fermati ovunque andassero. Del resto il mondo non poteva dimenticare la band che aveva dominato la scena musicale internazionale per oltre dieci anni e che aveva occupato le prime posizioni delle classifiche degli album più venduti e delle tracce più votate dai critici, ma soprattutto dal pubblico.
Ma ormai i giorni d’oro erano finiti: i sei membri del gruppo si erano ritirati a vita privata, si erano sposati ed avevano avuto dei figli, come la gente comune. Tuttavia il mondo non riusciva ancora a capacitarsi che la leggenda dei London Underground fosse giunta al termine.
Britt sorrise raggiante e scosse la testa con il suo solito entusiasmo.

“Sono spiacente, devi avermi confusa con qualcun’altra” mentì in modo convincente, ma il ragazzino continuò a fissarla perplesso fino a che non ebbero voltato l’angolo.
 

***

 
  “Sam, stavolta mi sa che non te la passano, non era mai successo che convocassero anche i genitori per una delle tue cretinate” rifletté Jamie sinceramente preoccupato. Si era seduto insieme all’amico fuori dall’ufficio del preside per fargli compagnia nell’attesa; lo vide passarsi le mani sul volto in un gesto di pura disperazione.

“Hanno convocato i miei! È un disastro, un totale disastro!”

“Sono così severi?”

Sam sospirò.
“Non è per quello, il fatto è che peggioreranno le cose! Da chi credi che abbia preso io? Mio padre è una calamità vivente… e mia madre combinerà un casino, me lo sento!”

“Ma dai, non possono essere peggio di te!” osservò Jamie con aria convinta.

“Ah, grazie tante!”

Il biondino si strinse nelle spalle e l’altro trasse l’ennesimo sospiro.

“Non fa niente, non è facile sollevare il morale di chi va verso la ghigliottina.”
 
David bussò e, dopo aver ricevuto l’invito del preside, entrò nell’ufficio accompagnato dal figlio e dalla moglie.

“Buongiorno, signori Steer” li salutò l’uomo con un’aria severa, che però non incusse la benché minima soggezione a causa del parrucchino bruciato, che lo faceva apparire alquanto ridicolo.
A David scappò una risatina.

Il preside alzò un sopracciglio con aria infastidita e lo rimproverò: “Non mi sembra il contesto adatto per divertirsi, signor Steer.”
“Scusi, mio figlio cosa ha fatto stavolta?”

“Ha distrutto l’intero impianto di luci del teatrino, ha interrotto la cerimonia di premiazione del torneo di tennis e, come se non bastasse, ha messo in ridicolo la reputazione dell’intera scuola!”

Il padre si voltò incredulo verso Sam. “Hai fatto tutto da solo? I miei complimenti!”

Armstrong s’irritò ancora di più. “Non mi sembra che lei stia prendendo sul serio la faccenda!”

Britt nel frattempo si era incantata a guardare un fermacarte di legno posto sulla scrivania al centro dell’ufficio; era certa che avesse la forma di un animale, ma non era sicura di quale strana bestia si trattasse.

“È un maiale? O magari un gorilla?”

“È un cane! Un cane, signora, e l’ha inciso mio nipote!”

“Allora gli dica di cambiare passatempo!”

L’uomo spalancò la bocca indignato.
“Non ci posso credere! Pensavo che parlando con i genitori avrei risolto l’intera questione, ma ora mi è chiaro perché il ragazzo è così incapace! Il problema nasce direttamente dalla sorgente.”

“Ehi, mi sta dando dell’incapace?” si stizzì Britt.

Intervenne il marito: “Amore, guarda che ha ragione lui… si vede subito che è un cane!”

Armstrong era al culmine; una vena sulla sua tempia aveva cominciato pericolosamente a pulsare. “Lasci stare il fermacarte!”

Sam era tentato dall’idea di scappare da quel manicomio e tornare fuori a farsi consolare da Jamie, ma decise che tanto valeva ascoltare la sentenza del preside e togliersi definitivamente il dente.

L’uomo si accasciò sulla poltrona a peso morto e si tolse il parrucchino lanciandolo sulla scrivania; Britt trattene un’espressione divertita alla vista della sua pelata perfetta. Il preside si massaggiò le tempie e parò con un tono di voce che tendeva alla disperazione: “Chiuderò un occhio per il ragazzo, ma voi in cambio sparite dal mio ufficio.”
Sam sbarrò gli occhi incredulo.

“Oh, la ringraziamo di cuore!” sorrise Britt, e aggiunse: “Andiamo amore, ho lasciato la macchina in un parcheggio per handicappati!”
David salutò il figlio con una pacca sulla spalla.  “Allora ciao, e fai il bravo, eh?” e si allontanò raggiungendo la moglie.
Sam uscì dall’ufficio frastornato e Jamie gli fu subito incontro.

“Com’è andata?”

“Non lo so, non c’ho capito niente.” Alzò gli occhi al soffitto, l’aria perplessa. “Comunque secondo me sembrava più uno scoiattolo…”
 
 
  
 

 
Note di Nymeriah:
Salve, sono Nymeriah e mi accingo a postare quella che sarà una long decisamente molto molto lunga.
Ho cominciato a scrivere questa storia la bellezza nove anni fa, alla tenera età di tredici anni, ragion per cui lo scheletro dei primi capitoli sarà piuttosto semplicistico, ma prometto che andando avanti diventerà più accurato.
Ho deciso di recuperarla e riprendere a scrivere i capitoli seguenti, perché penso che abbia un buon potenziale: ci sono personaggi per tutti i gusti e storie tra le più disparate, serve solo qualcuno a cui raccontarle.
 
* I London Underground sono una band di mia invenzione, che ha avuto un momento di grande successo negli anni ‘80, ritirandosi poi dalla scena nel ‘93.

 
L'immagine del capitolo presa da Tumbrl, postata originariamente da jemapellenancy.

 
 
   
 
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