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Autore: Shizuka Grape    07/10/2012    1 recensioni
Non so se sarà una lettera esemplare: so però che sarà la lettera che il me stesso del futuro dovrà leggere.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sho Sakurai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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'Tsumikasane' 2

E' ormai da un pò di tempo che io e Jun ci ritagliamo un'ora alla settimana per giocare a calcio in un campetto isolato, nella zona periferica di Shibuya.
Sono completamente rapito dalle luci che sfrecciano davanti ai miei occhi, cullato dalla fragranza che emana la pelle di Jun, e osservo fuori dal finestrino la gente che popola le strade: persone probabilmente insoddisfatte, in cerca di una vita migliore, che stanno scappando dalle prorpie famiglie, alcune che dormiranno nel letto delle proprie amanti, altri in bilico tra il baratro del desiderio di suicidio e la speranza di poter mantenere e vedere i propri figli presso una prestigiosa università.
Mentre la mia testa dondola leggermente accondiscendendo alla guida rilassante di Jun, osservo quelle maschere umane fuori dal finestrino, pensando al fatto che molte di esse vivono un'esistenza troppo vuota in sogni e troppo piena in doveri imposti da un'entità che non comprenderanno mai a pieno.
Li guardo con indifferenza, e con un non poi così colpevole senso di superiorità: la maggior parte di lavoro sono uomini e donne modellati dal senso del dovere, indorati dall'amor di patria che non è mai appartenuto loro davvero, imbalsamati nella società che li renderà un non-ego fino al respiro finale; esseri umani che probabilmente mai sono riusciti ad emergere e mai emergeranno. Rimarranno per sempre così, flash rapidissimi davanti al finestrino di qualcuno, orgasmi finti con il proprio partner ufficiale e nottate intense con gli amanti. Lavoratori con sorrisi falsi stampati in faccia, ligi negli uffici e frigidi sotto le lenzuola. Gay e lesbiche realizzati solo dentro le quattro mura di un wine bar. Invisibili agli altri e dimentichi a se stessi.
Si perderanno nel proprio lavoro, si neutralizzeranno nelle proprie vite, verranno ustionati dal calore della propria maschera di rovente ipocrisia.
E sono tanto insignificanti al mio cospetto che ormai sono già passati, io sono avanti a loro in un attimo, li ho già dimenticati.
Eppure la dolcezza e la corposità del profumo di Jun mi solleticano l'olfatto e, impietose, mi fanno balenare alla mente questa domanda: perchè, Sakurai Sho, ti senti così superiore a loro?
Tu sei uguale a quelle persone. Ad ognuna di quelle persone e a tutte loro.
Anzi, tu sei peggio.
Perchè tu hai scelta.
Ogni volta. In ogni momento.
Tu puoi scegliere.
E nonostante questa facoltà, tu scegli di essere come loro.

"Mi stai ascoltando? Hai scelto?"

La voce di quel ragazzo è così elegante che quasi non riusciva a penetrare nelle mie riflessioni codarde e sporche.

"Scelto? Ah, il ruolo? Facciamo come al solito, Jun."

Vedo la sua bocca carnosa allungarsi leggermente in un sorriso. Le labbra inferiori -naturalmente gonfie- assotigliarsi e gli occhi addolcirsi.
Ammetto facilmente che quando Jun sorride così vorrei sempre mi guardasse negli occhi. Eppure adesso lui sta guardando la strada, e io mi accontento - come spesso faccio - di guardare quei sorrisi di profilo.

Mi incanto, poi, sulle sfumature di luci che mi regala il finestrino di Jun,quello di fornte al mio.
In un lampo, mi torna in mente la lettera schiacciata da qualche parte nella borsa: sarebbe bello inserire nella lettera le sensazioni che provo guardando le luci di Tokyo. Chissà se nel mio futuro guarderò questi panorami con lo stesso spirito critico, se mi sarà rimasto un pò di romanticismo. Chissà, mi chiedo, se sarò ancora una persona vuota, e illusa di non esserlo solo perchè le molti ambizioni raggiunte hanno tamponato i miei sentimenti.
Sto per ricadere nel baratro delle mie riflessioni opache, quando percepisco forte la presa di Jun sul cambio: sta sfiorando la mia gamba, dubito inavvertitamente.

"Hai sempre avuto la sindrome del primo della classe e fino ad ora non l'hai persa, eh?"
La sua frase ha una sfumatura acidula, eppure il suo tono tradisce un sentore di indulgenza.

Si ferma ad un semaforo ormai nei pressi del campo, e si concentra sul mio viso. Io continuo a guardare in avanti ma percepisco un sorriso caldo che, mescolato al profumo dell'abitacolo, mi intiepidisce il cuore.
"Non devi per forza sapere ogni cosa. E soprattutto, non devi per forza dare una spiegazione ad ogni cosa."

"Dovrei accettare anche il fatto di non conoscere me stesso, e di aver perso qualsiasi idealismo nei confronti del futuro?"

A dispetto della serietà della frase appena pronunciata, la mia espressione non tradisce alcun sentimento: probabilmente, il mio volto sta semplicemente proiettando all'esterno l'indifferenza inerte che ormai mi caratterizza da anni, quel costante senso di blanda superiorità di cui mi faccio portavoce davanti ad un pubblico anonimo.

"Temi di non essere più un idealista solo perchè non riesci a scrivere una lettera indirizzata al te stesso del futuro? Da quando sei diventato così arrendevole?"
Come una ventata d'aria, la perspicacia di Jun nell'intuire esattamente l'origine dei miei silenzi, dei miei dubbi, mi solleva da un peso  che si era scaraventato alla bocca dello stomaco.
Ancora una volta mi rendo conto che la saggezza emanata da questa voce, la semplice sensualità del suo profilo, e soprattutto la profonda intelligenza unita alla piacevole serenità delle nostre conversazioni, fanno di Jun il compagno ideale con cui parlare di argomenti profondi come questo.

Mi soffermo un altrò pò, in silenzio, sulla visuale davanti a me per formulare bene la risposta, consapevole che lui rispetterà i miei tempi.

"Il problema non è la lettera in sè. E' il vuoto di pensieri che mi ha evocato quel foglio bianco..." - il nodo alla bocca dello stomaco ritorna, prepotente - "Per quanto mi sforzi, non riesco a pensare a niente di luminoso, a niente di soddisfacente, a nessun nuovo sogno che io davvero voglia realizzare nel mio futuro."
 
"Ed è obbligatorio che tu lo faccia?"

Mi giro di scatto a guardarlo. La sua domanda è così semplice, eppure mi trafigge qualche angolo della coscienza.
Probabilmente esortato dal mio sguardo dubbioso, Jun prosegue.

"Tu sei un ragazzo privilegiato, Sho."

Il mio interesse verso il discorso di Jun scema all'improvviso, e un velo di delusione mi avvolge. Si sta riferendo alla mia famiglia, probabilmente.

"E non per la tua famiglia, come sicuramente adesso starai pensando."

Ecco la mia rinnovata fiducia nel continuare ad ascoltarlo.
 
"Sei privilegiato" - continua lui - "perchè sei nato e hai sviluppato un'intelligenza multilaterale. Quel tipo di intelligenza che non solo ti permette di apprendere nozioni, ma che, soprattutto, ti dà la facoltà di scegliere il meglio per te, di avere un perfetto tempismo nel regolare la tua esistenza."

Sorrido, la sua stima nei miei confronti continua a lusingarmi ancora, dopo tanti anni.
 
"Questo tipo d'intelligenza non implica la presenza di ambizioni, o di sogni, Jun. Sento che la mia vita sta diventando sempre più un sovrapporsi di giorni, di immagini, di soddisfazioni lavorative, di uomini portati a letto, di tempo libero senza hobby. Quale direzione soddisfacente potrebbe prendere una vita così?"
Jun parcheggia davanti al palazzetto, quindi io appoggio la mia schiena al sedile, e continuo: "Non so come spiegarti, è come se il mio presente fosse un archivio, un catasto in cui sono accumulati ricordi vissuti fin ora, in cui sono ormai catalogate le esperienze di ieri, e poi, in alto, c'è uno spazio vuoto in dotazione per i fascicoli delle esperienze che verranno."

"Bingo."

"Cosa?" 
 
"Ho detto Bingo. Scacco matto. Risposta esatta."
 
"Stiamo andando a giocare a calcio, perchè non dici anche 'GOAL!'?" - gli mostro un sorriso tiratissimo, sperando che reagisca alla mia battuta.
L'unica reazione che mi arriva, tuttavia, è il suo sguardo omicida.
Come pensavo, solo Nino ride alle mie battutacce. Nessun altro riesce a darmi le medesime soddisfazioni. In queste situazioni sento che Kazunari mi manca terribilmente.
Poichè ormai fulminato, lascio che continui.

"Dicevo che...come volevasi dimostrare, Sakurai Sho è arrivato da solo alla conclusione esatta."
 
Prendo a scrutarlo attentamente: i suoi occhi sono vivaci, illuminati dalle luci artificiali che delimitano il parcheggio, ma rischiarati da un percepibile ottimismo. 

"Hai dato per scontato che ci siano scaffali vuoti, pronti per essere riempiti di faldoni nel prossimo futuro."

"Quindi mi stai dicendo che la mia 'intelligenza multilaterale' mi sta suggerendo di considerare la mia vita un catalogatore?" - gli dico, ironico.

Il suo sorriso diventa meraviglioso, tutto d'un tratto, mentre prende fiato per sipondermi.
"Ti sto dicendo che parlandomi di uno spazio vuoto per eventuali fascicoli futuri stai implicitamente scegliendo ancora. Stai scegliendo di continuare a vivere."

Forse è solo un'impressione, ma la fragranza che emana Jun si fa più intensa, e più dolce.

"Non mi sembra ancora sufficientemente specifica come scelta, se paragonata a quella di avere un sogno."

"Tu non sei un essere umano come tutti gli altri, Sho. Tu sei un realizzatore, ancora prima che un sognatore. E' questo il tuo privilegio. Perchè quindi non provare a vivere domani e poi dopodomani, e poi il giorno dopo ancora, con l'obiettivo che il tuo cuore generi un sogno o- com'è meglio nel tuo caso - che tu riesca a mettere in pratica un nuovo progetto nel futuro?"

L'entusiasmo con cui Jun mi si sta rivolgendo mi scatena una risata. A volte è quasi puerile.
"Mi stai chiedendo una cosa troppo complicata, Jun!"
In realtà, essere il destinatario di un tale rispetto è già un buon trampolino per continuare a camminare con più positività.

"Sono sicuro che ce la farai, Sakurai Sho. Ho fiducia in te."
La mano che ora Jun mi ha appoggiato sulla spalla mi sembra più grande del solito.

Usciamo dall'auto, e ci digiriamo verso gli spogliatoi.
In momenti come questi, credo sinceramente di non meritare tanti riguardi e premure da parte di Jun.
Poi, però, penso che questi riguardi e premure siano la conseguenza di un mio determinato comportamento: e proprio la volontà di mantenere alta la fiducia delle persone che amo e che mi vogliono bene è quel motore potente e invisibile che continuerà a permettermi di fare del mio meglio.
Nonostante i dubbi. Nonostante le debolezze.




  
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